[NuovoLab] ...A Marco Beltrami.

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Aihe: [NuovoLab] ...A Marco Beltrami.
Il 19 Giugno del 2005 ci lasciava Marco Beltrami nostro
fratello,compagno e fondatore del csoa la Talpa e l'orologio di
Imperia...
E' stato un anno molto duro per noi tutti senza Marco,per ricordalo
prendiamo a prestito un strofa di una canzone degli Assalti Frontali
tratta dal loro ultimo album,una strofa che dipinge perfettamente
quello che abbiamo dentro pensando a un compagno con cui abbiamo fatto
moltissime cose in questi anni.
Vogliamo anche riproporvi un articolo bellissimo di Gigi Sullo,scritto
subito dopo la scomparsa di Marco, lo scorso anno, su un editoriale di
Carta ...





Ciao Marco,
"ti dobbiamo dei ringraziamenti collettivi. per come eri e per come
insieme a noi vivi"

il collettivo del C.S.O.A. Terra di nessuno





"...ma con chi con chi prendersela adesso?
ma come come cazzo e' successo?
dicono che sei finito nella parte sbagliata
di una triste statistica,dicono che capita
quanto tempo insieme siamo stati amici
pensare a te e' pensare alle radici
mentre e' in corso una mutazione devastante
chi sopravvive sara' un uomo mutante
quanto si ama e quanto si muore
nella citta' che cambia colore
chi muore lentamente,chi violentemente
chi senza saperlo dentro la sua mente
NOI TI DOBBIAMO DEI RINGRAZIEMENTI COLLETTIVI
PER COME ERI E INSIEME A NOI ANCORA VIVI
ora che brilli come una stella
anche se siamo della terra e torniamo alla terra.."

tratto da
"Gaia" - "Mi sa che stanotte..."- ASSALTI FRONTALI




Da Carta

Tom e Marco

Pierluigi Sullo

Sono terribilmente stanco di scrivere necrologi, ricordi di persone amiche
che se ne vanno. Negli ultimi due anni questo rosario si è allungato,
allungato, e ad ogni occasione si tratta di dire qualcosa, perché tacere,
limitarsi a piangere il meno possibile, trattenendo il respiro e
ricominciando subito dopo, il lavoro, il giornale, quel che c'è da fare, non
si può. E' una scuola durissima, quella di sopravvivere alle persone che
amiamo.
Un anno fa se ne andò, proprio il 20 giugno, Tom Benetollo. Morì nel giro di
qualche ora, lasciando tutti senza fiato, senza alcuna possibilità di far
finta di abituarsi. Dico far finta, perché ci sono assenze che creano buichi
nell'anima. E ancora oggi ci sono momenti in cui alzo la mano per telefonare
a Tom, quando ho un problema che richiede la sua saggezza, il suo modo
apparentemente trasandato di mettere in fila un ragionamento. Poi lascio
cadere la mano.
Domenica se n'è andato Marco Beltrami, e mi pento di non essere andato fin
lassù, a Imperia, quando me lo chiese, qualche mese fa. Eravamo presi dal
nuovo settimanale, pensai che ci sarebbe stato tempo. Anche perché il suo
tumore andava e veniva, sembrava sotto controllo, e la sua voce di poco più
che trentenne, al telefono, era tranquillizzante, anzi tranquilla. Combatteva
la sua battaglia di radioterapie e chemioterapie con apparente serenità. Non
lo so, non lo vedevo da almeno due anni, però sapevo che era lì, a fare una
piccola cosa preziosa che si chiama La talpa e l'orologio. Chi ha avuto
l'occasione di prendere Carta della scorsa settimana, ha potuto leggere che
cosa era, quel "centro sociale" di Imperia, e cos'è Imperia, e quanto era
difficile tener viva una speranza, aperto uno spiraglio, un società dei
volonterosi, in una città simile.
Quando si dice "centro sociale" si allude, lo dico per i giornalisti e spesso
purtroppo per la gente di sinistra, a qualcosa che si presume di conoscere. E
che è invece molto più complicato dell'immagine che ne circola. Un centro
sociale come quello di Marco è una domanda tanto pressante quanto inevasa:
cosa c'è, nella vita, oltre ai percorsi obbligati del denaro, in un luogo che
invecchia male, che divora se stesso per inseguire il "turismo", che non ha
più - come dice il segretario della Camera del lavoro di Imperia, Claudio
Porchia - nemmeno una fabbrica, nemmeno un operaio. Cosa resta, se non
l'attività di uno come Marco, occupare un edificio e tenerlo aperto a tutti,
crearvi una bottega del commercio equo, tenere lo sguardo lungo sul mondo,
far circolare libri e idee?
Un giorno del 2001 ero in una città qualunque del Messico, nei paraggi del
luogo dove la carovana dei comandanti zapatisti, nel loro viaggio verso Città
del Messico, avevano fatto sosta. Ero in un bar, a bere una di quelle
straordinarie spremute d'arancia che si trovano laggiù, finalmente un momento
di pausa. E nella folla che circolava attorno ai tavolini del bar, nel puzzo
di benzina malbruciata e tra i colori vividi del mercato della frutta, vidi
una faccia nota. Incredibile, come si fa ad incontrarsi per caso in un angolo
di Messico? Era Marco, stanco e pacato, sorridente e tranquillo. Fu la volta
che chiacchierammo a lungo, senza altro scopo se non scambiare sensazioni, e
ci abbracciammo quando ciascuno riprese la sua strada.
Marco se n'è andato, i ragazzi di Imperia sono più soli. Anche noi che
facciamo questo giornale. E anch'io lo sono. Avrò per sempre nostalgia di
quel momento, in quella città messicana, quando ci sedemmo al bar sentendoci,
nonostante la differenza d'età e di storia personale e di cultura, come dei
fratelli.