Forse è il caso di ricominciare a farci sentire.
E' necessario far
sapere ai nostri parlamentari, in particolare a quelli eletti nella
provincia di Lucca, che siamo contrari a tutte le guerre, compresa
quella in Afghanistan, e per questo chiediamo loro di votare contro il
rifinanziamento della missione.
Raffaella Mariani: MARIANI_R@camera.
it - info@???
Milziade Caprili: caprili_m@posta.
senato.it - milziade.caprili@???
saluti, massimiliano
IL
GIOCO DELLE TRE CARTE
GINO STRADA spiega cosa ci stiamo a fare in
Afghanistan e perché dobbiamo andarcene
Tra le anime belle della
politica nostrana, c’è chi si infastidisce se gli si fa notare che
stanno per decidere di continuare “la guerra” in Afghanistan.
Preferiscono, per il pubblico, chiamarla in altri modi, mascherarla.
Mimetizzarla con gli “impegni internazionali” e “le alleanze”, perche’
i cittadini non capiscano che di guerra e non altro si tratta.
Qui
qualcuno non dice la verita’. Che siano proprio i nostri
politici?
Enduring Freedom, missione di guerra. La
risposta e’ nel sito del Ministero della Difesa (
www.difesa.it). Nel
capitolo sulle “operazioni militari in atto” (al 25 giugno 2006) si
spiega che l’Italia partecipa alla Operazione Enduring Freedom. “Il
Comando dell'operazione è affidato al Comando Centrale americano
(USCENTCOM) situato a Tampa (Florida, USA)... L'operazione militare è
parte della guerra globale che impegna la grande coalizione nella lotta
contro il terrorismo, denominata Global War Against Terrorism (GWAT)”.
Questo e’ parlare chiaro. Una guerra locale come parte di una guerra
globale. E noi in mezzo, agli ordini.
“E in atto – cosi’ il Ministero
della Difesa spiega la situazione attuale in Afghanistan e i compiti
delle nostre forze - la terza fase, che prevede l'impiego di unità di
terra... Circa le attività volte a neutralizzare le sacche di
terrorismo ancora presenti, le possibili basi logistiche ed i centri di
reclutamento, la fase, dopo un periodo iniziale di intensi
combattimenti, sta evolvendo in operazioni di interdizione di area per
la completa bonifica del territorio. Sono operazioni condotte mediante
pattugliamenti, posti di blocco ed eliminazione delle residue presenze
di Al Qaida, sulla base dell'attività di "intelligence".
In altre
parole, i comandi USA, basandosi sui racconti delle loro spie, indicano
di volta in volta chi ammazzare, mandando truppe, o qualche aereo a
bombardare. E fare a pezzi esseri umani si chiama ora – nel sito
ufficiale del Ministero della Difesa italiano – “bonifica del
territorio”. Nessun commento.
All'operazione, come ci informa lo stesso
sito, “contribuiscono 70 Paesi dei quali 27, tra cui l'Italia, hanno
offerto "pacchetti di forze" da impiegare, per la condotta
dell'operazione militare vera e propria”.
Inequivocabile.
E allora
come mai i politici dell’attuale maggioranza continuano a intorbidire
le acque? Hanno forse paura di essere considerati “guerrafondai”?
Scelgono la guerra ma conviene loro farsi credere pacifisti (i guerra
fondai dichiarati stanno, questa volta, perlopiu’ all’opposizione).
“Ritirarci dall’Afghanistan significherebbe uscire dalla UE e dalla
Nato”
si proclama con toni solenni, come se fosse l’orlo del baratro.
E’ in effetti l’ultima delle scuse. E’ possibile che il “ripudiare la
guerra” (quella in Afghanistan, ad esempio) comporti problemi con quei
Governi europei e d’oltreoceano che producono una guerra dopo l’altra.
E anche con le loro alleanze militari. E allora?
La nostra Costituzione
e il suo Articolo 11 vengono prima o dopo le “alleanze internazionali”
o “gli impegni NATO”?
Si puo’ fare una guerra perche’ e’ “un impegno
preso”?
Il mondo della politica – apparentemente compatto – risponde
“si’”.
