[Incontrotempo] I: [CW] «La nostra vita da precari ora è un …

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Aihe: [Incontrotempo] I: [CW] «La nostra vita da precari ora è un caso di successo»
E' un articolo già di per sè allucinante, ma il passaggio migliore è quello
in cui si afferma che è colpa di quei precari che si dicono arrabbiati,
oppure un pò frustrati, se la questione della precarietà non emerge . E'
veramente illuminante.
Invece il precario ottimista e ben vestito - da cui si deduce, con
un'approssimazione logica rigorosamente simile a quella usata nel resto
dell'articolo, che il precario incazzato e quello un pò sfigato si vestono
male. In particolare sembrano poco eleganti anche quelli dei dati
statistici; si riferisce senza ombra di dubbio ai precari dell'istat che
sono rinomatamente poco attenti al proprio vestiario ;)- ha fatto furore. E
di lui ne parlano tutti. L'ultimo modello in tema di sfruttamento :
precario, squattrinato ma ottimista e ben vestito. Più che "generazione 1000
euro" sono riusciti a creare la "generazione unieuro": un precario con un
centro commerciale al posto della coscienza e un simpatico ottimismo dal
valore di un euro.
baci frenchi.

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Hanno inventato un sito e scritto un libro. Che
diventa un film Ottimisti e con la cravatta «La
nostra vita da precari ora è un caso di successo»
I ragazzi di «generazione1000 euro» sull'Herald
Tribune

     Il ragazzo che sorride da una foto dell'
Herald Tribune di ieri, Antonio Incorvaia, è
finito su quelle pagine - per definizione
prestigiose - perché è uno squattrinato
ottimista. «L'anno scorso - ammette - fatturavo
più spesso 750 euro al mese che 1.000». Ma è il
secondo il numero magico di questa storia.


     IL ROMANZO - Quattro mesi fa Antonio ha
chiuso il romanzo «Generazione 1.000 euro»,
scritto a quattro mani con Alessandro Rimassa,
giornalista precario come lui, ed è diventato un
personaggio da prima pagina. Parlando di un tema
pesante, il precariato, in maniera lieve. Per
alcuni troppo. Perché Rimassa e Incorvaia (che
giura: «sono di sinistrissima») parafrasano
Tremonti e dicono che con un po' di «economia
creativa» un co.co.pro può tentare di godersi la
vita. Descrivono un lavoratore in avviamento
perenne, ma che invece di lavorare al call center
fa marketing in una multinazionale, veste giacca
e cravatta, va da McDonald's. Tutto ciò non ha
convinto gli adepti di San Precario o i
Chainworkers, ma altri sì. «L'idea me l'ha data
la prof di spagnolo, Soledad - ricorda Alessandro
- mostrandomi un'inchiesta del Pais su chi vive
con 1.000 euro. Era bella. Ho chiamato Antonio,
col quale avevo lavorato a La7 e ogni tanto ci si
sentiva. Siamo andati a mangiare una pizza, a
scrocco, in un ristorante che mi aveva invitato
per una recensione». Mangiano, parlano dei
«milleuristi», poi scrivono una cosa a metà tra
fiction e autobiografia. Il 13 dicembre il libro
compare, gratis, sul sito www.generazione1000.com
. In meno di tre mesi lo scaricano 23.977
navigatori. Li chiama Rizzoli, offrendosi di
pubblicarlo. Detto fatto: uscirà a maggio. E poi
sarà un film. «Abbiamo venduto un'opzione sui
diritti - spiega Alessandro -. Scriveremo la
sceneggiatura, e un cameo non ce lo toglie
nessuno».



     IL FENOMENO - Per la prossima settimana i due
precari hanno in programma interviste con Canal
Plus , Bbc , e il primo canale della tv belga.
Come mai? Ecco il titolo del Tribune di ieri:
«L'Italia ha un problema di cui non vuole
parlare». Quello di chi lavora molto, guadagna
poco e non sa cosa sarà di lui. L'articolo dice:
«Con Berlusconi e il suo sfidante Prodi che
passano il tempo a insultarsi e difendere i loro
trascorsi, l'incertezza del mercato del lavoro
non è diventato un tema chiave della campagna
elettorale». Rimassa e Incorvaia invece ne
parlano. E ora qualcosa si muove, perché sono
stati invitati a discutere di lavoro dalla
sinistra giovanile Ds e dalla Margherita.
«L'altro giorno ero a Pescara, oggi vado a
Faenza», ammette Antonio. A tutti ripetono la
storia di Claudio, Rossella, Alessio e Matteo, i
protagonisti del loro «reality book». Che è
questo: invece di mettere in tv volti famosi a
fare una vita slegata dalla realtà, si creano
quattro personaggi per descrivere in 100 pagine
l'esistenza di tanti italiani. E non di una
generazione: di almeno due, forse tre. «Sul blog
- dice Alessandro - ci ringraziano: "Avete
parlato di noi"». Non solo neolaureati o
trentenni in panne, ma anche «padri di famiglia,
di 45 anni, a progetto» spiega Antonio.



     LA POLITICA - Certo, il precariato non
l'hanno scoperto loro due. Però l'hanno
raccontato in modo nuovo. Non orientato
politicamente «perché ci sono precari di destra e
di sinistra e volevamo arrivare a tutti». E
soprattutto all'insegna dell'ottimismo, con tanto
di decalogo per precariare il più felicemente
possibile. «Ma sia chiaro: non è un inno
all'assenza di garanzie. Altrimenti qualcuno
potrebbe dire: se stanno così bene, perché
assumerli? È una maniera diversa di viverlo».
Diversa da chi? «Da chi l'ha raccontato con
rabbia, o con il registro
dell'autocommiserazione, o solo attraverso dati
statistici. Anche perché non funzionava. Non se
ne parlava». E invece il loro precario ottimista
e ben vestito (quasi borghese?), ha fatto furore.
I media internazionali si sono appassionati ai
«trucchetti» del libro, come mettere all'asta su
ebay quello che c'è in sgabuzzino, sorprese da
ovetto al cioccolato o vecchi autografi, per
pagarsi il viaggio a Berlino. Cose così.
     Ora, però, si torna seri: «Il precariato non
è tanto economico, ma sociale. Il problema non
sono i 1.000 euro, ma che domani non sai se li
avrai. A 25 anni forse può andare, a 35 o 40 è
devastante». Ottimisti sì, mica pirla.


Mario Porqueddu

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