04.07.2006 - Afghanistan: si può aprire una
nuova fase. Ordine del giorno approvato dal
Consiglio Nazionale dell'Arci
Il Consiglio nazionale dell'Arci, organismo che
riunisce i dirigenti nazionali e territoriali
dell'associazione, ha approvato all'unanimità
questa mattina un ordine del giorno sulla
missione italiana in Afghanistan. Di seguito il
testo approvato:
"Siamo una associazione pacifista e nonviolenta.
Ci sentiamo dunque pienamente coinvolti dal
dibattito che attraversa le istituzioni, la
politica e la società civile, mentre si avvicina
il voto in Parlamento sul rifinanziamento delle
missioni militari all'estero.
Crediamo sia nostro diritto e dovere giocare un
ruolo attivo in questa situazione delicata.
Siamo convinti sia possibile affermare una
discontinuità nella politica estera italiana,
iniziare a portare fuori il nostro paese dalle
logiche di guerra e di scontro di civiltà che
hanno caratterizzato gli ultimi anni di governo.
Recuperare un ruolo attivo di pace, di disarmo,
di giustizia è un primario interesse per il
nostro paese, immerso in un Mediterraneo sempre
più devastato da tensioni e conflitti.
In questo quadro evidenziamo un risultato
importante raggiunto in queste ore, per nulla
scontato: la decisione del completo ritiro
dall'Iraq in tempi certi.
L'aspra discussione sulla missione afghana non
può oscurare l'importanza di questo atto, che
rivendichiamo come il risultato dell'impegno del
movimento per la pace.
Sul coinvolgimento italiano in Afghanistan
manteniamo il giudizio che abbiamo con coerenza
espresso in questi anni.
L'invasione Usa dell'Afghanistan è stata
illegittima e illegale, operata fuori e contro
il diritto internazionale.
La missione militare Nato, a cui l'Italia
partecipa, non gode di copertura Onu. Al
contrario, la missione militare Onu risponde al
Comando Strategico Usa.
Molto ci sarebbe da fare per aiutare la
popolazione afghana, ancora una volta
schiacciata tra l'occupazione e il
fondamentalismo, ma non ciò che si prepara: il
coinvolgimento delle truppe straniere in un
nuovo conflitto aperto.
Continuiamo a credere che i soldati italiani,
esposti sempre più a gravi rischi, andrebbero
riportati a casa. Prendiamo purtroppo atto che
oggi non ci sono le condizioni perché la
maggioranza decida il ritiro unilaterale della
missione.
In questa situazione, non crediamo di poterci
limitare a manifestare il nostro dissenso
chiudendoci in una posizione di pura
testimonianza.
Crediamo invece sia possibile che il voto
parlamentare produca scelte e strumenti capaci
di segnare una discontinuità e favorire una
svolta nel prossimo periodo.
Vanno cancellate le scelte che il Governo
Berlusconi aveva in programma: non deve
aumentare la presenza militare né essere
modificata in senso offensivo, e non deve essere
inviata nelle zone di maggior tensione.
Chiediamo che non si rifinanzi Enduring Freedom.
Chiediamo che sia sancito l'impegno a una
verifica di tutte le missioni militari, alla
luce della loro compatibilità col dettato
costituzionale e con la Carta dell'Onu,
prevedendo il coinvolgimento della società
civile.
Chiediamo che il governo si impegni ad aprire
nelle sedi internazionali e in sede Nato una
discussione sull'Afghanistan, per una nuova
strategia ispirata alla risoluzione pacifica dei
conflitti.
Crediamo che, su questa base, si possa ottenere
un risultato che, sia pur parziale, permetta al
nostro paese di fare un passo avanti.
Per questo ci impegniamo nei prossimi giorni,
invitando tutti e tutte -fuori e dentro le
istituzioni- a fare altrettanto".
Roma, 1 luglio 2006