IRAQ LIBERO - COMITATI PER LA RESISTENZA DEL POPOLO IRACHENO
Bollettino del 12 maggio 2006
http://www.iraqiresistance.info
iraqlibero@???
Questo bollettino contiene:
1. UN POPOLO SENZA PASSAPORTO - L'Europa caccia via la democrazia palestinese
2. DOPO NASSYRIA, KABUL - La vergognosa decisione di Rifondazione Comunista
3. L'IDEA FUNESTA DEGLI ITALIANI BRAVA GENTE - Un articolo di Piero Bernocchi
4. IL MEETING ANTICAPITALISTA ED ANTIMPERIALISTA DI ATENE
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UN POPOLO SENZA PASSAPORTO
L'Europa caccia via la democrazia palestinese
Che Israele, Stati Uniti ed Europa non avessero gradito la schiacciante vittoria elettorale di Hamas in Palestina si era subito capito. La sonora sconfitta di Al Fatah, è stata in effetti un durissimo colpo per tutti i pescecani imperialisti convinti che il popolo palesinese si sarebbe piegato al ricatto: o votate per chi diciamo noi o vi prenderemo per fame.
Detto fatto. L'assedio è scattato fulmineamente, su tutti i fronti.
Quello economico, quello militare, quello politico diplomatico.
Mentre l'Occidente tagliava tutti i fondi internazionali all'ANP (causando una miseria senza precedenti per la maggioranza dei palestinesi), Israele si incaricava di inasprire la sua spietata morsa armata continuando con le incursioni nelle città arabe in cui teoricamente Israele non ha più giurisdizione, con i bombardamenti, gli omicidi mirati - solo nel mese di aprile, i militari israeliani hanno ucciso 36 palestinesi, compresi 3 bambini, arrestato altre 320 persone, tra cui anche minorenni, e ferito moltissimi altri.
Il terzo fronte dell'assedio è quello politico-diplomatico. Il governo francese, a causa degli strilli israeliani e americani, ha prima cancellato la visita del Ministro della Pianificazione di Palestina Samir Abu Eisheh, poi annullato il visto a Salah El Bardawil, portavoce di Hamas nel Consiglio Legislativo palestinese. A causa di questo voltafaccia una vasta coalizione di comitati antimperialisti europei, ha così dovuto annullare il previsto tour europeo di El Bardawil (solo la Norvegia ha violato la consegna d'ostracismo, accettando la visita del portavoce parlamentare di Hamas).
Nel frattempo la Svezia concedeva un visto Shengen ad Atef Adwan, Ministro per gli Affari dei Rifugiati (ed eletto nelle liste di Hamas), e dunque di recarsi nel paese scandinavo per svolgere una conferenza sui diritti e il futuro dei cinque milioni di rifugiati palestinesi.
La stessa coalizione antimperialista invitava dunque Atef Adwan, che ha prontamente accettato, a svolgere un tour di incontri e conferenze stampa in altri paesi dell'Unione. Immediatamente è scattata una poderosa offensiva per obbligare il governo svedese a tornare sui suoi passi e costringere Atef Adwan a tornarsene in Palestina. Atef ha quindi dovuto rinunciare a recarsi in questi paesi (tra i quali l'Italia) con la solita positiva eccezione della Norvegia. Anche questo tour europeo è stato quindi annullato, assieme a tutti i previsti incontri, con forze politiche, movimenti, comunità e rappresentanti delle istituzioni.
Prima di lasciare la Svezia Atef Adwan ha ritenuto doveroso scusarsi con tutti gli amici del popolo palestinese per l'annullamento dei suoi previsti incontri europei, invitandoli quanto prima a recarsi in Palestina.
- Mentre denunciamo la congiura ai danni della Palestina, delle sue legittime istituzioni e delle sue rappresentanze popolari;
- mentre annunciamo che una delegazione europea, accettando l'invito dei nostri fratelli, si recherà quanto prima in Palestina a portare il sostegno dell'Europa che non si inginocchia ai piedi dei sionisti e che solidarizza con la causa della liberazione totale di questo martoriato ma tenace popolo arabo;
- prendiamo atto con soddisfazione che malgrado le poderose pressioni politiche da parte di Israele e USA, il fronte imperialista dell'ostracismo si è incrinato: due paesi della fortezza europea hanno deciso di sfilarsi dell'assedio.
