Usa, due milioni di manifestanti in piazza per difendere gli
immigrati
di red
Sono stati più di due milioni i manifestanti scesi lunedì sulle
strade delle maggiori città statunitensi, da New York a San Diego,
per esprimere sostegno e solidarietà ai circa 11 milioni di
immigrati che vivono nel Paese da clandestini, per chiedere una
legge che consenta di regolarizzare la loro posizione. Al grido di
«Si se puede», «Yes we can», una folla di immigrati legali e
illegali, soprattutto latinoamericani, accompagnati da studenti,
leader religiosi e per i diritti civili, ha invaso pacificamente le
strade di 70 città americane nella «Giornata nazionale di azione per
la giustizia per gli immigrati».
«È tempo che gli americani alzino le loro voci, orgogliosi del
nostro passato d'immigrati e orgogliosi per il nostro futuro
d'immigrati», ha detto il senatore democratico Edward Kennedy
parlando alla folla riunita a Washington. Secondo i dati forniti
dalle autorità d'oltreoceano, nella sola città di Atlanta, in
Georgia, i manifestanti che hanno sfilato per le strade sono stati
più di 50mila mentre a Washington hanno superato le 200mila unità.
Ma non si tratta di casi isolati. Tutti i maggiori centri urbani
degli Stati Uniti hanno registrato centinaia di manifestazioni al
grido «Noi siamo
l'America» o «Legalizzare, non criminalizzare».
A Filadelfia il numero dei manifestanti è arrivato a superare le
25mila unità, mentre un imponente corteo organizzato a New York da
parte di un gruppo di attivisti per i diritti degli immigrati ha
superato secondo le prime fonti le 350mila presenze. Partito alle 15
dal City Hall (il municipio di New York), il corteo ha attraversato
le vie del centro percorrendo tutta Broadway. Alla manifestazione di
New York, tra i numerosi esponenti politici, ha preso parte anche il
senatore democratico Hillary Clinton che ha ringraziato tutti i
presenti per la solidarietà espressa nei confronti dei milioni di
cittadini illegali presenti sul territorio americano attraverso la
loro presenza al corteo.
Quella di lunedì è stata una giornata di mobilitazione nazionale
dedicata alla «dignità degli immigrati». Riunisce associazioni per i
diritti degli immigrati, commercianti e imprenditori, scuole e
associazioni sindacali, tutte unite per fare sentire la propria voce
a deputati e senatori di Washington. Cortei e picchetti si sono
susseguiti in numerose città americane ormai da settimane, da quando
cioè è entrato nel vivo il dibattito il ibattito sulla riforma
dell'immigrazione. La giornata nazionale di protesta - la più
partecipata di una serie di manifestazioni che alcuni hanno
paragonato al
movimento per i diritti civili degli anni '60 - è stata provocata da
una legge al Congresso che vorrebbe trasformare milioni di immigrati
illegali in criminali e alzare una barriera al confine Usa con il
Messico.
«Non ti senti mai libero fino a che non sei legale. Sono venuta per
una vita migliore. Tutti meritano lo stesso», ha detto Denise Jules,
68 anni, di Haiti, con in mano un cartello alla manifestazione di
New York con la scritta «Libertà e giustizia per tutti». Organizzati
in gruppi a prevalenza ispanica, circa 11,5-12 milioni di immigrati
illegali che lavorano nell'ombra della più grande economia al mondo
hanno trovato una loro voce politica negli ultimi mesi. Gli
organizzatori stimano che oltre 100.000 persone abbiano sfilato a
Manhattan, trasformando Broadway in un mare colorato di bandiere Usa
e di altri paesi. In migliaia hanno marciato anche a Washington. E a
Houston, in migliaia hanno marciato al grido «Usa, Usa, Usa». Circa
10.000 hanno cantato e scandito slogan a Boston e circa 8.000 a
Omaha, Nebraska. Mentre a Los Angeles, la città con la più ampia
popolazione messicana dopo Città del Messico, gli organizzatori
hanno detto che 5.000 persone hanno manifestato.
Gli immigrati in corteo hanno chiesto leggi che consentano ai
clandestini di uscire allo scoperto. Il dibattito ha tuttavia diviso
il Congresso, dove il disegno di riforma si è arenato. In questo
molti esponenti repubblicani del Congresso vorrebbero adottare nel
controllo dei confini e nella caccia ai clandestini che si trovano
già sul territorio. Parlando agli studenti della Johns Hopkins
International Studies School di Washington, lunedì mattina il
presidente Bush ha ribadito l'urgenza di un programma di lavoro
temporaneo che consenta agli immigrati che si trovano nel Paese di
emergere dall'illegalità. «Dobbiamo ricordare che siamo un paese
fatto di immigrati - ha detto Bush - i confini e la legalità sono
importanti ma noi dobbiamo dare a queste persone una speranza». Ma
la Camera ha già approvato nelle settimane scorse una proposta
severissima che fa della presenza illegale nel Paese un reato.