[Forumlucca] Due minuti di attenzione

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Aihe: [Forumlucca] Due minuti di attenzione
Nel tragico panorama che ci circonda, dalla Palestina alla Colombia (che non esiste per il nostro libero sistema informativo), dall' Irak all' Afganisthan (che esistono attraverso gli occhiali dei padroni), credo che sia giusto per le persone di buona volontà spendere due minuti per 'scorrere' questo numero del notiziario dell' Ufficio d' Informazione del Kurdistan in Italia. Anche in vista del dibattito che si svolgerà giovedì sera 20 luglio alla Festa di Liberazione a Montecarlo e che vedrà la presenza del responsabile di detto ufficio.

Aldo








Del Mondo Kurdo

Anno 6 - numero 11

a cura dell'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia

www.kurdistan.it (italiano), www.kurdishinfo.com (multilingue)





INDICE

·         L’UNICEF esorta la Turchia ad insegnare in Kurdo


·         Abbattuto un elicottero iraniano Tipo Sikorsky


·         Forze dello Stato incendiano le foreste


·         Rehn: "Deludente la decisione dell’Alta Corte"


·         La confessione del Ministro della Giustizia  Cemil Cicek “legge antipatica”


·         BIA² pubblica il secondo Rapporto Trimestrale di Monitoraggio


·         I ribelli kurdi hanno annunciato il resoconto di giugno


·         Baydemir sotto inchiesta per qualsiasi iniziativa


·         Processi intentati contro il sindaco di Dyiarbakir Sur, Abdullah Demirbas, da parte delle autorità turche


·         Processi intentati contro il sindaco di Dyiarbakir Sur, Abdullah Demirbas, da parte delle autorità turche


·         Scrivere i nomi dei villaggi in kurdo: l’ufficio del governatore di Diyarbakir si è opposto


·         Pena richiesta: 10 anni di carcere per i 56 sindaci del DTP


·         La procura indagherà sul congresso del DTP


·         Congresso del DTP:  Raccomandazioni del co-presidente del DTP, Ahmet Turk


·         “La Banda di Semdinli” – Non solo tre persone


·         Arrestato Yilmaz, Proprietario della Libreria di Semdinli


·         Denudato e torturato nella prigione di tipo F di Kurkculer


·         Reporter Senza Frontiere: Appello per la libertà 


·         Le truppe turche il 14 giugno sono entrate nel Kurdistan meridionale






            L’UNICEF esorta la Turchia ad insegnare in Kurdo





Reuters, Emma Ross-Thomas 09.07.2006-

                Venerdì il vice direttore del Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (UNICEF), ha esortato la Turchia affinché sperimenti l’insegnamento in lingua kurda per i bambini kurdi, dichiarando che gli esempi internazionali indicano che questo metodo migliorerebbe gli standard didattici.



                Parlare kurdo in pubblico era proibito in Turchia e, sebbene i divieti sulle trasmissioni siano state ridotte in linea con le richieste dell’Unione Europea, la questione rimane politicamente molto complessa. 


                Kul Gautam, vice direttore esecutivo dell’UNICEF, ha detto che gli esempi di comunità multilingue, dalla Bolivia all’India, dimostrano che i bambini progrediscono meglio se si insegna loro inizialmente nella propria madre lingua. 



                "Ritengo che si dovrebbe almeno provare, sperimentare, perché l’esperienza a livello mondiale mostra che può essere d’aiuto" ha dichiarato Gautam in un’intervista.



                "Può non essere la risposta ma potrebbe trattarsi di una risposta che penso sia degna di essere presa in considerazione... una risposta ad una migliore ammissione, miglior adempimento didattico, miglior perfezionamento nella scuola." 



                La Turchia ha un tasso d’iscrizione nell’istruzione elementare pari al 90%, percentuale che scende, secondo i dati ufficiali, al 55% nella scuola superiore. L’indice di alfabetizzazione è al 95% per gli uomini e 80% per le donne, ma le suddette cifre nascondono un gran divario tra la benestante Turchia occidentale e il povero Sud-Est in gran parte kurdo. 



                Sebbene le scuole private di lingue possano insegnare il kurdo, una lingua Indo-Europea non collegata al turco, l’unica lingua insegnata nelle scuole è il turco.



                Per decenni Ankara ha negato l’esistenza dei kurdi come gruppo etnico e l’Unione Europea, che con la Turchia ha iniziato lo scorso anno colloqui per l’annessione, ha criticato la Turchia in quanto non fa abbastanza per i diritti culturali dei kurdi. 



Nello stesso tempo l’esercito turco dal 1984 combatte contro i ribelli kurdi nel montuoso Sud-Est.


                "Credo che tutto questo debba essere visto non come una questione politica ma come una faccenda da prendere in considerazione attentamente... come una questione didattica, accademica," ha dichiarato Gautam.



                Inoltre Gautam ha riferito che la Turchia, che spende per l’istruzione il 4% del prodotto interno lordo rispetto alla media del 5.5% dell’Unione Europea, dovrebbe investire di più in questo settore.



                "Non si tratta soltanto di piani di previdenza sociale, questi sono gli investimenti più importanti per la prosperità economica di un paese e per lo sviluppo nazionale, di conseguenza la Turchia deve fare di più."






            Abbattuto un elicottero iraniano Tipo Sikorsky





Behdinan (13.07.2006) ANF –

Secondo fonti dell’HPG, nel corso di un’operazione condotta il 12 luglio 2006 dall’esercito iraniano contro la guerriglia dell’HPG (Forze di Difesa Popolare) presso il confine tra Iran e Turchia - nella regione di Kelares, un elicottero militare Sikorsky Type è stato abbattuto dai guerriglieri HPG. Non ci sono informazioni su quanti soldati iraniani siano stati uccisi e feriti.





            Forze dello Stato incendiano le foreste





Bianet 04.07.2006 –

Accusate le truppe militari per il dilagare di incendi forestali sul monte Cudi di Sirnak negli ultimi 20 giorni. Gli alberi di Bingol sono stati tagliati per motivi di “sicurezza”. I legali dell’Associazione Avvocati di Sirnak hanno presentato un esposto al fine di proteggere l’ambiente.


Un incendio forestale sul monte Cudi a Sirnak nella Turchia sud orientale, iniziato il 13 giugno, continua a devastare l’ambiente. Il giornalista del luogo Kerem Celik accusa il locale Battaglione del Commando di Ikizce di aver dato fuoco agli alberi a tutela della "sicurezza".


Notizie dell’incendio in corso coincidono con la rivendicazione di Ridvan Kizgin, membro del consiglio esecutivo dell’Associazione Diritti Umani (IHD) - uffici di Bingol, riguardo il fatto che il comando del reggimento di Bingol avrebbe lanciato la propria campagna di eliminazione degli alberi intorno alle strade, all’interno dei confini provinciali, per una simile motivazione di "sicurezza".


16 legali dell’Associazione Avvocati di Sirnak hanno presentato un esposto contro il governatore provinciale, il comitato direttivo forestale e le forze di sicurezza in relazione all’incendio del Cudi, dichiarando che i funzionari erano indifferenti rispetto a quanto stava succedendo.


Nusirevan Elci, legale dell’Associazione Avvocati, ha affermato che il 30 giugno avevano anche effettuato una simbolica campagna di rimboschimento per protestare contro l’incendio. Ha asserito che i funzionari non prestavano all’incendio la stessa attenzione che avrebbero avuto se si fosse trattatoo di aree occidentali del paese.

Intanto sia la Fondazione contro l’Erosione in Turchia (TEMA) sia l’Associazione per la Protezione della Vita Naturale (DHKD), hanno informato bianet, quando è stato loro richiesto, che non avevano iniziative riguardo l’incendio di Sirnak.


Kizgin: Alberi abbattuti a Bingol per la "sicurezza"

Kizgin, membro del consiglio esecutivo dell’ufficio di Bingol dell’IHD, ha asserito che il comando della gendarmeria (polizia militare) della provincia, ha nel frattempo emesso l’ordine di tagliare gli alberi intorno all’autostrada, liberando un’area di circa 50 metri su entrambi i lati di una strada di 120 e 97 km.


