[Forumlucca] I: [decrescita] Fwd: [petrolio] TV, monasteri,…

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Szerző: Elena Bertoli
Dátum:  
Címzett: forumlucca
Tárgy: [Forumlucca] I: [decrescita] Fwd: [petrolio] TV, monasteri, indiani, furbetti, resistenza e blackout


-----Messaggio originale-----
Da: magius [mailto:gmagius@gmail.com]
Inviato: lunedì 24 aprile 2006 19.48
A: decrescita
Oggetto: [decrescita] Fwd: [petrolio] TV, monasteri, indiani, furbetti,
resistenza e blackout


Vi forwardo una illuminante rifessione di Luca Mercalli, il meteorologo
della trasmissione tv "Che Tempo Fa", dalla lista della ASPO.

magius

---------- Forwarded message ----------
From: Luca Mercalli <luca.mercalli@???>
Date: 24-apr-2006 15.29
Subject: [petrolio] TV, monasteri, indiani, furbetti, resistenza e
blackout
To: petrolio@???


Cari ASPO amici,
sono anch'io contento dello spazio che mi è stato lasciato a
"chetempochefa". Era da tempo che avrei voluto occuparmi del picco in
TV, e ora, con il barile a 75 dollari e una certa moderata distensione
postelettorale, è stato possibile. Ovviamente non era un blitz, anche se
ho preparato il montaggio solo un'ora prima della trasmissione,
chiedendo cortesemente a Fazio il permesso di parlarne... lui forse più
di tanto non ci crede, ma si fida del sottoscritto e come ha annunciato
anche a proposito della bella intervista con Enzo Biagi, nel suo
programma lascia libertà di espressione a tutti. Sul cinquino elettrico
da portare in TV, beh, se ce ne fosse uno pronto, proviamoci, lo studio
è al pian terreno e si entrerebbe senza difficoltà!

Penetrazione mediatica
Spero anch'io nella penetrazione mediatica calcolata da Ugo (grato del
paragone, spero tuttavia di non essere crocifisso...), tuttavia noto che
sempre di più questo paese NON reagisce al dibattito culturale su temi
cruciali legati al mondo fisico. Siamo una nazione di avvocati e
letterati, ci si può scannare per giorni e giorni su fatti e capricci
umani, mentre i giornali su temi come ambiente, petrolio, energia,
risorse, tacciono, o si limitano a fare annunci di cronaca senza una
riflessione profonda che coinvolga gli intellettuali e i decisionali. I
pochi "scienziati noti" che potrebbero prendere posizione, non lo fanno,
o per quieto vivere, o perché temono di perdere finanziamenti, o perché
hanno interessi (vedi nucleare, irritante la posizione di Bellone,
direttore de Le Scienze, su Chernobil e nucleare italiano).

Silenzio assordante
Due settimane fa ho usato i miei 2 minuti per far vedere la carta della
cementificazione padana. Nulla, non è successo nulla. Non un
giornalista-opinionista-editorialista che abbia ripreso il tema dicendo:
parliamone, vediamo se è vero o no, se bisogna fare qualcosa, se va
tutto bene così. Silenzio assordante. Del resto, proprio "Report" , che
ieri sera è andato in onda dopo "Chetempochefa" ha svelato come una
pletora di giornali italiani grandi e piccoli, e pure finti, godano di
finanziamento pubblico che assomma a circa 670 milioni di euro/anno. La
pratica di sovvenzionamento viene fatta su presentazione di due senatori
che dichiarano che il giornale è anche organo di informazione politica:
ovvio che dunque, finché ci si deve scannare su temi che coinvolgono le
fazioni avverse, si fanno titoli a 4 colonne, ma quando si tratta di
argomenti sui quali tutti guadagnano (energia, cemento,
suolo...) ci si guarda bene dal fare inchieste che disturbino il
conducente. I soldi servono per pagare lauti stipendi ai direttori,
mentre i giornalisti di solito fanno la fame (Feltri di Libero, risulta
il più avido, con 15.000 euro/mese). Inoltre, siccome il finanziamento è
proporzionale alle copie stampate (non quelle vendute!), si ha
retroazione positiva su consumo energia, deforestazione per produzione
carta, trasporti per smaltimento ecc...

