lavoro repubblica
Nell´aula-bunker sentito ieri per la prima volta il documento audio sull´irruzione
Diaz, l´orrore corre via radio in un nastro rivive la notte dell´odio
Si sente un urlo secco "Braccia contro il muro", poi le grida di terrore dei presenti
Il registratore azionato da un giornalista tedesco al momento dell´arrivo degli agenti
MASSIMO CALANDRI
«BRACCIA contro il muro, faccia a terra!» è un urlo secco, cui seguono le grida di terrore dei presenti, il trambusto di chi scaraventa banchi e sedie da una parte all´altra, il rumore di chi fruga tra le cose. «Chiedi cosa ne dobbiamo fare, di questi», dice il poliziotto via-radio. Vuole sapere se anche le persone trovate all´interno della scuola Pascoli, quella che ospita il Media Center con i giornalisti, debbano fare la stessa fine dei 93 trovati all´interno della Diaz (e massacrati di botte, prima di essere ingiustamente arrestati). Il nastro ascoltato ieri mattina nell´aula-bunker - che ospita il processo ai 29 superpoliziotti e agenti responsabili dello sciagurato blitz negli istituti scolastici di via Cesare Battisti - è il primo ed unico documento dell´»altra» irruzione, nell´edificio di fronte a quello dove si scatenarono gli uomini del reparto Celere. Una irruzione che fu del tutto casuale, dicono i poliziotti: una sorta di incidente, un errore di percorso. Credevano di essere alla Pertini-Diaz e quando si resero conto dell´errore tornarono sui loro passi. Versione che tuttavia regala non poche perplessità, se è vero che nel corso dell´intervento volò qualche manrovescio di troppo, alcuni computer furono distrutti e soprattutto sparirono i video girati e le fotografie scattate dalle persone che potevano testimoniare i soprusi commessi nella scuola dall´altra parte della strada. Ma come: i giornalisti filmavano il sanguinario blitz alla Diaz, e i poliziotti - per colpa di un «deprecabile equivoco» - salivano le scale della casa di fronte, menavano sganassoni e soprattutto si impadronivano delle bobine (facendole scomparire)? Per i pubblici ministeri Enrico Zucca e Francesco Cardona Albini, alcuni funzionari ed agenti devono rispondere di peculato, perquisizione arbitraria e violenza privata.
Fu un giornalista tedesco, Marco Trotta, a far partire il suo registratore - avendo cura di nasconderlo nello zaino - al momento dell´arrivo degli agenti. Secondo Laura Tartarini, che tutela gli interessi di alcune vittime del blitz del 21 luglio 2001, quei rumori e quelle voci sono «la prova provata che non fu un incidente», ma una sorta di Diaz-bis. Un´operazione cinicamente programmata. «Per quattro anni la polizia ha raccontato che quella non era una perquisizione, adesso è chiaro che i capi di imputazione sono interamente giustificati. Non c´era nulla di casuale in quel secondo blitz». I legali degli imputati, invece, sostengono che il nastro non ha portato nulla di nuovo. Dice Marco Corini, difensore del vice-questore Salvatore Gava, il più in vista tra gli indagati per questa vicenda: «Parole. Rumori, caos. Nient´altro».
E però, qualcosa d´altro c´è. Si può ascoltare il parlamentare europeo Luisa Morgantini che chiede di entrare, e qualcuno che la caccia via: «Lei qui non ha autorità». Si possono sentire le voci di giornalisti italiani e stranieri che testimoniano le brutalità commesse delle forze dell´ordine: «Stiamo filmando tutto!», dicono. Che fine hanno fatto quei filmati? Scomparsi durante un´irruzione che tutto sembra tranne che un «deprecabile equivoco».
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