[NuovoLab] rassegna stampa atene (2)

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Szerző: brunoa01
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Tárgy: [NuovoLab] rassegna stampa atene (2)
il manifesto 7 maggio 2006

Social Forum
La nuova Europa contro la guerra
La novità I ragazzi della generazione post-sovietica sono arrivati in massa ad Atene e si sono uniti ai loro coetanei occidentali
Luciana Castellina
Dei lavori del Forum gli ateniesi, salvo i più giovani, non si erano accorti troppo nei giorni scorsi, anche perché si sono svolti nel vecchio aeroporto, ai margini della città. Ma per la manifestazione finale contro la guerra che ha percorso sabato pomeriggio la città con un corteo infinito sono usciti di casa e hanno riempito le strade di vecchi e bambini, proletari e borghesi. Come accade nelle grandi manifestazioni popolari. Perché una cosa della politica si conferma realmente popolare e capace di unire la pur spezzettatissima sinistra greca e l'ancor più variegato arcipelago delle forze laiche e religiose che in Europa, anziché di tasse, si occupano del bene comune: il no alla guerra.
Un no deciso, rinnovato ogni giorno, perché ogni giorno porta altri lutti e altre minacce. Ora quella nuova, di cui infatti molto si è discusso nel Forum e che ha poi ispirato una quantità di striscioni del corteo: l'estensione del conflitto all'Iran in nome della pretesa di chi ha le armi e non intende né rinunciarvi e nemmeno ridurle - così violando il trattato di non proliferazione - di proibirle con la forza a chiunque altro, un'arroganza che induce una spirale mortale, pericolosissima. In Grecia, scottata dai fascismi spalleggiati dall'ambasciata Usa, le guerre americane piacciono ancor meno che altrove, a tutte le forze politiche. La cosa più nuova di questo quarto Forum sociale europeo è che alla protesta pacifista del nord e del sud del continente si è ora aggiunta quella di un altro pezzo d'Europa, a Firenze, e poi a Parigi e a Londra, presente solo attraverso una sparuta rappresentanza: quella dei nuovi paesi dell'Unione, e soprattutto dei paesi ancor più a est, fino alla Russia. Sono arrivati in centinaia, sacco a pelo in spalla, inalberando sigle bizzarre, ma con slogan molto analoghi a quelli degli altri ragazzi veterani di queste dimostrazioni. È la generazione post-postsovietica, che nemmeno del drammatico passaggio del 1991, quando l'Urss crollò, ha ricordo. Si mischia con i coetanei occidentali e con una moltitudine di balcanici e di turchi, altra novità del Forum e della manifestazione. Una novità preziosa per il fronte pacifista che per ora aveva avuto assai poca eco in quella parte del mondo. Fa bene guardare alla guerra e alla pace assieme a gente diversa, fa scoprire che le vittime, dirette e indirette, sono tante di più di quelle di cui ci parlano i nostri telegiornali, fa prendere coscienza che le catastrofi prodotte dagli interventi umanitari in Afghanistan, in Iraq, nel Kosovo hanno impatto più acuto per chi con quei paesi confina o nel conflitto è stato direttamente coinvolto. L'Europa arriva a quelle frontiere, l'altra Europa che qui si rivendica deve fare i conti con queste dimensioni, e fa male pensare a quanto piccola sia la riflessione sulla pace e la guerra che alimenta il dibattito delle forze politiche dell'Europa occidentale e italiana. Stupisce che i grandi partiti della sinistra europea, che pure hanno una tradizione di lotta per la pace assai forte, siano diventati così silenziosi e anzi reticenti pur nel momento in cui i disastri prodotti dalla guerra sono così evidenti e anzi altri se ne stiano preparando. Vista da qui, dove un campione così significativo dell'Europa di oggi è accomunato dal rifiuto del medievale strumento della guerra, fa ancor più male pensare che in Italia si discuta ancora sulle date e sulle tecniche del ritiro delle nostre missioni militari, senza vedere che quel che occorre è un gesto immediato di rottura con la politica che a questo ci ha portati: quella di Washington ma anche quella di Bruxelles.

