L´ambiente dimenticato.
Tra i danni prodotti al bilancio statale e i guasti inferti all´ambiente in
questi cinque anni di centrodestra, è difficile stabilire quali siano i più
gravi. Non solo perché in molti casi i rispettivi effetti si intrecciano.
Quanto per il fatto che l´impatto ambientale è destinato a scoppiare nel
tempo come una bomba a orologeria, sia in rapporto al territorio sia sul
piano economico-finanziario, se i provvedimenti adottati nella scorsa
legislatura non verranno tempestivamente fermati e corretti.
Stiamo parlando, innanzitutto, della controversa Legge Obiettivo con cui il
governo Berlusconi si proponeva (giustamente) di accelerare gli iter
autorizzativi per i lavori pubblici e di mettere al riparo i progetti
attuativi dall´usuale contenzioso con le imprese realizzatrici. Ma che poi
s´è rivelata un "libro dei sogni", o forse sarebbe meglio dire delle
illusioni, con uno sterminato elenco di 228 opere definite "strategiche" per
un investimento complessivo di 173 miliardi (196 secondo la Corte dei Conti,
264 secondo i calcoli dell´Ufficio studi della Camera), di cui soltanto una
minima parte effettivamente stanziati. E in secondo luogo, parliamo di
quella legge delega ambientale - varata in extremis alla vigilia delle
elezioni - che costituisce un attentato alla natura, al paesaggio e quindi
alla salute dei cittadini.
Per difendere contestualmente l´ambiente e il bilancio statale, dunque, il
futuro governo di centrosinistra dovrà compiere una rapida inversione di
marcia, nella speranza almeno di limitare i danni. Dovrà, insomma,
abbandonare La cattiva strada a cui il Wwf Italia (che ieri ha festeggiato i
40 anni di attività) dedica ora un rapporto così intitolato, in cui analizza
la Legge Obiettivo capitolo per capitolo, dal Ponte sullo Stretto alla Tav.
Il volume dell´associazione ambientalista, curato da un gruppo di lavoro
eterogeneo per competenze e qualificazioni, detta anche un Decalogo per
superare la devastante politica territoriale del centrodestra.
Il "primo comandamento" recita: "Tornare alla legge Merloni". Approvato nel
´94 sotto il governo Ciampi, successivamente integrato e aggiornato, il
provvedimento portava il nome dell´ex ministro dei Lavori pubblici e
disciplinava in modo rigoroso e trasparente la delicata materia degli
appalti. In linea con le critiche mosse alla nuova normativa anche da
ambienti confindustriali per l´eccessiva liberalizzazione della trattativa
privata, si propone adesso di ridurre il margine troppo ampio concesso alla
negoziazione tra soggetti pubblici e soggetti privati su qualsiasi piano o
progetto.
Quanto alla procedura di Via (Valutazione di impatto ambientale), modificata
e per così dire allentata dal centrodestra, l´esigenza prioritaria è quella
di allinearsi all´Europa. Dall´opportunità di non attivare una procedura
senza studi di fattibilità finanziaria che dimostrino l´utilità dell´opera,
alla necessità che la procedura venga condotta sul progetto definitivo, si
tratta anche di garantire la partecipazione e la concertazione con le
Regioni e gli altri enti locali in tutte le fasi della decisione e
dell´autorizzazione.
Occorre poi definire con maggiore chiarezza la figura del "general
contractor", a cui la Legge Obiettivo affida il compito di coordinare
l´esecuzione di ciascuna opera, senza attribuirgli però responsabilità
precise nei confronti degli appaltanti. Oltre a possedere capacità
tecnico-finanziarie e risorse professionali proprie per realizzare le
infrastrutture, questo soggetto deve limitare al massimo l´affidamento dei
lavori a terzi e in ogni caso non può più avere la facoltà di emettere
obbligazioni garantite dallo Stato.
Un altro punto su cui intervenire riguarda i concessionari delle
infrastrutture di trasporto, come ferrovie e autostrade. Anche qui è
necessario ripristinare il limite di 30 anni stabilito a suo tempo dalla
legge Merloni, salvo casi eccezionali e preventivamente individuati. Nello
stesso tempo, vanno cancellate le norme che prevedono troppo generosamente
un contributo statale superiore anche al 50%.
Prima di progettare nuove infrastrutture, sarebbe preferibile comunque
potenziare subito quelle esistenti. Gli ambientalisti chiedono, in sintesi,
di riaprire il confronto sulle ipotesi alternative alla linea trasversale ad
Alta velocità passeggeri (da Torino a Trieste), alla prosecuzione verso nord
(Milano-Brennero) e verso sud (Battipaglia-Reggio Calabria). E per quanto
riguarda le autostrade, sollecitano l´abbandono dei progetti per i Corridoi
tirrenici in favore dell´adeguamento a quattro corsie delle strade statali
già esistenti (Aurelia e Pontina).
Più che abolire il faraonico Programma delle infrastrutture strategiche,
disegnato sulla carta dal governo Berlusconi, s´impone dunque la necessità
di individuare e definire gli interventi effettivamente prioritari, nel
rispetto del Patto di stabilità europeo. Il principio ispiratore di questa
nuova politica territoriale dovrebbe essere quello di finanziare i progetti
soltanto se sono un investimento sicuro. Prima di emettere bond sulle grandi
opere, occorre quindi che il Tesoro proceda a un´analisi approfondita sulla
redditività e fattibilità finanziaria dei singoli interventi, escludendo
quelli con un margine di rischio troppo alto per l´investitore.
Nel frattempo, è urgente ricapitalizzare l´Anas e le Ferrovie Spa, per
garantire gli interventi in tema di sicurezza, manutenzione, adeguamento
tecnologico e potenziamento della rete stradale, autostradale e ferroviaria.
Quanto a nuovi pedaggi sulla rete di autostrade e superstrade Anas, vanno
stabiliti dopo una concertazione tra Stato, Regioni ed enti locali, in modo
da non penalizzare il traffico locale.
Gli ultimi due "comandamenti" del Decalogo compilato dal Wwf, prescrivono
l´eliminazione dei Commissari per operare in deroga alle normative esistenti
e la cancellazione dei provvedimenti che consentono l´abuso delle norme di
protezione civile, estese in modo improprio e generico ai "grandi eventi",
autorizzando la realizzazione di manufatti e infrastrutture in deroga alla
disciplina urbanistica e ambientale. In entrambi i casi, si tratta insomma
di superare quella "cultura dell´emergenza" che in realtà copre margini
troppo ampi di discrezionalità ed evidenti lacune di trasparenza.
Di fronte a un impegno di tale portata, sarebbe opportuno però che nel
futuro governo di centrosinistra il ministero dell´Ambiente avesse un peso e
un ruolo maggiori: per esempio, unificando le sue competenze con quelle
delle Infrastrutture e Trasporti, proprio per assicurare un coordinamento
più organico. Oppure, abbinandole con quelle dell´Agricoltura o magari
dell´energia. Non è un caso che nel "fantagoverno" dell´Espresso, il leader
dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, figura al secondo posto nella lista dei
candidati ministri dietro Piero Fassino e al primo sia per l´Ambiente sia
per l´Agricoltura. Un "ambientalismo sostenibile", cioè compatibile con lo
sviluppo, può diventare il fulcro della modernizzazione e della ripresa
economica.
Articolo di Giovanni Valentini tratto da "la Repubblica" di lunedì 1 maggio
2006, pag. 23.
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