Al Ministro dell'Economia e delle Finanze
Prof. Tommaso Padoa Schioppa
Roma 20 maggio 2006
I lavoratori del MEF hanno ricevuto, il 18 maggio 2006, il suo messaggio, un cortese augurio di buon lavoro, una stretta di mano simbolica.
Un invito, rivolto ai lavoratori, ad impegnarsi con entusiasmo, determinazione e senso del pubblico interesse, consapevoli del ruolo cruciale che si dovrà svolgere.
Un richiamo alla responsabilità collettiva nei confronti dell'Italia che trova il suo fondamento sulla responsabilità individuale, sull'operato di ciascuno di noi.
Certo, è difficile parlare di entusiasmo e motivazione.
I lavoratori del MEF, come l'intera categoria del Pubblico Impiego, da anni sembrano divenuti un "inutile fardello", un costo e non una risorsa per il Paese.
Esternalizzazioni e privatizzazione di interi settori di competenza, utilizzo massiccio di inutili consulenze esterne, sperpero di denaro pubblico con appalti, subappali e manutenzioni simboliche, politiche sul personale che ne hanno svilito le professionalità e mobbizzati nei processi produttivi, modelli organizzativi ed una organizzazione del lavoro inesistente, ricorso al precariato, negazione per qualunque prospettiva di carriera, taglio delle dotazioni organiche, abbattimento del potere d'acquisto dei salari, aumenti contrattuali inesistenti.
Di contro, a fronte di questa devastazione, i lavoratori del MEF hanno assistito, negli ultimi anni, ad una moltiplicazione dei posti dirigenziali, ad un accumulo di incarichi delle alte sfere e delle loro remunerazioni stratosferiche.
Tre Ragionieri Generali, due direttori generali, due ministri, tre portavoci del ministro ed una Scuola Superiore dell'Economia e delle Finanze, un "gioiello" nascosto che consente "promuovere" i collaboratori fidati, una sorta di cassa integrazione dorata per i più stretti manager pubblici.
In una fase di forte destrutturazione della Pubblica Amministrazione, le condizioni salariali, poi, ci parlano di un impoverimento di massa e ci spiegano che, con una velocità progressiva negli ultimi anni, è avvenuto un drenaggio stravolgente di risorse dal basso verso l'alto, una redistribuzione a favore di rendite e profitti capace di incidere sulla composizione della formazione sociale, sgranando la stessa gerarchia della società.
Il cosiddetto "carovita" è causa e, insieme, effetto dei processi di proletarizzazione dei "vecchi" ceti medi, tra cui quello del pubblico impiego.
L'impoverimento di massa è evidente ed è frutto di una politica trasversale e di manovre economiche basate su privatizzazioni, svendita del patrimonio pubblico, condoni, demolizione della previdenza pubblica, bassi rinnovi contrattuali e taglio delle tasse ai ricchi.
Ci auguriamo, inoltre, che Lei non scelga la strada, già preannunciata da alcuni membri del Governo Prodi, di rilanciare la concertazione.
Sarebbe una scelta scellerata e nefasta.
La concertazione ha prodotto danni inimmaginabili al Paese, rendendo il mondo del lavoro completamente dipendente dagli interessi di impresa.
Oggi, milioni di lavoratori, tra i quali quelli del MEF, sono alla soglia della povertà proprio grazie agli accordi di concertazione del '92 e del '93, mentre è cresciuta a dismisura la precarietà, la disoccupazione e il carovita rende inutili i rinnovi contrattuali.
Le chiediamo, quindi, di riconoscere legittimità al conflitto, da noi sempre praticato, senza criminalizzare chi lo esercita come alternativa alla concertazione e cogestione.
Signor Ministro, non La giudichiamo a priori.
La giudicheremo dai fatti, soprattutto da ciò che sarà capace di mettere in campo nei prossimi giorni.
Occorrono terapie d'urto che ridistribuiscano le risorse, pongano al centro questione sociale, salariale, previdenziale, tassino le grandi rendite, le speculazioni finanziare, introducano il reddito di cittadinanza e rilancino un intervento pubblico qualificato.
E' il momento di ritornare al ruolo pubblico in economia dove il no alla guerra, la cancellazione delle spese militari, i diritti dei lavoratori e dei pensionati, la stabilizzzione dei precari, la tutela dell'ambiente, devono diventare le coordinate politiche di un modello di sviluppo alternativo, di una economia solidale, di un welfare dei diritti.
Questa, è l'unica responsabilità collettiva ed individuale che sentiamo e il conflitto sociale che la RdB/CUB praticherà, costringerà a percorrere questa strada.
E' con questo impegno di lotta che Le inviamo, Signor Ministro, auguri di buon lavoro.
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