[NuovoLab] Menapace e ARCI su Governo e Afganistan

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Author: antonio bruno
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Subject: [NuovoLab] Menapace e ARCI su Governo e Afganistan
Lettera dal Senato, su Afghanistan e politica estera
Cari pacifisti, vi spiego perché ho approvato quell’accordo

Lidia Menapace

Oggi, cari amici pacifisti, devo narrarvi cose gravi e difficili e non per
scarico di coscienza o per trovare giustificazioni o condivisioni da parte
vostra, dato che so che la responsabilità di quello che decido è mia e
intera la tengo.
Cominciano leprime decisioni del governo e la situazione non è allegra,
almeno in Senato, dove -come è noto- la maggioranza è risicatissima e le
imboscate possono sempre succedere. L’opposizione per ora fa una azione di
disturbo regolamentare, un vero e proprio ostruzionismo, che è un diritto,
ma non è una politica, se non quella di sfiancarci o trovarci sotto di uno
o due senatori. D’altra parte il governo e la maggioranza sembrano voler
usare molto il voto di fiducia per compattare senatori e deputati, il che
però rende sempre più impicciata e difficile l’azione politica, tutta
stretta fra richieste di verifiche, dispute regolamentari ecc.
L’impressione di una sede che non ha rapporti con la realtà è sempre più
forte.

Ieri 28 giugno siamo stati -state bloccati, si può dire l’intera giornata
in una serie di impuntature (tutte sull’interpretazione del regolamento)
che alcuni seguono con appassionato interesse e molti con atteggiamento di
gioco e sfida: insomma una cosa alquanto grottesca. A me viene sempre in
mente che se gli uomini avessero dovuto occuparsi non solo di se stessi, ma
anche della cura di altri, non avrebbero costruito un mondo, specialmente
politico, con regole senza senso.

Un voto di fiducia siamo riusciti a darlo ma il secondo della giornata è
stato bloccato dall’opposizione appunto con una sequela di trucchi
regolamentari ai quali la maggioranza non sembra altrettanto attrezzata a
respingere. Ero molto distratta e incapace di appassionarmi, solo dotata di
pazienza, fomentata dall’aria condizionata d’aula.

Ero però molto agitata da quello che era successo il pomeriggio precedente,
quando avevo ascoltato la relazione dei capigruppo del Prc di Senato e
Camera sulle decisioni e dicharazioni del governo sull’Afganistan. Il
Governo era partito con dichiarazioni, sia del ministro degli Esteri che
della Difesa su posizioni che non si potevano accogliere, cioè di
accettazione delle richieste della Nato (che non è nemmeno abilitata a
chiedere ciò che chiede) cioè di mandare altre truppe italiane e armamenti,
quasi a giustificazione per essercene andati dall’Iraq. Attraverso una
trattativa non semplice perchè quasi tutto l’Ulivo è d’accordo con simili
posizioni, e dall’opposizione si profila una disponibilità dichiarata da
parte dell’Udc di fare da stampella al Governo su posizioni belliciste (non
senza conti presentati).
Una sorta di cinismo ripugnante “scambio” Iraq con Afghanistan e un patto
tra “moderati” apre alla Grande coalizione e allo “scarico” della sinistra
radicale come fosse una partita a scacchi o a tombola.
Ciò che discutendo si è ottenuto è: nessun ampliamento di presenze italiane
in Afganistan, nè di dispiegamento fuori dalle zone in cui sono già
stanziate, il mantenimento delle stesse spese per la missione ma con una
ripartizione più orientata al civile che al militare, la scrittura di una
mozione di indirizzo e l’istituizione di una commissione di monitoraggio,
appunto per seguire e tenere sotto controllo tutto.
Mi sembra importante che si sia riusciti a mantenere fermo il punto che
nell’Unione ciò che è stato convenuto sul programma è impegnativo e ciò che
nel programma non è contenuto deve essere trattatto con lo stesso metodo
del consenso che è servito per il programma. E’ ciò che è stato fatto
sull’Afghanistan ed è anche ciò che mi ha convinta ad approvare l’accordo,
pronta a mutare opinione se i fatti del governo non fossero limpidamente
ancorati ad esso. Non è semplice ciò che è stato ottenenuto ma sembra una
prima forma di riduzione del danno e la convalida del metodo della
decisione a consenso. Anche l’avvio di una commissione di monitoraggio va
capita bene e utilizzata il più possibile. Dire no all’accordo in questo
caso accelera semplicemente lo scivolamento a destra del governo, il
proflarsi di una maggioranza che raccoglie Casini e company su posizioni
molto filoatlantiche e così via. Il dilemma resta drammatico. La mia
decisione resta sempre legata alla possibilità che verifiche insodisfacenti
mi inducano a mutare opinione.

