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Aihe: [NuovoLab] legambiente: seveso 30 dopo, la memoria, la realtà
da lanuovaecologia di Lunedì 10 Luglio 2006

Seveso, un ponte per la memoria

SevesoIl ricordo del dopo-incidente e il progetto per il riscatto del territorio. Le parole del responsabile del progetto Ponte della memoria

DI MAX FRETTER*

Di sabato 10 luglio 1976, ricordo il caldo fastidioso, il fischio assordante e l’odore insopportabile che rese l’aria praticamente irrespirabile per alcune ore. Con la mia famiglia abitavo a circa 200 metri in linea d’aria dall’Icmesa, la fabbrica chimica di Meda da cui uscì la nube composta da tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd) e da altre sostanze tossiche.
Avevo sei anni allora e ho solo un altro ricordo nitido di quei quindici giorni di luglio: quello della prima evacuazione, il 26, quando dal mio balcone vidi le camionette dei carabinieri, la gente che lasciava le case e i soldati intenti a posare il filo spinato. Pioveva.

Nasceva quel giorno la zona A. Pur essendo a ridosso della zona A, la mia via fu inserita in “zona di rispetto” e questo ci evitò di essere evacuati anche se i miei genitori chiesero ai miei zii di ospitarmi in una zona “sicura”, a Meda, a nord dell’Icmesa. Il 17 luglio, sette giorni dopo l’incidente, il Corriere della Sera e il Giorno pubblicarono la prima notizia della nube tossica fuoriuscita dall’Icmesa e il nome Seveso iniziò a diventare famoso prima in Italia poi nel mondo. Seveso ebbe il 54% del proprio territorio contaminato, Cesano Maderno il 52%, Meda il 20% e Desio il 18%.

All’inizio degli anni Novanta mi sono iscritto a Legambiente e insieme a Marzio Marzorati, Lele Galbiati, Gemma Beretta, Laura Balestrini e Angela Alioli del circolo di Seveso dedicato a Laura Conti abbiamo cominciato a riflettere sulla necessità di “coltivare la memoria” dell’incidente e delle sue conseguenze.
Nel 2001 abbiamo così avviato il progetto di ricerca storico-scientifica Il ponte della memoria, che ha visto Legambiente impegnata sul territorio a costruire l’archivio della memoria sull’evento “diossina”, insieme al Comune di Seveso, alla Fondazione Lombardia per l’Ambiente e, successivamente, alla Fondazione Corriere della sera e alla Regione Lombardia. Per noi di Seveso questo lavoro ha significato mantenere saldi i fili che legano il nostro presente a quei giorni perché troppo spesso la storia ha adombrato le vicende cruciali e degne di memoria che riguardano la vita di un territorio e di una popolazione.

Seveso ha così riscattato un’immagine che nel tempo ha assunto. Oggi Seveso è in grado di affermare che il danno si è trasformato in opportunità, che la società è più ricca, che le attività educative e le opere di bene sono estese e presenti come non mai. Abbiamo fatto questo salto di responsabilità attraverso la ricostruzione di ciò che era successo, l’assunzione di responsabilità del nostro ruolo, l’accettazione dei punti di vista. Il ponte della memoria ha permesso di riconfermare la nostra identità dando una ragione condivisa alla scelta fatta allora di continuare a vivere nel nostro territorio.

(* Max Fratter, responsabile progetto Ponte della Memoria)

info www.boscodellequerce.it, www.legambienteseveso.org, www.comune.seveso.mi.it

Seveso, sono 1055 le industrie pericolose

I dati diffusi dal ministero dell%u2019ambiente per il trentennale della fuoriuscita di diossina dall%u2019Icmesa. Sono 467 quelli a rischi incidente grave, 242 in Lombardia. Due direttive europee portano il nome del disastro

Sono 1055 gli stabilimenti con attività più pericolose in Italia, 467 dei quali a rischio di incidente più rilevante, ossia rientranti nell'articolo 8 del decreto legislativo 334 del 1999 che ha recepito in Italia la Direttiva Seveso II.

Di questi 1055, ben 242 si trovano in Lombardia, la regione di gran lunga con la maggiore concentrazione di impianti, e 117 di questi sono soggetti all'articolo 8. Questi i dati più recenti provenienti dall'Inventario nazionale delle attività industriali curato dal Ministero dell'Ambiente e resi noti in occasione del trentennale dell'incidente di Seveso, dove il 10 luglio 1976 una fuoriuscita di diossina dallo stabilimento Icmesa provocò drammatiche conseguenze sanitarie e ambientali.

Per quanto riguarda le tipologie di attività, nel nostro Paese - riferisce il ministero dell'Ambiente - spiccano gli stabilimenti chimici e petrolchimici (circa il 27%), seguiti dai depositi di gas liquefatti (24%) e dai depositi di olii minerali (17%). In Lombardia, gli stabilimenti chimici o petrolchimici a rischio rilevante sono quasi il 45% degli impianti soggetti al decreto 349. Infine sono 17 le raffinerie presenti nel territorio nazionale.

L'incidente di Seveso, sottolinea infine il Ministero dell'Ambiente, spinse l'Europa a emanare ben due direttive, nel 1982 e nel 2003. Entrambe sono state recepite nel nostro Paese «ma – dice il ministero – nonostante Seveso, abbiamo dovuto attendere ben 6 anni per recepire la prima direttiva».