[Forumlucca] Referendum : ricevo e diffondo

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Szerző: aldo zanchetta
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Tárgy: [Forumlucca] Referendum : ricevo e diffondo
Accademia Apuana della Pace





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Notiziario settimanale dell'AAdP del 03/06/2006



Notiziario speciale dedicato alla Costituzione Italiana

in vista del Referendum del 25 e 26 giugno



(scrivi sul forum le tue riflessioni sulla Costituzione e il Referendum)



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S O M M A R I O



**** Aggiornamenti e comunicazioni AAdP

Un notiziario sulla Costituzione e le proposte di modifica sottoposte al Referendum (Buratti Gino)

13 giugno 2006 - Riunione della Tavola delle Associazioni (AAdP)

**** Documenti segnalati

Le modifiche sottoposte a Referendum Costituzionale (AAdP)

**** Contributi e riflessioni

Una riflessione sulla Costituzione (Di Rienzo Maria)

Tre ragioni (Sini Peppe)

Il referendum del 25 e 26 giugno. In mano ai cittadini il potere costituente (La Valle Raniero)

Giovanna Providenti intervista Lidia Menapace su referendum costituzionale e democrazia (Menapace Lidia)

Nonviolenza e politica (Menapace Lidia)

Costituzione e democrazia. La posta in gioco (Gallo Domenico)

Opuscolo sulla Costituzione e le modifiche sottoposte a Referendum (Comitato Milanese Salviamo la Costituzione)

La riforma costituzionale: contenuti e dubbi (Rossi Emanuele)

Due tesi contrapposte a confronto: quella di Leopoldo Elia e quella di Roberto Calderoli (Leopoldo Elia, Calderoli Roberto)

Prima che sia troppo tardi (AA.VV.)

Dal Codice di Camaldoli alla Costituzione. I Cattolici e la rinascita della democrazia (Campanini Giorgio)

Sintesi delle modifiche proposte e sottoposte al voto referendario

L'idea di Costituzione e il processo costituente - Una revisione da bocciare (Pizzolato Filippo)

Costituzione italiana: come uscire dalla crisi? (Pizzorusso Alessandro)

Dossier Costituzione italiana (Aggiornamenti Sociali)

I punti cruciali della porposta di revisione: schede di lettura (Marsocci Paola, Patrone Ignazio Juan, Rossi Nelli)

Un’altra riforma costituzionale è possibile (Ceccanti Stefano)

La riforma elettorale: ritorno al proporzionale e messa in crisi del bipolarismo (Perfetti Luca R.)

Silvio, la voglia di spallata e il referendum (Verderami Francesco)

Appello dell'ARCI per votare NO al referendum del 25 e 26 giugno (ARCI)

Contributo di Luciana Castellina in vista del referendum del 25 e 26 giugno (Castellina Luciana)



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**** Aggiornamenti e comunicazioni AAdP



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Un notiziario sulla Costituzione e le proposte di modifica sottoposte al Referendum (Buratti Gino)

Perché dedicare un numero monografico alla Costituzione e al Referendum del 25 e 26 giugno?

Siamo chiamati ad una scelta importante e profonda, non si tratta di indicare un governo diverso, ma di respingere o approvare le proposte che modificano radicalmente la Costituzione che trova le sue radici della resistenza e nella liberazione dal nazi-fascismo.

Parliamo quindi di qualcosa che caratterizza il nostro senso di appartenenza ad un paese, qualcosa quindi che deve unificare e non dividere, essere condiviso e non seminare separazione.

Si tratta quindi di una scelta importante, che va fatta con la massima consapevolezza, sapendo che si sta inquinando il confronto cui siamo chiamati con il Referendum, perché qualcuno lo sta facendo diventare una sorta di rivincita sul governo Prodi, nascondendo che con la scelta che faremo respingeremo o approveremo una Carta Costituzionale completamente diversa da quella originaria.

Completamente diversa perché si vanno ad intaccare tutti gli equilibri che caratterizzavano la nostra Costituzione, introducendone altri, per questo la valutazione deve essere veramente consapevole.

E' vero che viene cambiata solo la seconda parte della Carta Costituzionale, quindi non la prima nella quale sono indicati i valori di riferimento del nostro stato; ma è anche vero che nella parte modificata si indicano le forme di attuazione di quei valori. Modificando questi così radicalmente inevitabilmente si altera l'assetto complessivo della Carta Costituzionale.

Non si tratta di piccole modifiche, magari relative le competenze delle Regioni, ma dell'intero assetto costituzionale.

Per questo abbiamo fatto questo numero, al fine di offrire elementi di riflessione, che possano essere utili per ciascuno di noi, ma anche per i gruppi, le associazioni e le scuole.

Ringraziamo quanti hanno inviato un loro contributo all'AAdP per fare questo notiziario, in particolare Peppe Sini, Maria G. Di Rienzo e Raniero La Valle che, aderendo all’appello lanciato di inviare contributi, hanno donato un po’ del loro tempo all’AAdP scrivendoci le loro riflessioni.

Scegliendo di sottrarre la salute e l'istruzione al controllo centrale dello Stato, lasciando completa autonomia alle Regioni, si modifica nella sostanza il principio di diritto alla salute e all'istruzione previsto nella prima parte, perché si introduce un elemento che può indurre profonde differenze tra regioni e regioni.



La nostra è nata come Repubblica Parlamentare, nel senso che il Parlamento è effettivamente la sede sovrana dell'esercizio del potere, tramite il quale lo esercita il popolo.

Le proposte di modificano spostano l'equilibrio tutto verso il governo, in particolare verso il premier, che ha il potere esclusivo di scelta dei Ministri, relegando al Presidente della Repubblica il semplice potere di ratifica.

La legislatura è inscindibilmente legata al Primo Ministro, per cui se viene votata dalla Camera dei Deputati una mozione di sfiducia automaticamente la Camera viene sciolta.

Lo scioglimento della Camera avviene su richiesta del Primo Ministro.

Esiste si l'Istituto della "sfiducia costruttiva". Si tratta dell'indicazione di un nuovo Primo Ministro e dell'impegno della maggioranza a proseguire l'attuazione del programma di inizio legislatura. La sfiducia costruttiva deve essere approvata con appello nominale dai deputati appartenenti alla stessa maggioranza-governativa del Primo Ministro, perché non è consentita la formazione di un nuovo governo con il concorso dell'opposizione.

Il Parlamento non ha strumenti per limitare il potere del Premier, se non rischiando di essere sciolto, in un perenne ricatto.



E non ultima la modifica della composizione della Corte Costituzionale, che deve essere indipendente da ciascuno dei poteri dello Stato.

Attualmente i 15 membri vengono eletti in numero (cinque) eguale dal Presidente della Repubblica, dalla Camera e dal Senato e infine dai giudici delle supreme magistrature.

Con la legge di riforma Il Presidente della Repubblica e le Supreme Magistrature ne possono eleggere quattro ciascuno mentre i restanti sette sono eletti tre dalla Camera dei deputati e quattro dal Senato Federale.



Si configura quindi una repubblica completamente diversa da quella originaria, una repubblica a forte premierato, in cui il parlamento ha poco potere e nel quale la ripartizione tra Camera dei Deputati e Senato Federale provocherà non poche contraddizioni.

Ma in ogni caso siamo di fronte ad una riforma che, coerentemente con le intenzioni dei proponenti, non introduce aggiustamenti per migliorare alcune disfunzioni emerse, ma cambia radicalmente il tipo di Stato che ci siamo dati.



Siamo chiamati a questo, non ad una rivincita sulle elezioni politiche, nemmeno ad un referendum su Prodi, nemmeno a dire che la Costituzione va un po' migliorata siamo chiamati a dire se vogliamo cambiare l'assetto istituzionale del nostro paese, spostando radicalmente i poteri



(Fonte: AAdP)



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13 giugno 2006 - Riunione della Tavola delle Associazioni (AAdP)



Accademia Apuana della Pace

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Nonviolenza – Pace - Cittadinanza Attiva

Le Associazioni e il territorio

ripensare e sperimentare il proprio ruolo come “rete”

nella Provincia di Massa Carrara





Riunione delle Associazioni dell’AAdP











Martedì 13 giugno - ore 21.00

c/o Sede Provinciale A.C.L.I.

