[NuovoLab] Trent'anni da figli delle nuvole

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EDOARDO GALEANO da "il manifesto" del 04/05/06


Il muro di Berlino era la notizia quotidiana. Dalla mattina alla sera leggevamo,
vedevamo, ascoltavamo: il Muro della Vergogna, il Muro dell'Infamia, la Cortina
di Ferro... Finalmente, quel muro, che meritava di cadere, cadde. Ma altri
muri sono spuntati, continuano a spuntare, nel mondo, e anche se sono molto
più grandi di quello di Berlino, di loro si parla poco o nulla. Si parla
poco del muro che gli Stati uniti stanno costruendo sulla frontiera messicana,
e si parla poco delle recinzioni di filo spinato di Ceuta e Melilla.
Non si parla quasi mai del Muro della Cisgior-dania, che perpetua l'occupazione
israeliana delle terre palestinesi e che da qui a poco sarà quindici volte
più lungo del Muro di Berlino. E mai, proprio mai, si parla del Muro del
Marocco, che da vent'anni perpetua l'occupazione marocchina del Sahara occidentale.
Questo muro, minato da un estremo all'altro e da un estremo all'altro vigilato
da migliaia di soldati, misura sessanta volte il Muro di Berlino Perché mai
ci saranno dei muri così altisonanti e dei muri così muti? Sarà forse per
i muri della incomunicabilità, che i mezzi di comunicazione di massa costruiscono
ogni giorno?
***
Nel luglio 2004 la Corte internazionale di giustizia dell'Aja sentenziò che
il Muro della Ci-sgiordania violava il diritto internazionale e ordinò che
venisse abbattuto. Finora Israele ha fatto finta di nulla. Nell'ottobre 1975
la stessa Corte si era pronunziata: «Non si evince l'esistenza di alcun vincolo
di sovranità fra il Sahara occidentale e il Marocco». Non è sufficiente dire
che il Maroccoifece orecchie da mercante. Ancor peggio: il giorno dopo questa
risoluzione, fece partire l'invasione, la cosiddetta Marcia verde, e poco
dopo s'impadronì di quei vasti tenitori altrui mettendoli a ferro e fuoco,
e scacciò gran parte della popola-
zione.E là rimane.
***
Mille e una risoluzioni delle Nazioni unite hanno confermato il diritto all'autodeterminazione
del popolo saharawi. A cosa sono servite quelle risoluzioni? Si sareb-

be dovuto fare un referendum affinchè la popolazione decidesse il suo destino
Per assicurare la vittoria, il monarca del Marocco riempì di marocchini il
territorio invaso, ma poco tempo dopo neppure i marocchini furono degni della
sua fiducia. E il re, che aveva detto di sì, disse che magari chissà. E poi
disse di no, e adesso anche suo figlio, erede al trono, dice di no.
La negazione equivale a una confessione. Negando il diritto al voto, il Marocco
confessa di aver rubato un paese.
Continueremo ad accettarlo come se niente fosse? Accettando che nella democrazia
universale noi sudditi possiamo solo esercitare il diritto all?obbedienza?
A che cosa sono servite le mille e una risoluzioni delle Nazioni unite contro
l'occupazione israeliana dei tenitori palestinesi? E le mille e una risoluzioni
contro l'embargo di Cuba?
Il vecchio detto insegna: L'ipocrisia è il dazioche il vizio paga alla virtù.
***
II patriottismo, oggi come oggi, è un privilegio delle nazioni dominanti.
Quando lo praticano le nazioni dominate, il patriottismo è in odore di populismo
o di terrorismo, o più semplicemente non merita la minima attenzione.
I patrioti sahariani, che da trent'anni lottano per recuperare il loro posto
nel mondo, sono riusciti ad ottenere il riconoscimento diplomatico di ottantadue
paesi, fra cui il mio, l'Uruguay, che di recente si è sommato alla grande
maggioranza dei paesi latinoamericani e africani.
Ma l'Europa no. Nessun paese europeo ha riconosciuto la Repubblica Saharawi.
La Spagna nemmeno. Questo è un grave caso di irresponsabilità, o forse di
amnesia, o almeno di disamore. Fino a trent'anni fa il Sahara era
una colonia spagnola e la Spagna aveva il dovere legale e morale di proteggere
la sua indipendenza.
Che cosa aveva lasciato là il dominio imperiale? In un secolo, quanti universitari
aveva formato? Tre in totale: un medico, un avvocato e un tecnico mercantile.
Questo aveva lasciato, insieme a un tradimento. La Spagna aveva servito sul
piatto d'argento quella terra e quelle popolazioni affinchè fossero divorate
dal regno del Marocco.
Da allora, il Sahara è l'ultima colonia dell'Africa. Gli hanno usurpato l'indipendenza.

***
Perché mai gli occhi si rifiutano di vedere ciò che è sotto gli occhi di
tutti? Sarà forse perché i saharawi sono stati una moneta di scambio, offerta
da imprese e paesi che comprano al Marocco ciò che il Marocco vende anche
se non è suo? Un paio di anni fa, Javier Corcuera intervistò,
in un ospedale di Bagdad, una vittima dei bombardamenti contro l'Iraq. Una
bomba le aveva spappolato un braccio, e lei che aveva otto anni e aveva subito
undici operazioni, disse: Magari non avessimo il petrolio. Forse il popolo
del Sahara è colpevole perché nelle sue lunghe coste risiede il maggior tesoro
ittico dell'oceano Atlantico e perché sotto le immensità sabbiose, che sembrano
così vuote, giace la maggior riserva mondiale di fosfati e forse anche ai
petrolio, gas e uranio. Nel Corano ci potrebbe essere, anche se non c'è,
questa profezia: Le ricchezze naturali saranno la maledizione delle genti

Gli accampamenti dei rifugiati nel sud dell'Algeria sono nel deserto dei
deserti. È un nulla vastissimo, circondato di nulla, dove crescono solo le
pietre. E tuttavia in quelle zone aride, e nelle zone liberate che non sono
un granché meglio, i saharawi sono stati capaci di creare la società più
aperta, e la meno machista, di tutto il mondo musulmano. Questo miracolo
dei saharawi, che sono molto poveri e molto pochi, non si spiega grazie alla
loro ostinata volontà di essere liberi, cosa che è certamente superflua in
quei luoghi dove manca tutto: si spiega anche, in grande mi- sura, grazie
alla solidarietà internazionale. E la maggior parte dell'aiuto proviene dalla
popolazione spagnola. La sua energia solidale, memoria e fonte di dignità,
è molto più potente dei governi altalenanti e dei meschini calcoli delle
imprese.
Dico solidarietà, non carità. La carità umilia. Non si sbaglia il proverbio
africano che dice: La mano che riceve è sempre sotto la mano che
da.
*«*
I saharawi aspettano. Sono condannati alla pena dell'angoscia perpetua e
della nostalgia perpetua. Gli accampamenti dei rifugiati portano i nomi delle
città sequestrate, i loro perduti luoghi d'incontro, i loro affetti: El Aaiùn
Smara...
Loro si chiamano figli delle nuvole, perché da sempre inseguono la pioggia.
Da più di trent'anni inseguono, per giunta, la giustizia, che nel mondo del
nostro tempo sembra più schiva dell'acqua nel deserto.

©Ips traduzione di Marcella Trambaioli


Ugo Beiso