[NuovoLab] Fw: [fori-sociali] Lettera a parlamentari che si …

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Tárgy: [NuovoLab] Fw: [fori-sociali] Lettera a parlamentari che si considerano pacifisti
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Norma Bertullacelli

----- Original Message -----
From: piero bernocchi
To: fermiamoilwto@??? ; fori-sociali@??? ; fermiamolaguerra@???
Sent: Saturday, June 17, 2006 11:03 AM
Subject: [fori-sociali] Lettera a parlamentari che si considerano pacifisti


Carissimi/e,
sullo stesso argomento di Marco Bersani trovate qui di seguito il mio
articolo pubblicato oggi da "Il Manifesto". Approfitto anche per dirvi che,
a proposito delle inziative, lunedi gran parte delle forze del movimento
romano si incontreranno per decidere iniziative contro il ri-finanziamento
delle missioni. Molti/e di noi pensano ad un sit-in con discorsi, filmati e
performances sotto la sede del governo a Palazzo Chigi prima che vengano
emanati i decreti, cioè prima del 30 giugno. Mercoledi si vedranno a Roma
(all'ARCI di V.Monti di Pietralata, ore 17) tutte le strutture nazionali (e
non) che intendono assumere iniziative di carattere nazionale sul tema. Esse
potrebbero accogliere le proposte che usciranno da Roma (e che fino ad
allora riguarderebbero comunque i/le romani/e), farle proprie e inviarvi
delegazioni nazionali; oppure prenderne altre; oppure fare le due cose
insieme. Vedremo. Comunque, cerchiamo di dare il massimo, e qualcosa di più.
Il passaggio è assolutamente drammatico. Abbracci, Piero Bernocchi


Lettera ai/alle parlamentari che si considerano pacifisti



Cari/e parlamentari che avete fatto parte del movimento contro la guerra e
che vi considerate pacifisti, vi aspetta una responsabilità enorme: detto
brutalmente, dovete decidere se mandare/far restare militari in Iraq e in
Afghanistan ad ammazzare e ad essere ammazzati.

Berlusconi non è più a Palazzo Chigi e d’ora in poi tutto il sangue versato
ricadrà sul governo Prodi e su tutti/e voi. Avete il dovere, innanzitutto,
di far uscire le truppe dall’Iraq subito. Il ritiro completo, seppur in modo
ambiguo, sembrerebbe acquisito ma in tempi assurdi e inaccettabili, che
coincidono con quelli già pianificati da Berlusconi. La resistenza irachena
(che non c’entra con le provocatorie attività di Al Qaeda, che siano
pilotate o meno dagli USA) è così rafforzata che restare in Iraq significa
mettere in conto decine di morti l’anno tra le proprie truppe: e questo
nessun governo italiano è in grado di sostenerlo. Dunque da voi ci si
aspetta una fortissima pressione per una uscita immediata (senza “ritorni”)
e non a fine anno: ogni morto italiano in Iraq d’ora in poi sarà anche
vostra responsabilità. Non verrete mica voi pure, a posteriori, a fare la
litania sul “terrorismo”, sui “martiri” e sui “lutti nazionali”?

Ma, nel contempo, non è accettabile uno scambio scellerato tra Iraq e
Afghanistan, né assurdi discorsi sull’”impossibilità di ottenere tutto e
subito”. Non stiamo parlando di stipendio europeo per i docenti da ottenere
a luglio o della cancellazione di tutto il precariato entro settembre.
Parliamo di guerra: e quella o la si fa o non la si fa. Sarebbe allucinante
dire: la smettiamo in Iraq e la continuiamo in Afghanistan, perché tanto
negli ultimi anni in Italia sull’Afghanistan c’è stata poca mobilitazione.
Vi ricordo che l’esordio in grande del nuovo movimento no-war è avvenuto a
novembre 2001 con centocinquanta mila persone in piazza contro la guerra all
’Afghanistan. Poi, è vero, la mobilitazione si è concentrata sull’Iraq.

Ma sapete benissimo che oggi è in corso un salto di qualità nella guerra
afghana. I talebani hanno riconquistato buona parte del paese, e gli USA
chiedono rinforzi seri alla Nato e all’Italia. Non c’è militare che in
questi giorni non abbia parlato chiaro: no ai balletti sulle missioni di
pace – hanno detto in coro – qui c’è da fare una guerra, dura e sporca come
in Iraq.

Potete ignorare questa lampante verità? Potete darvi come alibi per
finanziare questa guerra (ricordate il NO ai “crediti di guerra”?) il fatto
che il movimento si vede poco ed è diviso? Esso non vive sulla Luna: molte
organizzazioni e reti, che lo animano, sono attraversate pesantemente dall’
influenza dei partiti di governo. Ma il mandato della maggioranza degli
italiani/e è chiaro: i due terzi di essi/e – dicono tutti i sondaggi –
vuole il ritiro da OGNI guerra, un po’ per pacifismo, un po’ per paura di
avere morti là e soprattutto qua. Dunque, votando NO alle missioni, avreste
con voi la maggioranza degli italiani.