Via Beatrice 6 – 54100 – Massa















Tutte le Associazioni interessate sono invitate

a partecipare all’incontro







(invito – volantino)

(traccia discussione)

(il forum sul ruolo delle associazioni e le proposte operative)







**** Documenti segnalati



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Le modifiche sottoposte a Referendum Costituzionale (AAdP)

Abbiamo messo a confronto gli attuali articoli della nostra Carta Costituzionale con le modifiche approvate dal governo del Centro Destra e sottoposte, per essere respinte o approvate, al referendum confermativo del 15 e 26 giugno 2006.

Abbiamo riportato non tutti gli articoli della Costituzione, ma solo quelli che sono stati modificati…

(... continua ...)

Leggi tutto l'articolo sul sito ==>> www.aadp.it/documenti/2006/doc181.mht

(Fonte: AAdP)



**** Contributi e riflessioni



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Una riflessione sulla Costituzione (Di Rienzo Maria)

La nostra Costituzione l'ho conosciuta davvero solo a scuola, al primo anno delle superiori: la Carta era infatti in appendice ad uno dei libri di testo. (Si stamperanno ancora testi così?) Non avevo, all'epoca, molti motivi per provare un legame vero con la terra in cui ero nata, e fu la Costituzione a darmeli. Leggevo quegli articoli e mi commuovevo, e mi indignavo per la loro violazione, e approvavo e dissentivo, e percepivo però che la Costituzione era stata davvero pensata come "casa comune", come garanzia delle libertà democratiche e patto di civiltà che doveva permettere al popolo italiano di vivere e fiorire.

In quel periodo leggevo anche altro, naturalmente, e mi imbattei nei cosiddetti anti-utopisti (Orwell, Huxley, ecc.) e nei loro foschi mondi del futuro. Fu anche grazie ad essi che imparai come il dominio non si mostri sempre nella sua forma eclatante, immediatamente riconoscibile, con il sangue e gli eserciti, ma strisci nell'esistenza quotidiana, pieghi le persone a mille piccole viltà, le deprivi di empatia e di senso, le terrorizzi e le blandisca: il cannone sottobraccio alla tv, per così dire.

La riforma costituzionale su cui siamo chiamati ad esprimerci con il referendum mira sostanzialmente a ribadire un concetto semplicissimo e orripilante: il dominio deve sostituire il diritto. Essa modifica oltre un terzo dei 139 articoli della Carta e va oltre le semplici "revisioni" previste dall'art. 138; pur relativa formalmente alla sola Parte Seconda, incide sostanzialmente anche sui Principi Fondamentali. Il sistema di bilanciamento e controllo, pensato in modo che nessuno potesse occupare da solo la scena politica, viene distrutto dalla concentrazione di poteri nella figura del "Primo Ministro", non più "Presidente del Consiglio dei Ministri"; la locuzione usata è quella introdotta dal fascismo con la legge 2263/1925, e non a caso la Costituente non la utilizzò.

Costui, "eletto a suffragio universale e diretto dal popolo" (cosa che non accade in nessuna democrazia occidentale) non necessita della fiducia della Camera, e può scioglierla (attribuzione tolta al Presidente della Repubblica cui compete attualmente) mentre essa non può sfiduciare il Primo Ministro senza determinare con la sfiducia il proprio scioglimento. Poiché vi si accoppia l'ampliamento della nomina diretta da parte della maggioranza di membri della Corte Costituzionale e la possibilità di nominare al Consiglio Superiore della Magistratura persone senza alcuna competenza giuridica, la pretesa palese della riforma è che la maggioranza politica si sottragga ad ogni controllo da parte del Parlamento, della Corte Costituzionale e della Magistratura.

"Ho vinto, e ciò legittima qualsiasi mia azione: ho vinto e faccio quel che voglio". La traduzione locale nella regione in cui vivo è "Padroni a casa nostra". Niente regole per nessuno, niente rispetto per chiunque venga classificato come "altro" e "straniero", niente diritti a meno di non poterseli comperare.

I polsi mi tremano, all'idea che il sistema cosiddetto "federale" disegnato dalla riforma divenga realtà. Non solo perché esso porta ad un drastico ridimensionamento di alcuni fondamentali diritti umani, come quello all'istruzione e alla salute, differenziando i cittadini in base alla residenza in aperta violazione della "pari dignità" sancita nell'articolo 3, (l'eguaglianza di tutti i cittadini italiani), e non solo perché con la scomparsa del Fondo di Solidarietà la diseguaglianza fra Regioni più ricche e meno ricche diventerà devastante: trovo gravissima l'istituzione di un nuovo corpo di Polizia su base regionale, per lo più non essendone chiara l'effettiva funzione.

Nella mia regione ho già avuto modo di vedere all'opera le ronde di vigilantes legittimati dai governi locali, quelli che io chiamo gli "scherani del principe": persone senza alcuna professionalità nel campo della sicurezza e motivate solo da odio, disprezzo e pregiudizi. Nell'immaginario sociale, costoro hanno gettato le basi per l'applicazione di una "giustizia" privata e sommaria: non mi riesce difficile proiettarli nel futuro, e pensarli mentre sfondano una porta e portano via i miei vicini di colore, e neppure è arduo individuare quale sarà la porta successiva ad essere sfondata (la mia, la vostra, se solo avrete protestato). Sì, sarà perché leggo e scrivo troppa fantascienza, ma per una volta spero davvero di spaventare e non di intrattenere chi scorre queste righe; non ci si sveglia nazisti per caso una mattina, il consenso ai regimi non si manifesta nel giro di una notte: esso viene costruito passo dopo passo, con l'imposizione e l'intimidazione, con il bastone accoppiato alla carota, con l'immissione progressiva nel corpo sociale di bugie ripetute un milione di volte, con le "riforme" in senso involutivo. Pensateci.

Ho fiducia che il referendum rigetterà la "devolution" e i suoi figlioletti satanici. Ho speranza che la musica cambi. Ma bisogna che tutti si entri nell'orchestra, e si faccia uno sforzo per suonare insieme.



Maria G. Di Rienzo



Articolo pubblicato anche sul sito: www.aadp.it/modules.php?name=News&file=article&sid=131

(Fonte: AAdP)



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Tre ragioni (Sini Peppe)

Almeno tre ragioni mi sembra vi siano per respingere la cosiddetta riforma costituzionale che il governo del principe golpista e la maggioranza parlamentare eversiva e clientelare ad esso prona approvarono mesi or sono e che tra qualche settimana sarà oggetto di consultazione referendaria.



La prima: le modifiche della parte seconda della Costituzione della Repubblica Italiana introdotte dal principe golpista distruggono la Costituzione nei suoi fondamenti, riverberando altresì i loro effetti sulla parte prima e fin sui principi fondamentali che della Costituzione costituiscono i valori supremi modificando i quali il nostro ordinamento giuridico decade ad altra, innominabile indecente cosa.

Frantumare l'accesso ai diritti e delegare funzioni e responsabilità decisive per l'inveramento dell'uguaglianza tra tutte le persone, in modo tale che il principio di cittadinanza coessenziale all'istituto statuale ne resta vulnerato e quasi schiantato: questa è la cosiddetta "devolution".

Rompere la circolarità dei poteri e dei controlli, attribuendo al presidente del consiglio dei ministri un potere di tipo monarchico, significa radicalmente annichilire il principio della separazione dei poteri che è alla base dalla riflessione e dell'esperienza politica e giuridica cui è legata non solo la democrazia parlamentare, ma la civiltà umana dell'età moderna stessa. E questa è la farneticazione e il crimine del "premierato forte".