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Bollettino di guerra di una manifestazione che aveva come obiettivo la pace: il segretario della Fiom Gianni Rinaldini che per contrastare un gruppo di black bloc riceve in cambio uno schiaffo, due militanti dei Cobas colpiti e un greco in ospedale, ferito seriamente dopo una colluttazione con le tute nere, un poliziotto coinvolto nell'incendio della sua auto, ma le cui condizioni non sembrano così gravi come in un primo momento. E poi il paradosso di Heidi Giuliani che sfila con il forum e definisce «delinquenti» quelli che hanno spaccato le teste ad altri manifestanti e un «duro» che ribatte a chi lo apostrofa come fascista «allora era fascista anche Carlo Giuliani?»
Gli scontri proseguono fino alla piazza del Parlamento, dove gli anarchici attaccano un pullman della polizia e un McDonald's, poi ripiegare verso il Politecnico. La polizia, ottomila agenti schierati lungo tutto il percorso e davanti agli obiettivi «sensibili», per fortuna si contiene; cariche di puro alleggerimento, e il corteo riesce ad arrivare a destinazione. Il bilancio finale parla di 12 arresti, i fermati forse di più. Dopo il corteo, gli organizzatori hanno convocato un'assemblea d'urgenza nell'ex aeroporto di Hellinikon per discutere l'accaduto e della frana organizzativa che ha stravolto la manifestazione.