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Il Consiglio nazionale dell'Arci ha approvato all'unanimità un ordine del
giorno sulla missione italiana in Afgfhanistan.

Siamo una associazione pacifista e nonviolenta.

Ci sentiamo dunque pienamente coinvolti dal dibattito che attraversa le
istituzioni, la politica e la società civile, mentre si avvicina il voto in
Parlamento sul rifinanziamento delle missioni militari all?estero.
Crediamo sia nostro diritto e dovere giocare un ruolo attivo in questa
situazione delicata.
Siamo convinti sia possibile affermare una discontinuità nella politica
estera italiana, iniziare a portare fuori il nostro paese dalle logiche di
guerra e di scontro di civiltà che hanno caratterizzato gli ultimi anni di
governo.
Recuperare un ruolo attivo di pace, di disarmo, di giustizia è un primario
interesse per il nostro paese, immerso in un Mediterraneo sempre più
devastato da tensioni e conflitti.
In questo quadro evidenziamo un risultato importante raggiunto in queste
ore, per nulla scontato: la decisione del completo ritiro dall'Iraq in
tempi certi.
L'aspra discussione sulla missione afghana non può oscurare l?importanza di
questo atto, che rivendichiamo come il risultato dell'impegno del movimento
per la pace.
Sul coinvolgimento italiano in Afghanistan manteniamo il giudizio che
abbiamo con coerenza espresso in questi anni.
L'invasione Usa dell'Afghanistan è stata illegittima e illegale, operata
fuori e contro il diritto internazionale.
La missione militare Nato, a cui l'Italia partecipa, non gode di copertura
Onu. Al contrario, la missione militare Onu risponde al Comando Strategico
Usa.
Molto ci sarebbe da fare per aiutare la popolazione afghana, ancora una
volta schiacciata tra l'occupazione e il fondamentalismo, ma non ciò che si
prepara: il coinvolgimento delle truppe straniere in un nuovo conflitto
aperto.
Continuiamo a credere che i soldati italiani, esposti sempre più a gravi
rischi, andrebbero riportati a casa. Prendiamo purtroppo atto che oggi non
ci sono le condizioni perché la maggioranza decida il ritiro unilaterale
della missione.
In questa situazione, non crediamo di poterci limitare a manifestare il
nostro dissenso chiudendoci in una posizione di pura testimonianza.
Crediamo invece sia possibile che il voto parlamentare produca scelte e
strumenti capaci di segnare una discontinuità e favorire una svolta nel
prossimo periodo.
Vanno cancellate le scelte che il Governo Berlusconi aveva in programma:
non deve aumentare la presenza militare né essere modificata in senso
offensivo, e non deve essere inviata nelle zone di maggior tensione.
Chiediamo che non si rifinanzi Enduring Freedom.
Chiediamo che sia sancito l?impegno a una verifica di tutte le missioni
militari, alla luce della loro compatibilità col dettato costituzionale e
con la Carta dell?Onu, prevedendo il coinvolgimento della società civile.
Chiediamo che il governo si impegni ad aprire nelle sedi internazionali e
in sede Nato una discussione sull?Afghanistan, per una nuova strategia
ispirata alla risoluzione pacifica dei conflitti.
Crediamo che, su questa base, si possa ottenere un risultato che, sia pur
parziale, permetta al nostro paese di fare un passo avanti.
Per questo ci impegniamo nei prossimi giorni, invitando tutti e tutte
?fuori e dentro le istituzioni- a fare altrettanto?.





































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