Improvvisare una delirante proliferazione di distinguo nell'ambito del potere legislativo spezzettato e caleidoscopizzato, introducendo un labirinto di conflitti di competenze, provocando ad un tempo autoritarismo e anomia: questa è la conseguenza della demolizione del bicameralismo attuale e la sua sostituzione con un'orgia di affatturazioni.

E si potrebbe continuare.



La seconda: la Costituzione del 1948 è frutto di una vicenda storica che rimonta al primo e al secondo Risorgimento, e del confronto alto e della convergenza profonda della maggiori tradizioni della cultura politica contemporanea.

Non solo: nasceva dall'orrore della seconda guerra mondiale e dalla volontà di far cessare tutte le guerre; nasceva dalla liberazione d'Italia dal barbaro dominio fascista; nasceva da un rinnovato sentimento di solidarietà e di affermazione dei diritti e dei doveri inerenti allo statuto di esere umano.

Infine: si collocava in quel comune sentire che va dalla Carta delle Nazioni Unite - fondata sul ripudio del "flagello della guerra" - alla Dichiarazione universale dei diritti umani, che la Costituzione italiana esplicitamente anticipava.

Quella Costituzione, la nostra Costituzione, non è solo descrizione e riconoscimento giuridico di valori e diritti, non è solo definizione di un ordinamento giuridico, ma è anche progetto trasformativo, impegno costruttivo, messaggio di liberazione, scelta di responsabilità: fondamento di una democrazia progressiva. Prova ne è il fatto che l'adeguamento ad essa della legislazione penale è stato un lungo processo tuttora in fieri.

Quella Costituzione, la nostra Costituzione, è presidio delle nostre libertà, rinunciare ad essa significherebbe arrendersi alla barbarie.



La terza: quali modelli giuridici, quali modelli culturali, quali modelli di società si confrontano e si scontrano in questo referendum? La "riforma" golpista berlusconiana è coerente con una idea di società fondata sul pieno dispiegarsi della violenza del più forte.

La difesa della Costituzione della repubblica italiana democratica ed antifascista si fonda sulla volontà di difendere un'idea di società e di umanità così come definita dai primi undici articoli della Carta: una società in cui si riconoscano tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.



In conclusione: il referendum costituzionale che avrà luogo tra poche settimane costituisce un appuntamento decisivo. La sua valenza istituzionale, giuridica e politica è enorme.

Tutto lascerebbe supporre che se la generalità dei cittadini votassero con piena cognizione di causa non vi dovrebbe essere dubbio sull'esito: la Costituzione del 1948 verrebbe confermata, il golpe berlusconiano verrebbe respinto, i "no" al colpo di stato prevarrebbero di gran lunga.

Ma non possiamo escludere che il dispiegarsi - nei giorni immediatamente precedenti il voto - di una campagna mediatica dotata della potenza dirompente che può esser messa in campo dall'apparato ideologico e propagandistico del principe golpista potrebbe sedurre e traviare, ingannare e truffare moltissime persone, e indurle a votare per la propria schiavitù anziché per la propria libertà.

Ancora una volta, vi è un solo modo per contrastare la menzogna e la prepotenza, l'inganno e l'oppressione: ed è di favorire la massima informazione, discussione, partecipazione.

Valgono ancora e sempre le immortali parole dell'antico poeta: più luce.

Articolo pubblicato anche sul sito: www.aadp.it/modules.php?name=News&file=article&sid=135



(Fonte: AAdP)





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Il referendum del 25 e 26 giugno. In mano ai cittadini il potere costituente (La Valle Raniero)

Dopo il rovesciamento del governo Berlusconi operato dall'elettorato con il voto del 9 e 10 aprile, e dopo il voto regionale e amministrativo del 28 e 29 maggio, una nuova prova ci attende il 25 e 26 giugno. Ma questa non è una scadenza elettorale come le altre. Per la prima volta dal 1946 il potere costituente torna in mano ai cittadini. La Costituzione che ci governa dal 1948 è stata infatti ripudiata da una parte del mondo politico italiano e dalla maggioranza delle vecchie Camere, e sulla "Gazzetta Ufficiale" è stata già pubblicata la nuova Costituzione, che se non è ancora entrata in vigore è solo perché il popolo si è riservato il diritto di respingerla col "no" nel referendum di giugno. I cittadini, divenuti essi stessi costituenti, dovranno pertanto decidere di nuovo dell'identità e del futuro della Repubblica.

Ciò che fu stabilito dall'Assemblea Costituente nel 1947 è oggi rimesso in questione. Allora confluirono in quella decisione le tre grandi culture del Paese, quella cattolica democratica, quella comunista e socialista allora strettamente unite, e quella laico-liberale; ma l'incontro e la sintesi di quelle tre culture fu talmente felice che non un pezzo della Costituzione per ciascuna, ma l'intera Costituzione è risultata perfettamente coerente a ciascuna delle tre ispirazioni. Come fu possibile questo incontro? Esso è avvenuto per due ragioni: la prima è quella più volte richiamata da quel grande costituente che fu Giuseppe Dossetti. Le Costituzioni non si fanno a tavolino. Esse sono il frutto di una grande vicenda storica, di un momento straordinario della vita di un Paese. Per noi era l'uscita dalla guerra, l'uscita dal fascismo, un'esperienza di sofferenze e di dolori, sicché c'era la volontà condivisa di voltare pagina, di dare origine a una convivenza nuova.

(... continua ...)

Leggi tutto l'articolo sul sito ==>> www.aadp.it/modules.php?name=News&file=article&sid=132

(Fonte: AAdP)



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Giovanna Providenti intervista Lidia Menapace su referendum costituzionale e democrazia (Menapace Lidia)

Tratto dal n. 1298 del notiziario "La nonviolenza è in cammino", del 16 maggio 2006 (intervista che verrà pubblicata sul mensile "Noi Donne" del giugno 2006)



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- Giovanna Providenti: La devolution?

- Lidia Menapace: Quando fu presentato e poi votato questo progetto di legge, io fui molto preoccupata... Io sono per il massimo delle autonomie possibili, ma non per l'autonomia fiscale perché il fisco è uno strumento di riequilibrio dell'uso delle risorse, e se passa la devolution anche fiscale, chi è ricco resta ricco e chi è povero diventa sempre più povero.



- Giovanna Providenti: E la parte che modifica gli assetti istituzionali?

- Lidia Menapace: Questa è la cosa che mi preoccupa di più: il presidente della repubblica non conta più niente, e il capo del governo (che si chiama capo del governo e non più presidente del consiglio) viene eletto direttamente dal popolo e l'inghippo veramente preoccupante dal punto di vista della riduzione della democrazia è che se il parlamento lo sfiducia il capo del governo non decade perché è stato eletto da popolo, non dal parlamento. Ma lui ha il potere di sciogliere il parlamento e farne eleggere un altro. Da questo viene fuori una figura superautoritaria del premier e una completa mancanza di poteri da parte del parlamento. Non solo, quale parlamento voterà contro un presidente che lo ha fatto eleggere e che lo può mandare a casa? I parlamentari non sono eroi... a proposito di questo io cito sempre la satira di Giovenale scritta al tempo di Nerone, in cui si doveva parlare in maniera coperta. Ai tempi degli antichi romani c'era una legge che diceva che tutto ciò che non è di proprietà privata e che si trova in cielo in terra o in acqua è dell'imperatore. Un giorno un pescatore pesca un rombo enorme e pensa "prima che l'imperatore me lo faccia requisire glielo regalo". Però il cuoco dell'imperatore è preoccupatissimo perché non c'è una teglia grande abbastanza per cucinare questo rombo.

Allora che si fa? Facciamo costruire un'altra teglia oppure tagliamo il rombo a pezzi? Il cuoco non vuole prendersi la responsabilità di decidere, ed allora viene convocato il senato - il senato romano, l'assemblea più gloriosa di tutta la storia - per decidere se fare o meno il rombo a pezzi.