Kizgin ha dichiarato che l’eliminazione degli alberi è iniziata circa 10 giorni fa e ha fornito una lista dei villaggi e dei paesini che sono stati condizionati dalla campagna.



            Rehn: "Deludente la decisione dell’Alta Corte"





Bianet 13.07.2006–

                Il Commissario dell’Unione Europea Olli Rehn ha criticato la decisione della Corte di Cassazione contro il giornalista armeno Hirant Dink, editore del settimanale Agos, con sede ad Istanbul. L’Alta Corte ha confermato la sentenza di reclusione per "vilipendio dell'identità turca - la turchicità".




                Il Commissario della Commissione Europea (UE) per l’Allargamento Olli Rehn, in una dichiarazione pubblica resa mercoledì, esprime "delusione" per la conferma della sentenza di reclusione per Hirant Dink da parte della Corte di Cassazione turca.




                "Questo verdetto è il primo giudizio finale della più alta giurisdizione in Turchia circa l’interpretazione dell’articolo 301. In tal senso, costituisce un precedente vincolante che stabilirà la tendenza da seguire in futuro da parte di competenze inferiori nell’applicazione dell’articolo 301," ha osservato Rehn. 




                "Dimostra inoltre che, nell’attuale situazione, i tribunali non sono riusciti a costituire un precedente positivo nell’interpretazione delle condizioni del nuovo Codice Penale in linea con i rilevanti standard dell’UE", ha affermato. 


La situazione è molto seria perché ci sono ancora diversi casi pendenti simili a questo.


                Rehn ha esortato "Le autorità turche a modificare l’articolo 301 e altri articoli in modo da garantire libertà di espressione in Turchia." 



                La Corte di Cassazione ha deciso di confermare la condanna di reclusione per Hirant Dink, editore capo del settimanale bilingue turco-armeno con sede ad Istanbul, sulla base dell’insulto alla "turchicità" e dell’articolo 301 del nuovo Codice Penale.



                Dink era stato condannato a sei mesi dal tribunale locale il quale aveva in seguito disposto una sospensione alla sentenza, giustificandola con la buona condotta del detenuto. Il pubblico ministero dell’alta corte ha tuttavia richiesto il rilascio di Dink, ma tale richiesta è stata rifiutata dall’alta corte basandosi sulla considerazione che le espressioni controverse di Dink erano più “allegoriche” che offensive della "turchicità".








            La confessione del Ministro della Giustizia  Cemil Cicek “legge antipatica”





Milliyet (30 giugno 2006, da Ankara)

                La Legge Anti-Terrorismo è approvata dalla Grande Assemblea Nazionale Turca e il Ministro della Giustizia  Cemil Cicelk dichiara che “era nel nostro destino portare avanti questa legge antipatica”. 




                La Legge Anti-Terrorismo è approvata dall’Assemblea Nazionale. Tale legge limita i diritti dei presunti terroristi durante le inchieste giudiziali a loro carico e i processi in tribunale ed estende altresì la nozione di aiuto al terrorismo, accrescendo le pene e rafforzando i dovoeri el personale addetto alla sicurezza.    




                Nella seduta al cospetto dell’Assemblea il Ministro della Giustizia Cemil Cicek ha formulato un discorso, asserendo che ”speravamo di non giungere alla vostra presenza con una legge simile. Noi riconosciamo che la legge è antipatica”.




                Quantunque vi siano state critiche alla legge durante gli incontri della commissione parlamentare, al testo non sono stati apportati emendamenti. 




                Il Presidente della Camera degli Avvocati di Istanbul, Kazim Kolcuoglu, e quello della Camera degli Avvocati di Ankara, Ahsen Cosar, sono anch’essi intervenuti presso l’Assemblea durante le sessioni di lavoro parlamentari, per presentare le loro ultime obiezioni al ministro Cicek. 


Il ministro Cicek ha dichiarato: “Altri Paesi hanno regole più dure …”.                              




Decremento dei Diritti, Incremento delle Sanzioni Penali

· A coloro che favoriscono il terrorismo e fanno propaganda terroristica attraverso pubblicazioni saranno attribuite pene da uno a tre anni di detenzione. Vi sarà un’ammenda, per un ammontare corrispondente a un periodo da 1000 giorni a 10000 giorni di prigionia (pertanto, fino a 20 milioni di Nuove Lire Turche) per quegli organi di stampa che non abbiano commesso il crimine e che non hanno alcuna responsabilità per aver contribuito a commetterlo.

· A coloro che prendono parte alla propaganda organizzativa si comminerà una pena carceraria da 1 a 5 anni, se il delitto è commesso mediante la stampa vi sarà una riduzione della metà. Le pubblicazioni che operano propaganda terroristica possono essere sequestrate per ordine del procuratore.

· Quanto alle attività organizzative, se nel quadro di crimini terroristici vi saranno il bruciare intenzionalmente le foreste,il contrabbandare, il portare all’estero aspetti della cultura e degli elementi naturali del Paese, le pene previste verranno accresciute della metà.

· Coprirsi il volto totalmente o parzialmente durante un’azione, portare un simbolo o un emblema di un’organizzazione, intonare uno slogan o indossare una divisa simbolica di uin’organizzazione comporterà una pena da uno a cinque anni di reclusione.

· Raccogliere denaro sapendo che sarà utilizzato per atti terroristici comporterà una pena come se si appartenesse all’organizzazione terroristica.

· Per i crimini terroristici sottoposti al giudizio dell’Alta Corte, si sottoporranno a giudizio anche i bambini che abbiano raggiunto l’età di 15 anni.

· Durante le consultazioni tra cliente e difensore legale sarà presente, a seguito di decisione del giudice, un ufficiale armato delle forze di sicurezza.

· Coloro che sono impegnati nella lotta antiterrorismo potranno utilizzare armi anche quando il loro turno di servizio è concluso.

· Le forze di sicurezza hanno il diritto di utilizzare le loro armi da fuoco direttamente e senza esitazione nel caso che vi siano persone che non obbediscano alla loro intimazione di arrendersi.

· Fatta eccezione solo per coloro che non abbiano compiuto il 15esimo anno di età, vi saranno processi e carcerazioni per crimini di terrorismo e la sentenza non potrà essere mutata in sanzioni alternative né la sua esecuzione sarà posticipata.





            BIA² pubblica il secondo Rapporto Trimestrale di Monitoraggio





Bianet, 12.07.2006  –        


                Monitorando i diritti e la libertà dei mass media in Turchia, BIA² rivela 56 casi di "Libertà di Espressione" avviati contro 67 individui da aprile a giugno mentre il governo cerca ancora di imporre nuove restrizioni. La Turchia ha versato alla Corte Europea dei Diritti Umani 332.000 lire turche (YTL) in un anno e mezzo.


                "Perihan Magden, Birgul Ozbaris e Gokhan Gencay, devono scontare fino a 27 anni di reclusione in totale sulla base di imputazioni quali ‘dissuadere il pubblico dal servizio militare”. 


                Dai giornalisti ai commercianti, tutti si scontrano con i limiti di libertà di espressione mentre le accuse vengono mandate avanti. Laddove la Turchia perde nei casi di libertà di espressione seguiti presso la Corte Europea dei Diritti Umani, i contribuenti sono costretti a sostenerne l’onere collettivamente". 


                Il Secondo Rapporto Trimestrale del 2006 redatto dal "Network per il Monitoraggio e la Copertura della Libertà dei Mass Media e del Giornalismo Indipendente in Turchia" – il Desk del Monitoraggio dei Mass Media di BIA² e la copertura dei mesi di aprile, maggio e giugno, rivelano dettagli veritieri sulla situazione dei mezzi di comunicazione riguardo diritti e libertà. 


                Il rapporto BIA² di 12 pagine rivela che 56 nuovi casi di "Libertà di Espressione" sono stati intrapresi contro 67 persone da aprile a giugno mentre il governo cerca di imporre ulteriori restrizioni. 


