[Cm-crew] [Rete28Aprile] Rete 28 Aprile, dal Manifesto e Li…

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Autore: franco
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To: IO FASTWEB
Oggetto: [Cm-crew] [Rete28Aprile] Rete 28 Aprile, dal Manifesto e Liberazione
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From: Sergio_Bellavita.CGILER@???
To: retenews@???
Sent: Saturday, May 20, 2006 8:48 AM
Subject: [Rete28Aprile] Rete 28 Aprile, dal Manifesto e Liberazione


Non si torna indietro
Carla Casalini
Un nuovo scenario italiano che si apre con l'insediamento del governo di Romano Prodi. «La sconfitta elettorale della destra, finalmente, dà più speranze e possibilità di cambiare le cose», si augurano i firmatari, senza illusioni di manne cadute dal cielo perché è loro chiara - e per altro è stata preannunciata pubblicamente dalle stesse organizzazioni imprenditoriali e dalle istituzioni finanziarie globali - «la pressione, già iniziata, da parte delle forze conservatrici della Confindustria, del Fondo monetario internazionale, per chiedere al nuovo governo e ai sindacati di realizzare una politica di concertazione che serva ancora una volta a tenere bassi i salari e a ridimensionare i diritti». Insomma, «non si torna indietro» esplicita il no a resuscitare la concertazione, considerata «parte conclusa della storia politica e sociale del paese», e conclusa, va detto, con un bilancio negativo per bocca di più di un componente della stessa segreteria nazionale della Cgil, che fino all'altroieri - ancora imperante il governo Berlusconi - avevano affermato, che «nel decennio passato», a fronte di una crescita dei profitti, i salari erano invece inesorabilmente «arretrati». Una presa di posizione chiara, ancorché tardiva e formulata solo per via indiretta, per ammettere che quegli accordi centralizzati del '92 e del '93 avevano fatto danni, e non solo sui salari.
Oggi c'è il governo Prodi: «finalmente»; ma può incombere un tentativo di condizionamento pesante da parte del centrosinistra sul sindacato, la Cgil, perché si faccia carico della deprecabile situazione in cui «versa il paese».
Perciò, per dire no a «un nuovo patto sociale che sarebbe dannoso per il mondo del lavoro», per cambiare, «occorrerà lottare», premettono i sindacalisti della Rete, proponendo un percorso di discussione aperto a «tutti coloro che in questi anni hanno costruito esperienze avanzate di contrattazione e di democrazia sindacale».
Oggi nel documento si unisce ll'attuale lotta alla precarietà e la salvaguardia dei «beni comuni» - messa in rilievo dai movimenti no global - a parole antiche, «democrazia e indipendenza sindacale»: che si muovono in un solco lungo, tracciato molti anni fa nel sindacato, e ripercorso nel tempo da sempre nuove insorgenze di 'areee' che raccoglievano varie «sinistre» interne. Fin da quando si disse no alle precedenti componenti partitiche dentro il sindacato, per un aggregarsi che agiva i conflitti, anche interni, su temi e esperienze cresciute nei luoghi di lavoro e «autonome» dalle forze politiche.
Quelle 'aree di sinistra' - che Cisl e Uil a suo tempo inibirono - in Cgil sono state di volta in volta inglobate nelle maggioranze e 'istituzionalizzate', ma sempre ne sono risorte altre: in un movimento di marea, una sorta di antidoto contro i pericoli dello stato di cose presente che il sindacato, consapevole o no, evidentmente si cova in seno.


Cgil, la Rete 28 aprile
prova a crescere
Assemblea nazionale a Roma il 12 giugno

Andrea Milluzzi
Riparte l’attività politica, con un nuovo governo, continua l’attività sindacale di chi con questo governo dovrà confrontarsi. Stiamo parlando della rete 28 aprile, nata il 28 aprile (appunto) 2005 come “contenitore” delle diverse anime della sinistra della Cgil. La «rete per l’indipendenza e la democrazia sindacale» è stato il luogo di discussione, adesso la Rete lancia un’assemblea nazionale per «discutere e definire obiettivi e forme della continuità dell’iniziativa, al fine di sviluppare partecipazione e democrazia nella vita dell’organizzazione», come scrivono nel documento di presentazione. Appuntamento per il 12 giugno a Roma
“Democrazia” e “partecipazione”, ossia le due parole chiave delle rivendicazioni della Fiom all’ultimo congresso nazionale della Cgil, contenute anche nelle due tesi del segretario generale Gianni Rinaldini. Allora la Rete 28 aprile ha sostenuto i documenti di Rinaldini che si presentava al congresso di Rimini forte di un 15% di consensi ottenuti nei congressi di base e uscito però con una rappresentanza del 10% nel direttivo nazionale Cgil. Adesso, dopo le conclusioni del congresso «le esperienze più avanzate nella Cgil si devono confrontare per costruire obiettivi comuni». A formalizzare la nascita della Rete 28 aprile sono stati più di un anno fa cinque componenti dell’ex direttivo della Cgil: Carlo Baldini, Wilma Casavecchia, Giorgio Cremaschi, Ferruccio Danini e Jole Vaccargiu. Da allora vari nomi della sinistra del sindacato confederale hanno abbracciato questa esperienza, tanto che non è da escludere che l’assemblea nazionale del 12 serva, oltre che ridare linfa alla piattaforma della Rete, anche come tentativo di costruire una vera e propria area del sindacato che si collochi naturalmente a sinistra, magari dove una vola stava Lavoro e Società. Gli spunti di dibattito contenuti nella piattaforma (dove c’è spazio anche per il ripudio della guerra e la richiesta di ritiro di tutte le truppe all’estero) d’altronde vanno in questa direzione. Si parte dal riconoscere che «la sconfitta elettorale della destra dà più speranze e possibilità di cambiare le cose» (senza però dimenticare di citare le pressioni esercitate da subito dalle «forze conservatrici»), si arriva a rifiutare la pratica della concertazione. In mezzo c’è la fotografia dei lavoratori di oggi: precari o in via di precarizzazione; insicuri, perché «la salute e la sicurezza sono messe a rischio e la flessibilità selvaggia dà il controllo delle loro vite alle imprese» e impoveriti, perché «la precarietà riduce anche i salari». Per ovviare a questo, il sindacato deve puntare sulla «contrattazione nazionale e su una nuova forma di scala mobile», su una nuova pratica sindacale «che faccia dell’indipendenza e della democrazia gli strumenti per organizzare una nuova fase di conflitto sociale» e su una nuova iniziativa sindacale, slegata dal concetto di “governo amico”. E’ infatti lo steso Cremaschi a bacchettare Prodi al suo secondo giorno da premier: «Il programma dell’Ulivo parla di superamento della legge 30. Il Presidente del Consiglio ha parlato di revisione che è una cosa diversa. Sono parole deludenti».




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