I senatori non si sanno decidere, perché non hanno idee proprie su questo inaspettato problema, e guardano l'imperatore per vedere che faccia fa e capire cosa lui preferisce. Il servilismo è facile da produrre. Purtroppo però l'idea del premierato piace anche a parte della sinistra.



- Giovanna Providenti: A cosa avrebbe dato priorità lei per migliorare le forme della politica?

- Lidia Menapace: Innanzitutto alla democrazia. Alla presenza di un dialogo reale tra rappresentanze e rappresentati. E al rallentare la rapidità con cui si prendono le decisioni. E questo vale a vari livelli. Io sento molto forte l'urgenza di agire per cambiare le cose, ma al tempo stesso so che quando c'è un'urgenza bisogna essere lenti. Ciò di cui avremmo più bisogno sarebbe: distendere in un tempo ristretto un ragionamento calmo. E questo, purtroppo, non si riesce a fare, a causa della rapidità con cui si fanno le cose. Noi donne elette, che ci siamo riunite in un comitato, siamo state già sorpassate dalle decisioni che sono state prese, rapidamente, da quelli che si sono subito insediati, attaccati al loro potere. Per non parlare della possibilità di portare in parlamento le rivendicazioni di un movimento della società civile. Arriva sempre tutto troppo tardi. E ci ritroviamo a fare i giochi di risulta. Mentre invece ciò che più servirebbe è avere la forza di dire: "no, fermiamoci un momento, più che di andare veloce adesso serve mantenere una relazione molto fervida tra rappresentanze e rappresentati/e". Bisogna fermare il vorticoso moto della politica, rallentare i tempi per fare spazio alla democrazia perché se no ci troviamo sempre di fronte al fatto che altri, che avevano la legittimità di farlo, hanno preso le decisioni...



- Giovanna Providenti: E nel frattempo cosa può aiutare la democrazia?

- Lidia Menapace: I movimenti dovrebbero chiedere un'interlocuzione alla pari con i partiti di riferimento. Loro compito è fare emergere in maniera chiara le posizioni della società civile. E superare un linguaggio troppo generico. Non basta dire "superamento di una determinata legge", bisogna anche specificare che cosa si intende per "superamento", che per alcuni può essere andare avanti per altri tornare indietro. Mi riferisco, ad esempio, alla legge 30.



- Giovanna Providenti: Ma la politica è incastrata in questo moto vorticoso, o c'è qualche possibilità di uscirne?

- Lidia Menapace: I movimenti della società civile rappresentano una grande potenzialità, purché abbiano la capacità di leggere il reale nella sua complessità e non sentano troppo il bisogno di unità o sintesi. Io sono contraria a questi termini, che sono monoteisti e tengono sempre fuori qualcuno. Il pluralismo è un'altra di queste trappole. Perché non è assolutamente detto, ad esempio, che una nazione dove ci sono otto partiti sia più democratica di una dove ce ne sono quattro. Il problema sta nel fatto di stabilire nel partito (forma politica che ha finito la sua storia, anche se continua a mantenere un grande potere) l'unica forma della politica, mentre invece bisogna avere a cuore una molteplicità di forme. I movimenti non sono, come dice qualcuno, "pre-politica", bensì sono altre forme della politica. In una società complessa come la nostra non è più possibile avere una sola forma che interpreta la società. È necessario che i soggetti si organizzino secondo le proprie caratteristiche, e la sfida, a mio parere, è quella di riuscire a gestire la molteplicità lasciandola molteplice, e non cedere al riduzionismo.



(Fonte: La nonviolenza è in cammino n. 1298 del 16 maggio 2006)



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Nonviolenza e politica (Menapace Lidia)

da "La nonviolenza è in cammino", n. 1299 del 18 maggio 2006



Contro il riduzionismo, la preziosa ricchezza della molteplicità Sono d'accordo con chi ha detto che dobbiamo applicare il metodo del consenso per prendere le decisioni, ma questo non per raggiungere unità forzate o sintesi omologatrici: io sono contrarissima a questi termini, che in ambito sociale e politico recano una pretesa per così dire "monoteista", ed impongono una uniformizzazione da cui io resto sempre fuori.

Naturalmente anche un generico pluralismo è un'altra trappola: perché non è assolutamente detto, ad esempio, che un paese dove ci sono otto partiti sia più democratica di uno dove ce ne sono quattro. Il problema sta nel fatto di stabilire nel partito l'unica forma della politica, mentre invece bisogna avere a cuore una molteplicità di forme.

Ad esempio i movimenti non sono, come dice qualcuno, "pre-politica": bensì sono altre forme della politica.

In una società complessa come la nostra non è più possibile avere una sola forma che interpreta la società, ed è necessario che i soggetti si organizzino secondo le proprie caratteristiche; la sfida, a mio parere, è quella di riuscire a gestire la molteplicità lasciandola molteplice, e non cedere al riduzionismo.



Breve un elogio della buona lentezza Io sento molto forte l'urgenza di fare qualcosa per cambiare le cose per come stanno andando, ma al tempo stesso so che quando c'è un'urgenza bisogna essere lenti.

Ciò di cui avremmo più bisogno sarebbe distendere in un tempo ristretto un ragionamento calmo. Per esempio, noi donne elette in parlamento, che siamo riunite in un comitato, siamo state già sorpassate dalle decisioni che sono state prese rapidamente da quelli che si sono subito insediati perché sono attaccati al loro potere.

Per non parlare della possibilità di portare in parlamento le rivendicazioni come quelle ad esempio venute fuori in una giornata come quella di oggi. Arriva sempre tutto troppo tardi. E ci ritroviamo a fare i giochi di risulta.

(... continua ...)

Leggi tutto l'articolo sul sito ==>> www.aadp.it/modules.php?name=News&file=article&sid=128

(Fonte: La nonviolenza è in cammino (n. 1299 del 18 maggio 2006))



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Costituzione e democrazia. La posta in gioco (Gallo Domenico)

[Dalla newsletter quotidiana "Aprile on line" del 13 aprile 2006 (nel sito: www.aprileonline.info).



Lo sviluppo stupefacente dei risultati elettorali delle elezioni del 9 e 10 aprile dimostra che l'Italia è stata sull'orlo del baratro e che il nostro Paese è stato salvato da chi meno ce lo aspettavamo: gli italiani all'estero ed i giovani.

Se il voto degli italiani all'estero ci ha consentito di ribaltare l'effimera maggioranza conquistata al Senato dal centordestra, sono stati i giovani, mutando l'orientamento rispetto alle passate tornate elettorali, che hanno fatto la differenza ed hanno consentito all'Unione di sopravanzare di un soffio il centrodestra, guadagnando quel premio di maggioranza che rende concretamente possibile un governo di centrosinistra per la prossima legislatura.

Se siamo stati ad un passo dalla catastrofe, non possiamo incolpare il fato cinico e baro. Se migliaia o forse milioni di indecisi, all'ultimo momento hanno rotto gli indugi e si sono recati a votare per un governo ed una maggioranza indifendibile, sconfiggendo tutti i sondaggi, i pronostici e gli exit poll, anche questo non è frutto del fato cinico e baro. Adesso che l'orgia dei sondaggi si è placata e le agenzie di manipolazione del consenso hanno spento le luci, le elezioni, con quei voti irriducibili, scolpiti nella schede come sulla pietra, ci parlano dell'Italia come è. Ci dicono un fatto reale, ci raccontano una verità incontrovertibile.



La verità è che il popolo italiano è stato chiamato alle elezioni più drammatiche della sua storia, più di quelle del 18 aprile 1948, senza che nessuno lo abbia informato e reso edotto del valore della scelta che abbiamo dovuto compiere e della reale posta in gioco.

