Il cessate il fuoco conferma un'altra volta la capacità teorico-politica
di ETA
x Iñaki Gil di San Vicente. La Haine
Risposta ad En lucha sul cessate il fuoco di ETA:: si presenta un compito
di mutuo recupero della solidarietà e fiducia che ci fu in Euskal Herria
fino alla seconda metà degli anni 70, fino a prima che il riformismo
pressasse le sue basi per distanziarsi degli indipendentisti baschi
Prima di tutto ringrazio voi per la possibilità che mi avete offerto di
esporre le mie idee al riguardo della situazione basca.
Come stimi il cessate il fuoco di ETA?
La valutazione del cessate il fuoco permanente di ETA motiva due
riflessioni: una che questo passo conferma un'altra volta la capacità
teorico-politica di ETA per analizzare gli avanzamenti nella società
basca, l'acutizzazione delle contraddizioni negli Stati spagnolo e
francese, i cambiamenti nella prospettiva politica dentro l'UE, etc. Dalla
sua origine, ETA è stata sottovalutata relativamente alla sua capacità
teorico-politica. Tuttavia, la sua lunga esistenza si capisce solo se,
oltre ad altre ragioni, si tengono anche in conto le sue analisi politiche
e teoriche. Mentre il resto di sinistre della stessa" età", o più"
vecchie" perfino, sono sparite o sono state assorbite dal sistema, ETA
continua ad esistere e più vicina che mai ai suoi obiettivi permanenti.
Partendo di qui, l'accumulazione di forze rivoluzionarie, progressiste e
democratiche che si sta dando nel nostro paese permette di saltare ad un
livello più ampio di pratica di massa, di organizzazioni, collettivi,
sindacati, partiti, etc., che anteriormente avevano dubbi o paure o
resistenze ad implicarsi direttamente nella lotta per la sovranità basca.
Alcuni di questi mettevano la scusa della lotta armata per non compiere
quel passo, ma la tendenza al rialzo delle mobilitazioni ha sbloccato
quella paura, passo favorito dalla decisione di ETA. Questi gruppi non
hanno oramai scuse e vedremo nella pratica la loro vera decisione.
La cosa decisiva è che molti altri collettivi si stavano implicando già
sempre più di prima delcessate il fuoco e che, l'ampia militanza
indipendentista basca è tornata a dimostrare che le repressioni non le
gettano indietro, al contrario, le motivano a migliorare la loro militanza
giornaliera. Tenendo in conto questo, ETA ha detto: tocca a tutti noi
muovere le carte, ed ella è stata la prima a dare esempio, come sempre.
Che passi dovrebbero darsi a partire da ora?
Essenzialmente tre passi. Il primo spingere con più forza l'avanzamento
delle istituzioni sociali e dei gruppi di incontro e dibattito collettivo
che esistono già che sono stati forze che hanno confermato qualcosa di
essenziale per l'avanzamento di qualunque lotta: l'autofiducia popolare
nel senso di dimostrare nella pratica che possono farsi molte cose al
margine delle istituzioni del potere. L'autofiducia collettiva si è
rafforzata mediante il lavoro di queste istituzioni popolari che,
democraticamente, elaborano piani di intervento nei problemi che ha il
nostro paese, incominciando da quello della pace giusta e finendo con
quelli della politica sportiva passando per molti altri.
Il secondo, avanzare nei diritti urgenti come quello dell'amnistia, cioè,
l'uscita delle prigioniere e prigionieri, il ritorno dei rifugiati ed il
recupero normale e quotidiano della memoria storica del nostro paese,
schiacciata sotto la memoria ufficiale spagnola con la sua manipolazione
del concetto esclusivo di" vittime", unito tutto ciò alla reinstaurazione
della predemocracia, della legalizzazione di Herri Batasuna, e dei diritti
basilari della sinistra indipendentista basca.
Il terzo ed ultimo, il tramonto in pratica del Tavolo dei Partiti per dare
un salto a partire dalle sue conclusioni e dei due punti anteriori.
Per che tipo di tavolo dei partiti puntate?