E' solo un primo passo.
D'altra parte, seppure mantenendo un formale rifiuto di "trattare" con Hamas, i paesi finanziatori, pur senza ottenere il ripudio dell'obbiettivo della piena e incondizionata liberazione della Palestina, hanno proprio ieri deciso di ripristinare l'erogazione dei fondi promessi e patrocinati dalle stesse Nazioni Unite.
E questo è un secondo importantissimo passo.
Israele è più debole, mentre il popolo di Palestina è più forte dopo essersi sbarazzato del suo governo corrotto e compromesso ed aver scelto i movimenti di Resistenza non più disposti ad accettare accordi bidone e inutili compromessi.
12 maggio 2006
Comitati Iraq Libero
Campo Antimperialista
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DOPO NASSYRIA, KABUL
La vergognosa decisione di Rifondazione Comunista
L'Italietta bipartisan di questo inizio secolo litiga sulle poltrone, ma non sulle spedizioni militari.
Su queste il ceto politico di centro-sinistra-destra è quanto mai unito, al servizio dello stesso padrone imperiale.
Il rito che serve a consolidare questa politica è quello delle litanie che seguono ad ogni caduto italiano, quelle ipocrite dichiarazioni che ci vorrebbero far credere che le truppe italiane sono lì, in Iraq come in Afghanistan, a portare pace ed aiuti umanitari. La realtà della guerra e dell'occupazione, i crimini perpetrati contro quei popoli, tutto ciò viene sistematicamente oscurato.
Dopo Nassyria, Kabul e non se ne può proprio più.
Ma non si tratta soltanto di ipocrisia. Essa serve a coprire una politica.
Abbiamo già visto come centrodestra ed Unione abbiamo finito per condividere lo stesso calendario per il "ritiro" delle truppe italiane dall'Iraq, quello - guarda caso - deciso ("concordato", pardon!) a Washington.
Ora è la volta dell'Afghanistan, altra "missione" da rifinanziare.
Chi si era illuso sui cambiamenti politici prodotti dal voto del 9 aprile dovrà ricredersi presto.
A chiarire le cose ci ha pensato il Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista, che domenica scorsa ha respinto un ordine del giorno presentato da Ferrando che chiedeva il ritiro delle truppe italiane dall'Afghanistan, impegnando i gruppi parlamentari a votare contro il rifinanziamento delle "missioni" in Iraq, Afghanistan, Kosovo e Bosnia.
L'odg è stato respinto non solo con i voti della maggioranza bertinottiana, ma anche con quelli dell'area dell'Ernesto e della cosiddetta "Sinistra critica", con tanti saluti alle ragioni ed agli obiettivi del Movimento contro la guerra.
Il governo Prodi non è ancora nato, ma i micidiali effetti dell'appiattimento sul programma prodiano già si vedono.
Nessuno stupore: è questo il bipolarismo, bellezza! Chi si era illuso non ha che da svegliarsi. Agli altri l'onere della lotta.
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L'IDEA FUNESTA DEGLI ITALIANI BRAVA GENTE
Un articolo di Piero Bernocchi
Dei fatti di Nassyria abbiamo già trattato nel bollettino del 1°° maggio. Proprio quel giorno è uscito questo efficacissimo articolo di Piero Bernocchi, che pubblichiamo di seguito. L'articolo, uscito su "Liberazione", ha provocato una insipida risposta del direttore del giornale, Piero Sansonetti, il quale non sapendo più cosa dire ha argomentato ad un certo punto che "nessuno può sindacare sul diritto di alcuni soldati italiani di presentarsi volontari in Iraq." Ogni commento ci pare davvero superfluo.
