[RSF] La guerra dichiarata all'Olanda dal ministro Giovanard…

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Autore: Ecumenici posta
Data:  
To: forumroma, mangrovia, 'Agenzia Metamorfosi', 'circolo arci agorà', 'Edvino Ugolini', m1, 'Manuele Messineo'
Oggetto: [RSF] La guerra dichiarata all'Olanda dal ministro Giovanardi
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La newsletter ecumenica laica più diffusa in Europa

(si chiede di citare anche il sito in caso di diffusione sul web)

La libera diffusione di questo numero speciale avverrà anche nei prossimi
giorni









Olanda: propagandisti scatenati dal ministro Giovanardi contro
l’informazione corretta









Quando fu promulgata nel 2000 l’allora decano della Facoltà Valdese di
teologia, il pastore Ermanno Genre, dichiarò: "la legge approvata in Olanda
merita di essere conosciuta prima che 'scomunicata': e' una legge che tutela
il diritto del cittadino, per evitare che altri decidano per lui. Il
ministro Giovanardi scaglia ora, proprio contro quella Legge, veri e propri
propagandisti scatenati sui vari media a danno dell’informazione corretta.



La legge olandese sull’eutanasia commentata in un libretto dell'
<http://www.claudiana.it> editrice Claudiana

Bene ha fatto la Claudiana a pubblicare il testo della legge olandese
modificativa di alcuni articoli del Codice penale in riferimento
all'"interruzione della vita su richiesta e dell'assistenza al suicidio"(1).
Legge esaltata e auspicata da alcuni come segno di civile progresso e da
altri esecrata e respinta come segno di incivile regresso.

Una legge rigorosa
Intanto, al di là delle diatribe ideologiche, la conoscenza del testo della
legge contribuisce a valutare positivamente la cautela e il grande senso di
umana responsabilità che stanno alla sua base. Le rigorose condizioni poste
per la sua applicazione consistono innanzitutto nel rispetto della volontà
del paziente che deve essere più volte espressa in modo inequivocabile; in
seguito deve risultare con altrettanta chiarezza la situazione di sofferenza
insopportabile e senza prospettive di miglioramento. Il medico, accertate
queste condizioni e dopo essersi confrontato con colleghi indipendenti,
potrà agire applicando i più rigorosi criteri di diligenza, prudenza e
perizia. Il testo della legge è integrato da risposte a ben 18 domande che
possono essere formulate in relazione alla delicatezza della problematica
affrontata. Inoltre il libro è corredato da documenti della Chiesa
evangelica d'Olanda, della Chiesa valdese e da puntuali commenti dei pastori
Ricca, E. Genre e Becchino.
Lo scrupolo con cui la legge viene applicata si può desumere dall'elevato
numero di richieste di eutanasia non accolte e dal relativamente basso
numero di situazioni in cui la legge può trovare legittima applicazione. Il
punto di partenza è che il paziente non gode del diritto di eutanasia e che
il medico non è obbligato a praticarla. L'eutanasia non dovrà mai diventare
un intervento di routine, ma riguardare "casi limite" per i quali possa
essere dimostrata l'inefficacia di ogni altro intervento.
Un discorso favorevole all'approvazione di una tale legge non può tuttavia
non tener conto di alcuni elementi problematici. Alcuni sono segnalati dalla
nota psicologa e psicoterapeuta francese Marie De Hennezel, ben conosciuta
anche da noi per la pubblicazione del libro La mort intime, poco
correttamente tradotto "La morte amica"(2), in cui descrive le sue toccanti
esperienze nella pratica dell'accompagnamento dei morenti esercitata
nell'unità di cure palliative all'Ospedale universitario di Parigi. In un
secondi libro dal titolo significativo Nous ne nous sommes pas dit au
revoir, anche in questo caso banalmente tradotto in "La dolce morte"(3),
viene affrontato con serenità e umanità il problema dell'eutanasia.