Per un Tavolo di Partiti senza delimitazioni di nessun tipo, includente e
non esclusorio, senza veti e senza dipendenze verso le istituzioni del
potere attuale, siano quelle di Madrid come quelle di Irunea e Gasteiz. Un
Tavolo di Partiti che tuttavia sia parte di un dibattito globale nel quale
intervengano le forze popolari, sociali e sindacali.
Cioè, il Tavolo deve essere libero dalle ingerenze esterne dei poteri che
hanno oppresso il nostro paese per anni, hanno aiutato ad opprimerlo o
sono rimasti passivi; ma deve essere strettamente connesso con
problematiche reali, con le proposte popolari, sociali e sindacali che
devono elaborarsi nelle loro rispettive aree.
Come dovrebbe articolarsi il processo affinché la partecipazione della
società civile non rimanga relegata ad un piano simbolico?
Lasciando ora da parte la critica della definizione di" società civile" in
quanto espressione ambigua ed imprecisa che, inoltre, non serve a mio
intendere per esprimere le caratteristiche basilari delle lotte nella
società borghese basca, lasciando questo da un lato, bisogna dire che
esiste un doppio rischio che i movimenti popolari, sociali e sindacali non
arrivino ad avere l'influenza che devono avere.
Da una parte, ovviamente, le forze stataliste, regionaliste ed
autonomiste, in diversa misura, hanno un interesse preciso affinché il
processo sia essenzialmente burocratico, neanche parlamentare, bensì
portato a capo solo da e dentro i partiti politici che ricorreranno
unicamente al parlamento per dare sottoabiti di ufficialità definitiva
alle loro pretese. Questi partiti hanno paura dell'iniziativa delle masse,
e peggio ancora, non hanno basi militanti capaci di difendere le loro idee
nei movimenti, per strada, etc. rimangono loro poche, molto poche basi
attive, e queste non sanno che cosa è militare dentro la realtà sociale
delle masse.
D'altra parte, esistono settori organizzati con militanza sindacale e
sociale, appena con militanza popolare nel senso che questo ha in Euskal
Herria che si sono distanziati dalla militanza indipendentista basca per
differenti motivi, ed il rischio poggia sul fatto che l'avvicinamento
mutuo sia lento, sospettoso e diffidente, quando è risaputo che le lotte
rivendicative comuni esigono, tra altre cose, un determinato livello di
fiducia mutua e solidarietà.
Le forme per superare entrambi i rischi è che, rispetto al primo, tanto le
burocrazie parziali come le loro basi, benché soprattutto queste, imparino
sotto la pressione delle mobilitazioni che è molto controproducente
potenziare il dirigismo sostituzionista ed i suoi metodi striscianti,
insomma il disprezzo al paese.
Questi partiti dovranno imparare dal paese, fare sforzi per alzarsi alla
sua altezza e non continuare infossati nel pantano politico. E rispetto al
secondo, si presenta un compito bidirezionale, di mutuo recupero della
solidarietà e fiducia che ci fu in Euskal Herria fino alla seconda metà
degli anni 70, fino a prima che il riformismo pressasse le sue basi per
distanziarsi dagli indipendentisti baschi. Non è verità che la lotta
armata fu la causa della rottura; la causa prima e decisiva fu l'enorme
pressione di costituzionalisti ed autonomisti affinché le loro basi
rompessero relazioni pratiche con le genti indipendentiste basche. Anche
altri collettivi riformisti di sinistra si distanziarono, ma più tardi e
soprattutto per paura della repressione. Non nego che ci fossero errori
tattici della sinistra indipendentista basca che facilitarono parzialmente
questa manovra, ma la ragione fondamentale è quella esposta.
Riconosciuto questo, anche la militanza indipendentista basca deve avere
capacità di comprensione ed integrazione mediante la pedagogia
dell'esempio pratico, il migliore di tutti come affermava il Che Guevara,
e non erigersi ad unico giudice se non fare che il verdetto ultimo lo
detti la propria lotta unita per il recupero di tutti i diritti per tutte
le persone.
25-III-2006
Fonte: En lucha
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