Durante tutta la campagna elettorale nessuno dei leader dell'Unione, a cui il sistema dei media ha concesso lo spazio della comunicazione, ha detto nulla che potesse aiutare la gente ad aprire gli occhi sulla natura illiberale, prevaricatrice e fascista del regime berlusconiano. Nessuno ha denunziato il sovversivismo di questa classe dirigente, nessuno ha rivelato il progetto politico di questa destra, scolpito nella cosiddetta Costituzione di Lorenzago e certificato dalla riforma votata dalla due Camere. Nessuno ha detto al popolo italiano che ciò che rendeva profondamente differenti le elezioni del 9-10 aprile 2006, da tutte le altre elezioni del dopoguerra, comprese quelle del 18 aprile del 1948, era il fatto che - per la prima volta - i due schieramenti politici contrapposti non condividevano più gli stessi valori costituzionali, poiché uno dei due schieramenti non si riconosceva nelle istituzioni democratiche. In definitiva nessuno ha detto al popolo italiano che nelle elezioni del 2006 la vera posta in gioco era la Costituzione, col suo patrimonio indisponibile di beni pubblici repubblicani, cioè la democrazia.

Ciò ha consentito a Berlusconi, liberato dell'onere di rendere conto dei misfatti del suo regime, di portare il dibattito politico sul terreno a lui più congeniale. Di dibattere di un Paese immaginario, di lanciare proclami e vendere fumo, come nessuno sa fare meglio di lui. Di far credere a larghi settori della società italiana che il 9-10 aprile si trattava di scegliere se pagare più o meno tasse, o di regolare o meno con i pacs le coppie di fatto.



Siamo giunti al paradosso che la verità è stata affidata ai comici. Sono stati i guitti, cioè quelle persone serissime che per mestiere fanno ridere gli altri, da Cornacchione a Paolo Rossi, a Nanni Moretti, gli unici che hanno raccontato al popolo italiano la verità sul berlusconismo. Ma non sono stati presi sul serio perché si trattava di comici, anche se costoro - scherzando - ci raccontavano la nostra storia. Invece i leader politici, che per mestiere non devono far ridere ma devono raccontare della cose serie, ci hanno raccontato un sacco di balle per non farci capire niente della posta in gioco. Insomma i buffoni sono stati serissimi ed hanno fatto supplenza ai politici raccontando la verità al popolo italiano, mentre i politici hanno fatto i buffoni (sia detto senza offesa per nessuno), raccontando barzellette.

Articolo pubblicato anche sul sito: www.aadp.it/modules.php?name=News&file=article&sid=133

(Fonte: La nonviolenza è in cammino)



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Opuscolo sulla Costituzione e le modifiche sottoposte a Referendum (Comitato Milanese Salviamo la Costituzione)

opuscolo, curato dal comitato milanese per il NO. Mi sembra un documento rigoroso e sobrio, che spiega in modo comprensibile i cambiamenti principali apportati dalla riforma. Invito tutti a diffonderlo in vista del referendum.

Sommario

1. La riforma costituzionale

2. Che cos'è la Costituzione Italiana

3. Come si modifica la Costituzione Italiana

4. Come cambierebbe la Costituzione:

    - La divisione di competenze legislative tra Stato e Regioni


    - La composizione e il funzionamento del Parlamento


    - I rapporti tra Parlamento, Governo e Presidente della Repubblica


    - Le modifiche della composizione della Corte Costituzionale


5. Il referendum costituzionale

(... continua ...)

Leggi tutto il documento sul sito ==>>

www.aadp.it/documenti/2006/doc188.pdf    


(Fonte: Sito di Piero Ricca)



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La riforma costituzionale: contenuti e dubbi (Rossi Emanuele)

Il progetto di legge di revisione costituzionale licenziato il 16 novembre 2005 dal Parlamento costituisce la più radicale riforma della Costituzione che mai sia stata approvata nella nostra esperienza repubblicana: sebbene infatti analoghi tentativi siano stati esperiti in passato (tra questi, a giungere più vicino alla conclusione fu quello della Commissione bicamerale presieduta da Massimo D’Alema nel 1997), in nessuna occasione sono state modificate così tante disposizioni costituzionali e in modo così radicale. La precedente «grande» riforma è stata quella relativa al Titolo V della Parte II della Costituzione, approvata con legge costituzionale n.3/2001, la quale tuttavia si limitava a modificare una decina di articoli, tutti ricompresi nel Titolo della Costituzione dedicato ai rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie locali.

Aggiornamenti Sociali, 05 (2006

(... continua ...)

Leggi tutto il documento sul sito ==>>

www.aggiornamentisociali.it/dossier/dossier2006cost/Rossi_AS0605.pdf

(Fonte: Aggiornamenti Sociali, 05 (2006)



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Due tesi contrapposte a confronto: quella di Leopoldo Elia e quella di Roberto Calderoli (Leopoldo Elia, Calderoli Roberto)

Dal sito del movimento: " Salviamo la Costituzione: aggiornarla, non demolirla" abbiamo trovato questo documento che mette a confronto le tesi opposte di Roberto calderoli e quelle di Leopoldo Elia:

1) Decalodo della riforma costituzionale - di Roberto Calderoli

2) Controdecalogo della riforma costituzionale - Leopoldo Elia

(... continua ...)

Leggi tutto l'articolo sul sito ==>> www.referendumcostituzionale.org/votano.asp

(Fonte: www.referendumcostituzionale.org/)



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Prima che sia troppo tardi (AA.VV.)

[Dal quotidiano "Il manifesto" del 7 aprile 2006 riprendiamo il seguente appello sottoscritto da numerosi giuristi]



Come giuristi siamo preoccupati del silenzio sulla Costituzione che è caduto come un sudario sulla campagna elettorale.

Invece la Costituzione, che in sintesi significa libertà e diritti dei cittadini e divisione e controllo dei poteri, è la vera posta in gioco delle elezioni del 9 e 10 aprile. Il centrodestra ha abrogato infatti nella intera sua seconda parte la gloriosa Costituzione del '48, sostituendola con una pseudo-Costituzione che fa del Primo Ministro un despota che determina tutta la politica nazionale e internazionale, e ne ha tutti i poteri per l'impotenza a cui verrebbero ridotti Parlamento e Presidente della Repubblica, fino al punto che il Primo Ministro potrebbe sciogliere in ogni momento a suo piacere una Camera che non gli fosse più gradita.

Con le elezioni del 9 aprile il centrodestra vorrebbe ottenere il consenso popolare a questa riforma, che va sotto il nome ingannevole di devolution, e che non è ancora in vigore solo perché oltre 800.000 cittadini, la maggioranza delle Regioni e l'opposizione parlamentare hanno chiesto il referendum per opporvisi. Una vittoria del centrodestra nelle elezioni politiche potrebbe per trascinamento ripercuotersi sul successivo referendum costituzionale, col rischio che la nuova Costituzione entri effettivamente in vigore.

Questi due eventi congiunti darebbero un colpo mortale alla democrazia parlamentare e rappresentativa in Italia. Basta sostituire il nome di Berlusconi in tutti gli articoli in cui nella nuova Costituzione sta scritto il Primo Ministro, per rendersi conto di quale devastazione ciò comporterebbe per la vita italiana e perciò di tutti noi. Prima che sia troppo tardi sentiamo il dovere di informare i cittadini di questo pericolo, affinché nessuno si senta tradito, e nessuno possa dire domani: perché non ci avete avvertito?



Primi firmatari: Raniero La Valle; Luigi Ferrajoli; Gianni Ferrara; Gaetano Azzariti; Claudio De Fiores; Giuliano Pisapia; Gianni Palombarini; Domenico Gallo; Marina Paparo; Gaetano Bucci; Roberto Romboli; Michele Della Morte; Fabrizio Clementi; Alfonso Di Giovine; Fabio Marcelli; Francesco Bilancia; Fabrizio De Sanctis; Emilio Robotti; Roberto La Macchia; Mariagrazia Napoli; Sergio Bonetto; Marco Scarabosio; Angelo Cutolo; Enzo Martino; Michela Quagliano; Antonio Caputo; Paolo Berti; Maria Monica Bassan; Corrado Guarnieri; Alida Vitale; Magda Naggar; Davide Civallero; Ezio Locatelli; Giovanna Scollo.