Il leit-motiv di chi si appresta a votare SI è: altrimenti cade il governo.
Non spetta a noi fare i puntellatori di Prodi, fermo restando che un governo
che, per stare in piedi, necessità di una guerra, non merita di essere
difeso. Ma a destra la Lega, ha fatto il diavolo a quattro sulle cose che le
stavano davvero a cuore (vedi devolution), minacciando di far cadere
Berlusconi fino a quando non ha ottenuto quel che voleva. Avete chiarito a
Prodi che il “basta con tutte le guerre” è per voi assolutamente decisivo,
il primo punto della lista?

Esso lo è per tutto il movimento antiliberista europeo e mondiale: è il
messaggio inequivocabile uscito del Forum Europeo di Atene e da quello
mondiale di Caracas e il mondo antiliberista guarda a ciò che farete. Un
voto favorevole alla guerra sarebbe non solo una tragedia per l’Afghanistan
e l’Italia ma vi porrebbe in rottura netta con la gran parte di tale
movimento: si ripeterebbe la vicenda della “guerra umanitaria” alla
Jugoslavia, con l’aggravante di cinque anni di lotta contro la guerra
cancellati in un attimo.

Spero che non vi assumerete questa responsabilità politica e questo peso
atroce sulla coscienza.



Piero Bernocchi









----- Original Message -----
From: <marcattac@???>
To: <fori-sociali@???>; <fermiamolaguerra@???>;
<fermiamoilwto@???>
Sent: Friday, June 16, 2006 4:03 PM
Subject: [fermiamoilwto] Contro la guerra se, contro la guerra ma?


CONTRO LA GUERRA SE.. CONTRO LA GUERRA MA.. ?



Sono francamente
esterrefatto da come l’insieme della componente di sinistra radicale
del governo dell’Unione stia affrontando la scadenza del voto di
rifinanziamento o meno delle missioni militari, previsto fra la fine di
giugno e la metà luglio prossimi.

A cinque anni dall’invasione dell’
Afghanistan e a tre anni dall’invasione dell’Iraq, il fallimento della
guerra globale permanente è sotto gli occhi di tutti : sia in Iraq, sia
in Afghanistan, sia oltretutto in Palestina, le condizioni sono, con
ogni evidenza, peggiorate sotto tutti i punti di vista, tanto che
sarebbe non solo necessario, bensì indilazionabile, un bilancio franco,
aperto e tutto politico di queste avventure militari e della strategia
che le ha promosse. Quello a cui, invece, si assiste è solo un
“battibecco”, spesso politicista, sul quanto e come dobbiamo
partecipare o sul quanto e come dobbiamo andarcene ( a proposito, uno
straccio di data per il ritorno dall’Iraq vogliamo riuscire a
ottenerlo?). Come se anni di mobilitazioni pacifiste non avessero
ottenuto un risultato inequivocabile : far diventare la guerra un tabù,
schierare le coscienze contro la guerra senza se e senza ma.

Si dirà
che c’è un governo fragile e che non è pensabile metterlo ulteriormente
a rischio. Preoccupazione ovviamente fondata – che comunque non può
essere assolutizzata a prescindere- ma che non si capisce perché debba
diventare assunzione di responsabilità esclusiva di una sola parte
della coalizione. E’ interesse o meno di Prodi il non far cadere il
governo? Sono interessati ds e margherita a mantenere l’esperienza dell’
Unione? Se sì, allora che si facciano carico delle istanze della
sinistra radicale e dei movimenti, la prima delle quali non può che
essere quella di una discontinuità netta sulla politica estera, di un
ritiro immediato delle truppe da Iraq e Afghanistan, di una fuoriuscita
dall’economia e dalla società di guerra, a partire dalla drastica
riduzione delle spese militari, che, oltretutto, avrebbe positivi
risvolti sul deficit pubblico tanto caro al super Ministro dell’
Economia Padoa Schioppa.

Che cosa vieta alla sinistra radicale di fare
una battaglia politica aperta su questi temi? Cosa le impedisce di
sintonizzarsi con quel quasi 70% di opinione pubblica che così la
pensa? Vogliamo su questi punti far partire un processo partecipativo e
di consultazione popolare, tante volte promesso in campagna elettorale,
ma poi rimasto lettera morta, una volta realizzate le primarie per
incoronare la leadership della coalizione?

Se su un tema come la
guerra, sul quale la mobilitazione delle coscienze è stata capillare e
continuata nel tempo, non si pensa di poter vincere, come ci immagina
di poter portare a casa cambiamenti su qualsiasi altro tema? Davvero,
la sinistra radicale si immagina cinque anni in cui passano
provvedimenti inaccettabili, rispetto ai quali i suoi esponenti
rilasceranno interviste sui giornali per esprimere il proprio
disaccordo? Davvero, il vergognoso “schiaffo” alla meravigliosa Lidia
Menapace non ha insegnato nulla?

Oggi più che mai i movimenti devono
riprendere voce, e interrogarsi sul perché fanno così fatica a farlo.
Abbiamo mandato a casa Berlusconi, in maniera più netta di quanto
riesca ad ammettere una classe politica dirigente priva di coraggio. Il
miglior modo per farlo ritornare sarebbe quello di non produrre alcun
cambiamento.



Marco Bersani

Attac Italia






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