Sappiamo ormai che sara' invano cercare di penetrare nel labirinto burocratico per risolvere questo problema, e parlare fra di noi di questo scandolo, anche se è importante farlo, non bastera'. Mi sembra che bisognerebbe fare il piu' rumore possibile per far capire sopprattutto ai romani non-ciclisti cos'è successo. Parlando con colleghi e amici non-ciclisti so che tantissimi non sanno niente di questa storia.
Credo che "La manifestazione" lungo er tevere rappresenta la mancanza di serieta' e rispetto che la commune, la Regione, L'Ardis, etc, hanno per la ciclabilita', quindi per l'ambiente e i cittadini che vogliono usare un mezzo di trasporto pulito, contro il consuma di petrolio.
C'è stata una violazione come ha segnalato Angello Bonelli e come noi ben sappiamo, e questo mi sembra anche una occasione per chiedere quello che ci hanno negato.
Poi mi piacerebbe pensare che piu' persone stanno abbandonando la macchina in questi tempi ma tornando sulla colomba dal mare oggi, un giro che ho fatto esattamente un anno fa, purtroppo non mi sembra per niente il caso. Bisogna fare qualcosa!
Ho pensato che forse l'attachinaggio e il volantinaggio intorno a lungotevere e la manifestazione è un esempio di un modo facile e diretto per informare la gente.
I want to ride my bicycle
Sul Tevere è sorta la baraccopoli delle bistecche. Un viaggio sulla
riva
destra del Tevere, dove la pista ciclabile è stata mangiata dall'arrivo
dell'estate. Una baraccopoli del divertimento, meta ogni sera di
mangiatori
di bistecche e bevitori di birra, si è sistemata proprio dove, da otto
mesi
a questa parte, la pista ciclabile che nel futuro dovrà arrivare fino a
Ostia, stende il suo percorso.
La Trastevere delle «amatriciane» e delle «carbonare» ha trovato in
quel
lembo di terra dedicato ai ciclisti, il suo «naturale» sbocco versò il
fiume.
Cambria a pagina IV.
Pub e tendoni lungo il Tevere e la pista ciclabile scompare. Solo otto
mesi
fa l'inaugurazione della corsia per le bici. Da maggio l'«occupazione».
La
disputa comune-Regione.
di Adele Cambria
Già alla metà degli anni '60 Alberto Arbasino lamentava che Trastevere
fosse
ormai soltanto un serbatoio di fettuccine, spaghetti alla carbonara e
matriciane. L'altra sera, dopo una paella spagnola ed un flamenco
esclusivamente al femminile, nel giardino della Casa Internazionale
della
Donna, mi sono calata sulla riva destra del Tevere, dalla
sdrucciolevole
scaletta di Ponte Sisto, e mi sono immersa in quella che i miei amici e
le
mie amiche ciclisti - e - cicliste, per passione e impegno civile,
considerano un'autentica débacle dell'Estate romana 2006: le fettuccine
le
carbonare e le matriciane del giovane Arbasino d'antàn, in pessime
versioni
multietniche, tipo porchetta al curry, e fiancheggiate da bisteccherie
e pub
devoti alla birra e al rum (in forma di castelluccio disneyiano, sotto
la
scaletta di Ponte Sisto) hanno dilagato fino agli argini del Tevere:
cancellando, in un'onda notturna di effluvi di barbecue e frittura, la
pista
ciclabile inaugurata festosamente appena otto mesi fa, con promesse ai
cittadini e alle cittadine di Roma di una vita più sana in bicicletta.
Eppure il Sindaco Walter Veltroni, in quella dorata mattina del 16
ottobre
2005, pedalando, con gli assessori al seguito, su una bici in alluminio
riciclato, aveva svelato il suo sogno: tutti al mare in bicicletta,
fino ad
Ostia.