                Nel riportare la persecuzione di giornalisti e scrittori come Nese Duzel, Sebati Karakurt, Perihan Magden, Hrant Dink, Birgül Ozbaris, Gokhan Gencay, Abdurrahman Dilipak, Memik Horuz, Evrim Dengiz, Nesrin Yazar, Rustu Demirkaya, Elif Shafak, Semih Sokmen, Asli Bicen, Sabri Ejder Ozic, Murat Belge, Murat Yetkin, Hasip Kaplan, Emine Senlikoglu, Mehmet Sevket Eygi and Musa Agacik, la relazione mette in evidenza che la Turchia ha già dovuto corrispondere oltre 332.000 lire turche (YTL),  pari a 207.500 USD, come risarcimento per casi seguiti in un anno e mezzo presso la Corte Europea dei Diritti Umani. 


                "Mentre le riforme verso l’adesione all’Unione Europea rappresentavano passi importanti per la libertà di espressione, il governo del Partito di Giustizia e Sviluppo (AKP) ha non solo ignorato le gravi conseguenze create dal Codice Penale in un solo anno, ma ha addirittura promosso una nuova forma di Legge Anti-Terrorismo (TMY) sapendo che avrebbe portato a nuove sentenze presso la Corte Europea dei Diritti Umani in passato e nel presente", si dice nella relazione. 




BIA²: Il governo prende la libertà con leggerezza

                La relazione del Desk di Monitoraggio dei Mass Media di BIA² tratta della situazione di giornalisti, scrittori e attivisti perseguitati e perseguiti in Turchia sotto titoli quali "attacchi e minacce", "detenzioni e arresti", "processi e iniziative", "Corte Europea dei Diritti Umani", "istanze RTUK", "rettifiche e ricerca della giustizia" e "Reazione alla censura".
                Il rapporto contiene informazioni su 56 casi processuali avviati contro 67 persone, 4 giornalisti alla ricerca dei loro diritti in tribunali locali e 15 individui che si sono rivolti alla Corte Europea dei Diritti Umani. 


                Le accuse avanzate secondo il Codice Penale turco (TCK) articolo 288 (tentativo di influenzare la giustizia), 301/159 (vilipendio alla turchicità e alle istituzioni dello stato), 318 (dissuasione della gente dal servizio militare), 216 (incitamento all’odio e ostilità), sono state messe in luce nel rapporto insieme con la risposta del Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan alla critica del suo comportamento nello sporgere denuncia per danni. 


"L’Indipendenza" della Giustizia

                La relazione cita sviluppi negli ultimi tre mesi che rivelano incongruenze riguardo l’indipendenza della giustizia in Turchia. 


                Viene sottolineato che, mentre il Consiglio Superiore della Magistratura non ha autonomia strutturale o funzionale, il fatto che l’Ufficio del Capo del Personale Generale e delle forze di Polizia siano in cima all’elenco delle istituzioni che sporgono denunce penali, "delinea un preoccupante quadro per la libertà di espressione e dei mass media". 
                "Percorrendo una vasta sezione della società dai giornalisti ai commercianti, almeno 40 persone sono state processate o sono ancora sotto processo sotto l’articolo 159 del vecchio Codice Penale Turco e l’articolo 301 del nuovo Codice", viene fatto notare. 



Legge Anti-Terrorismo

                Nel rapporto si dichiara che mentre le conseguenze del Codice Penale sono evidenti, l’approvazione del governo della Legge Anti-Terrorismo (TMY) significa che "la libertà dei mass media e di espressione sono considerate con leggerezza".


                La Legge Anti-Terrorismo passata in Parlamento il 29 giugno 2006 e che è attualmente la causa del processo a carico dei giornalisti Nese Duzel e Sebati Karakurt, non solo aumenta il periodo di reclusione ed estende le condizioni ad ulteriori aree, ma in certe situazioni amplia anche la responsabilità penale rispetto alle pubblicazioni da parte di proprietari di giornali ed editori capo, fino ai "direttori esecutivi", avverte il rapporto.


                Si aggiunge che la legge rettifica articoli precedenti in maniera tale che "le pene pecuniarie sono state ora trasformate in periodi di reclusione e consente di bloccare le pubblicazioni, elemento che costituirà un serio ostacolo nel dibattito di situazioni come la questione kurda e la relativa copertura da parte dei mass media". 



Dice il rapporto:

                "Il caso avviato secondo l’articolo 159 contro il giornalista Hirant Dink per la sua serie di articoli 'Identità Armena’, si è trasformato in un’avventura che mostra differenze di valutazione tra tribunali locali e la Corte Suprema, producendo un esempio importante. Come si osserva in altri casi di "incitamento all’odio e all’ostilità", il caso Dink ha anche danneggiato "il senso di giustizia" finora mantenuto.


                Gli attivisti dei Diritti Umani hanno legato le loro speranze al veto del Presidente Ahmet Necdet Sezer verso la legge Anti-Terrorismo che, solo nell’ultimo anno e mezzo, è costata alla Turchia 332.500 lire turche corrisposte alla Corte Europea dei Diritti Umani".



10 attacchi ai mass media, il numero dei giornalisti in prigione sale a 4

                Secondo il rapporto nove giornalisti e una casa editrice sono stati attaccati negli ultimi tre mesi mentre due giornalisti sono stati minacciati. 


                Nello stesso periodo dello scorso anno il numero di attacchi registrati era di 7. Un’altra affermazione fatta nella relazione riguarda il fatto che i giornalisti che lavorano per la stampa kurda sono spesso accusati di "sostenere il PKK".
                L’editore capo della rivista "Isci Koylu" [Contadini Lavoratori] Memik Horuz, era l’unico giornalista "in prigione per la libertà di stampa" fino al nuovo anno, ma da allora i giornalisti della Dicle News Agency (DIHA) Evrim Dengiz, Nesrin Yazar e Rustu Demirkaya, sono stati aggiunti alla lista portando il numero a 4 nell’arco di sei mesi. I casi in cui l’imputazione è quella di "sostenere il PKK", intrapresi contro i tre giornalisti, sono tuttora in corso. 


"Dissuadere dal servizio militare" è una minaccia crescente

La giornalista di "Ulkede Ozgur Gundem", Birgul Ozbaris, è stata accusata sette volte in processi relativi alla sua attività di cronista e alle sue interviste sull’obiezione di coscienza. Pertanto, qualora dovesse essere ritenuta colpevole, dovrebbe scontare 21 anni di reclusione.

                L’editore del supplemento domenicale "Birgun", Gokhan Gencay, ha intervistato l’obiettore di coscienza Erkan Bolot. Lo scrittore della rivista "Yeni Aktuel", Perihan Magden, ha scritto un articolo intitolato "L’Obiezione di Coscienza è parte dei Diritti Umani". Entrambi i giornalisti rischiano tre anni di reclusione ciascuno. 
                In seguito agli emendamenti fatti in materia di giustizia militare e procedure processuali, il processo a persone come Abdurrahman Dilipak presso un tribunale militare non sarà possibile, ma corti civili potranno far riferimento al Codice Penale Militare laddove si tengono le udienze. 



Con l’articolo 301 oltre 40 persone sono sotto processo

                L’accusa di "Vilipendio alla Turchicità" è stata infine equiparata contro l’autore del libro "Padre e Bastardo", Elif Shafak, il direttore della casa editrice Metis, Semih Sokmen, e la traduttrice Asli Bicen. 


                Un’indagine con la stesso capo di imputazione è stato intrapreso anche contro il capo della Chiesa Apostolica Armena, Karekin II.



                Il sistema giudiziario e le forze di sicurezza continuano a mostrare la loro tolleranza nei confronti del membro del gruppo dell’Unione dei Giuristi, avvocato Kemal Kerincsiz e i suoi associati, che hanno portato la violenza nei casi processuali. . 


Giornalista radio condannato a 6 mesi in base all’articolo 301

                Il quinto tribunale di prima istanza di Adana ha condannato il giornalista radio Sabri Ejder Ozic a 6 mesi di reclusione in base all’articolo 301, per "aver pubblicamente insultato il parlamento" nonostante le opinioni presentate al tribunale dal Pubblico Ministero della Corte di Appello e dal procuratore dello stesso tribunale. La condanna non è stata né differita né trasformata in una pena pecuniaria. 



Yetkin rischia 4 anni e mezzo per critiche contro un processo

                Sembra che l’accusa di "tentata influenza di un processo equo" che rischiano i giornalisti ogni volta in cui si esaminano decisioni giudiziarie, continuerà ad essere un problema a lungo termine. 


