Fuoco di sbarramento contro la commissione dinchiesta, prevista dal
programma dellUnione e appena riproposta
G8, la Cdl non vuole una vera indagine parlamentare
Checchino Antonini
Dopo aver fatto fuori Lidia Menapace, pacifista e partigiana, dalla
presidenza della commissione Difesa, la Casa della libertà del Senato
inizia a sparare sullipotesi di una vera inchiesta parlamentare sui
misfatti di polizia del G8 2001. La proposta, già assunta dal programma
dellUnione, è stata firmata da Gigi Malabarba, senatore di Rifondazione
comunista, che per quattro anni laveva ripetutamente presentata nella
scorsa legislatura, quandera capogruppo, ma che la maggioranza di allora
non ha mai voluto portare in aula pur figurando, a lungo, al secondo posto
dellordine del giorno. Ora, invece, la commissione Affari costituzionali,
presieduta dallex ministro degli Interni e presidente del Senato, Nicola
Mancino, ne discuterà in tempi abbastanza rapidi. Oltre a imbarazzare chi
gestì ai piani alti e bassi di Viminale e Palazzo Chigi lordine pubblico
nelle giornate del vertice genovese degli Otto grandi, la commissione dà lo
spunto alla Cdl per replicare loperazione De Gregorio: alzare un fuoco di
sbarramento sullUnione per vedere se qualcuno abbocca. E quello che fa
Storace facendo appello a Emilio Colombo, senatore a vita, e allex di An,
Fisichella, transfuga nella Margherita, oltre che allo stesso Mancino e a
Bianco, ex ministro degli Interni anchegli. Quella di ieri è stata una
giornata segnata dalla scansione monotona delle dichiarazioni di
nazional-alleati e forzisti a strepitare sul presunto processo politico
alla politico alla polizia che gli antagonisti del centro-sinistra
vorrebbero intentare.
Lex governatore del Lazio ed ex ministro della Salute, balzato agli onori
delle cronache per la vicenda delle intercettazioni telefoniche presunte ai
danni di suoi avversari politici, rilancia lassioma che a Genova furono
gli «uomini in divisa ad essere aggrediti durante il G8». Nel polverone ci
infila pure un richiamo al caso DElia, antico membro di Prima linea, che
ha scontato la pena ed è approdato (oggi ne è deputato) su posizioni non
violente nella Rosa nel pugno, finisto nel mirino della Cdl dopo lelezione
nellufficio di presidenza di Montecitorio. Sulla stessa linea il suo
collega di partito, deputato Pedrizzi, che sbotta - «Non bastava la grazia
a Bompressi!» - e attacca con la tiritera dei poliziotti e dei carabinieri
che mettono a rischio la vita «per un magro stipendio» che il governo
Berlusconi sè guardato bene dallaumentare. Poi, credendola intelligente,
azzarda la domanda su «chi e come finanzia i no global». Avanti un altro. E
spunta Filippo Ascierto, maresciallo dei carabinieri prestato alla politica
dalla passata legislatura che lo vide in azione a Genova, al seguito di
Fini, in mai chiarite visite nelle sale operative e nelle caserme nelle
stesse ore in cui partivano le cariche senza ragione e a freddo contro un
corteo regolarmente autorizzato: nello stupore della sala operativa,
immortalato nei nastri a disposizione del tribunale di Genova, un plotone
di carabinieri, utilizzando anche armi improprie (immortalate in immagini a
disposizione del tribunale di Genova), diede il via a scontri feroci
durante i quali la pistola di un carabiniere (immortalata mentre era
puntata ad altezza duom) uccise un ventitreenne genovese, Carlo Giuliani.
Il deputato di An, Ascierto, che pochi mesi dopo rimosse di corsa dal suo
sito un link antisemita scoperto da un settimanale, ha la fobia anche per i
centri sociali ed è tenacemente convinto che la sinistra voglia ribaltare
la verità. A tirar fuori dal cassetto le parole di Pasolini sui ragazzi n
divisa «figli del popolo» e manifestanti «figli della borghesia radical
chic» ci pensa Briguglio, post-fascista anche lui. Non brilleranno per
originalità le dichiarazioni seguenti di Pezzella e Foglietta (An), Malan
(Forza Italia) e Mantovano (An) che si domanda: «E se dalla commissione di
inchiesta venisse fuori qualche collateralismo con chi ha assalito i
poliziotti da parte di attuali componenti delle camere o del governo?». E
allora perché tutta questa ostilità verso una reale indagine parlamentare
su quello che Amnesty international definì «la più grave sospensione dei
diritti umani in Occidente dopo la fine della seconda guerra mondiale»?
Perché, in realtà, a trovarsi in imbarazzo fu proprio il governo Berlusconi
che concesse una blanda indagine conoscitiva allindomani del G8 da cui
uscirono comunque dettagli inquietanti - come il fatto che il corteo delle
tute bianche fosse autorizzato e che le cariche partirono violentissime e a
freddo - per i vertici delle forze dellordine e del ministero degli
Interni. E tutto ciò nonostante Donato Bruno, presidente forzista della
commissione bicamerale, ripetesse come un mantra, agli ospiti in audizione,
che era solo unindagine conoscitiva. «Una commissione senza poteri e che
si svolse con modalità ridicole», ricorda Gigi Malabarba che, in calce alla
proposta ha raccolto le firme del 20% dei senatori e che il 20 luglio,
quinto anniversario dellomicidio, si dimetterà da Palazzo Madama: «Non cè
alcuna condanna precostituita, dal 2001 chiediamo solo che la politica si
occupi della sospensione della democrazia di cui parlò Amnesty. Una
richiesta di verità che Rifondazione ripete, come sulla questione
delluranio impoverito, indipendentemente dalla maggioranza di governo».
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