Eutanasia di fatto
Con esplicito riferimento alla situazione olandese l'autrice documenta come,
a dispetto della legge, sia elevato il numero non registrato di casi in cui
l'eutanasia viene praticata senza l'esplicita manifestazione di volontà da
parte del paziente. Questa viene a volte "presunta" a causa del fatto che il
soggetto non è più in grado di esprimerla, oppure non viene richiesta
ritenendo sufficiente lo stato terminale del malato, spesso con l'assenso
della famiglia, impreparata a veder soffrire il proprio congiunto e
l'approvazione del medico che tende a considerare positivamente la rapida
soluzione di un problema che rischia di prolungarsi oltre il previsto.
Viene così meno il rispetto dell'autodeterminazione del soggetto
considerato, secondo la legge, elemento primario per la legittima
applicazione della procedura di eutanasia. Le percentuali riguardanti questo
fenomeno sembrano così alte al punto di determinare il sorgere di una
associazione di matrice protestante composta da circa 60.000 persone le
quali richiedono esplicitamente di non subire interventi di eutanasia senza
il loro consenso nella fase terminale della vita. Viene inoltre rilevato il
rischio che l'eutanasia legalmente autorizzata diventi una scorciatoia che
risparmi al medico di ricercare con maggiore impegno soluzioni alternative e
alle famiglie un lungo periodo di faticosa assistenza.
La legge olandese prevede casi di obiezione di coscienza da parte di medici
e infermieri. Questa situazione rischia di causare difficoltà nel rapporto
con pazienti eventualmente disposti a richiedere interventi di eutanasia.
Una legge analoga che fosse approvata nel nostro paese vedrebbe,
presumibilmente, un alto numero di obiettori di coscienza, ciò che
metterebbe in difficoltà medici "con licenza di uccidere", i quali
vedrebbero guardati con qualche sospetto da parte di degenti. Eppure
l'eutanasia, in circostanze di grave necessità nelle quali la morte può
essere considerata condizione migliore di una vita non più sopportabile, non
può essere del tutto esclusa anche se, come osserva un medico citato da
Hennezel, deve rimanere una "trasgressione". Il medico che la compie in
stato di grave necessità non deve cercare una copertura giuridica che
rischia di innescare una serie di interventi discutibili ai limiti della
legge, ma autodenunciarsi alla magistratura.
Un primario dell'unità di cure palliative afferma che su 15.000 degenti
ricoverati dall'apertura dell'unità nel 1987, solo 15 di essi hanno
mantenuto la richiesta di eutanasia. Le cure palliative non si propongono il
caso limite della soppressione della vita ma, rispettando il diritto di
morire, tendono a rimuovere ogni ostacolo che inutilmente ritardi un
processo di morte che invece deve essere gradualmente assecondato e favorito
fino all'estinzione finale. Il metodo sta nell'applicazione di una
astensione terapeutica per quel che concerne cure attive di mantenimento e
nell'accentuazione della somministrazione di analgesici, provvedendo nel
contempo al contenimento di sintomi negativi a livello fisico e assicurando
adeguato sostegno psicologico e affettivo, in ambiente familiare, da parte
di parenti o persone preparate.

L'aspetto spirituale
L'aspetto spirituale può diventare rilevante in una relazione d'aiuto che
non può esaurirsi in un unico incontro, ma che deve essere in grado di
riaffermare gli elementi della fiducia, della salvezza, della grazia, del
perdono e della riconciliazione che non coincidono più con la guarigione, ma
ritrovano la pienezza del loro senso nella prospettiva della fede.
Il problema di fondo su cui la comunità dei credenti deve misurarsi (si
veda(4) ) non sta tanto negli aspetti clinici, per quanto importanti, né
sugli aspetti giuridici nella contrapposizione a favore o contro. una legge,
ma sulla riconsiderazione globale del senso della vita e della morte.

