Invia una mail per i lavoratori del Bangladesh
ciao
eli
VIA LA PRESSIONE SULLE ITALIANE COIN E TESSIVAL PER LA RISOLUZIONE
DELLA VERTENZA ALLA A-ONE IN BANGLADESH
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http://www.abitipuliti.org>
COMUNICATO STAMPA
AL VIA LA PRESSIONE SULLE IMPRESE ITALIANE
COIN/OVIESSE e TESSIVAL IN DIFESA
DEI DIRITTI DEI LAVORATORI DELLA A-
ONE IN BANGLADESH
255 lavoratori sono stati ingiustamente licenziati
per il solo fatto di
avere eletto e insediato il consiglio di fabbrica;
chiedevano un salario
dignitoso e un orario di lavoro più umano.
Nonostante le pressioni della
Clean Clothes Campaign e del sindacato
internazionale nessun accordo
risolutivo è stato raggiunto, anche
grazie all'irresponsabile immobilità di
alcune imprese committenti
coinvolte e delle autorità governative locali
Bepza e Bepzia.
Genova,
5 giugno 2006 - Parte la campagna internazionale di pressione della
Clean Clothes Campaign nei confronti della A-One e delle imprese
committenti
per la risoluzione della vertenza in corso da più di sei
mesi nell'impresa
coreana. I 255 lavoratori ingiustamente licenziati o
costretti a dimettersi
con la forza lo scorso settembre 2005 dalla A-
One, impresa operante nella
Export Processing Zone (EPZ) del Savar in
Bangladesh, hanno il diritto di
essere reintegrati in azienda e hanno
il diritto di eleggere un proprio
consiglio di fabbrica, nella piena
legittimità della legge vigente nelle EPZ
dal 2004.
Chiediamo alle
imprese committenti Coin, Tessival, C&A e Target di:
- lavorare con
Tchibo e Miles per applicare l¹accordo raggiunto il 7 marzo
2006,
incluso il reintegro di tutti i lavoratori licenziati e costretti alle
dimissioni
- informare ufficialmente la A-One che il rifiuto di
attenersi all¹accordo
avrà come esito la cessazione degli ordini
attuali e futuri mentre il
raggiungimento dell¹accordo
consentirà alla A-One di venire
considerata prioritariamente nella
lista dei fornitori
- assicurarsi che i lavoratori ricevano le
spettanze pendenti dal settembre
2005
- contattare Bepza (Government of
Bangladesh and Export Processing Zone
Authority) e Bepzia (Bangladesh
Export Processing Zone Investors
Association) per chiedere che
assicurino le condizioni per il raggiungimento
di un accordo pacifico
alla A-One e lavorino per la piena attuazione della
legge in vigore dal
2004 nelle EPZ
- Inviare copia delle comunicazioni alla Clean Clothes
Campaign
La risoluzione del caso A-One è più che mai urgente date le
recenti proteste
dei lavoratori avvenute in Bangladesh che hanno messo
in luce la situazione
disperata del settore tessile nel paese. Il caso
mostra quanto la legge, le
autorità locali e gli imprenditori stiano
ostacolando il miglioramento delle
condizioni di lavoro e la formazione
di sindacati liberi dentro le imprese
tessili in Bangladesh. Dopo le
ultime settimane di protesta, che hanno avuto
per conseguenza anche la
distruzione della mensa della A-One, molte
organizzazioni hanno
richiesto alle autorità di investigare e affrontare le
cause alla
radice dei disordini.
La Clean Clothes Campaign ritiene che le cause
siano da ricercare nella
mancanza del rispetto dei diritti dei
lavoratori a formare e iscriversi al
sindacato liberamente e a eleggere
proprie rappresentanze sindacali.