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Forum di Atene Una manifestazione «violenta» di pace
Tanti piccoli scontri per oscurare il corteo
Black bloc scatenati fin dall'inizio e totale incapacità degli organizzatori di controllare la situazione. Scaramucce anche tra manifestanti organizzati e «tute nere» Ottomila poliziotti in divisa e molti in borghese. Anzi: in «black». Minacce ai fotografi che tentano di riprendere le scene in cui infiltrati e agenti si allontanano sotto braccio alla fine degli scontri. Manifestanti italiani di Cobas e Fiom leggermente contusi. Più grave un militante greco picchiato dai «neri», un agente di polizia ferito
Angelo Mastrandrea
Inviato ad Atene
Di cosa parlare. Di un'Europa festante e combattiva che scende in piazza contro la guerra e abbatte ogni frontiera a est e con la Turchia, o di una minoranza, cospicua ma pur sempre minoranza, che spacca in due il corteo e lo costringe a sfilare tra odor di lacrimogeni, fiamme e cariche della polizia? Della bella immagine di greci, turchi e kurdi che rifiutano ogni divisione etnica e odio nazionalistico e sfilano insieme per un'Europa sociale e senza guerre o della molotov lanciata in un'auto della polizia che va in fiamme con l'agente all'interno? Di 60 mila persone che davanti all'ambasciata americana di Atene urlano «hands off Iran», «Giù le mani dall'Iran», nel giorno in cui i morti americani (e quello prima italiani) in Afghanistan e quelli inglesi in Iraq ricordano al mondo che il motore della guerra permanente continua ad andare a pieni giri, o delle botte tra manifestanti del social forum e black bloc, con questi ultimi che hanno la meglio?
Entrambe le cose sono vere, ma è un fatto che per la prima volta da quattro anni a questa parte il corteo del social forum europeo somiglia più alle giornate di Genova che alle adunate pacifiste. E che a dare la cifra politica della giornata non sono slogan e striscioni contro la guerra ma il fatto che non si è riusciti a impedire che un migliaio di anarchici e autonomi, con una strategia con tutta evidenza accuratamente preparata, riuscisse ad arrivare incontrastata alla testa del corteo. Accade dopo appena un quarto d'ora e pochi metri di sfilata, costringendo gli organizzatori a un primo stop mentre viene assaltata una sede della Citibank, la polizia tira lacrimogeni e vola qualche molotov.
Da lì in poi sarà un continuo stop and go, con gli organizzatori più volte tentati dal fermare tutto e il corteo spaccato a metà, con la seconda parte che quasi non si accorgerà di quanto sta accadendo se non fosse per il tanfo dei lacrimogeni. Un vero e proprio disastro organizzativo, causato anche dalla mancanza di comunicazione tra il forum ufficiale e i tanti appuntamenti paralleli, a partire da quello degli anarchici al Politecnico. Un problema politico serio con cui il movimento non può non fare i conti, anche se quanto accaduto ha molto a che fare con gli screzi tra i greci più che con quelli tra gli europei.
Va avanti così per qualche ora. Tute nere che a piccoli gruppi colpiscono per poi tentare di rientrare, il corteo che in più di una occasione si ribella e prova a buttarli fuori; battibecchi, botte e bandiere rubate e portate come trofei (visto un black bloc portarsi via la bandiera dell'italiano Sincobas), le sassaiole davanti all'ambasciata americana e alla sede della polizia a cui invece partecipano in tanti; agenti infiltrati in «black» che al termine del corteo vediamo insieme ai poliziotti con caschi e scudi e che minacciano quando li si prova a fotografare a braccetto con gli agenti. E ancora: il segretario della Fiom Gianni Rinaldini che lascia lo striscione di apertura per scagliarsi contro un gruppo di black bloc, ricevendone in cambio anche uno schiaffo, due militanti dei Cobas feriti e un greco in ospedale dopo una colluttazione con le tute nere, il paradosso di Heidi Giuliani che sfila con il forum e definisce «delinquenti» quelli che hanno spaccato le teste ad altri manifestanti e un «duro» che ribatte a chi lo apostrofa come fascista «allora era fascista anche Carlo Giuliani?»
Gli scontri proseguono fino alla piazza del Parlamento, dove gli anarchici attaccano un pullman della polizia e un McDonald's, poi ripiegare verso il Politecnico. La polizia, ottomila agenti schierati lungo tutto il percorso e davanti agli obiettivi «sensibili», per fortuna si contiene; cariche di puro alleggerimento, danni tutto sommato limitati e il corteo riesce ad arrivare a destinazione. Un esempio di come si sarebbe potuto gestire anche il G8 di Genova nel 2001. Il bilancio finale parla di 12 arresti, i fermati forse di più; l'unico ferito seriamente è il militante greco picchiato dai «neri», mentre più lievi sarebbero i danni per il poliziotto che era nell'auto incendiata. Dopo il corteo gli organizzatori hanno convocato un'assemblea d'urgenza nell'ex aeroporto di Hellinikon per discutere l'accaduto e della frana organizzativa che ha stravolto la manifestazione.
In mattinata, gli stessi anarchici avevano sfilato, questa volta tranquillamente, per le vie del centro di Atene, proprio sotto l'Acropoli, in un proprio corteo. Poi l'attenzione si è spostata sul corteo principale, dove sono confluiti gli altri mini-cortei partiti dai diversi concentramenti. Striscioni «vogliamo posti di lavoro e non bombe», cartelli contro George W. Bush «il terrorista numero uno», e il no alla guerra come elemento unificante.
Tra le assenze di rilievo, di spicco quella del forte partito comunista greco, rimasto volontariamente fuori dal forum. Tra le positive novità, invece, la massiccia presenza di turchi, seguiti da un paio di migliaia di italiani, e quella, meno evidente, dei movimenti dell'est. E' l' «Europa dei movimenti» che allarga le frontiere ancora prima di quella istituzionale. Bello vederla sfilare come un unico popolo, tutti mescolati, i turchi con gli spagnoli, i danesi che portano una scultura che rappresenta il nord ricco del mondo che poggia sulle spalle del sud povero e i francesi, i polacchi con i tedeschi. Dopo le tribolazioni di ieri, oggi chiude la quarta edizione di un forum che dimostra di conservare una grande capacità attrattiva, e il movimento dovrebbe darsi appuntamento a Bruxelles per la quinta edizione. Ma prima tornerà a scendere in piazza ancora una volta contro la guerra, con un occhio rivolto all'Iraq e l'altro all'Iran.
    