Ho sentito cose che voi umani...
In queste settimane sono stato assorbito da un'assidua attività
didattica in giro per il nostro folle paese: ho parlato di CO2, di
filosofia della scienza, di politica e di petrolio, di energia e di
limiti, di mucche e di cemento. Ho incontrato studenti, docenti, ex
senatori e impostori. Ho sentito cose che voi umani intelligenti non
potete nemmeno immaginare. Mi sono pure sentito fischiare da un teatro
pieno di liceali di Mondovì ai quali ho detto: "Quale cosa straordinaria
sta accadendo là fuori??" "Le foglie", ho detto, "stanno spuntando le
foglie". Fischiavano e sghignazzavano, mentre sgranocchiavano patatine
fritte e lecca lecca, fatti non di idrocarburi bensì di carboidrati. Ma
non potevano più capire. Perduti nel mito dello sviluppo e della
crescita che solo ora sta arrivando a devastare le fertili campagne
cuneesi promettendo concessionarie di scintillanti SUV e spensierate
notti bianche. Ho incontrato anche molte persone di valore, sagge e con
le quali è valsa la pena passare una sera a discutere e guardare più in
là della pubblicità inneggiante a raggiungere ogni desiderio. Ma troppo
poche.

Ho visto due film
1) "Il grande silenzio" (2,5 ore di pellicola in silenzio, i gesti dei
monaci del monastero della Grande Chartreuse, in Francia, dove si vive
nel pieno rispetto dei limiti termodinamici): mi pone sempre più la
questione se sia bene arrabbiarsi e soffrire ogni giorno per
l'imbecillità dilagante, combattendola con un temperino, o se sia meglio
utilizzare le proprie risorse nel chiuso di un "monastero laico" a
leggere classici, coltivare il proprio orto e sfruttare la propria fetta
di sole in attesa del botto.
2) "Piccolo grande uomo" (Dustin Hoffman e il generale Custer che
sterminò un bel po' di indiani): mi rimane la frase finale di Cotenna di
Bisonte, allorché il vecchio capo indiano si vede sconfitto
dall'avanzata del democratico popolo americano: "Tanto vale morire,
l'uomo bianco possiamo pure disprezzarlo, ma non serve, si moltiplica
continuamente ed è inevitabile che ci stermini." Aveva ragione. Contro
la superiorità dei fatti fisici (frecce vs cannoni) tocca essere
realisti. Andò proprio così. Cosa potevano fare? Sapevano di essere
portatori di una cultura e di valori di grande qualità, ma non potevano
(e non volevano) inventare loro su due piedi i missili atomici cent'anni
prima del tempo. Li hanno inventati gli altri semplicemente perché nel
giro di un secolo si sono presi un territorio immenso e pieno di
risorse, che da 10.000 anni era stato sfruttato con la leggerezza di un
gatto che si muove nella foresta.

Una Milano da cementare
Insomma, avrete ormai capito che il mio pessimismo aumenta semplicemente
per ragioni statistiche. Non è che non mi faccia piacere fare una
conferenza ogni sera con 200 persone sensibili e che accolgono con
entusiasmo i nostri punti di vista, o sperare che 5000 telespettatori
abbiano capito che il petrolio potrà finire. Non è questione del
bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Chi lavora in campo scientifico
conosce bene le unità di misura, e qui si tratta di essere consapevoli
che poche decine di migliaia di persone che hanno un certo modo di
vedere la vita, nulla possono di fronte alle decine di milioni che,
senza accendere il cervello, gridano all'abolizione dell'ICI, a un mondo
con meno regole e più SUV, più TAV, più distretti industriali, centri
commerciali, outlet e cittadelle del divertimento e dei balocchi (li
chiamano "parchi tematici", andate a veder qui che fine stanno per fare
57 ettari di suolo classe I presso Ivrea:
www.gruppomediapolis.com/default.shtml ;
www.beppegrillo.it/2005/05/mediapolis_o_ma.html).
Vivendo a Milano due giorni alla settimana, confermo assolutamente la
considerazione di "Chinablu2" che riporto per la sua cruda incisività:

"A una metropoli moderna come Milano (si fa per dire) che ha fatto
dell'autoriproduzione-scimmiottamento di simboli decrepiti come i
grattacieli e le autostrade un proprio cardine motivazionale che
trascina le masse straccione in un entusiasmo che definire puerile è
dire poco; una metropoli "locomotiva economica" di quindici o sedici
servizi a pagamento di lettura elenchi del telefono; una metropoli dove
il "mercato" della casa è una melma indistinta in cui l'unica
preoccupazione del proprietario è pagare meno Ici possibile, magari non
dichiarando il cesso interno e lasciando credere al catasto che trattasi
ancora di casa d'epoca con la turca in cortile; ecco, a una metropoli
del genere che si è venduta perfino la Centrale del Latte e quindi
dipende in tutto e per tutto dai contadini della Bassa Cremonese per il
caffelatte, cosa si può proporre per farle cambiare testa?"