Si puo’ fare la guerra (se si riesce poi a farla passare come un’
opera di carita’, e’ ancora meglio!) se si e’ con la Nato, o con gli
USA, o con l’ONU, se la guerra e’ legittima, se e’ per la democrazia,
se e’ umanitaria. “La guerra per far finire tutte le guerre” come
sentenzio’ il Presidente Wilson cercando (con risultati mediocri) di
convincere gli americani ad entrare nella Prima Guerra mondiale.
Le
“ragioni” per una guerra, per qualsiasi guerra, non sono mai mancate.
Vere o fittizie, dichiarate o meno, se c’e’ una guerra ce ne sara’ pure
una ragione. E poi ci sono le varie forme di propaganda di guerra.
Sono
convinto che in questi anni moltissimi cittadini, italiani e non solo,
abbiano compiuto un grande percorso di riflessione sui temi della
guerra e della pace, dei diritti umani, della violenza. Alcune idee si
sono fatte largo e sono finite dentro la coscienza di molti, nella loro
etica, nel modo di concepire i rapporti tra esseri umani. Una di queste
idee e’ che non esista piu’ giustificazione alcuna per la guerra. Ne’
etica, ne’ storica, ne’ politica.
Per quel movimento di coscienze,
nessuna guerra sara’ “mai piu’” accettabile ne’ negoziabile. Perche’
sarebbe un’altra perdita di pezzi di umanita’, sacrificata alle misere
alchimie della politica.
Se la scelta “contro la guerra” dovesse
davvero obbligare l’Italia a uscire dalla NATO, perche’ la NATO intende
continuare la guerra in Afghanistan, non mi sembrerebbe una grande
tragedia.
Lo sarebbe di certo per buona parte dei politici, ma non per
i cittadini italiani.
Anzi. Scommetto che, dovesse l’Italia uscire
dalla NATO, ci sarebbe in Italia una festa di popolo di milioni di
persone, a prescindere dalle direttive e dagli anatemi dei politici.
ISAF: l'altra faccia di Enduring Freedom. Se su Enduring Freedom non
viene detta la verità, tantomeno ciò accade per la missione "di pace"
ISAF.
Quando, verso la fine del 2001, l’ONU autorizza per 6 mesi una
forza di sicurezza internazionale (ISAF) in Afghanistan, al governo
italiano non par vero: finalmente si puo’ essere in Afghanistan sotto
l’ “ombrello” dell’ONU, senza dovere rendere conto a nessuno. O quasi.
Perche’ in realta’ la missione ISAF e’ solo una manovra, un “gioco
delle tre carte”.
Alla riunione che il 20 dicembre 2001 approva la
Risoluzione 1386, i membri del Consiglio di Sicurezza si trovano sul
tavolo una lettera in cui gli inglesi si propongono di assumere il
comando dell’ ISAF. Ma a comandare e’ sempre il Padrone, e’ chiaro.
Perfino esplicito. Nella stessa lettera, resa nota dal Dipartimento di
Stato USA, viene precisato che: “Per cio’ che riguarda i rapporti tra
le forze dell’ ISAF e altre forze operanti in Afghanistan in Enduring
Freedom… per ragioni di efficienza, il Comando Centrale degli Stati
Uniti avra’ autorita’ sulle forze ISAF”. Tu sei il comandante, ma io ti
comando.
Un trucco sopraffino: l’ONU mette in piedi, su richiesta USA,
una forza ONU per l’Afghanistan; gli inglesi, che partecipano a
qualsiasi guerra made in USA e che sono pertanto in Enduring Freedom,
si offrono di guidarla (e come rifiutare tanta generosita’?); le truppe
dell’ISAF (quelle dell’ONU) guidate da un inglese, prendono poi ordini
dai militari USA, mandati li’ non dall’ONU, bensi’ dal Pentagono.
Aderiamo, secondo i desideri del Padrone, anche alla missione ISAF.
Figurarsi, manna dal cielo! Avevamo gia’ deciso di entrare, in modo
ancora piu’ illegale, con Enduring Freedom. Adesso arriva l’ombrello
dell’ONU a giustificarci.
Nell’agosto del 2003, la missione ISAF entra
nella terza fase (anche lei, come Endruing Freedom: ma guarda un po’
che coincidenza) e passa sotto il comando della NATO. Con i compiti che
ben sappiamo, ce li hanno gia’ assegnati: combattere gli insurgents,
quelli che si ribellano in qualsiasi modo e a qualsiasi titolo alla pax
americana, e portare avanti la “guerra al terrorismo”, il lavoro di
Enduring Freedom.