da Liberazione del 1° maggio
di Piero Bernocchi
La litania patriottarda dell'Italietta che va in guerra ma vorrebbe immortali i suoi guerrieri è ripartita dopo l'uccisione dei tre militari italiani a Nassiriya (del romeno se ne fregano, perché, ricorda Gigi Sullo, ne muoiono tanti nei cantieri edili). E nel coro melodrammatico le voci del centrosinistra e del centrodestra sono pressoché indistinguibili. "Tragedia nazionale di tutto un popolo", "un lutto che colpisce e unisce tutta l'Italia", "l'immenso dolore che unisce il Paese", "piangere tutti insieme i nostri soldati" sono frasi dei leaders dell'Unione che, oltre a segnare la differenza tra la tragica "serietà" bellica dell'imperialismo USA (69 soldati USA uccisi negli ultimi 20 giorni: ve lo vedete Bush che invoca la tragedia nazionale?) e il pagliaccesco militarismo nostrano, si subordinano di fatto alla scandalosa tesi della "missione di pace".
Lo stesso avvenne per la strage di carabinieri tre anni fa. Ma da allora c'è stato un enorme salto di qualità nella guerra: in media cento morti , in prevalenza civili, al giorno, lo sterminio di Fallujah, la distruzione delle moschee e la guerra civile immanente, la vistosa crescita della resistenza armata irachena con (cifre USA) circa 150 azioni al giorno. Chi può ancora fingere che le truppe italiane non siano pienamente corresponsabili di una guerra sempre più cruenta?
Perché dunque la morte dei tre militari (in guerra ci si va ad ammazzare e ad essere ammazzati) dovrebbe essere una "tragedia nazionale", provocare "un immenso dolore", se non nei familiari il cui dolore ovviamente comprendo e rispetto, e "unire tutta l'Italia", la cui maggioranza, invece, la guerra non l'ha mai voluta? Semplice "pietas"? Ma perché tale "pietas" non scatta mai per le decine di migliaia di civili massacrati in Iraq? Per i cittadini di Fallujah barbaramente sterminati con il fosforo? Per i torturati di Abu Ghraib e delle altre infami carceri Usa? Perché la morte di un italiano o "occidentale" dovrebbe pesare come un macigno e quella di migliaia di iracheni essere leggera come piuma?
A me pare che ci sia dell'altro, come già per la "prima" Nassiriya e per il mercenario italiano ucciso. Buona parte del centrosinistra asseconda l'idea funesta degli "italiani brava gente", in Iraq non a fare i guerrieri, ma a svolgere un "mestiere", scelto magari per pagare la casa, sistemare i familiari, e in definitiva con l'intento di "aiutare le popolazioni", in Iraq come in Afghanistan. Di lì ad essere resi martiri o eroi, suscitando il cordoglio nazionale, il passo è breve.
Ma, e mi dispiace dirlo dopo - addirittura - Cossiga, "essi, a differenza dei resistenti iracheni, non sono né martiri né eroi, perché non la morte, ma la causa, fa degli uomini martiri ed eroi"; e perché "le nostre sono truppe di occupazione e invasione che hanno ucciso numerosi resistenti iracheni che difendevano l'indipendenza del loro paese".
Già, la resistenza irachena, tabù anche per i leader del centrosinistra che pure stavolta ripetono la giaculatoria del "terrorismo", mentre tutta la stampa internazionale, USA in primis, parla di "insorti", "resistenti", "guerriglieri, "combattenti" ecc.Anche un azione bellica, certo spietata come sempre in guerra, che uccide tre militari delle forze di occupazione (non i pacifici turisti del Mar Rosso), è terrorismo? Ci si rende conto della gravità ideologica e politica di questo disconoscimento del diritto alla resistenza, sanzionato nei secoli dall'umanità?
Tutto quanto ho scritto qui, è quasi ovvietà fuori dai sempre più soffocanti confini italici. Ma da noi oramai fa scandalo, come ogni frase, slogan, scritta sui muri, e persino fischio "non allineato". E non sto parlando del "10, 100, 1000 Nassiriya", sul quale negli ultimi giorni sono stato ossessionato da giornalisti sempre più carnefici/vittime di un meccanismo massmediatico micidiale. Quello è uno slogan dannoso, è sbagliato esaltare stragi (anche se, nella logica della resistenza irachena, legittime come azioni di guerra). Ma il processo "ai violenti" si allarga a tutto: bruciare una bandiera (errore, perché scarica su un intero popolo le responsabilità dei governi), gridare uno slogan, una scritta sui muri, e persino fischiare una Letizia Moratti sono atti considerati ben più gravi che buttare il fosforo a Fallujah, massacrare migliaia di civili, torturare e rapire resistenti.
