[Lecce-sf] REFERENDUM: UNA QUESTIONE CRUCIALE

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Autore: Alessandro Presicce
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To: la mailing-list del Lecce social forum
Oggetto: [Lecce-sf] REFERENDUM: UNA QUESTIONE CRUCIALE
RIFORMA COSTITUZIONALE E REFERENDUM:
UNA QUESTIONE CRUCIALE

Fra i tanti temi di discussione e di confronto c'è in questa campagna elettorale una questione che rischia di essere relegata in un ruolo di secondo piano ed è quella della riforma berlusconiana, approvata definitivamente dal Senato il 16 novembre scorso, con la quale è stata sostanzialmente abrogata e sostituita la seconda parte della Costituzione del '48. Una questione sulla quale dovrà svolgersi, presumibilmente nel prossimo giugno, il referendum confermativo chiesto da quindici Consigli regionali, da oltre un quinto dei parlamentari e da più di ottocentotrentamila cittadini le cui firme sono state depositate in Cassazione dal Comitato promotore guidato dall'ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.

Una questione di primaria importanza della quale si parla poco forse perché si attribuisce ai cittadini una vista politica assai corta e li si considera concentrati sui fatti "concreti" come se concreto, e peraltro drammatico per le sorti della nostra democrazia, non fosse l'attacco mortale portato alla Costituzione repubblicana e come se gli elettori non fossero interessati anche e soprattutto alla difesa di quel "precipitato storico" delle culture democratiche che ispirarono la Resistenza e cioè di quell'insieme di valori, di scelte e di precetti che costituiscono il nostro Statuto. Un errore per il quale si trascurano le cause della crisi che attanaglia il Paese, si rischia di impoverire il confronto politico e non si mette adeguatamente in luce la cruciale rilevanza della posta in gioco. Un deprecabile errore dovuto alla sottovalutazione della maturità politica dei cittadini e alla difficoltà di capire che alla domanda di beni si accompagna sempre di più la domanda di valori per la crescente consapevolezza della stretta correlazione tra i primi ed i secondi. Una correlazione confermata proprio da quanto è accaduto in questa legislatura durante la quale alla mortificazione dei valori e delle regole ha corrisposto la perdita dei beni e dei servizi con un progressivo e pesante impoverimento di massa.

L'Italia del berlusconismo è l'esatto contrario del Paese disegnato dalla Carta Costituzionale, un grande Statuto che va quindi riproposto come l'anima del progetto alternativo alla politica di questi ultimi cinque anni. «E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Questo impegnativo "compito" solennemente assegnato dai Padri costituenti alla Repubblica, questo mandato non sempre assolto in modo adeguato dalla nostra classe politica, è stato negli ultimi tempi totalmente tradito e respinto da logiche e comportamenti di opposto indirizzo. E lo scomposto intervento del Premier al Convegno di Vicenza della Confindustria, per la tracotanza dei modi e per la speciosità degli argomenti, ne è scultorea ed ammonitrice sintesi. Il grande mandato dei Costituenti deve perciò diventare la stella polare di una politica autenticamente riformatrice e coraggiosamente alternativa all'esperienza governativa che sta per concludersi.

Si deve allora chiarire che la riforma delle destre, se formalmente riguarda solo la seconda parte della Costituzione, in sostanza incide pesantemente sulla prima parte dello Statuto. Progetto di società e metodi per realizzarlo, scelte e regole, dinamiche e garanzie, finalità e mezzi (con i secondi sempre in funzione dei primi e questi a quelli strettamente legati), costituiscono un tutto organico ed inscindibile sicché non è possibile sovvertire l' "ordinamento" della Repubblica senza produrre effetti devastanti sui principi e sui diritti enunciati nella prima parte dello Costituzione. E che quella berlusconiana sia una riforma che altera profondamente i connotati della nostra democrazia, risulta di tutta evidenza ove si consideri che essa attribuisce al Primo Ministro un potere di sostanziale controllo sulla funzione legislativa e quindi sulle scelte decisive per le sorti del Paese e per la regolamentazione dei diritti fondamentali dei cittadini. Viene infatti operata una vera e propria mortificazione del ruolo del Parlamento e viene inferto un grave vulnus al principio della divisione dei poteri che è il cardine di ogni moderno Stato costituzionale e di diritto.

Con la riforma delle destre si cambia la struttura del Parlamento rendendo farraginosa la produzione legislativa, si modifica la forma di governo rafforzando oltre ogni misura i poteri del Primo Ministro, si attribuisce al Premier il potere di promuovere l'attività dei ministri e di nominarli e revocarli a suo piacimento, viene eliminata la mozione di fiducia in occasione della presentazione del Primo Ministro alle Camere e si introduce una mozione di «sfiducia costruttiva» di difficilissima attuazione pratica. Ed ancora: si attribuisce di fatto al Premier il potere esclusivo di scioglimento anticipato della Camera dei Deputati provocando le elezioni, si depotenzia fino a renderlo simbolico il ruolo del Presidente della Repubblica, si indeboliscono gli altri organi di garanzia come la Corte Costituzionale ed il Consiglio Superiore della Magistratura, si frantumano con la devolution i sistemi sanitario e scolastico provocando una differenziazione dei servizi e delle prestazioni fra le diverse Regioni e penalizzando così le Regioni più deboli.

Giustamente si è detto che in questa situazione il popolo rimane l'ultima istanza in grado di salvare la democrazia rappresentativa e che esso deve sentirsi investito di un vero e proprio ruolo costituente per assolvere al compito di instaurare di nuovo la Costituzione che gli è stata sottratta: una esortazione da tenere presente durante questo scorcio di campagna elettorale e, senza distrazioni, successivamente fino al giorno della consultazione referendaria.

Brindisi, 20 marzo 2006

Michele DI SCHIENA