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liberazione 7 maggi o2006
Un a bellissima e grande manifestazione funestata dall’arrivo di “anarchici”. «Chi spacca la testa di un altro non è un anarchico, è un delinquente», dice Haidi Giuliani.    
Atene, il corteo spezzato dalle tute nere    
Checchino Antonini
Atene nostro inviato
Nahla, si chiama Nahla. Metà irachena, metà libanese. Da dieci anni in Francia dove è attiva nel movimento contro la guerra e nella cooperazione con la società civile palestinese. Non so altro di lei se non che reggeva lo striscione che apriva il corteo di ieri ad Atene a fianco di ungheresi, greci, francesi e tanti italiani. Doveva essere la manifestazione più lunga e partecipata mai vista nella capitale greca. La sera prima Dimitr ios Tubas, caporedattore esteri dell’“Avglia”, “L’Alba”, quotidiano vicino al Synaspismos, sezione in Grecia della Sinistra europea, aveva pronosticato 15mila persone. Invece sull’Alexandras avenue, vialone immenso a nord della città, c’erano almeno 80mila persone, stime della polizia. Contadini turchi e metalmeccanici tedeschi, studenti romani e francesi, giovani comunisti di almeno 11 partiti locali e di chissà quanti altri sparsi nel vecchio continente, e curdi, belgi, ecologisti, sindacalisti che, con buon anticipo sui tempi previsti, dispiegavano striscioni e avvicendavano uno dopo l’altro gli spezzoni della manifestazione contro la guerra globale, tradizionale chiusura del Forum sociale europeo. Da Firenze in poi è sempre stato così. Firenze appunto, non Genova. Ma i blac bloc che spuntano all’improvviso nella carreggiata accanto a quella occupata dalla fiumana rimandano a tutt’altro genere di suggestione. Stavolta non sono, come in Italia, l’invenzione di un pm genovese, romano o bolognese. 


Chissà se Nahla avrà avuto paura quando è scoppiato il cassonetto nel quale era stata calata la molotov. Subito dopo va in frantumi la vetrina della Citibank. Stridula, a lungo, suonerà la sirena della banca mentre le tute nere cercano di rifugiarsi nel corteo. Ma li stoppa il cordone dei collettivi romani della Sapienza e di altri collettivi di precari. Al bloc non resta che ritirarsi dietro una scia di fuochi fatui di molotov che si incendiano con un tonfo sordo. Il corteo è spezzato. Non si sente più uno slogan. Solo la sirena e le bestemmie in tutte le lingue di chi non riesce ad aprire gli occhi per i lacrimogeni. Il vento peggiora la situazione perché trasporta il pulviscolo velenoso anche lontano dal luogo degli scontri. Provo a concentrarmi sul corteo “buono”. C’è un gruppo greco che ha fatto un cartellone utilizzando Gasparazzo, storico personaggio di una striscia a fumetti che pubblicava Lotta Continua, il suo autore morì giovanissimo correndo in autostrada per portare quel giornale in Veneto.