_______________________

(1)
<http://www.claudiana.it/php/mostrascheda.php?nscheda=88-7016-413>
Eutanasia. La legge olandese e commenti, a c. di Paolo Ricca. Torino,
Claudiana, 2002.
(2) MARIE DE HENNEZEL: La morte amica. Lezioni di vita da chi sta per
morire. Mi, Rizzoli, 1996.
(3) id., La dolce morte, il diritto di morire con dignità. Sonzogno, 2002
(sullo stesso tema: G. Dworkin, R. Frey, S. Bok, Eutanasia e suicidio
assistito, pro e contro. Ed. di Comunità, 2001).
(4) <http://www.chiesavaldese.org/pages/archivi/mater_studio/bioetica.pdf>
Bioetica, <http://www.chiesavaldese.org/pages/archivi/mater_studio/ivg.pdf>
aborto,
<http://www.chiesavaldese.org/pages/archivi/mater_studio/eutanasia.pdf>
eutanasia, a c. di Gruppo di lavoro sui problemi etici posti dalla scienza
nominato dalla Tavola valdese nel 1992, Torino, Claudiana, 1998. Il testo
riguardante l'eutanasia è riportato per intero sul libro di cui alla nota n.
1.



Fonte: <http://www.chiesavaldese.org/> www.chiesavaldese.org – Articolo
apparso inizialmente sul settimanale Riforma a firma di Alberto Taccia







Inserto sul pensiero arabo





L’inserto è curato da Mustafa T. , tecnico 46enne di Torino, appassionato di
cultura islamica e yoga, autodidatta, socio fondatore di tre associazioni
islamiche. Autore del libro: Asciurà: il martirio del sacro mese di
Muharram, edizione Noctua, 1999, e curatore del libro di Gohar Shahi:
Minareto di luce, SEB edizioni, 1998. Noto per i suoi viaggi e ritiri
spirituali in Siria, Iran, Turchia e India, è oggi collaboratore di riviste
islamiche.

Attualmente dirige il progetto Yoga e Islam ai seguenti indirizzi web:

http://tradizionesacra.blog.tiscali.it
<http://tradizionesacra.blog.tiscali.it/>

http://it.groups.yahoo.com/group/yogaeislam/











La filosofia ebbe inizio nel mondo islamico nel III/IX secolo, con la
traduzione in arabo di testi filosofici greci. Il primo filosofo musulmano,
i cui scritti si sono tutti conservati - al-Kindi - fu celebrato anche
nell'Occidente latino. Egli aveva una grande familiarità con le dottrine
principali della filosofia greca e si era fatta fare espressamente la
traduzione di una versione compendiata delle Enneadi. Fu lui a dare l'avvio
alla formulazione di un vocabolario filosofico tecnico in arabo e a un
ripensamento della filosofia greca nei termini di dottrine islamiche. Da
entrambi questi due punti di vista fu seguito da al-Fàràbi, il quale dette
un contributo determinante alla formazione in Islam di una salda base per la
filosofia peripatetica. I filosofi di questa scuola avevano familiarità con
i neoplatonici alessandrini e ateniesi e con i commentatori di Aristotele, e
consideravano la filosofia di Aristotele alla luce del neoplatonismo. Sono
inoltre identificabili elementi neopitagorici in al-Kindi, dottrine
politiche sciite in al-Fàràbi e idee di ispirazione sciita in taluni scritti
di Avicenna.

La principale tendenza della scuola peripatetica, la quale trovò il suo
massimo esponente islamico in Avicenna, fu però verso una filosofia fondata
sull'uso della facoltà discorsiva, la quale si affidava essenzialmente al
metodo sillogistico. L'aspetto razionalistico di questa scuola raggiunse il
suo punto terminale con Averroè, il quale divenne il peripatetico musulmano
più ortodosso in senso aristotelico e rifiutò, come aspetto esplicito della
filosofia, quegli elementi neoplatonici e musulmani che erano entrati nella
visione del mondo dei peripatetici orientali come Avicenna.