                Nonostante si sia concluso con un’assoluzione il caso contro lo scrittore del giornale "Radikal", Murat Belge, per aver avanzato critiche su una sentenza che bandiva una conferenza sugli armeni ottomani, il caso di quattro scrittori dei quotidiani "Radikal" e "Milliyet" non era stato completamente chiarito quando il legale dell’accusa si è appellato contro il loro rilascio. 


                Inoltre un procuratore ora chiede 4 anni e mezzo di reclusione per il giornalista di "Radikal" Murat Yetkin per critiche sul processo contro il noto autore Orhan Pamuk. 


                L’articolo 216 del codice penale turco produce conseguenze diverse nella pratica giudiziaria. L’esperto di diritto Hasip Kaplan, che ha espresso le sue opinioni su questioni contemporanee durante un programma televisivo su "Flash TV", è stato assolto nel procedimento in cui era stato accusato di "incitamento all’odio e all’ostilità". 
                Tuttavia, la scrittrice e giornalista Emine Senlikoglu, è stata condannata a 12 mesi per aver espresso le sue idee in un programma televisivo a cui ha partecipato a Manavgat nel 2000.


                Questa accusa è stata anche equiparata a quella contro il giornalista di "Milli Gazete", Mehmet Sevket Eygi, negli ultimi tre mesi.



Dopo i calci

                Il giornalista Musa Agacik, che per 4 anni si è occupato del Primo Ministro Erdogan, nel corso di un festival era stato preso a calci dalla guardia del corpo del PM, Murat Oksuz. Il noto giornalista Agacik non era riuscito a trovare qualcuno che testimoniasse sull’aggressione ma è andato avanti con la sua denuncia che si è conclusa con una pena pecuniaria a carico di Oksuz. (EO/II/YE)






            I ribelli kurdi hanno annunciato il resoconto di giugno





ANF, 02.07.2006 –

                Secondo la relazione sugli scontri del mese di giugno 2006: 77 operazioni sono state condotte dall’esercito turco e da quello iraniano durante i quali hanno perso la vita 5 ufficiali militari, 2 guardiani di villaggi, 2 poliziotti, 32 soldati Iraniani, 102 soldati turchi e 24 guerriglieri.


                La direzione centrale delle Forze di Difesa Popolare (HPG), ha illustrato che 66 operazioni sono state intraprese dall’esercito turco che ha dichiarato guerra totale. Le operazioni sono state concentrate in particolare intorno alle province di Botan, Serhat, Garzan, Erzurum, Dersim e Amanos.               


10 operazioni sono state guidate dall’esercito iraniano mentre una si è svolta insieme con l’esercito turco.
Nelle 77 operazioni sono stati registrati in totale 70 scontri

L’equipaggiamento militare e i rifornimenti sono stati presi dai guerriglieri

9 veicoli e 12 carrozze ferroviarie sono stati centrate dai guerriglieri

                L’HPG ha dichiarato che, sulla base del diritto alla legittima difesa stabilito dalle convenzioni internazionali, vendicherà qualunque offensiva su Ocalan, il popolo kurdo e le forze della guerriglia. 


                L’HPG ha anche ribadito che il guerrigliero Abbas Emani, catturato lo scorso anno, poi giustiziato e bruciato con altri 6 guerriglieri, è solo un altro esempio dello stato di terrore che si vive in Kurdistan.


                La direzione ha asserito che, in particolare a partire dal 1° giugno 2004, l’HPG ha aderito a tutte le regole di guerra e ha fatto molti sacrifici per proseguire in questa direzione. Tuttavia, lo stato turco e il suo esercito, hanno introdotto tutte le varianti dello stato di terrore e non hanno rispettato le regole di guerra. L’esercito turco ha usato armi chimiche in molte occasioni e ha giustiziato prigionieri di guerra. I turchi hanno inoltre utilizzato veicoli civili nel conflitto e illegalmente lasciato esplosivi in spazi accessibili, causando quindi la morte di civili. 


                Informiamo tutti dello stato di terrore e delle violazioni delle direttive legali da parte dello stato turco. Inoltre ci rivolgiamo a tutte le istituzioni pertinenti, le organizzazioni e le ONG, affinché possano essere sensibilizzate e recarsi ad esaminare immediatamente la regione. Dichiariamo inoltre che noi delle Forze di Difesa Popolare siamo disponibili per un’indagine da parte delle stesse istituzioni, organizzazioni e ONG.


            Baydemir sotto inchiesta per qualsiasi iniziativa





Muhammed TASDEMIR, DIYARBAKIR (DIHA) 6 luglio 2006

                Qualsiasi cosa abbia detto e fatto il sindaco della municipalità di Diyarbakir Osman Baydemir, sin da quando nel 1998 era a capo della sezione di Diyarbakir dell’Associazione per i Diritti Umani (IHD), è ormai oggetto d’inchiesta giudiziale o d’interrogazioni. I casi si sono moltiplicati a partire dal 2004, essendo stato sottoposto Baydemir a ben 193, tra interrogazioni e casi giudiziari nei suoi confronti. Di questi, 98 sonio stati aperti presso gli uffici della procura, 31 presso il Tribunale per la Sicurezza Statale di Diyarbakir, 15 presso tribunali penali di primo grado. Dei casi aperti presso il Tribunale per la Sicurezza Statale di Diyarbakir, 6 hanno avuto come esito l’assoluzione, e ve ne sono ancora in corso due presso un giudice di pace (in sede penale), 12 presso tribunali penali di prima istanza, e 3 devoluti dall’ex Tribunale per la Sicurezza Statale alla competenza attuale dell’Alto Tribunale Penale.


                Molte sono le interrogazioni che hanno riguardato Baydemir da quando, nel 2004, è stato eletto sindaco di Diyarbakir, e sempre più se ne aggiungono: 27 casi sono stati aggiunti alla lista nel 2004, per 19 dei quali è già stato disposto il non luogo a procedere, mentre per due sono state aperte inchieste giudiziali. 15 sono state le interrogazioni nuove nel 2005, per nove delle quali è seguito il non luogo a procedere, mentre due tuttora sono aperte. Vi sono state 22 nuove interrogazioni nel corso dei primi sei mesi del 2006, ed è una cifra da record: per una vi è già il non luogo a procedere, mentre altre sei sono sfociate in inchieste giudiziali. 


                Vi sono state ben 193 interrogazioni riguardanti Osman Baydemir: 71 hanno avuto come esito il non luogo a procedere e 27 si sono concluse con l’assoluzione. Vi sono molti resoconti di esami incrociati riguardo a Baydemir, che sono stati inviati al Ministero della Giustizia. 


Eccovi elencati alcuni casi per lui divenuti “problematici”:

* aver tenuto a Diyarbakir, in relazione agli eventi del 28 marzo, un “discorso dal contenuto separatista”;

* aver fatto parte dei 56 sindaci appartenenti al DTP che hanno inviato al Primo Ministro danese Rasmussen una lettera in cui si richiede che non venga chiusa l’emittente televisiva ROJ-TV.

* aver formulato frasi d’invito in lingua kurda;

* "Aver causato pubblicamente umiliazione alla popolazione, dimostrando rispetto per le differenze” (razziali, ad esempio), in occasione di un’intervista concessa a un periodico;

* Essersi recato, con un’automobile di servizio, a porgere le condoglianze per gli appartenenti al PKK che morirono ai giardini Hevsel.

* Aver utilizzato l’espressione “Signor” in riferimento al leader del popolo kurdo, Abdullah Ocalan, e “aver incitato al compimento di azioni contrarie alla legge” e “aver elogiato sia crimini che persone che hanno commesso crimini”.





            Processi intentati contro il sindaco


            di Dyiarbakir Sur, Abdullah Demirbas, da parte delle autorità turche







INTERROGAZIONE SCRITTA di Vittorio Agnoletto (GUE/NGL) alla Commissione e la

RISPOSTA data dal signor Rehn a nome della Commissione europea (3.7.2006)

                Il signor Abdullah Demirbas, sindaco del Comune di Diyarbakir Sur (Turchia), ha visto avviare contro di lui due procedimenti giudiziari da parte delle autorità turche.