Ma le tute nere vincono perché rubano l’attenzione di tutti. Sono 200, uno più uno meno. Facce già viste nel corteo degli anarchici del mattino, partiti in 3-400 da Monasteraki, piazzetta incastonata sotto l’Acropoli. Hanno marciato svelti, tra due ali di agenti in assetto antisommossa gridando parole dure che stampavano sui passanti sguardi spaventati. Poi si sono asserragliati nell’Università, Panepistimiou. Lì, secondo la Costituzione la polizia non può mettere piede. Così sono arrivati “bardati” nel vialone del corteo del Fse, colpevole, ai loro occhi, di aver preso soldi governativi per finanziare la tre giorni del Fse nel vecchio aeroporto di Hellinikon. Girano in piccoli gruppi con bandiere e cartelli trafugati ad altri gruppi. Sotto nascondono fionde, bocce, tondini di ferro. La polizia sotto il tribunale e altri punti sensibili incassa immobile le pietrate. Un italiano crede di essere su Marte. All’angolo del palazzo di giustizia tre tute nere scovano un’auto della polizia, uno apre lo sportello e getta una molotov accesa nel grembo dell’agente accanto al posto di guida. Poi va in fiamme la vettura. Dal corteo del Fse arriva qualche applauso ironico. Il corteo si ricompatta e si prepara a girare per Vassillis Sofias, lo stradone delle ambasciate, dell’Hilton e di un sacco di ospedali. è al bivio che si consuma uno scontro di black con la testa del corteo. Nel parapiglia si riconoscono celebri sindacalsti italiani, confederali e di base. Hanno sudato per la riuscita del forum e ora lo difendono. Un cobas siciliano si becca due calci in faccia per difendere la bandiera No Ponte che farebbe comodo a chi volesse mimetizzarsi nel corteo. Gli attaccanti portano l’assalto gridando «Comunisti di merda, Brigate rosse» in un italiano stentato. In testa, si prova un minimo di servizio d’ordine con molte donne a fronteggiare eventuali attacchi. I lanci di gas dalle traverse spezzano ripetutamente il corteo. Il grosso di tute nere si ferma di fronte all’ambasciata Usa più che blindata. Ancora la scena di pietrate e sberleffi agli agenti immobili che si limitano a filmare e schivare. Volano bastoni e pezzi di lastre divelte dal pavè di un parco, il Megaro Mourikis, non distante dall’ambasciata. Le tute nere mimano la loro grottesca rivolta rivolgendo botte e minacce anche agli attivisti del Fse. Continuano a volare schiaffi. Un anziano italiano finirà in barella con la testa rotta da uno dei ceffi che voleva dileguarsi nel corteo dopo l’"eroico" assalto all’ambasciata. Parte una carica di alleggerimento e la scena si ricompone di fronte all’Hilton presidiato da agenti bersagliati. E poi stesso copione di fronte alla sede diplomatica inglese e guardiole infrante anche nell’equivalente francese all’angolo, quasi, con Piazza Syntagma, capolinea del corteo e sede del parlamento ellenico. Qui lo show finale a base di molotov e fuochi di cestini della spazzatura. Il black si dilegua verso i vicoli della Plaka distruggendo la vetrina di un McDonald. Vallo a spiegare alle commesse terrorizzate che le volevano liberare dal giogo della multinazionale. La loro iperflessibilità non sarà neppure scalfita dall’energia sprigionata, «good energy», dice proprio così una specie di “capa” degli anarchici. «Succede ogni volta, sono due gruppi che cambiano nome ma restano gli stessi», spiega Vangelis, giovane leader di Kokkino (Rosso), partito greco legato alla IV Internazionale. «Chi spacca la testa di un altro non è un anarchico, è un delinquente», dice Haidi Giuliani.

L’altra metà del corteo non si accorgerà quasi di nulla. A vederla arrivare in piazza Syntagma, per un attimo, sembra di vedere la manifestazione che avevamo immaginato. La più grande che mai sia passata ad Atene. La più varia con il camion della “Total freedom street parade” che spara techno, e i gruppi della Quarta Internazionale, i contadini di Altyragricoltura, il blocco dei maoisti - pressoché impenetrabile. L’imponente spezzone del Synaspismos che ospita la Sinistra europea e le statue di rame che un gruppo danese ha voluto portarsi dal forum. è una sorta di marcia degli affamati, quella delle statue, dei popoli del Sud del mondo su cui pesa l’opulenza del Nord che pretende anche di dire loro ciò che è giusto e ciò che non lo è.

Bilancio: 12 tute nere arrestate, un agente ustionato, un paio di manifestanti feriti, quello in ospedale qualche vetrina distrutta.

Intanto al vecchio aeroporto si discute della manifestazione e si prepara l’assemblea dei movimenti sociali dell’indomani. è un bilancio difficile: qual è stato il vero corteo? Quello delle tute nere o quello di Nahla e di centomila come lei?


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