Ma allora, che cosa è successo? Perché è scomparsa, sommersa da una
squallida baraccopoli del divertimento, quella che era ormai una strada
riservata a ciclisti e pedoni? Per il tratto ciclabile da Ponte
Risorgimento
a Ponte Sublicio, la spesa è stata di 450mila Euro (e non so quanti
altri se
ne siano andati per ripristinare la pista dopo le esondazioni invernali
del
Tevere). A fine maggio, affacciandomi dalla spalletta di Ponte Sisto,
ho
visto la banchina destra del fiume incappucciata dai primi bianchi
gazebo:
qualcosa del genere, è vero, era successo anche l'estate scorsa. Così
come
sotto Castel Sant'Angelo erano state installate, sulla riva destra e
sulla
sinistra, le due «spiagge di Roma»: oggi replicate «distrattamente», ed
inaugurate con una serata in onore di Pietro Garinei. Anche in questo
caso,
la domanda è: chi s'è dimenticato, e perché, che la riva destra del
Tevere a
partire dal 16 ottobre 2005, è diventata una strada di Roma,
completando,
con i suoi 5,6 km il percorso ciclabile di 30 km da Castel Giubileo a
Ponte
Mezzo Camino?
Il popolo delle biciclette non è stato a guardare; uno dei blog dei
ciclisti
romani -
www.romapedala.splinder.com - compila «un po' di
fotocronistoria».
«26 maggio, compaiono le prime strutture, 5 giugno, la ciclabile è
occupata
in tre punti, 8 giugno: non possiamo rimanere inerti, 9 giugno: se ne
accorge anche Ruotalibera, 10 giugno: sempre peggio... L'azione di
email-bombing ha suscitato un po' di clamore e ha portato un confronto
tra
«porchettari» e ciclisti urbani («ci vorrebbero anche comprare con
sconti e
sconticini!»).
Intanto si cerca, invano, di penetrare nel labirinto burocratico che ha
portato all'attuale situazione. Si accerta che sono coinvolti la
Regione e
il Comune. La Regione, con la sua struttura, l'Ardis, cui compete la
tutela
della sicurezza degli argini del Tevere dalla sorgente alla foce - e
quindi
anche del tratto che attraversa Roma - ha dato il nullaosta. Ma se una
strada che costeggia un fiume è in sicurezza, questo non significa che
vi si
può installare sopra un circo equestre ostruendola per tre mesi. (Le
concessioni, si dice, scadono il 9 settembre, dopo la Notte Bianca). La
Regione, comunque, avrebbe dato l'ok a quella che viene definita,
pudicamente, «una manifestazione». Il Comune ha programmato l'Estate
Romana:
la «manifestazione» sulla pista ciclabile ne fa parte? E le
autorizzazioni
commerciali ed igienico-sanitarie, con il corrispettivo dovuto per
l'occupazione di suolo pubblico - la pista ciclabile - sono state
firmate
dall'ex, Assessore al Commercio del Campidoglio, Franco Cioffarelli?
L'unico personaggio istituzionale che sono riuscita ad intervistare è
il
neo-parlamentare Angelo Bonelli, fino alle scorse elezioni politiche
Assessore all'Ambiente della Regione Lazio, presieduta da Piero
Marrazzo.
«Tutto è avvenuto senza coinvolgere il mio Assessorato - mi dice -
questa
indecente situazione è l'esito di un combinato disposto tra il Comune e
la
Regione. E' indecente anche continuare a nascondersi dietro un dito. Il
Comune è responsabile sia per la programmazione dell'Estate Romana
sulla
pista ciclabile - appena l'ho saputo ho chiesto un'ispezione, spero che
il
mio successore all'Ambiente, che ancora Marrazzo non ha nominato, vi
dia
seguito - sia per le autorizzazioni commerciali ed igienico-sanitarie,
concesse, presumo, dall'ex Assessore al Commercio». E conclude:
«Francamente
i ciclisti romani hanno ragione. E' stato violato anche l'obbligo della
trasparenza degli atti amministrativi». Dal canto loro, le associazioni
ciclistiche - segnatamente, il Coordinamento Roma Ciclabile e
Ruotalibera-FIAB - dopo aver partecipato a due insoddisfacenti
riunioni,
nella sede della Regione, hanno inoltrato una denuncia al Difensore
Civico,
Ottavio Marotta, ed hanno formalizzato le proprie richieste in una
lettera
firmata da Ruotalibera-FIAB ed indirizzata al Presidente della Giunta
Regionale del Lazio, Piero Marrazzo, all'Assessore all'Ambiente della
Regione Lazio, al Sindaco Walter Veltroni e all'Assessore all'Ambiente
del
Comune di Roma Dario Esposito.
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