(Fonte: La nonviolenza è in cammino)



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Dal Codice di Camaldoli alla Costituzione. I Cattolici e la rinascita della democrazia (Campanini Giorgio)

Il periodo che va dal luglio 1943 (e cioè dal convegno estivo in cui viene elaborato il primo nucleo di quello che divenne poi il «Codice di Camaldoli») alla seduta dell’Assemblea Costituente del 22 dicembre 1947 in cui venne approvata la nuova Costituzione repubblicana è stato fra i più vivaci e fervidi nella vita politico-culturale del nostro Paese. Quegli anni meritano pertanto di essere ricordati, in un momento in cui gli italiani sono chiamati a pronunciarsi su importanti modificazioni di una Carta che i cattolici hanno concorso, in modo determinante, ad elaborare.

Aggiornamenti Sociali, 05 (2006)

(... continua ...)

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www.aggiornamentisociali.it/dossier/dossier2006cost/Campanini_AS0605.pdf

(Fonte: Aggiornamenti Sociali, 05 (2006))



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Sintesi delle modifiche proposte e sottoposte al voto referendario

Le modifiche sono finalizzate all' aumento dei poteri del capo del Governo

1. Il Primo Ministro è eletto direttamente dal popolo (art. 92) e NON necessita della fiducia della Camera per insediarsi (art. 94)

2. Il primo Ministro sceglie, nomina e revoca gli altri Ministri a suo insindacabile giudizio e determina la politica del Governo (art. 95). Fino ad oggi il Presidente del Consiglio dirige la politica del Governo

3. La Camera può teoricamente sfiduciare il Primo Ministro (art. 94 e art. 88), ma questo sarà un evento molto raro dato che nella maggior parte dei casi la sfiducia produce la fine della legislatura e quindi nuove elezioni

4. In ogni caso, grazie alla norma anti-ribaltone, pochi deputati della maggioranza fedelissimi del Premier possono impedire la sfiducia costruttiva e quindi la designazione parlamentare di un nuovo Primo Ministro. Ciò potrà accadere anche se la stragrande maggioranza della Camera fosse d'accordo su colui con cui sostituire il Premier

5. Il Primo Ministro anche senza dimettersi può imporre al Presidente della Repubblica di sciogliere la Camera portando così il Paese a nuove elezioni politiche (art. 88). In questo modo il Primo Ministro gestirà le elezioni nella pienezza dei propri poteri

6. La fiducia al Governo centrale può essere data e tolta dalla sola Camera mentre il Senato federale non ha voce in capitolo

7. Il Presidente della Repubblica perde il diritto di sciogliere le Camere (art. 88) e di autorizzare il Governo a presentare suoi Disegni di Legge (art. 87)

devolution e federalismo ?

1. tornano alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117): le norme generali sulla tutela della salute, la sicurezza del lavoro, le grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione, l' ordinamento della comunicazione, l' ordinamento delle professioni intellettuali l'ordinamento sportivo nazionale, la produzione strategica, il trasporto e la distribuzione nazionali dell'energia. Tali materie furono concesse alle Regioni dalla riforma costituzionale del 2001!

2. E' opinione comune che la riforma del 2005, per realizzare la devolution/devoluzione, abbia aggiunto le seguenti materie alla esclusiva competenza regionale:

a.. assistenza e organizzazione sanitaria;
b.. organizzazione scolastica,
c.. gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche;
d.. definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione;
e.. polizia amministrativa regionale e locale.
In realtà tali materie sono già di competenza regionale! Infatti è dal 2001 che l'art. 117 non le attribuisce alla competenza statale e aggiunge che "Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato". Con la riforma Costituzionale del 2005 tali materie vengono solo esplicitamente elencate tra quelle di competenza regionale (art. 117).

3. Viene reintrodotto (art. 127) concetto di "interesse nazionale" grazie al quale il governo centrale potrà annullare qualsiasi atto degli enti locali e qualsiasi legislazione regionale.

4. Manca poi il federalismo fiscale per il quale si rimanda ad altra modifica Costituzionale. Non si è mai vista una Costituzione talmente incompleta da dover essere fatta a puntate!

5. I criteri di composizione degli organi elettivi Regionali diventano oggetto di legislazione dello Stato (art. 122).

6. Il Senato federale ha competenza solo per le materie a legislazione "concorrente", cioè non proprie dello Stato centrale e non proprie delle Regioni (alimentazione, ordinamento sportivo regionale, protezione civile, governo del territorio, porti e aeroporti civili, reti di trasporto e di navigazione…)

7. Il Senato federale non può né dare né togliere la fiducia al Governo;

8. Le leggi del Senato federale possono essere modificate dal Governo se tali modifiche sono essenziali al conseguimento del suo programma (art. 70). Ciò significa che i rappresentanti di tutte le Regioni potranno essere obbligati a realizzare nel Senato federale il programma del Governo centrale.

9. Le eventuali Commissioni d' inchiesta del Senato federale (art. 82), a differenza d quelle della Camera non possono avere poteri giudiziari. Fino ad oggi hanno poteri giudiziari le Commissioni parlamentari di entrambe le Camere.

Inoltre

1. I deputati, in barba a quanto ancora inutilmente scritto nell' art. 67, non sono più "senza vincolo di mandato" poiché possono solo accordare la propria fiducia al Primo Ministro, pena il quasi certo scioglimento della Camera

2. I deputati non sono più tutti uguali: quelli eletti nelle liste della maggioranza hanno un diritto che quelli eletti nelle liste della minoranza non hanno: la possibilità di proporre e votare una mozione di sfiducia costruttiva

3. Aumenta il controllo del potere politico sulla Corte Costituzionale poiché su 15 componenti ben 11 saranno espressi dalla politica e solo i rimanenti 4 saranno espressione della magistratura 4. Il Senato federale è eletto contestualmente ai consigli regionali e quindi può risultare di "segno" opposto a quello della Camera

5. Avremo una polizia amministrativa regionale (art. 117). Scommetto che nessuno di noi sente la mancanza di un corpo di polizia in aggiunta a quelli già esistenti (polizia comunale, polizia provinciale, Corpo Forestale dello Stato, Guardia di Finanza, Polizia di Stato e Carabinieri)

6. Ci sarà meno spazio per la rappresentanza in Parlamento degli Italiani all'estero poiché la circoscrizione estero viene eliminata dal Senato (ora federale) e rimane solo nella Camera

Articolo pubblicato anche sul sito: www.laCostituzione.it

(Fonte: www.laCostituzione.it)



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L'idea di Costituzione e il processo costituente - Una revisione da bocciare (Pizzolato Filippo)

Filippo Pizzolato, L'idea di Costituzione e il processo costituente - Una revisione da bocciare

La Costituzione incarna l'ethos più profondo e stabile di una collettività. Essa definisce un quadro di riferimento valoriale per le leggi ordinarie e l'attività politica. Caduta l'omogeneità etnico-nazionale, diventa oggi quanto mai urgente la ricostruzione della sfera pubblica, in cui le diverse posizioni rappresentate nella società possano dialogare, i conflitti esprimersi ed essere mediati nella ricerca di una sintesi. Pertanto una logica ampiamente partecipativa è essenziale alla pratica democratica, in particolare in caso di revisione della Costituzione. Il che non si è realizzato, né nel metodo né nei contenuti, nella riforma costituzionale attuata dalla maggioranza di centro-destra.