Poco importa, siamo comunque felici dello “scudo”
rappresentato dalla NATO: per sentirci piu’ tranquilli, in regola,
quando si dovra’ sparare parecchio.
Il momento sembra arrivato. Il
“lavoro” che attende le truppe NATO, e che ci attende, non sembra
facile neppure agli USA, se il Washington Post scrive: “Ne deriverà una
battaglia per il controllo del sud, cruciale per l’Afghanistan e per la
Nato”.
Con l’avvicinarsi della battaglia cruciale - un’altra “madre di
tutte le battaglie” ? – non e’ casuale che le truppe NATO, ex ISAF, ex
Enduring Freedom si ritrovino, cinque anni dopo, un comandante di nuovo
inglese, che sara’ poi sostituito, verso la fine dell’anno, da un
comandante USA. Eh si’, quando il gioco si fa duro...
Cosi’ anche ai
“nostri ragazzi”, sotto il comando dei militaristi piu’ convinti,
spettera’ il compito di estendere “il controllo del governo Karzai” e
di “rimpiazzare” gli USA nelle operazioni di contro- insurrezione.
“Restate, chiedete rinforzi” ci sta domandando ora il Padrone, e ci
assicura che stavolta saremo anche noi “in prima linea“ perche’ le sue
truppe intendono passarci il testimone.
Anche noi adesso abbiamo l’
occasione per sederci al tavolo dei grandi, “chi non spara non e’ di
serie A” come dice Luttwack.
Enduring Freedom, ISAF, NATO: perde,
sbaglia, la carta bianca vince! Proprio come nel mezzanino del metro’.
Poi i politici possono sguazzare tra articoli e codicilli alla caccia
di qualcosa che giustifichi scelte gia’ decise, e i cittadini capiscono
sempre meno.
Fuori l’Italia dalla guerra, senza ‘se’ e senza ‘ma’
Dira’ si’ o no a “finire il lavoro” lasciato incompiuto (per la verita’
un fallimento totale anche sul piano militare) dall’ Alleato-Padrone?
Siamo alla vigilia di “grandi offensive”, dicono i comandi USA, e non
si puo’ dubitarne.
Il Governo sta per decidere – con il
rifinanziamento della missione militare in Afghanistan - se mandare
militari italiani a combattere, per conto degli USA e sotto il loro
comando, i “nemici” che le forze USA, di volta in volta, additeranno
come soggetti da eliminare. E se mandarli a combattere per proteggere
“gli amici”. Criminali quanto i nemici ma servili quanto noi, e quindi
dalla parte “giusta”.
Non e’ strano che il Governo sia in difficolta’.
Molti tra loro vorrebbero, col senno di poi, non essersi mai infilati
anche nel “pantano” Afghanistan. Ma cinque anni fa la maggior parte di
loro ha votato di tuffarcisi dentro entusiasticamente, approvando una
Risoluzione (7 novembre 2001) che restera’ nella storia della
Repubblica come esempio di stravolgimento, in una sola pagina, della
Costituzione Italiana, dello Statuto dell’ONU e delle risoluzioni del
suo Consiglio di Sicurezza.
Della situazione difficile in cui ci
troviamo in Afghanistan, e da cui non e’ facile uscire, molti politici
dell’attuale maggioranza sono corresponsabili. Da qui nasce la prima
difficolta’.
L’altra difficoltà, per i governanti di oggi, e’ tutta
interna. Tra pochi giorni devono andare in Parlamento e votare un
documento importante.
Non tanto per il suo contenuto. Per molti
parlamentari dell’attuale maggioranza, quello che si decidera’ e’ in un
certo senso secondario. La cosa piu’ importante, quando non la sola
importante, e’ che il documento del Governo, quale che sia, venga
approvato.
Non si puo’ rischiare di “andare sotto e far cadere il
Governo” e’ voce di popolo. Non si puo’ rischiare.
Quindi bisogna
incominciare a fare rinunce, cercare compromessi, delineare una exit-
strategy, o un modo per toglierci dai guai, per essere piu’ chiari.
Sembra un vicolo cieco. Perche’ il vero problema su cui la politica sta
annaspando e’ la necessita’ di inventare un trucco. Una formula per
poter tenere i militari a fare il lavoro per il Padrone, dando allo
stesso tempo un carota a quella parte della maggioranza che sa –
dovesse votare per il rifinanziamento – di trovarsi in linea di
collisione con i propri elettori.