Spero che l'effetto "prezzo alla pompa" sortisca qualche risultato, come
dice Mario Ferrandi, ma è difficile che possa andare nel senso giusto su
un substrato di ignoranza e arroganza, è molto più realistico che induca
a derubare le auto con una pompa per travasare il vino e un coltello
alla gola del guidatore. Intanto, qui vicino a Torino bande di rumeni
(dicono, ma ovviamente se fossero piemontesi non farebbe differenza)
rubano in questi giorni le grondaie di rame e le coperture delle tombe
sui cimiteri: a quotazioni attuali di 6545 dellari/tonnellata una notte
di razzia cuprica può rendere qualche centinaio di euro... meditate sul
rapporto Meadows, meditate...

Tre libri
Certe cose continuano a essere scritte e riscritte, ma non sortiscono
effetti. Il sociologo triestino Giorgio Osti ha recentemente pubblicato
"Nuovi asceti. Consumatori, imprese e istituzioni di fronte alla crisi
ambientale" (Il Mulino, 2006, 288 p., 24 euro). I nuovi asceti siamo noi
che ci scriviamo e ci leggiamo, e ciò è bello. Però, dice Osti:

"Le istituzioni fanno molte cose per la tutela dell'ambiente. [...]
Tuttavia, non si notano provvedimenti capaci di incidere su larga parte
dei cittadini e delle imprese per aspetti rilevanti del loro impatto
sull'ambiente. [...] Il tema della riduzione viene rimandato sine die
[eppure] quando le istituzioni lo vogliono, impongono ai cittadini
cambiamenti radicali: in questo senso, l'appello all'emergenza diventa
un fattore facilitante. [...] La dimensione normativa è forse la più
dirimente. Le istituzioni pubbliche hanno colto la minaccia all'ambiente
ma sembrano poco sensibili alla riduzione e all'ascesi come strumento
per neutralizzarla. Semplicemente non ci credono. In questo
atteggiamento riflettono fedelmente un orientamento culturale dei
cittadini che rappresentano." Ciò avviene anche perché "Le imprese
pubbliche o private che forniscono energia non hanno convenienza a
promuovere il risparmio energetico, perché ciò riduce il loro
fatturato". [...] I cittadini sono pigri, si lasciano guidare dalle
utilities e, nella migliore delle ipotesi, ragionano come gli
industriali. Le istituzioni pubbliche sono le uniche che potrebbero
adottare una prospettiva di lungo periodo investendo massicciamente
nelle tecnologie solari. Ma questo implica una redistribuzione della
spesa pubblica attraverso incentivi e detassazioni, azioni che i governi
italiani non hanno il coraggio di fare".

Cioè, i mille Feltri d'Italia & furbetti del quartierino non vogliono
rinunciare a un pezzo dei loro 15.000 euro mensili e fanno di tutto per
mantenere lo status quo. Come uscirne? La vedo dura senza lo "shock
salutare" che ormai anch'io invoco, pur conscio degli effetti
collaterali potenzialmente distruttivi tipici delle fasi transienti di
sistemi complessi. Però meglio uno "shok salutare moderato" che
interrompa un pericoloso anello di retroazione positiva, piuttosto che
lo shock terminale modello Isola di Pasqua. Purtroppo la predicazione
scientifica, che è l'unico strumento che noi abbiamo, è poco efficiente;
come dice Osti "i processi educativi hanno effetti molto lenti e
comunque sono difficili da valutare". "Magius" sarcasticamente
sghignazza e ci chiama Cassandre. A lui domando, ha soluzioni migliori?
A lui ricordo che Cassandra aveva ragione. A lui consiglio di leggere
"Collasso" di Jared Diamond, libro che molti conoscono già e che non fa
parte dei tre di cui vi parlo ora.

Secondo libro
Diario partigiano, di Ada Gobetti (Einaudi). Lettura giusta per questi
giorni, parla di come si organizzò la resistenza tra Torino e la bassa
Valle di Susa nel 1943-44. Oltre che utile per capire da dove veniamo, è
interessante il processo di formazione della consapevolezza e della
militanza di fronte a problemi gravi e pervasivi. L'organizzazione
ribelle nasce in genere da intellettuali colti (tra questi, insieme ai
Gobetti, c'era Peccei), molti avevano già capito anni prima come sarebbe
andata a finire ma non potevano fare nulla (il marito della Gobetti,
pestato dagli squadroni di Mussolini, muore a Parigi nel 1925, quasi 20
anni prima della crisi militare). I più sono indifferenti e continuano -
rassegnati o opportunisti - a fare la loro vita di sempre. Solo la fase
transiente libera certe potenzialità inespresse, ma il prezzo è
terrificante:

