Auteur: ugo Date: À: forum sociale di genova Sujet: [NuovoLab] IL MONDO FERMI ISRAELE
Sono daccordo a quanto propone Dario.
allego un articolo di Stefano Chiarini da "il manifesto" di oggi
Stefano Chiarini inviato a Bamasce
"Tel Aviv rifiuta la trattativa e la pace perchè non vuole ritirarsi dai
territori occupati" Parla il ministro siriano Mohsen Bilal
«La situazione è gravissima a causa dell'escalation israeliana a Gaza e in
libano e soprattutto per il suo rifiuto di trattare, anche indirettamente,
con la resistenza libanese e palestinese per uno scambio tra i soldati prigionieri
di guerra e un certo numero di prigionieri nelle carceri israeliane, in particolare
donne e ragazzi. Israele anche in questo caso invece di cercare la pace ha
scelto la guerra, l'attacco ad un paese sovrano. E il mondo sta a guardare.
Per quanto riguarda la richiesta alla Siria di reprimere la leadership di
Hamas all'estero, rifugiati palestinesi al pari degli altri 500.000 che ospitiamo
dal '48 e leader del partito di maggioranza relativa in Palestina, sarebbe
contrario ai nostri principi. Così come il negare il diritto alla resistenza
dei popoli e il rinunciare a chiedere il ritiro di Israele da tutti i tenitori
occupati comprese le alture del Go-lan siriano». Mohsen Bilal nuovo ministro
dell'informazione siriano, medico chirurgo, docente al policlinico di Baghdad
ed ex ambasciatore a Madrid - elegante, capelli bianchi lunghi, una specie
di Veronesi siriano - ci riceve nel suo studio alla televisione siriana,
nella centralissima piazza Omawyyin, e ci esprime tutto U suo sdegno per
la politica dei due pesi e due misure adottata ancora
una volta dalla comunità intemazionale di fronte alla tragedia di Gaza e
agli attacchi al libano. Quindi, dopo aver firmato alcune carte e averci
orfeito un ottimo té, l'esponente siriano, ex studente nell'ateneo bolognese,
passa a parlare delle sempre più preoccupanti minacce al suo paese: «II problema
della Siria sta nel fatto che Damasco è da sempre il cuore della regione
della mezzaluna fertile e quindi è sempre stata nell'occhio del ciclone dell'imperialismo
Usa e di Israele. La Siria è sotto assedio perché nel 2003 si è opposta con
forza all'Onu alla guerra all'Iraq, sostenendo che avrebbe violato il diritto
intemazionale e provocato - com'è purtroppo avvenuto - il caos in tutta la
regione e per il fatto che chiediamo il rispetto della legalità internazionale,
con la restituzione dei tenitori occupati da Israele, e del diritto dei palestinesi
e dei libanesi a resistere agli occupanti israeliani.
E' possibile parlare di pace con Israele?
Noi siamo pronti a trattare - come gli altri paesi arabi - riprendendo le
trattative dal punto al quale erano arrivate ai tempi di Yitzhak Rabìn, a
pochi millimetri dalla loro unica, possibile, conclusione -il ritiro israeliano
sulle posizioni del 4/6/67. Noi siamo stati invitati alle trattative di Madrid
e poi queste sono state congelate dagli Usa e da Israele, e non certo da
noi. Noi siamo pronti, Israele invece rifiuta la trattativa. Vuole tutto,
anche la pace, senza pagare alcun prezzo.
Qual è la posizione della Siria sul terrorismo?
Noi siamo per la resistenza dei popoli ma la nostra condanna del terrorismo,
brutale e barbaro, è netta e senza equivoci o giustificazioni. Si tratta
di un fenomeno che non ha nulla a che vedere né con la religione, né con
le razze, né con la politica. E' sbagliato parlare di terrorismo islamico,
anche
se ci sono alcuni musulmani in esso coinvolti così come il terrorismo di
Israele non è ebraico ma israeliano. L'associare la parola terrorismo ad
aggettivi come musulmano, cristiano o ebraico è grave e pericolosa. Inoltre
non va dimenticato che la Siria è stata, tra la fine degli anni settanta
e gli anni ottanta, una delle prime vittime del terrorismo. E in parte lo
è ancora
Cosa pensa del ritiro delle truppe italiane dall'Iraq?
Una decisione molto positiva che sana la grave ferita apertasi nei rapporti
tra il vostro paese e l'opinione pubblica araba. Spero che questa decisione
costituisca un'inversione di tendenza - già in occasione della prossima venuta
di D'Alema in Medio-riente - anche sulla questione palestinese, sul libano
e sulla Siria con una politica più equilibrata e di mediazione nel! area
mediterranea propria del vostro paese sin dai tempi di Enrico Mattei. In
ogni caso l'elezione di Giorgio Napolitano alla presidenza ha riempito di
orgoglio tutti progressisti dell'area del Mediterraneo.
Lei ha studiato a lungo in Italia, che ruolo ha avuto la sua formazione a
Bologna?
Direi molta, soprattutto a livello politico culturale. Frequentare Bologna
tra la fine degli anni sessanta e la metà dei settanta ha costituito una
palestra politica di primaria importanza. Non potrò mai dimenticare la solidarietà
dell'Italia nei confronti dei movimenti di liberazione dall'Algeria al Vietnam
alla Palestina. Dal punto di vista politico-teorico il frequentare i progressisti
italiani mi ha dato una chiara idea dell'importanza del concetto di «egemonia»
e della necessità di evitare il minoritari-smo al fine di costruire un fronte
il più largo possibile a sostegno delle lotte di liberazione nazionale.