Dal VI/XII secolo in avanti, si sviluppò l'altra scuola principale della
filosofia islamica, o, per esprimerci in modo piú appropriato, la "teosofia"
nel suo senso originario. Questa scuola, il cui fondatore fu Suhrawardi,
divenne nota come la scuola illuminativa (ishràgz), in contrapposizione con
quella peripatetica (mashashà'i). Mentre i peripatetici si fondavano piú
decisamente sul metodo sillogistico di Aristotele e cercavano di raggiungere
la verità per mezzo di argomenti fondati sulla ragione, gli illuminativisti,
che attingevano le loro dottrine sia dai platonici e dagli antichi persiani
sia dalla stessa rivelazione islamica, consideravano l'intuizione
intellettuale e l'illuminazione il metodo fondamentale da seguire, di pari
passo con l'uso della ragione. I filosofi razionalisti, pur lasciando
un'impronta indelebile sulla terminologia della posteriore teologia
musulmana, si allontanarono gradualmente dagli elementi ortodossi, sia
teologici sia gnostici, cosicché dopo la loro "confutazione" da parte di
al-Ghazzàli, esercitarono ben poca influenza sul corpo principale
dell'opinione pubblica musulmana. La scuola illuminativi, che combinava il
metodo della raziocinazione con quello dell'intuizione intellettuale e
dell'illuminazione, balzò invece alla ribalta durante quello stesso periodo
che viene considerato in generale - anche se del tutto erroneamente - la
fine della filosofia islamica. Di fatto, assieme alla gnosi, essa occupò la
posizione centrale nella vita intellettuale dell'Islam. Nel momento stesso
in cui, in Occidente, il platonismo agostiniano (che considerava la
conoscenza il frutto dell'illuminazione) cedeva il passo all'aristotelismo
tomistico (che si allontanò da questa stessa dottrina illuminativi), nel
mondo islamica stava avendo luogo il processo inverso.

Dobbiamo però operare una distinzione fra le reazioni sunnita e sciita alla
filosofia. Il mondo sunnita, dopo Averroè, rifiutò quasi per intero la
filosofia, eccezion fatta per la logica e per il persistere dell'influenza
della filosofia sui suoi metodi di argomentazione, oltre che per alcune
convinzioni cosmologiche che si erano conservate nelle formulazioni della
teologia e in alcune dottrine sufi. Nel mondo sciita, invece, la filosofia
di entrambe le scuole, peripatetica e illuminativi, continuò a essere
insegnata come una tradizione viva nei secoli nelle scuole religiose; alcune
fra le massime figure della filosofia islamica, come Mullà Sadrà, che fu un
contemporaneo di Descartes e Leibniz, vennero molto tempo dopo il periodo
considerato solitamente "la fase produttiva" della filosofia islamica.





Quanto alle differenze fra i punti di vista sunnita e sciita, si deve
sottolineare che assai presto nella sua storia l'Islam si divide lungo le
linee di queste due diverse prospettive, le quali sono entrambe
interpretazioni ortodosse e legittime della rivelazione islamica, ciascuna
adatta a un tipo particolare di costituzione mentale e psicologica. Lo
sciismo fu sempre numericamente una minoranza e costituisce oggi forse un
quinto o un sesto del mondo islamico. La sua importanza spirituale e
culturale durante la storia islamica fu però molto maggiore di quanto
potrebbe indicare il numero dei suoi aderenti, specialmente durante i secoli
IV/X e V/XI, quando gli sciiti dominarono su vaste zone del mondo islamico.
In Persia gli sciiti duodecimani hanno dominato a partire dal X/XVI secolo,
e non è casuale che la filosofia abbia trovato dopo l'epoca di Averroè il
suo habitat piú congeniale in quest'atmosfera prevalentemente sciita. Quivi
la logica e la filosofia peripatetica, la quale è fondata sostanzialmente su
di essa, divennero un insegnamento propedeutico allo studio delle dottrine
della scuola illuminativa, e questo studio fu a sua volta una scala per
ascendere alla comprensione delle dottrine della pura gnosi.