La prima accusa riguarda il fatto che il signor Demirbas abbia usato la lingua curda, oltre a quella turca, durante una cerimonia matrimoniale che ha avuto luogo nel suo municipio. Il processo contro di lui si aprirà il 6 giugno 2006.

                La seconda accusa riguarda le opinioni che il signor Demirbas ha espresso sull'assassinio di un bambino di 12 anni, Ugur Kaymaz, ucciso verosimilmente dalle forze di sicurezza turche il 12 novembre 2004 a Mardin.


                Ancora una volta siamo di fronte ad inaccettabili violazioni dei diritti di opinione di esponenti della comunità curda, quotidianamente intimiditi dai servizi segreti di Ankara.


Ciò premesso, potrebbe la Commisssione far sapere:



1.             Quali passi ha compiuto o intende compiere per indurre la Turchia a rispettare la libertà di espressione sancita dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo?




2.             Quali passi ventila per esternare al governo turco, e in particolare al ministro turco della Giustizia, le preoccupazioni europee per il tentativo di Ankara di punire in modo sistematico esponenti politici di origine curda, in particolare Abdullah Demirbas, sindaco di Dyiarbakir Sur?




3.             Qual è la "Road Map" che sta negoziando con la Turchia per una necessaria riforma del sistema giudiziario turco?




RISPOSTA data dal signor Rehn a nome della Commissione europea (3.7.2006)

            La Commissione osserva che il signor Abdullah Demirbas è stato recentemente assolto dall’accusa di presunti atti che contravvengono alla legalità finanziaria dovuti alla costruzione di un monumento in memoria di Ugur Kaymaz.


                La Commissione continua a nutrire preoccupazione e a seguire attentamente un’altra causa presentata contro il signor Demirbas, nel quale è stato accusato di aver promosso il terrorismo in un suo discorso. Se le autorità giudiziarie continueranno a interpretare restrittivamente le disposizioni relative alla libertà di espressione del nuovo codice penale, la Commissione ritiene che gli articoli troppo vaghi dovranno essere riformulati per rispondere meglio alle norme UE vigenti in materia.


                La questione figura inoltre nel partenariato per l’adesione adottato dal Consiglio il 17 gennaio 2006. Il partenariato elenca una serie di priorità specifiche a breve termine che la Turchia dovrebbe rispettare in relazione alla libertà di espressione, alle autorità giudiziarie e al rispetto dei diritti delle minoranze e dei diritti culturali. In particolare, la Turchia dovrebbe garantire l’esercizio della libertà di espressione, compresa la libertà di stampa, conformemente alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. 


                La Commissione ricorda che, conformemente al quadro di negoziazione, i negoziati dipenderanno dai progressi compiuti dalla Turchia nei preparativi per l’adesione in vari settori tra cui lo stato di diritto, i diritti dell’uomo, compresa la libertà di espressione, e la tutela delle minoranze.


                La Commissione controllerà la realizzazione di tali priorità e continuerà a sollevare la questione con le autorità turche come parte del suo monitoraggio regolare dei criteri politici.






            Scrivere i nomi dei villaggi in kurdo:


            l’ufficio del governatore di Diyarbakir si è opposto





Adnan Bilen (DIHA, Diyarbakir), 30 GIUGNO 2006 -

                L’ufficio del governatore di Diyarbakir si è opposto alla decisione unanime pronunciata dal Consiglio Provinciale che accanto ai nomi dei villaggi scritti, su tabelle e segnali stradali, in turco vi siano anche i nomi stessi scritti nella lingua kurda. L’ufficio del governatore ha presentato un ricorso al tribunale amministrativo chiedendo che la decisione sia revocata e ha sostenuto, nel formulare la sua richiesta, che "gli ex nomi [cioè, quelli in lingua kurda] erano usati informalmente dalla popolazione e la decisione presa contribuirebbe a promuoverne l’uso”. Il 3 marzo 2006 il Consiglio Provinciale aveva accettato unanimemente la possibilità che i nomi originari della città di Diyarbakir e quelli di altre province fossero scritti in lingua kurda (tra parentesi) accanto ai nomi in lingua turca sulla segnaletica stradale. Dopo la decisione del Consiglio, il vicegovernatore Hidir Kahveci ha inviato un documento scritto al tribunale amministrativo competente, cheidendo che la decisione fosse annullata. Nel documento, che elenca le motivazioni addotte dall’ufficio del governatore, si rammenta che secondo la Legge n. 5542 sull’Amministrazione delle Province è stabilito che i nomi che non siano turchi e che possano generare confusione devono essere cambiati.  


                Nel giustificare la richiesta, si dice che scrivendo i vecchi nomi accanto a quelli già esistenti si produrranno difficoltà per la popolazione nell’utilizzarli. Si dice anche che i nomi che si vogliono aggiungere sono stati finora utilizzati, ma non in forma ufficiale, e che dalla decisione deriverebbe una promozione dell riutilizzo dei nomi in lingua kurda. Poi si indica che la popolazine potrebbe dimenticare i nuovi nomi e da ciò nascerebbero contrasti tra la popolazione e le istituzioni ufficiali, nonché seri danni economici. 




                Kerem Durukan, che presiede il Consiglio Provinciale, ha detto di ritenere necessario che si scrivano i vecchi nomi, come atto di favore nei confronti delle culture siriana, araba e kurda che permeano l’area; ha aggiunto di essere consapevole, e con lui i consiglieri, che il Consiglio Provinciale non ha alcuna autorità per cambiare alcun nome e ha formulato unicamente una proposta. Durukan ha anche detto che prendendo in considerazione il linguaggio usato nell’area, si rileva che quasi il 90% della popolazione è d’etnia kurda e in pratica nessuno pronuncia i nomi dei villaggi in turco: Un simile stato di cose dovrebbe essere tollerato.








            Pena richiesta: 10 anni di carcere per i 56 sindaci del DTP





AMED (15.06.2006)

                È stato aperto un processo a carico dei 56 sindaci del Partito della Società Democratica (DTP), accusati di favorire il PKK in quanto hanno inviato una lettera al Primo Ministro danese Rasmussen per chiedergli di non chiudere l’emittente televisiva kurda ROJ-TV.




                Nell’atto d’incriminazione a carico dei 56 sindaci si sostiene: “Essi aiutano il PKK con le loro richieste”; pertanto si chiede che siano condannati a dieci anni di carcerazione. L’atto d’accusa è stato preparato dalla Procura di Diyarbakir e in esso si afferma che Roj-TV attua propaganda per un’organizzazione: 'In relazione agli sforzi avviati e prodotti dal governo turco per far chiudere Roj-TV, a causa delle relazioni della stessa Roj-TV con il PKK, una lettera fu preparata dai sindaci appartenenti al DTP e inviata al Primo Ministro danese nel dicembre 2005”. Nell’atto di accusa si argomenta in tal modo, nonostante la lettera sia stata scritta per esprimere richieste legittime e democratiche, e si sostiene anche che Roj-TV fa propaganda, mediante le sue trasmissioni, alle opinioni del PKK e ignora le minacce che i più autorevoli esponenti del PKK pongono contro la Turchia. 




                Il 21 dicembre 2005 cinquantasei sindaci del DTP hanno inviato una lettera al Primo Ministro danese Rasmussen, chiedendo che non venga chiusa l’emittente televisiva kurda ROJ-TV. La lettera, che recava le firme dei sindaci, conteneva espressioni come questa: ‘La voce di ROJ-TV non deve essere ridotta al silenzio, per favorire la vera democrazia. Questa è la sincera richiesta che accomuna il nostro popolo e che noi, da amministratori locali, presentiamo. L’abolizione di tale voce significherà perdita delle libertà fondamentali e della democrazia e dei diritti umani e sconfitta nella lotta per la civilizzazione democratica’. 




                Nel tempo intercorso sono giunte, finora, alle autorità danesi 7000 lettere di gente che si oppone al tentativo del governo turco di ottenere la chiusura della televisione kurda ROJ-TV sia in Danimarca che in area internazionale. La campagna attivata per l’invio di tali lettere prosegue. Le lettere finora giunte provengono da Turchia, Iran, Irak, Siria, Russia, Armenia, Germania, Austria, Svezia, Italia, Francia, Sudafrica, Canada, Kazakistan, Azerbaigian, Giordania e Stati Uniti e chiedono tutte al governo danese di non chiudere ROJ-TV. Si richiama inoltre all’attenzione che ROJ-TV è una televisione kurda indipendente. Oltre che dai sindaci del DTP, sono state inviate lettere da 400 intellettuali sia dei Paesi Arabi che di altri luoghi, tra i quali spicca Noam Chomsky. L’invito è a non sottomettere alla condotta antidemocratica del governo turco né, in primo luogo, il governo danese, né le associazioni e istituzioni dell’UE e dei Paesi membri dell’UE stessa.