Ma se “la Patria vuole sacrifici”,
che cosa non si farebbe per fare stare in piedi un Governo, specie
quando la sua “stabilita’” e’ considerata l’obbiettivo primario da
raggiungere?
Cosi’ in quell’area politica normalmente associata (o
forse non piu’, potremo capirlo meglio dopo il voto) al “pacifismo”
tira aria pesante di suicidio.
Non e’ principalmente un problema di
uomini di partito, ma di cittadini, di elettori, di coscienze.
Se i
partiti di quell’area votassero per la guerra, ne pagherebbero un
prezzo politico e di consenso devastante. Un prezzo ancora maggiore
finirebbero col pagare se cercassero di truccare le carte, di fare
passare inosservata o cammuffata la scelta della guerra.
“No alla
guerra, senza se e senza ma” e’ espressione certamente efficace. Oggi
si puo’ darle concretezza.
Essere contro la guerra – prima ancora che
un obbligo costituzionale - mi pare il discrimine tra civilta’ e
incivilta’, tra le cose umane, per brutte che siano, e quelle dis-
umane. Rifiutarsi di avere qualsiasi ruolo nel produrre violenza e
omicidi di massa, pulizie etniche e genocidi, stupri e torture, mi
sembra insieme un valore primario di specie e una garanzia di
sopravvivenza, da custodire entrambi gelosamente.
Non si tratta di un
valore di “destra” ne’ di “sinistra”.
Ma possono la coscienza e l’
intelligenza rifiutare l’orrore della guerra a giorni alterni? Una
guerra si e una no, questa guerra e’ diversa, in quest’altra il nostro
ruolo e’ diverso, qui siamo forze ONU e la’ forze NATO, gli impegni
internazionali, le alleanze, questa guerra e’ giusta...
Basta alle
nostre coscienze sapere che i soldati italiani hanno il bollino ONU,
per rendere “accettabile” la partecipazione alla guerra in
Afghanistan?
Negli ultimi anni e’ maturato un importante movimento di
persone che non vuole piu’ saperne della guerra ne’ della “logica della
guerra”, della logica del togliere agli altri quello che hanno, o
quello che potrebbero avere, fino a togliere loro anche la vita. Questo
movimento rifiuta di aggredire economicamente, militarmente e
moralmente, di sfruttare altri esseri umani.
In questo movimento sono
state rifiutate tutte le “ragioni per la guerra”, le sue
giustificazioni. Per questo credo che un voto per la guerra sarebbe un
macigno per quella area politica che ha piu’ volte dichiarato sintonie
col movimento per la pace.
Rifiutate la guerra “umanitaria” del
centrosinistra e quella “per la civilta’” del centrodestra, rifiutata
la guerra bipartisan “al terrorismo”, puo’ il movimento accettarla oggi
“perche’ non cada il governo italiano”?
Nel nuovo modo di pensare di
milioni di persone, la “questione guerra” e’ stata “risolta”, da tempo
e per sempre. Perche’ cio’ che ogni guerra produce e’ talmente
ripugnante che nessun fine, neppure il piu’ nobile, potra’ mai
“giustificarla”. Ci potranno essere guerre legali o perfino legittime –
le leggi cambiano - ma non ci saranno mai guerre giuste. Per questo,
nessuna guerra e’ negoziabile.
Dopo cinque anni di evidente fallimento
del nostro intervento in Afghanistan – con il risultato paradossale che
i supposti militari “in missione di pace” sono visti con sempre maggior
insofferenza - il mondo della politica dovrebbe – se non altro per buon
senso - provare un approccio diverso..
Vuole il Governo, per qualsiasi
ragione, scegliere di stare ancora li’, a fare servilmente la guerra
per conto terzi? Vogliono vedere “altro sangue italiano in Afghanistan”
(e forse non solo) come poi titolerebbero le prime pagine dei nostri
quotidiani, per “estendere il controllo del governo Karzai”?
Sta a loro
decidere. Penso solo sia mio dovere, come cittadino che fa parte del
popolo di Emergency e del movimento per la pace, riaffermare che chi
scegliera’ la guerra lo fara’ not in my name, non a nome mio.