Aggiornamenti Sociali, 03 (2006)



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www.aggiornamentisociali.it/dossier/dossier2006cost/Pizzolato_AS0603.pdf

(Fonte: Aggiornamenti Sociali, 03 (2006))



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Costituzione italiana: come uscire dalla crisi? (Pizzorusso Alessandro)

Benché la parola «costituzione» abbia origini antiche, i significati in cui essa e i suoi derivati sono impiegati oggi sono soprattutto due: quello più generale in cui per Costituzione si intende l’insieme di principi organizzativi di uno Stato (o eventualmente anche di qualunque altro tipo di organizzazione sociale), quali che essi siano, e quello più specifico in cui si parla di Costituzione per indicare un assetto dell’organizzazione sociale che sia rispettoso di quel complesso di principi che corrispondono alla nozione di democrazia.

Aggiornamenti Sociali, 02 (2006)



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(Fonte: Aggiornamenti Sociali, 02 (2006))



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Dossier Costituzione italiana (Aggiornamenti Sociali)

La legge costituzionale che modifica la Parte II della Costituzione ha concluso il proprio iter parlamentare il 16 novembre 2005. Il testo sarà sottoposto a referendum confermativo entro il mese di giugno, poiché è stato approvato nella seconda votazione da una maggioranza assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera. Su Aggiornamenti Sociali è in via di pubblicazione una serie di studi sull'argomento, nell'intento di fornire elementi e criteri perché ciascuno possa maturare un personale convincimento in vista del voto che sarà chiamato a esprimere: il significato della Costituzione viene esaminato dal punto di vista storico e antropologico, la riforma viene analizzata non solo nei contenuti, ma anche nei problematici aspetti di metodo che ne hanno caratterizzato il cammino parlamentare. Questi contributi sono qui raccolti sotto forma di dossier.



(... continua ...)

Leggi tutti i documenti pubblicati sul sito di Aggiornamenti Sociali sul sito ==>>

www.aggiornamentisociali.it/

(Fonte: Aggiornamenti Sociali)



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I punti cruciali della porposta di revisione: schede di lettura (Marsocci Paola, Patrone Ignazio Juan, Rossi Nelli)

1. Forma di Stato e potere legislativo

2. Forma di governo e premierato assoluto

3. Giurisdizione e Corte costituzionale

4. Il nuovo Titolo V (Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato).



Con le schede che seguono, si intende offrire una descrizione delle "modifiche alla seconda parte della Costituzione":



(... continua ...)

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www.magistraturademocratica.it/md.php/9/download/Riforma_costituzione_SchedeLettura.pdf

(Fonte: Sito di Magistratura Democratica)



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Un’altra riforma costituzionale è possibile (Ceccanti Stefano)

Poco prima delle elezioni regionali, il centrodestra ha approvato in prima lettura la riforma che stravolge una buona parte della Costituzione. Gravissimi gli effetti.

L’autore, già presidente della Federazione universitari cattolici (Fuci), è docente di diritto costituzionale all’Università di Bologna.



La contrarietà alla riforma costituzionale deve essere ferma, senza mai scivolare nella propaganda: la materia è così importante che esige serietà. Per questo è doveroso dire che non sappiamo con certezza se e quanto l’approvazione da parte del Senato in campagna elettorale della riforma costituzionale sotto il diktat della Lega abbia davvero influenzato il voto regionale. È lecito nutrire qualche dubbio su questa analisi: se avesse inciso il timore per la devolution avremmo avuto cambiamenti marcati solo a Sud, ma qui invece è in tutto il paese che si è verificato un ingente spostamento, compresi la Lombardia e il Veneto, dove pure non è stato sufficiente per la vittoria elettorale del centrosinistra. Credo però che non si possa escludere che abbia giocato non tanto una preoccupazione per qualche specifico contenuto (la devolution, il premierato), quanto piuttosto la sensazione di una maggioranza arrogante, non disposta ad ascoltare su un tema che richiede consensi larghi. Il paese domanda competizione chiara su programmi alternativi, ma richiede forse anche limitate forme di consenso, almeno sulle regole della competizione stessa. Per questo è importante sottolineare una diversità di metodo ancor prima di quella di contenuto: quella riforma va bocciata in primo luogo perché riscrive per intero un impianto complessivo in modo unilaterale.



La Tesi 1 dell’Ulivo del 1996 parlava giustamente di un patto da riscrivere insieme: un messaggio che è giusto riproporre. Vi è stato senza dubbio l’errore procedurale del centrosinistra nel 2001 di approvare da solo la riforma del Titolo V, ma l’analogia è solo parziale, giacché lì la modifica era limitata. Il problema investe poi anche i contenuti. Il centrodestra presenta la riforma costituzionale in corso di approvazione come il completamento del disegno riformatore iniziato coi referendum elettorali e con la revisione del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, operata dal centrosinistra alla fine della scorsa legislatura. Se così fosse ci sarebbe da confrontarsi seriamente, perché di una riforma di tal genere la nostra Repubblica ha bisogno. La costruzione organica di un sistema che bilanci la sovranità del cittadino arbitro, che si esprime nella scelta di Governi per la legislatura, con un moderno sistema di garanzie, nonché con un compiuto federalismo solidale, sono esigenze reali, potenzialmente nel solco dei principi della Prima parte della Costituzione. È in nome di questa linea alternativa ed equilibrata di riforme concordate, non di una negazione di quelle esigenze, che la riforma del centrodestra, se esso continuerà a perseguirla, va bocciata nel referendum con un «no» chiaro e netto.



Non è il rafforzamento del premierato in sé che deve spaventare. Un rafforzamento che, peraltro, nel testo è realizzato in modo confuso e incoerente, se le minoranze estreme che oggi condizionano le coalizioni, potendo minacciare la crisi di Governo, vedono potenziato il proprio ruolo: col nuovo testo potrebbero addirittura minacciare la caduta della legislatura. A inquietare è poi, soprattutto, la paralisi del Parlamento, in cui il ruolo di un Senato irresponsabile può condurre a bloccare quasi del tutto la fabbrica delle leggi, con gravi conseguenze a catena sulla vita del paese. È quindi la riscrittura a tratti confusa del Titolo V, già non perfetto, dove per un verso vengono definiti «esclusivi» poteri regionali che per loro natura non possono esserlo, tranne poi tentare di rimediare con amplissime possibilità di strangolamento centralista (poteri sostitutivi pressoché illimitati, ripristino dell’interesse nazionale).



Questa impostazione alternativa al testo prescinde dalle legittime scelte di parte dei singoli e dei gruppi. L’appello che dobbiamo rivolgere oggi al centrodestra a fermarsi o, in caso negativo, domani a tutti i cittadini a bocciare una riforma sbagliata va di pari passo con la richiesta di riaprire una vera fase costituente per un patto condiviso.



Un’altra riforma è possibile, sfuggendo alla falsa alternativa tra un testo unilaterale e pasticciato e una negazione statica e sterile delle esigenze di riforma.



Stefano Ceccanti



Articolo pubblicato anche sul sito: www.aadp.it/modules.php?name=News&file=article&sid=134

(Fonte: www.confronti.net)



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La riforma elettorale: ritorno al proporzionale e messa in crisi del bipolarismo (Perfetti Luca R.)

Luca R. Perfetti, La riforma elettorale

Proprio sul finire della legislatura, il 13 ottobre 2005, la Camera ha approvato la Proposta di legge C. 2620, Modifiche alle norme per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, in discussione al Senato nel momento in cui scriviamo. La modifica del sistema elettorale all’approssimarsi delle elezioni politiche è già un fatto molto discutibile; la circostanza che il sistema elettorale venga trasformato in senso proporzionale, cioè opposto al sistema maggioritario indicato dagli elettori con i referendum della metà degli anni Novanta, acuisce lo sconcerto; il fatto, poi, che le modifiche siano "per opinione comune" conseguenti a valutazioni di convenienza della attuale maggioranza parlamentare, completa la problematicità del quadro. Entrando nel merito delle norme, il giurista non può non rilevare che si tratta di una disciplina disordinata e contraddittoria, spesso incurante delle disposizioni costituzionali (con le quali talora apertamente contrasta).