            La procura indagherà sul congresso del DTP





Turkish Daily News, 27 giugno 2006 –

                L’Ufficio del Procuratore della Suprema Corte d’Appello ha avviato un’inchiesta nei confronti del Partito della Società Democratica (DTP), in relazione al congresso del partito stesso, tenutosi ad Ankara nell’ultimo fine settimana. È stato riferito che l’ufficio del procuratore ha richiesto al Dipartimento di Polizia di fornire informazioni e documentazione sul congresso e pensa all’apertura di un’inchiesta volta ad accertare se durante il congresso siano stati commessi crimini. 


                L’ufficio della procura può indire inchieste riguardanti i partiti politici per vari crimini, in base alle norme contenute nella Legge sui Partiti Politici. Qualora le accuse siano particolarmente gravi, l’ufficio della procura ha anche la facoltà di chiedere alla Corte Costituzionale di disporre la chiusura di un partito. Il 25 giugno, nel corso del congresso, Ahmet Türk è stato eletto capo del partito. Al DTP era stato richiesto dalla Corte Costituzionale di modificare le sue norme statutarie interne perché contenevano la previsione di una presidenza congiunta e ciò è ritenuto in violazione della Legge sui Partiti Politici. Nel corso del congresso non è stato suonato l’usuale inno nazionale turco ed erano affissi e visibili svariati poster del leader incarcerato del PKK, Abdullah Öcalan.






            1. Congresso del DTP:  Raccomandazioni del co-presidente del DTP, Ahmet Turk





25.06.2006 ANKARA (DIHA) -

                Parlando al congresso del DTP, Ahmet Turk ha richiesto che sia revocato il progetto di legge sulla lotta al terrorismo e ha detto che quel progetto di legge è come una camicia di forza immaginata per farla indossare alla Turchia. E' un tipo di legge pensata per la lotta ai kurdi. Turk, che è co-presidente del DTP, ha poi formulato una serie di raccomandazioni per giungere a una soluzione democratica della Questione Kurda.  Ahmet Turk ha rammentato di aver scorto un atmosfera negativa, eppure di pace relativa, negli anni dal 1999 al 2004, asserendo che tale situazione ha "comunque consentito di apportare contributi importanti al processo di adesione della Turchia all'UE. Tuttavia, nel corso di quel periodo i governi non presero alcuna seria iniziativa per lo sviluppo di un dialogo su basi democratiche, e per la stabilizzazione della situazione di pace relativa che si era venuta a creare, essi agirono invece in maniera dirigistica in una situazione di tensione, che tuttora crea malcontento tra noi”. La valutazione della Questione Kurda come dato di fatto storico-sociologico a detta di Turk non è sufficiente; si tratta anche di un problema di carenza di democrazia, d'identità, di eguaglianza e pari libertà tra persone accomunate da una stessa patria, di pace, unità e sviluppo nazionale e di una problematica attinente ai diritti umani. 




Eccovi le raccomandazioni di Turk per una soluzione della Questione Kurda:

* La Costituzione turca del 1982, scaturita dagli eventi del 12 settembre 1980, deve essere rimpiazzata da una nuova carta costituzionale.

* All'interno della nuova Carta dovrebbero essere garantiti i diritti culturali e linguistici. Le differenze tra popoli non dovrebbero essere causa di separazione, bensì apportare unità e ricchezza di colori.

* La legge su elezioni e partiti politici dovrebbe essere emendata, per renderla più democratica; dovrebbe consentirsi alle persone di essere rappresentante nell’ambito della Grande Assemblea Nazionale in base alla libera espressione della loro volontà.

* Si approntino procedure legali e moderne per garantire la libetà di pensiero e di organizzazione, che sono libertà essenziali per una società democratica.

* Si revochi il progetto di legge anti-terrorismo, dato che punta a essere una camica di forza, studiata per la lotta anti-kurda.

* Dovrebbe esservi una “aministia politica”, quale passo di apertura verso metodi pacifici e verso la democratizzazione della vita politica.

* Dovrebbero essere abolite le leggi speciali individuali e si dovrebbe abbandonare la detenzione in carceri di tipio F e di tipo D, nonché ogni forma speciale di repressione o di isolamento.

* 126 persone sono morte nel protestare contro tali pratiche e altre migliaia tuttora soffrono di gravi problemi di salute per questo. Non è accettabile non lo abbia notato e non abbia fatto nulla per provvedere a queste persone. Si ponga fine a tali pratiche e siano sostituite da regolamenti e prassi di carattere moderno.

* Si abolisca l’attività dei guardiani di villaggio e si ripulisca il territorio dalle mine.

* Siano date alla popolazione le possibilità di far ritorno nei villaggi evacuati, il cui numero è di 4000. Vi si possa vivere in condizioni idonee agli esseri umani e conformi ai principi umanitari; in tale contesto, la legge 5233 sui risarcimenti per le evacuazioni non è abbastanza per ovviare al problema, soprattutto se sono ancora portate avanti prassi ingiuste.

* Riguardo a iniqua distribuzione delle ricchezze, disoccupazione, carenza d’investimenti, carenza di ricchezza e lungo periodo di sottoposizione dei territori sud-orientali allo stato d’emergenza, occorrebbe un piano speciale per lo sviluppo di quegli stessi territori.



* Dovrebbero essere compiuti passi conformi a quanto avviene in ambito mondiale, per la garanzia dell’identità e dei diritti culturali. Pertanto:

* la situazione di svantaggio per la lingua kurda, riguardo all’istruzione e alle trasmissioni televisive e radiofoniche nella lingua madre, nonché alle pubblicazioni scritte, dovrebbe essere rimossa. Dovrebbero fornirsi opportunità di educazione e di pubblicazione tenendo conto delle richieste della popolazione.

* Località i cui nomi sono stati mutati per legge, dovrebbero ricevere nomi conformi alla loro storia, geografia e cultura.

* Istituti di storia e cultura kurda dovrebbero essere aperti.



Turk ha poi rammentato un percorso di pace in te tappe, reso noto dai kurdi tempo fa, e ha proseguito:

"Ripeto la mia richesta ancora una volta: le parti riflettano su questi miei appelli. Da alcune parti si dice che noi diciamo quel che diciamo come per proporre un accordo, in cambio del conformarsi del PKK alla decisione di non compiere operazioni armate. Ciò non risponde a verità e non contriuise a una soluzione. Non è importante stabilire se le operazioni avranno fine o se sarà il PKK a bloccare le proprie attività armate; quel che conta davvero è che si fermi lo spargimento di sangue. Ciò che conta davvero è che il popolo kurdo abbia un Paese in cui possa vivere ed esprimersi liberamente. Per giungere a ciò, ognuno dovrebbe contribuire, agendo in base alle proprie responsabilità…”.







            “La Banda di Semdinli” – Non solo tre persone





Bianet – 21/06/2006,

                Tanrikulu, Presidente Camera dei Avocati  di Diyabarkir: "Gli imputati di Semdinli dovrebbero essere puniti per atti volti a distruggere l’unità dello stato. Ricorreremo in Corte d’Appello. L’organizzazione dovrebbe essere smascherata nell’interezza della struttura e dei crimini".


                In disaccordo con le condanne stabilite e considerate insufficienti per i sottufficiali di pubblica sicurezza Sergente Maggiore Ali Kaya e Ozcan Ildeniz nel discusso "Caso Semdinli", il sostituto procuratore e Presidente Camera dei Avocati  di Diyabarkir, Sezgin Tanrikulu, ha dichiarato che si appelleranno contro il verdetto.