IL SOLE

“Poi che son servo del Sole vi parlerò del Sole;
notte non sono, né adoratore delle notti, non parlerò di sogni.
Come messaggero del Sole e suo interprete,
segreti messaggi prenderò da lui e vi porterò la risposta.
E poi che vado come sole, brillerò su rovinati deserti,
fuggirò dai luoghi abitati, parlerò deserte parole.
Assomiglio alla vetta di un albero lontano dalla radice:
pur ristretto in secca corteccia, parlerò di succoso midollo.
Se pur son mela secca son più alto d’un albero;
anche se ebbro e sconvolto, dico parole veraci!
Da quando il mio cuore ha sentito il profumo della polvere della
sua soglia,
ho vergogna anche della polvere sua, non parlo che d’acqua
purissima!
Togliti il velo dal volto, ché il volto hai glorioso!
Non permettere ch’io debba parlarti come sotto ad un velo!
Se hai il cuore di pietra, io son pieno di fuoco qual ferro;
se assumi trasparenza di cristallo, io parlo di calice e vino!
Poi che nato sono dal Sole come il Re Qobad antico,
non sorgerò nella notte, non parlerò di chiaro di luna.”

(Rumi, Poesie mistiche, Rizzoli)





Fra i vari settori dell'Islam sciita, due sono particolarmente importanti
per lo studio della filosofia islamica, la scuola duodecimana o di Gia'far,
e la scuola ismailita, la quale ebbe una grande influenza, sia politica sia
culturale, durante il Medioevo. Gli imani sciiti, che portano in sé la luce
profetica, sono gli interpreti per eccellenza del significato interiore di
tutte le cose, del libro della Rivelazione come del libro della Natura. Essi
posseggono per principio la conoscenza di tutte le cose, soprannaturali
oltre che naturali, e alcuni di essi - fra cui particolarmente Gía`far al
Sàdiq, il sesto imam - furono non soltanto maestri di scienze religiose e
spirituali, ma scrissero anche di scienze naturali. Come abbiamo già avuto
occasione di ricordare, il famoso alchimista Giàbir ibn Hayyàn sostenne di
essere stato discepolo dell'imam Gia`far. Di fatto, l'integrazione
dell'ermetismo nell'Islam e l'accettazione della legittimità delle scienze
greche agli occhi dello sciismo furono un risultato del contatto di vari
imam con uomini istruiti nelle scienze greche.

Lo sciismo cercò quindi di coltivare varie scienze, particolarmente quelle
cosmologiche. Molti fra i famosi scienziati e filosofi musulmani - come
Avicenna, Nàsir-i Khusrau e Nàsir al-Din al-Tusi - furono sciiti o
provennero da un ambiente sciita. Nella letteratura sciita c'è una grande
quantità di scritti che si occupano della natura e del suo significato
spirituale. Il simbolismo alchimistico e numerico sono usati estesamente nei
trattati cosmologici di questo gruppo, e l'ambito fisico è usato
primariamente come simbolo degli ordini di realtà superiori. La natura è
considerata un libro il cui significato interiore può essere inteso solo
attraverso un'interpretazione simbolica (ta'wil) e non attraverso
un'osservazione "letterale." Gli sciiti si unirono alla prospettiva del
sufismo nell'assegnare un significato spirituale allo studio della natura e
nel considerare il mondo fisico uno specchio in cui vengono riflesse realtà
spirituali. Per essi, come per i sufi e per taluni filosofi, l'universo
consta di una gerarchia di esseri i quali discendono da una singola fonte e
tornano infine alla loro Origine unica.



Tratto da "La filosofia nel mondo islamico" di¨ Seyyed Hossein Nasr. Tratto
dall'opera "Scienza e civiltà nell'Islam".







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