Si vuole stroncare, chiedendo la complicità al centrosinistra, qualsiasi pensiero "non conforme " e "non allineato": si vuole imporre che la guerra si chiami pace, la sopraffazione giustizia, il dominio libertà. E chi non ci stà, come mi hanno urlato in TV Buttiglione e Magdi Allam, o in galera o isolato dal consesso umano come lebbroso moderno. E' strano se in tale contesto avanzo dubbi sulla volontà della maggioranza del centrosinistra di ritirare subito TUTTE le truppe, senza sostituirle con presunti "ricostruttori" (ma de che?), e se, conseguentemente, invito il movimento anti-guerra a prevedere il miglior utilizzo, di massa e unitario, delle due imminenti scadenze del 2 giugno, parata del bellicismo italico, e del voto alle Camere per il rinnovo del finanziamento delle missioni militari, ivi compresa quella afgana, non più accettabile di quella irachena?
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IL MEETING ANTICAPITALISTA ED ANTIMPERIALISTA DI ATENE
Dal 4 al 7 maggio si è tenuto ad Atene il meeting internazionale anticapitalista ed antimperialista.
All'incontro, che si è svolto in parallelo al Social Forum europeo, hanno partecipato decine di organizzazioni di ogni parte del mondo.
Dall'Italia erano presenti delegazioni del Campo Antimperialista, di Iraq Libero, di Progetto Comunista e dello Slai Cobas.
Ad Atene, in continuità con la positiva esperienza di Mumbai Resistence del 2004, è stato rimesso al centro dell'analisi l'elemento oggi decisivo: la resistenza che i popoli oppressi oppongono al progetto di dominio planetario dell'imperialismo.
E' su questo dato oggettivo, confortato dalla tenuta della Resistenza irachena, dall'esito delle elezioni in Palestina, dal rafforzarsi dello schieramento antimperialista in America Latina, che si fonda una prospettiva di iniziativa e di lotta alternativa agli impastoiamenti moderati del Social Forum. Ed è proprio l'autonomia politica degli antimperialisti che può spingere su posizioni più avanzate i settori più coscienti dell'intero movimento contro la guerra e la globalizzazione.
Il meeting di Atene ha dunque avuto successo, grazie ad una partecipazione numericamente consistente e politicamente qualificata.
In decine di incontri sono stati toccati i temi del razzismo, dell'immigrazione, dell'attacco ai diritti democratici ed a quelli dei lavoratori, delle lotte in Francia, delle prospettive del movimento operaio e della sinistra nel ventunesimo secolo, della situazione in Iraq, in America Latina, in Russia e nei Balcani, tanto per limitarsi alle questioni principali
Ognuna di queste occasioni di dibattito ha visto la presenza attenta di una forte componente giovanile.
Da Atene escono alcune indicazioni di lavoro, come il rilancio della mobilitazione a fianco della Resistenza irachena (realizzazione della Conferenza Internazionale, eccetera) e quella per la fine dell'embargo imposto dall'Europa nei confronti del governo palestinese democraticamente eletto nel gennaio scorso.
La situazione in Medio Oriente, le minacce di aggressione contro l'Iran, lo svilupparsi della resistenza anti-USA in America Latina sono i dati che caratterizzano questa fase della lotta anticapitalista ed antimperialista.
Ad Atene tutti questi elementi sono stati messi in rapporto con la situazione europea, che se da un lato vede accrescersi l'egemonia americana, dall'altra comincia a produrre significativi momenti di resistenza (il no di Francia ed Olanda alla costituzione europea, la rivolta delle banlieus, il movimento contro la precarizzazione del lavoro in Francia).
Il percorso per trovare una sintesi adeguata sarà certamente lungo, ma anche dal dibattito svoltosi ad Atene traiamo la convinzione della necessità della costruzione del Fronte internazionale antimperialista, come proposto dal presidente venezuelano Hugo Chavez.
Per gli antimperialisti sarà questa la vera sfida dei prossimi anni.