    Lunedì 19 giugno un tribunale di Van ha condannato sia Kaya sia Iledeniz a 39 anni e 10 mesi di reclusione per averli trovati colpevoli di incitamento alla violenza e omicidio. I due sono stati giudicati per aver “creato un’associazione a delinquere”, per omicidio, tentato omicidio e per aver causato lesioni alla persona". 


                Il processo del terzo imputato nella causa, il pentito Veysel Ates, è stato aggiornato al 3 agosto a causa della sua assenza per malattia e della necessità di cure ospedaliere.


                Il tribunale di Van ha condannato gli imputati ad 1 anno 11 mesi e 10 giorni di reclusione per aver fondato un’associazione a delinquere, e a 25 anni ciascuno per l’omicidio di Mehmet Zahir Korkmaz che perse la vita il 9 novembre del 2005, quando fu fatta esplodere la bomba alla libreria "Umut" a Semdinli. Inoltre Kaya e Ildeniz sono stati condannati ad ulteriori 12 anni di reclusione per aver tentato di uccidere il proprietario della libreria Seferi Yilmaz e aver causato lesioni a Metin Korkmaz.


                Tanrikulu ha dichiarato di considerare positive le condanne ma ha asserito che "quest’organizzazione non è costituita solo da tre persone. L’intera struttura organizzativa dovrebbe essere denunciata e soppressa”.




Bianet ha intervistato Tanrikulu sulla sentenza di Semdinli e su cosa accadrà in futuro


Lei ha reso noto che si appellerà contro il verdetto. Perchè?

                L’organizzazione di cui gli imputati sono membri rappresenta un obiettivo per "collocare i territori dello stato interamente o in parte sotto la sovranità di uno stato straniero oppure di indebolire l’indipendenza dello stato oppure di distruggerne l’unità oppure di separare parte del territorio sotto la sovranità dello stato dall’amministrazione dello stato", come indicato nell’articolo 302 del Codice Penale. Pertanto, invece di essere condannati secondo l’articolo 220 che tratta di "costituire un’organizzazione per compiere atti descritti come reati secondo la legge", dovrebbero essere condannati secondo l’articolo 302. Questa era in ogni caso l’opinione dell’accusa. Per questo motivo ricorreremo in Appello. Uno dei giudici della magistratura ha già disposto una clausola di opposizione al verdetto proprio per questa ragione.



Cos’altro c’è di rilevante?

                Riteniamo che quest’organizzazione criminale non si limiti ai tre imputati. L’organizzazione dovrebbe essere smascherata nella sua struttura, soppressa e gli atti svelati e condannati. Per far questo è richiesto un procedimento effettivo del processo. Il tribunale ha preso decisioni intermedie nel processo riguardo i fascicoli separati durante la fase preliminare da seguire. Faremo quanto ci è richiesto e li seguiremo. Le forze democratiche in Turchia dovrebbero lavorare su questa questione e tenerla all’ordine del giorno. Dovrebbero sforzarsi di rivelare gli altri elementi dell’organizzazione. Questo caso non dovrebbe essere limitato a tre indiziati.



Il dossier su Yasar Buyukanit è incluso?

Certo che è incluso.



In che modo valuta la sentenza?

E’ importante che gli imputati siano stati condannati per il reato di aver "creato un’associazione a delinquere". Non bisogna dimenticare che questi individui erano soldati in servizio. E’ la prima volta che un verdetto passa così velocemente in relazione a dei soldati in servizio, bande. C’è un altro aspetto importante della sentenza. Potrebbe essere un’indicazione di chi si nasconde dietro simili avvenimenti nella regione, facendo luce sui fatti.


I legali della difesa hanno affermato che il giudice presiedente aveva perso la sua imparzialità e che l’accusa del procuratore Sarikaya era illegale.

Quanto hanno dichiarato in relazione al Presidente della Corte Suprema era nell’udienza di ieri [lunedì], mentre persino nell’udienza precedente sostenevano che si stava tenendo un processo realmente equo. Ritengo che si trattasse di una tattica per ritardare la sentenza. Le obiezioni contro l’accusa del Procuratore Sarikaya sono state messe nell’ordine del giorno dopo che questi era stato sollevato dall’incarico. Ma una volta in cui il tribunale ha accettato l’accusa, non rimangono problemi di legalità. Le loro dichiarazioni su questo caso non hanno alcuna base legale.


Nel corso dell’udienza l’imputato Ali Kaya si trovava presso l’Accademia Militare di Medicina Gulhane di Ankara. Che cosa succederà ad Ali Kaya?

La detenzione degli indiziati continuerà finché sarà chiaro il verdetto della Corte d’Appello. L’imputato Ali Kaya dovrebbe essere spostato nella prigione di Van una volta in cui la sua terapia sarà ultimata.


Esiste la possibilità di fuga o di farlo fuggire?

E’ un problema dello stato. Per prevenire simili situazioni, devono fare quanto è loro richiesto.



            Arrestato Yilmaz, Proprietario della Libreria di Semdinli






Bianet –21.06.2006

                Un mandato d’arresto è stato emesso il giorno dopo la sentenza del tribunale di Van per due agenti scoperti mentre facevano esplodere una bomba presso la libreria “Umut” di Yilmaz, a Semdinli, Hakkari. L’IHD di Istanbul ha dichiarato che Yilmaz era il testimone più importante nel rivelare il coinvolgimento nell’esplosione di membri delle forze dello stato.


                Le autorità della provincia orientale turca di Hakkari hanno arrestato il proprietario della libreria di Semdinli, Seferi Yilmaz, il cui negozio, "Umut", fu fatto esplodere il 9 Novembre del 2005, avvenimento che ha portato lunedì alla condanna a 39 anni di reclusione per due sottufficiali fermati dopo l’esplosione.


                Yilmaz è stato arrestato il 20 giugno e trasferito in una prigione locale in base alle accuse rese dal “pentito” Hasan Saglar, proveniente dalle fila dell’illegale Partito dei Lavoratori Kurdi (PKK), il quale sostiene che Yilmaz avrebbe connessioni con alcuni dei leaders rurali dell’organizzazione.


                La sede di Istanbul dell’IHD, Associazione per I Diritti Umani, in un comunicato riguardante l’arresto, ha dichiarato Mercoledì che Yilmaz era il testimone più importante nel rivelare il coinvolgimento delle forze dello stato nei fatti di Semdinli e ha definito ‘sospetto’ il suo arresto. 


                Nel comunicato è riportato: “La verità che emerge dall’esplosione della libreria “Umut” a Semdinli è che rappresentanti dello stato hanno commesso l’atto di lanciare bombe. I sottufficiali che hanno partecipato in quell’azione sono stati condannati a 39 anni di reclusione dall’Alta Corte di Giustizia di Van. Seferi Yilmaz è il proprietario della libreria “Umut”. E’ il più importante testimone della partecipazione di membri delle forze dello stato all’esplosione. 
                 ”Vogliamo dichiarare che troviamo sospetto che Sefer Yilmaz, vittima e testimone del fatto, sia stato arrestato a causa di una rivelazione di un pentito subito dopo il verdetto del 'Caso Semdinli', in precedenza accettato positivamente dall’opinione pubblica democratica", si aggiunge nel comunicato. Inoltre, con l’arresto effettuato subito dopo il processo, i sospetti sono aumentati ed è garantito che l’IHD monitorerà da vicino gli sviluppi del caso.






            Denudato e torturato nella prigione di tipo F di Kurkculer





ADANA (DIHA), 9 giugno 2006

    Vi sono accuse secondo le quali il detenuto di nome Yasin Aka è stato percosso quando fu condotto nella prigione di tipo F di Kurkculer, proveniente da quella di tipo E di Mersin; fu inoltre denudato e torturato all’interno del carcere. Le accuse sono contenute in un documento, a detta del padre del detenuto, Osman Aka, che ha paragonato quel tipo di torture a quelle inflitte a Guantanamo: al riguardo la sezione di Adana dell’Associazione per i Diritti Umani (IHD) ha annunciato che presenterà un esposto sui crimini tanto al Procuratore quanto al Ministero della Giustizia.