Aggiornamenti Sociali, 01 (2006)



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www.aggiornamentisociali.it/dossier/dossier2006cost/Perfetti_AS0601.pdf

(Fonte: Aggiornamenti Sociali, 01 (2006))



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Silvio, la voglia di spallata e il referendum (Verderami Francesco)

Articolo tratto dal sito del Corriere della Serra



Fra un mese Silvio Berlusconi vorrebbe sottoporre Romano Prodi a un altro voto di fiducia, non più nelle aule del Parlamento ma nelle urne, per il referendum sulla riforma costituzionale. E non c'è dubbio che il Cavaliere consideri l'appuntamento del 25 e 26 giugno l'ultima occasione di «dar subito la spallata» al capo del governo e al suo esecutivo.



Solo vincendo a giugno Berlusconi potrebbe ancora sperare di render breve la legislatura, di garantirsi la leadership nel Polo e la ricandidatura a palazzo Chigi. Ma la medaglia ha un rovescio che potrebbe costargli caro, perché in caso di sconfitta consentirebbe a Prodi di togliersi finalmente di dosso i panni del vincente dimezzato, di esultare come non potè il 10 aprile, e di dispiegare la strategia del «fuoco lento»: «Partiamo, iniziamo a governare, e superato lo scoglio del referendum - ha spiegato ai suoi il Professore - quelli dall'altra parte si sfilacceranno, e magari si romperanno». A «fuoco lento», con i parlamentari della Cdl demoralizzati e non più impegnati nella battaglia quotidiana in Parlamento, anche la navigazione al Senato si farebbe meno insidiosa per il premier.



(... continua ...)

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www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/05_Maggio/20/verdirami.shtml

(Fonte: Corriere della Sera)



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Appello dell'ARCI per votare NO al referendum del 25 e 26 giugno (ARCI)

Il 25 e 26 giugno saremo chiamati alle urne per il referendum confermativo delle modifiche costituzionali approvate dal Parlamento nella scorsa legislatura.



L'Arci invita i cittadini a votare NO per bocciare una riforma indecente che la destra ha voluto imporre a colpi di maggioranza, senza cercare il consenso più ampio che la rilevanza della materia avrebbe richiesto.

Quella riforma stravolge i principi della Costituzione repubblicana e gli equilibri della nostra democrazia, mette in discussione l'efficienza delle istituzioni e i valori di fondo della convivenza nazionale. Stravolge il sistema istituzionale fondato sulla rappresentanza parlamentare trasformandolo nel governo personale di un premier eletto direttamente dal popolo, che può chiedere lo scioglimento delle camere, nominare e revocare ministri senza sottoporsi alla fiducia del Parlamento: un primo ministro con poteri paragonabili addirittura a quelli di Mussolini nel 1925.

Quella riforma riduce la consistenza numerica e le competenze del Parlamento, indebolisce il ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica e della Corte Costituzionale, aumenta il controllo politico sulla magistratura.

Tutto ciò avvalora una concezione plebiscitaria della democrazia, in cui i cittadini sono solo spettatori delle decisioni assunte e la sovranità popolare si esaurisce nell'esercizio del voto che ogni cinque anni conferisce ad una sola persona il mandato irrevocabile a governare, una delega in bianco svincolata da ogni controllo.

Quella riforma rappresenta lo sfascio dell'unità del paese: lasciando alle Regioni competenze esclusive su materie essenziali, come la scuola e la sanità, frantuma l'unità dei grandi sistemi nazionali, rinnega il principio dell'universalità dei diritti e aggrava le disparità fra le varie parti del Paese, e penalizza ulteriormente il Sud.

Quella riforma colpisce a morte la coesione della comunità nazionale proponendo una società che antepone gli interessi individuali al bene comune. Rappresenta la demolizione di un sistema paese già indebolito dalla messa in discussione dei diritti del lavoro, dell'istruzione pubblica, del pluralismo dell'informazione, dell'autonomia

della magistratura, dell'equità fiscale, del principio del ripudio della guerra.

La nostra Costituzione è frutto del patto che unì le forze migliori del paese all'indomani della tragedia della guerra, ha contribuito a formare l'identità del Paese, lo ha guidato nei momenti difficili, ha coltivato una democrazia

caratterizzata dal pluralismo, dalla ricchezza della rappresentanza sociale, della partecipazione popolare, dalla cultura diffusa del bene pubblico. E' un patrimonio che dobbiamo difendere gelosamente. Deve

essere - per tutti - la base indiscutibile da cui partire per stringere un nuovo patto di cittadinanza che sappia guardare alle modificazioni dell'oggi ed affrontare le sfide del futuro.

(Fonte: ARCI)



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Contributo di Luciana Castellina in vista del referendum del 25 e 26 giugno (Castellina Luciana)

La lunga stagione elettorale che stiamo vivendo ci chiama ora per una terza volta alle urne: per il Referendum abrogativo delle modifiche introdotte dalla maggioranza berlusconiana alla Costituzione. Il 25 di giugno, fra poco più di un mese. Francamente non sono affatto sicura che tutti l'abbiano a mente. E non senza torto: a sfogliare i giornali, che pure fanno capo a forze politiche impegnate a che vinca il NO alla conferma delle modifiche costituzionali, sembra quasi che quella scadenza non esista e che con le nomine di ministri e sottosegretari del governo Prodi si sia conclusa la partita che per cinque anni ci ha opposto al peggiore governo del dopoguerra. Non basta: se anche qualcuno si ricorda che fra un po' c'è un referendum cui occorrerà partecipare, pochi sanno di cosa si tratta.

A spiegarne nel modo più semplice la sostanza aiuta un filmetto appena uscito in qualche rara sala, ma disponibile ovunque in dvd: Camicie Verdi, il nome dell'organizzazione della Lega Nord

finita in Tribunale con l'accusa di essere ‘paramilitare' e che perciò ha cambiato appellativo, non i suoi comportamenti ed intenti.

Non va visto da soli, l'orrore per questo pezzo di società italiana che esiste ma forse in molti abbiamo rimosso, potrebbe ammutolire.

E invece bisogna gridare, organizzarsi perché tutti prendano atto del rischio che ove dal referendum, per colpa della nostra distrazione, dovessero uscire ribadite le norme di quella cultura agghiacciante, a poco ci servirebbe aver mandato a casa Berlusconi.

Il film di Claudio Lazzaro, ex giornalista de Il Corriere della Sera che ha prodotto il documentario con i soldi della liquidazione ricevuta all'atto delle sue dimissioni dal quotidiano, segue la campagna elettorale di Mario Borghezio, l'uomo più popolare della Lega dopo Bossi e ‘politico di strada', come egli stesso si definisce. E le strade del Nord percorre, infatti, acclamato e abbracciato dai tantissimi che, conquistati da una furibonda ossessione razzista, lo esortano a continuare ad assediare moschee, a organizzare ronde di difesa contro gli stupratori islamici che così fanno perché glielo detta il Corano, mentre canta l'inno di Pontida: «E noi che siam padani/ abbiamo un sogno nel cuore/ bruciare il tricolore/ bruciare il tricolore…»

Con stupore ed amarezza, il 10 di maggio, pur contenti di avere vinto, ci siamo resi conto che tuttavia quasi un italiano su due aveva votato per il Polo. Facciamo in modo di non doverci sorprendere il 26 di giugno di fronte a una maggioranza che ha ormai introiettato cultura e comportamenti fascisteggianti, che quelli della Lega sono maledettamente contigui a quelli di tutta la coalizione di destra.

Luciana Castellina

Articolo pubblicato anche sul sito: www.arci.it/news.php?id=7144

(Fonte: ARCI Carrara)





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E’ possibile consultare gli Indici degli articoli del 2005 (pubblicati sul sito dell’Accademia: www.aadp.it)



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