"Torino, 10 settembre 1943 - Fuori, nella strada, nel tram, la vita
esterna appariva squallidamente normale. Allo smarrimento incredulo,
alla ribellione irosa, stava ora succedendo, nei più, la rassegnata
stanchezza indomita del popolo italiano. S'eran sopportati i
bombardamenti, gl'incendi, la carestia: si sarebbe sopportata anche
l'occupazione. Che se ne sarebbe usciti, tutti erano certi, in fondo al
cuore. Ma come, ben pochi sapevano. [...] Capivo, pur confusamente, che
s'iniziava per noi un periodo grave e difficile, in cui avremmo dovuto
agire e lottare senza pietà e senza tregua, assumendo responsabilità,
affrontando pericoli d'ogni sorta. [...] In momenti simili, parole e
programmi erano inutili. Avremmo fatto giorno per giorno quel che
avremmo sentito di dover fare."

Non riecheggia nella storia lo stesso comportamento di fronte al "
ricordati che non c'e' piu' trippa per gatti...etc.etc..." " si, si, si
mmomeosegno"? Oggi sappiamo in parte predire che piega prende un sistema
sociale in stato critico, si potrebbe dire che la fase "barbarie" è un
attrattore, ci sfuggono i dettagli, ma non il destino finale. Allora non
verrebbe da far di tutto ora che forse si può ancora spostare il
sistema? L'impegno e il coraggio di Ada Gobetti, rispondono in parte al
mio dubbio se ritirarmi nel monastero. No, forse anche se in pochi,
tocca resistere, è così, vero? Voi che ne dite? Non sono ancora
abbastanza maturo per comprendere appieno le conseguenze di queste
decisioni.

L'ultimo libro, che simbolicamente mi è capitato in mano alla Stazione
Centrale di Milano è "Aspettando l'alba" di Mario Rigoni Stern (Einaudi,
8,50 euro). Come in tutti i suoi racconti, c'è la profonda comprensione
del senso della misura e del rispetto per i cicli della natura. Anche
qui si individuano processi interessanti: Rigoni nasce nel 1921 e quindi
viene intriso immediatamente dalla cultura patriottica e di retorica
militare. Quando parte per la Scuola militare alpina ad Aosta nel 1939,
è orgoglioso e pieno di aspettative, solo dopo, quando vedrà i primi
spari contro i francesi al Piccolo San Bernardo, poi il freddo inverno
balcanico della campagna d'Albania e il gelo ottundente della Russia,
capisce e dice "Se solo avessi immaginato..."! Ma gente come Ada
Gobetti, che era del 1902, già allora sapeva, aveva capito tutto, ma non
ebbe possibilità di incidere sull'opinione pubblica, peraltro via via
gonfiata dalla propaganda e dissuasa dall'opporsi dalla polizia. Agì
solo in fase transiente caotica, ma per molti non fu possibile
traghettare al successivo periodo stabile del petrolio facile. Con le
dovute proporzioni, trasferite la situazione oggi: "Il PIL e i consumi
devono crescere", "Non c'è benessere senza crescita"... tutti sono
intrisi di questa cultura, solo qualcuno ha capito, manifesta
contrarietà, e in genere prende manganellate, vere o psicologiche che
siano. Dobbiamo attendere la fase transiente per incidere?

Bellissimo l'ultimo racconto del sergente Rigoni: "Piccola cronaca del
blackout", riferito al settembre 2003. Il passo conclusivo, stupendo,
semplice ed efficace:

"Che bello! Silenzio, niente televisione, poche macchine per le strade,
casa tiepida. In casa ero ben fornito di tutto: libri, legna, farina,
patate, crauti, carne, vino... Ecco: questo "buiofuori" potrebbe far
accendere la "lucedentro". Si può vivere senza tanti artifizi; per anni
l'ho provato e con la mente si possono superare e trovare soluzioni che
sembrano impossibili. Le più grandi invenzioni dell'uomo sono state il
fuoco, la zattera e la ruota. Aggiungo anche la stampa. Non certo i
telefonini e la televisione. Chissà se un blackout sarà capace di far
riflettere la gente così dipendente dal "progresso"? Il caro, vecchio
Ungaretti mi disse un giorno a Venezia: "A tanto progresso materiale il
progresso morale non tiene il passo e le distanze si allungano". Su
questo dovrebbe farci riflettere l'incidente della trascorsa notte. E'
il senso del limite che ci fa prendere contatto con la realtà".

Vedete che anche Rigoni sostiene la teoria dello "shock salutare"? Però
son passati quasi tre anni dal blackout, ma non è successo nulla di
virtuoso se non costruire nuove centrali, nuovi rigassificatori e così
via. Altro che conferenze e timide comparsate del picco in TV. Il
"buiofuori" è durato troppo poco. Una settimana dovrebbe durare!

Buon 25 aprile

luca mercalli

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