[Consumo critico - Milano Social Forum] Fwd: [UnzaCiclO] L'a…

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Autor: andreacip
Datum:  
To: gas-bellezza, maltrainsema, consumo-critico-msf, sveglia_cittastudi, cm-milano
Betreff: [Consumo critico - Milano Social Forum] Fwd: [UnzaCiclO] L'aut@-cena, giovedi 25 maggio
_:: giovedi 25 maggio 2006 ::_

h19.30 L'AUT@-CENA
Porta una portata!*


*vegetariana!
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.: UNZA! Ciclofficina Nord – Niguarda :.
Via Bianchi d’Espinosa ang. Graziano I.
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Non far più polli
Marinella Correggia

Miliardi e miliardi di polli industriali come risposta semplice alla fame
mondiale di proteine? La mina vagante della peste aviaria sembra aver
inceppato il meccanismo di questa fonte di proteine animali a basso costo
che è stata spinta al massimo nei decenni scorsi anche dalle agenzie
internazionali, nella parallela versione degli allevamenti intensivi e dei
volatili da cortile dietro casa - spesso dietro capanna - in Asia, Africa
e America Latina. E' stato un far-west pennuto, senza leggi né a tutela
della salute umana né a minima protezione degli animali-macchine: la
stessa Europa non ha direttive «in favore» dei broilers (anche da vivi i
polli da carne sono chiamati così, cioè «da fare alla piastra»); e quelle
sulle ovaiole rimandano a tempi biblici l'eliminazione delle batterie.
Nessun veto religioso proibisce il consumo di carni avicole (pollo,
anatra, oca e altri pennuti), mentre i bovini sono interdetti agli indù e
i maiali ai musulmani. Rispetto ad altri animali, i polli, nelle razze
programmate per una crescita rapida, hanno una conversione maggiore: con 2
kg di mangime se ne ottiene uno di carne (scarti compresi). E tengono poco
spazio. Ogni anno nel mondo sono fatti nascere e morire almeno 30 miliardi
di pennuti da cortile.
Non si sa quanti di loro finora siano stati coinvolti nelle esecuzioni di
massa decise dalle autorità sanitarie per l'aviaria (solo in Egitto, 25
milioni). Quel che si sa è che i metodi usati sono in genere crudeli. In
questo stato di guerra si deroga alle regole sulla macellazione (peraltro
in vigore in pochi paesi). Animali bruciati vivi, sotterrati, chiusi in
borse di plastica: metodi dolorosissimi, peggiori dell'abituale scossa
elettrica nei macelli. L'organizzazione internazionale per la tutela degli
animali d'allevamento Compassion in World Farming (www.ciwf.orfg) denuncia
in Gran Bretagna l'approvazione di un decreto governativo d'emergenza che
autorizza a soffocare gli animali, togliendo loro la ventilazione nei
capannoni industriali. Le linee guida dell'Oie (Organizzazione mondiale
per la sicurezza animale) sui metodi di uccisione «umana» (?) a scopi di
controllo epidemiologico specificano che gli animali debbano essere fatti
morire in modo rapidissimo o essere resi incoscienti. Ma non avviene così,
visto anche il ritmo delle esecuzioni.
Del resto, sono finanziati solo i governi che stanno alle indicazioni di
chi ha stanziato i fondi per la peste aviaria (gli Usa soprattutto). E
queste prevedono misure di bonifica di stile militare come soppressioni di
massa anche di animali da cortile e in aree solo marginalmente infettate;
il tutto con compensazioni che ai piccoli produttori ad esempio africani
non arriveranno mai. Le indicazioni prevedono poi la ristrutturazione
totale del settore. Un futuro unificato di capannoni-lager con razze pure
unificate. Come denuncia l'organizzazione Grain - non animalista ma di
tutela della biodiversità in agricoltura - nel suo rapporto The top-down
global response to bird flu (di un altro aspetto del rapporto ci siamo
occupati nel terra terra del 12 maggio scorso), la Fao ha risposto alla
crisi con una svolta di 180 gradi nelle proprie politiche di produzione
avicola. Dopo aver promosso per anni gli allevamenti domestici su piccola
scala, ora li vuole eliminare e indica la via della generalizzazione dei
grandi allevamenti intensivi, dominati da poche multinazionali. Assurdo:
di febbre aviaria si ammalano soprattutto proprio i polli intensivi.
Le esecuzioni a scopo preventivo e la ristrutturazione gigantista sono uno
shock per gli innumerevoli piccoli agricoltori che la Fao ha indotto negli
anni scorsi alla «rivoluzione aviaria». Ad esempio, in Afghanistan un
programma aveva spinto decine di migliaia di famiglie a passare dalle
rustiche razze autoctone alimentate a granaglie a specie «migliorate»
gonfiate con mangimi commerciali. La generalizzazione di questo sistema
«grazie» alla peste aviaria è una manna per le compagnie internazionali
produttrici di mangimi, di polli, di vaccini. Agribusiness as usual.

Da: Il Manifesto, 16 maggio 2006