[Lecce-sf] Sul ruolo attuale della CGIL

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Aihe: [Lecce-sf] Sul ruolo attuale della CGIL

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From: Angelo Ruggeri
To: Angelo ; Gaetano Bucci ; andrea catone ; paolo.barrucci@??? ; pianetafuturo@??? ; gernika@??? ; Area Oltre ; d.losurdo@??? ; g.mina@??? ; Domenico Chirico ; Pier Paolo Frassinelli ; G. P. Patta ; Cini ; Angelo ; Giovanni Chiellini ; gi24chia@??? ; Italia Losa
Sent: Thursday, April 20, 2006 4:12 PM
Subject: Sul ruolo attuale della CGIL


SUL RUOLO ATTUALE DELLA CGIL E SU QUALE UNITA'

Per dare un senso conclusivo a quanto emerso sul ruolo attuale della CGIL, occorre tenere presente che la questione dei contenuti è stata subordinata dalla corrente "Lavoro e società" all'ingresso - e nonostante la sua storica posizione di minoranza - nella maggioranza, per una mera difesa del proprio ruolo; esaltandosi - anche negli interventi congressuali che ringraziamo di averci mandato - la funzione dirigente che è verticistica sulla funzione dei lavoratori come base sociale oggi priva di una reale rappresentanza.

Neanche ci si è posti la domanda "quale unità? Con le masse o di vertice?". Solo, si è detto, "non possiamo dividerci", noi del vertice ("grandi capi" della cultura maggioritaria e dei "d'io" che dominando nella politica "e allora perché no anche nel sindacato?" ci si deve essere chiesti).

Di veramente "magistrale" c'è che tale frase detta all'inizio ha reso inutile ("chiacchiere" nel senso della diversità che Ionesco attribuisce alle parole) il proseguo, di fatto concludendo già dal primo capoverso l'intervento al congresso nazionale di Lavoro e Società svolto da G.P. Patta: col quale facemmo Charta '90, i comitati di difesa dello sciopero e della proporzionale, etc., proprio per rilanciare la democrazia di base (spesso scarsa in CGIL) e l'autonomia delle massa, anche dai vertici sindacali se e come da allora concertano e colludono con le imprese. Prima tutti d'accordo contro il federalismo, poi non più, confermando che il problema non è entrare in segreteria ma "spezzare i ruoli" (Lenin).

Una specie di "unità di fronte al nemico" (di staliniana memoria) che però qui non è il capitalismo ma una persona (Berlusconi"), dove la dialettica diventa un disvalore, una debolezza (di fronte al nemico); per cui si taccia di "demagogia" e "massimalismo parolaio" chi dentro la Fiom vi ricorre: le stesse parole che altri dicevano a loro prima di diventare "Lavoro e società" e come, sempre, a chi sta alla sua sinistra dice chi è più a destra e fa "demagogia" e "massimalismo parolaio" di destra.

Una unità di vertici d'apparato; dirigisticamente preordinata dall'alto col c.d. "patto dei 12 segretari"; incapace di porsi al di la della mera prospettiva del cambiamento elettoralistico del governo; fatta da chi una volta strepitava(giustamente) per gli appiattimenti governativistici del PCI; predisposta a subalternarsi al governo amico, come quando l'Ulivo con una sua "Qui pluribus" "spezzò" la scuola pubblica e l'unità del sapere o, con le Leggi Treu, introdusse la vigente e "spietata triade liberista della precarietà, flessibilità, mobilità", come è stato ben detto.

Tale unità verticistica è nei suoi contenuti un'adesione ideologica alle sorti del capitalismo e alle tattiche dei gruppi dirigenti dei partiti che, da sinistra, hanno deciso di collaborare sistematicamente col sistema delle imprese, da cui mantengono una legittimazione riconosciutagli anzitutto dalla Confindustria, riducendo a sua volta il sindacato a mero soggetto di gestione degli apparati.

