[NuovoLab] Terzo valico, prove di rivolta no-tav

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secolo xix

Disertano gli amministratori locali, a parte il sindaco diessino di Lerma.
Nessun incidente. «Nel programma di centrosinistra non c’è l’alta velocità»
Terzo valico, prove di rivolta no-tav
In duemila ad Arquata. La protesta della Val Susa si salda con quella genovese

Verdi marciano in ordine sparso, il sindaco diessino di Lerma affianca
quello venuto apposta dalla Valsusa. Si chiama Massimo Arata e dice che
lui, con l’alta velocità in generale e il Terzo valico in particolare, non
è assolutamente d’accordo. Il centrosinistra si è dichiarato favorevole
alle grandi opere, in campagna elettorale? La campagna elettorale è finita,
adesso si fa sul serio. Ci sono quattro chilometri e mezzo tra Serravalle e
Arquata Scrivia, basso Piemonte o alta Liguria,
dipende da quale parte si guarda. Duemila persone in strada. In testa i
centri sociali, poi i sindacalisti di base, quindi gli anarchici,
finalmente i no-tav.
Undici pullman sono venuti dalla Val Susa. Il resto è gente dell’Appennino
rinforzata dai professionisti della contestazione.
«Noi saremmo professionisti della contestazione? Ma no», nega Marisa
Gastaldo, genovese, centro sociale Buridda, affacciandosi dal finestrino
del furgone imbandierato: «Non è vero, siamo consapevoli. E contrari al
Terzo valico perché è uno spreco inutile e un danno ambientale».
C’è un cartello che spiega tutto molto bene, dal punto di vista degli
anti-tav: «Chilometri 39, minuti in meno 10, soldi a Cociv Impregilo 10
mila miliardi di lire, 7 anni di tormenti per 100 mila persone e vantaggi
zero». Falso, per lo meno esagerato? Oggi non è il giorno delle discussioni.
Oggi è il giorno della protesta come ai vecchi tempi, con le bandiere rosse
e il megafono che intona O Bella Ciao, gli slogan irridenti, i palloncini.
Il cielo è sereno. L’aria, primaverile. Sopra gli alberi ingemmati o già
fioriti, stormi di anatre schiamazzano contente.
La novità politica è la saldatura della protesta anti-tav, dalla Val Susa
all’Appennino, il nodo che s’ingarbuglia ancora di più è costituito dai
rapporti fra i partiti del nuovo governo a proposito dell’alta velocità. Di
fatto questa è la prima manifestazione contro Prodi, o almeno così può
essere letta. L’Italia è un paese che ha bisogno urgente di modernità?
Le cose si potrebbero fare come Dio comanda, senza i tradizionali scempi
ambientali e le inevitabili
creste miliardarie? «No, no, no e no»: il verde Giampaolo Testa di
Carpeneto ha le idee chiare, «se il mio partito
dirà di sì al programma dell’Unione ci sarà un verde in meno».
Lui, naturalmente. «State attenti: io il programma l’ho letto con
grandissima attenzione e di tav non si parla, né a proposito del Terzo
valico né a proposito della Val Susa. Bisognerà chiarire», avverte il
leader rifondatore di Arquata
che si chiama Giovanni Cirri e viene da Genova.
Chissà se arriveranno a Roma gli echi di questa contestazione. Rumorosa ma
civilissima, peraltro, «pensavano che spaccassimo
le vetrine? No!», urla il megafono. Non siamo mica scemi. Ora che
Berlusconi s’è tolto dai piedi si può ricominciare a far politica. «Anche
Gallanti ce lo siamo tolto di mezzo», ecco dietro uno striscione bianco e
blu lo storico leader dei comitati ponentini, stavolta in veste di
rappresentante delle valli voltresi, Arcadio Nacini. L’uomo che anni fa,
con un motto diventato celebre quasi come il che l’inse! di Balilla (lui,
più ruspante, urlò qui si ciurla nel manico!) gelò le mire di espansione
del terminal container.
Rifondazione a Genova è uscita dalla maggioranza ma resta in stand-by, a
Roma si tratta su cariche e poltrone, passerà sotto silenzio lo strappo di
Arquata? Accanto al sindaco di Lerma marcia Barbara De Bernardo, sindaco di
Condove in Val Susa: «Venite a vedere cos’è successo da noi. Rifondazione e
Verdi sono i primi partiti. Poi ci sono i Comunisti italiani».
La talpa di cartapesta portata da Venaus è una gaffe politica clamorosa,
alla vita ha legato un manganello e sul manganello c’è scritto governo:
quale? Quando l’occhialuto e orribile pupazzo debuttò, alla testa dei
valligiani imbufaliti, in sella c’era Berlusconi. Adesso che si fa, si va
contro il presidente Prodi e il probabile ministro Diliberto, si inveisce
contro le istituzioni traditrici con Bertinotti presidente della Camera?
I ragazzi di Rigoroso, uno dei paesi più sensibili, dicono che non c’entra
niente. Indossano magliette con avvertimenti polemici e mettono in guardia
contro l’avvelenamento delle sorgenti, gli smottamenti, gli attentati al
paesaggio che è uno dei più belli, a saperlo ammirare, con l’Appennino che
diventa collina bassa e poi pianura verdeggiante:
grano, mais, frutteti. Gli ambientalisti di Legambiente e del Wwf spiegano
le loro ragioni con grande pacatezza,
«il Terzo valico è inutile perché ci sono già due linee ferroviarie poco
sfruttate», e questo è un dato assolutamente inconfutabile. Pesa anche,
nella diffidenza collettiva, quella bretella che a Genova ha scempiato la
collinetta
del Risveglio e le tasche dei contribuenti (quattrocento miliardi di
vecchie lire!) per consentire il passaggio di due treni
al giorno. Gli slogan urlano «Sarà dura», il motto della ribellione della
Val Susa, gli striscioni minacciano
il costruttore Marcellino
Gavio, «non avrai i nostri soldi »: sfiducia e sospetto accomunano i
comitati della democrazia partecipata e i sempre presenti della protesta
sociale.
Finisce con le bandiere rosse al vento, l’appello alla resistenza, gli
insulti di prammatica a Berlusconi che però, adesso, non danno più tanta
soddisfazione. Intanto spuntano i venditori di felpe con le immagini della
rivolta di Venaus, fanno venti euro, la maglietta bianca con la scritta No
al Ponte di Messina, cinque, le spille insurrezionali da pochi spiccioli e
le bandiere che se proprio insisti te le cedono a quattro.
Mica è passato invano Berlusconi.
Paolo Crecchi
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"Eppure il vento soffia ancora...." Pierangelo Bertoli (1942 - 2002)

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