Il fallimento nell'applicazione
della legge nelle Zone Speciali per
L'Esportazione e
nell'implementazione significativa dei codici di condotta
quando si
tratta di libertà di associazione sindacale, orario di lavoro e
salari
dignitosi insieme alla non volontà delle imprese committenti ad agire
concretamente, rapidamente e collettivamente di fronte a vertenze serie
come
questa, sono da considerarsi tra le cause primarie dei gravi
disordini in
corso.
I FATTI
Nel febbraio 2005 i lavoratori avevano
eletto alla A-One un consiglio di
fabbrica di 15 persone (Workers
Representation and Welfare Committee -
WRWC), com'era loro diritto
secondo la legge vigente nella EPZ del Savar dal
2004. Il WRWC era
stato approvato dalla Autorità della Export Processing
Zone (BEPZA) il
4 aprile del 2005 e aveva portato in discussione alla
direzione della A-
One 13 punti da migliorare all¹interno della fabbrica.
Il 18 agosto la
direzione A-One aveva concordato su 12 delle 13 richieste
sottoposte.
Subito dopo le reali intenzioni dell¹azienda sono divenute
chiare. A
metà settembre la A-One ha cominciato a licenziare illegalmente i
lavoratori e i membri del comitato: il 10 settembre sono stati
licenziati 47
lavoratori mentre 9 membri del WRWC ricevevano minacce di
morte per forzarli
a dare le dimissioni; l¹11 settembre, sono stati
licenziati altri 80
lavoratori e il 10 di ottobre ulteriori 119.
L¹azienda non aveva pagato
quanto dovuto ai lavoratori licenziati.
All¹inizio di Ottobre del 2005 il Consiglio di Fabbrica aveva chiesto
alla
Clean Clothes Campaign (CCC) di contattare le imprese e le
autorità
bengalesi, incluse Bepza e Bepzia (Bangladesh Export
Processing Zone
Investors Association). Il WRWC era sostenuto da due
federazioni sindacali
tessili bengalesi NGWF e BIGUF, dal Bangladesh
Center for Worker Solidarity
e dal Solidarity Center Bangladesh.
La
CCC aveva contattato le imprese committenti della A-One: le imprese
tedesche Tchibo e Miles, le imprese italiane Coin e Tessival e
l¹impresa
olandese C&A. La CCC inoltre aveva scritto anche direttamente
alla A-One, al
Bepza, al Bepzia e a varie autorità governative. Anche
il WRWC aveva scritto
lettere a tutti i committenti, alla direzione A-
One e al Bepza, che
rifiutarono di incontrarli.
Da allora le CCC
tedesca, italiana e olandese con il segretariato
internazionale,
insieme ad altri gruppi, sono stati costantemente in
contatto con le
diverse imprese coinvolte; si sono tenuti diversi incontri
tra la
direzione della A-One, alcuni committenti (Tchibo e Miles), i
lavoratori e i sindacati locali e internazionale (ITGLWF). Sebbene
alcune
imprese, in particolare la Tchibo, abbiano fatto sforzi concreti
e abbiano
ufficialmente richiesto alla A-One di reintegrare tutti i
lavoratori
illegalmente licenziati o costretti alle dimissioni (mentre
facevano
presente che un rifiuto avrebbe avuto conseguenze negative per
gli ordini
futuri e invece il reintegro avrebbe favorito la A-One come
fornitore
preferito), tali richieste fino ad oggi non sono state
esaudite.
Per inviare le lettere di protesta alle imprese andate su
http://www.abitipuliti.org:8080/abitipuliti/azioni/A-One/azione
Tutte
le informazioni sul caso potete trovarle su
http://www.abitipuliti.org:
8080/abitipuliti/azioni/A-One/index_html
Per maggiori informazioni
contattare:
Deborah Lucchetti - 338 1498490
http://www.abitipuliti.org
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La Clean Clothes Campaign è un network
internazionale di ong e sindacati che
lavora per il miglioramento delle
condizioni di lavoro ed il rafforzamento
dei lavoratori nell¹industria
tessile globale.