D'altra parte la chiave di lettura della contraddizione tra l'unità dei vertici CGIL e la base, che nei luoghi di lavoro vota col proporzionale le sue rappresentanza (RSU), sta nell'idea di una presunta incompatibilità della rappresentanza proporzionale anche nei vertici sindacali, rispetto ai principi del bipolarismo oggi vigenti nel sistema di governo. Donde la scelta della stessa minoranza CGIL, di far corrispondere il ruolo del "governo" del sindacato col ruolo di governo dell'Unione dichiaratamente postasi a difendere gli interessi del capitale, col pretesto, da un lato della "globalizzazione" e, per il "caso italiano", dell'antiberlusconismo (che solo uno sciocco o un misitificatore, con trafelato pragmatismo può equiparare all'anticapitalismo): senza domandarsi come mai il fronte organizzato del capitalismo italiano stia dalla parte dell'Unione, rendendo impossibile qualificare "di sinistra" la posizione attuale e quella del precedente XIV congresso, della CGIL.

Con buona pace di chi confondendo l'oggetto col soggetto, la "svolta a sinistra" col salvare il proprio "ruolo dirigente" e la propria persona, crede che "lo scenario è cambiato" sol perché al vertice e nelle segreterie si consente a tale minoranza di stare con la maggioranza, che è il massimo della subalternità. Subalternità verso chi ripropone il "patto sociale" come ha fatto anche Prodi fino all'ultimo giorno dei baccanali elettorali: "pactum sceleris" come in passato denunciava anche tale minoranza. E subalternità verso chi ha riesumato il termine liberal-borghese di "sinistra" che il popolo, nella sua saggezza, ha messo elettoralmente alla pari con la "destra". Ben sapendo che non dice più "estrema sinistra" (o estrema destra) come si diceva dal 45 ad oggi, perché è una "sinistra-centro.di sedicenti sinistri, per l'alternanza tra 2 poli filo-capitalisti", per dirla con Pacino.

Tanto spostatasi a destra da doversi coprire citando un "galantuomo" come Scalfaro, che rispettiamo molto, ma democristiano conservatore, che però, certo, sa di più di quel che in CGIL non si sa, cioè di Costituzione. Perché se c'è un punto in cui la Costituzione persino formalizza il principio proporzionale è l'art.39 sul sindacato, principio che però la CGIL non fa valere né nel Paese né al suo interno. Proprio come, è risaputo, fa il liberalismo, perché sia fuori che dentro sindacati e partiti il proporzionale è la base della democrazia e del pluralismo sociale: "sociale" e non solo "politico", ricordo a Martignoni, che per giustificare il consociativismo corporativo e maggioritario usato per spartirsi i posti, dice che applicare il proporzionale in CGIL sarebbe "liberalismo politico".

Si che si considera in modo apodittico e positivo ciò che è negativo anche dal punto di vista procedurale, com'è un congresso che prima di cominciare "12 segretari 12" avevano già concluso. Per cui "tutti i giornali di sinistra - Manifesto, Liberazione Avvenimenti, Carta, Coordinamento RSU, ecc. - "hanno demonizzato il patto dei 12 segretari e Lavoro e Società, quasi fossimo dei voltagabanna o dei traditori di classi" (così gli ha scritto Martignoni). Proprio perché c'è stata la risaputa e calcolata - altro che dire spartizione dei posti che Martignoni chiama "sintesi organizzativa", per garantire - così ha scritto - "a tutti i livelli un ruolo dirigente" a tale minoranza (a danno di un'altra meno "montezemoliana", dandogli a priori tutti i posti che aveva, nonostante sia stata punita e dimezzata dalla base.

Se non si cancellasse la storia e la memoria e si leggessero retrospettivamente le cose, sarebbe difficile cambiare posizione e smobilitare rispetto alle proprie radici. Non si attribuirebbe solo a Berlusconi "una politica modellata sul programma della P2" che lo stesso che ora dice così - sul Bolscevico, sul Lavoratore, ecc. -, attribuiva alla "sinistra" e condivideva come "golpe tecnico" continuato le riforme istituzionali e costituzionali della "sinistra" ("Questa bicamerale (D'Alema) è proprio figlia mia": titolo di una intervista rilasciata così "confermando le parole di Cordova" Marco Travaglio titolava una intervista a Licio Gelli).

Soprattutto, se non si cancellasse la memoria, non ci si farebbe rabbrividire chiamando "diritto formale" la democrazia e altre questioni di contenuto come ha fatto al congresso CGIL di Varese chi è intervenuto per "Lavoro e Società": avendo evidentemente dimenticato la differenza tra la democrazia sociale (e socialista) e la democrazia liberale. ANGELO RUGGERI



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