    Osman Aka, 52enne, è il padre del 19enne Yasin e di Nizar, detenuti entrambi nel carcere di tipo F di Kurkculer; Osman Aka sostiene che le guardie penitenziarie del carcere hanno comminato torture a suo figlio Yasin e hanno altresì minacciato di morte l’altro figlio, Nizar. Osman Aka ha dichiarato di essersi recato il 7 giugno a far visita ai figli nel carcere di Kurkculer, e ha detto testualmente: ''Yasin è stato condotto da Mersin ad Adana il 1° giugno. Durante il tragitto I detenuti sono stati crudelmente percossi. Dopo quel che era accaduto nel corso del viaggio, sono stati fatti attendere per sette ore in un luogo a noi sconosciuto, anche se avrebero dovuto essere condotti direttamente al carcere. I prigionieri hanno corso il rischio di soffocare per la mancanza d’aria e uno di essi è deceduto per tale motivo. Solo in seguito sono stati condotti al carcere di Kurkculer”. Osman Aka ha sostenuto che a suo figlio Yasin sono stati strappati lembi di pelle davanti alla cella e che è stato anche picchiato dalle guardie e poi collocato in una cella singola. Osman Aka asserisce che il figlio è stato a lungo sottoposto a percosse: “Lo hanno lasciato nella cella solo quando era esausto. Quando sono andato a fargli visita, ancora sul suo volto e attorno alla gola vi erano segni delle percosse, anche se era trascorsa ormai una settimana. Non è stato condotto all’infermeria e pertanto non ha potuto ottenere un referto medico al riguardo. Ha tuttavia detto di aver presentato un esposto in sede penale all’ufficio del procuratore di Adana e di soffrire di problemi psicologici a causa delle torure cui è stato sottoposto”. 


    Osman Aka ha poi indicato, riguardo all’altro figlio Nizar, anch’egli detenuto a Kurkculer, che è stato minacciato di morte dalle guardie, che gli hanno detto di abbandonare la causa per cui si batte, altrimenti morirà. Ho parlato ad alcune guardie nel giorno della visita, ma mi hanno detto che nulla di tutto ciò era avvenuto e si sono messe a ridere. Parlavano tuttavia con tono minaccioso, in special modo quando gli ho detto che avrei presentato reclami nei loro confronti e mi hanno detto a loro volta: 'Puoi reclamare davanti a chiunque tu voglia!’. Con tali condotte oppressive non riusciranno  però a intimidirci. Del resto già sappiamo cosa avviene nelle carceri, anche se voglio dire che vi è più pressione sui detenuti qui che in prigioni che si trovano altrove. Quel che si fa qui sono atti specaili, simili a quelli che si compiono nella prigione di Guantanamo”. 


    Riguardo all’oppressione attuata nei confronti dei suoi figli Osman Aka si è rivolto all’ufficio di Adana dell’IHD. I dirigenti dell’IHD hanno detto che intendono presentare un esposto di rilevanza penale sia al procuratore che al Ministero della Giustizia. In base a informazioni ottenute da amici di prigionieri che sono stati condotti al carcere Kurkculer il 19 maggio, quei detenuti sono stati collocati in celle singole ed è stato loro vietato di presentare qualsiasi petizione nei successivi due mesi; è stato anche riferito dalle stesse fonti che le guardie statali costantemente fanno pressioni sui prigionieri per indurli a farsi affidare a custodi indipendenti e che i detenuti che non cedono continueranno a essere tenuti costantemente in celle singole. 






            Reporter Senza Frontiere: Appello per la libertà 






Provvisoria del giornalista kurdo accusato di collaborare con il PKK
Comunicato del 21 giugno 2006 sulla Turchia

                Reporter Senza Frontiere ha richiesto oggi il rilascio su cauzione di Rüstu Demirkaya, giornalista operante presso l’agenzia stampa kurda DIHA, che il 14 giugno è stato messo sotto custodia nella prigione di Tunceli, nella Turchia orientale, con l’accusa di essere un collaboratore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), fuorilegge, e conosciuto anche come Kongra-Gel.


                Demirkaya, in base a quanto riportato, è stato arrestato con altre quattro persone mentre era in corso l’11 giugno un’operazione militare contro appartenenti al PKK nella provincia di Tunceli. Presumibilmente un ex membro del PKK lo ha accusato di aver avuto contatti nell’autunno scorso i con attivisti del PKK in un villaggio vicino, Sakak; in quell’occasione, in base a quanto sostenuto, Demirkaya consegnò loro un PC portatile e 10 CD-ROM ancora vergini e diede loro ragguagli su un’operazione militare che era allora in corso. Egli rischia una condanna fino a 12 anni di carcerazione.   


                “Noi chiediamo il rilascio su cauzione di Demirkaya fino allo svolgimento del processo a suo carico”, ha dichiarato Reporter Senza Frontiere. “Il suo rilascio non inciderebbe negativamente sull’inchiesta giudiziaria in corso, dal momento che la polizia sa dove egli vive e non vi è pericolo che spariscano prove; la sola prova a suo carico è infatti la dichiarazione di un informatore”. L’organizzazione che si batte per la libertà di stampa ha anche aggiunto: “Noi gradiamo puntualizzare che giornalisti che lavorano per media filo-kurdi sono accusati frequentemente di essere collaboratori del PKK, per il fatto di fornire resoconti sulle operazioni militari”. 


                Il legale di Demirkaya, Baris Yildirim, ha richiesto formalmente la sua liberazione temporanea in data 19 giugno. Demirkaya era già a rischio di essere condananto a quattro anni e mezzo di carcere per aver fornito notizie sul rilascio, avvenuito ad agosto 2005, di un soldato turco che il mese prima era stato rapito dal PKK. Altri tre giornalisti, compreso Ferit Demir, corrispondente dell’agenzia Reuters, avevano fornito resoconti su quell’evento; l’inizio del processo a loro carico per quell’episodio è fissato all’8 settembre 2006.












            Le truppe turche il 14 giugno sono entrate nel Kurdistan meridionale





    Dozame.org, 18 giugno 2006 


    Temer Remezan è il governatore della provincia di Dohuk, nell’area dell’Irak settentrionale controllata dal partito curdo KDP. Remezan ha dichiarato a una rivista settimanale saudita, ‘Vatan’, che forze militari turche si sono spinte per circa 15 chilometri all’interno del Kurdistan meridionale, per affrontare i guerriglieri delle Forze di Difesa Popolare (HPG). Anche l’altro partito curdo-iracheno, il PUK, ha reso una dichiarazione ufficiale che conferma l’ingresso di forze turche nel territorio del Kurdistan meridionale avvenuto il 14 giugno.


L’ingresso delle truppe turche è avvenuto nei pressi della città di Zaxo (Zakho),e che le truppe stesse hanno bombardato nelle zone che circondano i villaggi di Geliye Pizoxa e Gwize, ricorrendo sia all’artiglieria leggera che a quella pesante. Non vi è notizia di vittime.

    Le truppe turche responsabili dei bombardamenti hanno lasciato il Kurdistan meridionale il 15 giugno. Tuttavia ancora vi sono alcune unità delle forze speciali turche che conducono operazioni di ricognizione nel Kurdistan meridionale, anche a più di 15 vchilometri dalla frontiera turco-irachena. Inoltre proseguono le operazioni congiunte di truppe iraniane e turche contro i guerriglieri dello HPG. Il partito curdo-iraniano PJAK ha affermato che elementi delle forze speciali turche fungono da consiglieri militari delle truppe iraniane nel Kurdistan orientale, abbigliati come se appartenessero al corpo iraniano dei Guardiani della Rivoluzione. Le operazioni militari turco-iraniane contro lo HPG sono tuttora in atto in molteplici punti del Kurdistan setttentrionale e orientale, con tacito consenso da parte sia del ‘mondo democratico occidentale’ che dei kurdi che avversano il PKK.










(Dossier su un crimine di guerra commesso da militari turchi, visibile sul sito www.uikionlus.com)



ATTENZIONE: gran parte delle fotografie di questo dossier sono, per il loro contenuto, raccapriccianti. Pertanto se ne sconsiglia la visione a quanti ritengono di poterne rimanere impressionati. Si consiglia, inoltre, di evitare l’accesso al presente documento da parte di bambini.    




Un atto disumano di violenza e un crimine di guerra, da parte delle forze armate turche (TSK)



(Un dossier aggiornato, con ulteriori nuove fotografie e informazioni, che fa luce sui fatti avvenuti)