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Norma
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From: Enrico Peyretti
To: lista Peacelink Pace ; lista pax christi gr discussione ; lista Mir dibattito ; lista BCP
Sent: Thursday, April 27, 2006 12:10 PM
Subject: [MIR-riconciliazione] Per rispettare i morti di Nassirya
Per il rispetto dei soldati morti a Nassirya
Tutti i giorni muoiono in Iraq decine e decine di persone, nella guerra civile terroristica, provocata dalla guerra terroristica statale. Fuori dai riflettori dell'informazione muoiono ogni giorno nel mondo per violenza armata e per violenza economica, una infinità di persone, titolari dello stesso diritto alla vita che hai tu e che ho io, che abbiamo tutti.
Ora che sono morti due italiani tra quanti il governo di destra ne ha spediti, perché lo hanno richiesto, a partecipare a quella guerra e occupazione, sentiamo uno speciale dolore e più forte pietà. Ciò è comprensibile: ogni giorno sappiamo di morti sulle strade o sul lavoro, ma solo se accade ad un amico o ad un parente il fatto ci sconvolge. E' un limite reale e scusabile della nostra sensibilità, che però non può limitare il nostro pensiero e la nostra azione responsabile.
Quando la morte viene per fatalità o per fatto involontario, il dolore non può accusare nessuno. Ma quando la morte viene per volontà politica di partecipare ad un'azione bellica palesemente ingiusta, come è questa, inducendovi giovani senza altre possibilità di pacifico lavoro, il dolore si fa rinnovato giudizio politico.
La chiarezza di tale giudizio e la conseguente pronta decisione, seppur tardiva, di ritiro italiano da quella guerra e dall'occupazione militare ed economica della terra irachena - per coraggio della verità, e non per paura! - saranno l'unico modo serio di rispettare e onorare i morti italiani di oggi.
Non renderà loro onore la prevedibile retorica ipocrita del coro nazionalista, militarista e giustificazionista. Solo chi mette nuovamente in luce la falsità del motivo per cui erano là, esposti alla morte che ogni guerra moltiplica, rende giustizia ai morti di oggi. Chi di noi crede in Dio, invoca per loro perdono e pietà.
Chi li ha uccisi è colpevole di guerra, come chi la guerra ha provocato, ma con l'attenuante di una difesa disperata. I condizionamenti generali delle politiche e delle culture non hanno permesso loro di conoscere e praticare i mezzi gandhiani con cui, in non pochi casi storici, diversi popoli hanno saputo difendersi da un'aggressione senza duplicare, a loro stesso maggior pericolo, la violenza.
Il popolo iracheno, nella tragica situazione in cui è stato gettato, certo non migliore della violenta dittatura di Saddam, ha sicuramente bisogno dell'aiuto internazionale: ma l'unico aiuto possibile e lecito potrà venire dall'intera comunità dei popoli, e non da una potenza militare interessata a sfruttare ad ogni costo quel territorio, non dagli stati come l'Italia governata dalla destra, che ha giustificato e sostenuto l'aggressione ingiustificabile.
Ha titolo per un intervento di aiuto così difficile solo chi è disinteressato; solo chi agisce con mezzi civili e pacifici, non militari; solo chi è legittimato - come l'Onu - ad azioni di polizia legale e non di guerra sempre illegale; solo chi è mosso da una cultura di collaborazione tra i popoli per i diritti umani di tutti, e non chi intende imporre la propria cultura e il proprio sistema.
Il nuovo governo italiano, che attendiamo con urgenza, incontra in questa circostanza di più acuta gravità, la sua prima prova, nella necessaria prospettiva di una matura politica di pace.
Enrico Peyretti, 27 aprile 2006
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