Author: Marcantonio Lunardi Date: To: forumlucca Subject: [Forumlucca] GIOVEDI’ SERA 23 Aprile 2006 MANIFESTAZIONE PER RICOLLOCARE LA LAPIDE DI PINELLI
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> L'IMPORTANZA DI UNA LAPIDE
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> IL SINDACO DI MILANO FA SOSTITUIRE DI NOTTE LA TARGA DEDICATA A
> GIUSEPPE PINELLI
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> L'ANARCHICO NON PIU' "UCCISO" MA "MORTO TRAGICAMENTE"
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> GIOVEDI' SERA UNA MANIFESTAZIONE PER RICOLLOCARLA
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> Il sindaco di Milano Gabriele Albertini, tra venerdì e sabato notte,
> con un blitz degno di miglior causa, ha fatto sostituire la targa,
> posta in Piazza Fontana, a ricordo dell'anarchico Giuseppe Pinelli.
> Dove in precedenza compariva la parola "ucciso" ora si leggono le
> parole "morto tragicamente". La firma: quella del comune, al posto
> degli "studenti" e dei "democratici milanesi", che la posero il 16
> dicembre del 1977, al termine di un corteo.
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> Molte erano state le polemiche e i tentativi di rimozione in tutti
> questi anni. Si distinse, fra gli altri, anche il sindaco socialista
> Paolo Pillitteri, che nel 1987 cercò di farla sparire. Nel 1989,
> invece, il Lisipo, un piccolo sindacato di Polizia, minacciò
> addirittura di passare a vie di fatto. Quell'anno la vicenda si
> concluse con un grande corteo. La lapide venne posta su un cavalletto
> e cementata. Dal febbraio del 2004, causa la corrosione del tempo, si
> era anche provveduto, da parte del Circolo anarchico Ponte della
> Ghisolfa, a sostituirla con una copia identica all'originale. Ora
> l'intervento del sindaco, in campagna elettorale, a provocare la città
> e la sua storia.
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> Le reazioni, spesso indignate, non si sono fatte attendere. Giovedì
> sera una manifestazione, con il consenso di tutti i settori
> dell'antifascismo milanese, ricollocherà la vecchia targa a fianco
> della nuova.
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> PINELLI E VALPREDA
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> Giuseppe Pinelli fu fermato nel tardo pomeriggio del 12 dicembre,
> poche ore dopo la strage alla Banca Nazionale dell'Agricoltura,
> avvenuta alle 16,37 di quel venerdì. Fu prelevato presso il circolo
> anarchico di Via Scaldasole da agenti dell'Ufficio Politico, guidati
> dal commissario Luigi Calabresi. Rimase in questura per tre giorni e
> tre notti, in stato di fermo illegale, sottoposto a continui
> interrogatori, senza poter riposare, se non per pochissime ore su una
> branda.
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> Poco dopo la mezzanotte del 15 dicembre "precipitò" dalla finestra
> dell'ufficio del commissario Calabresi, dal quarto piano. Morì senza
> aver mai ripreso conoscenza. In quella stanza, oltre al commissario,
> si erano alternati quattro sottufficiali di polizia e un ufficiale dei
> carabinieri. La versione fu subito quella del suicidio. Il questore
> Marcello Guida in una conferenza stampa, convocata immediatamente,
> parlò di "forti indizi" a carico di Giuseppe Pinelli per le bombe del
> 12 dicembre. Riguardo la sua morte il brigadiere Giuseppe Caracuta
> raccontò di un "balzo repentino", Pietro Mucilli di "tuffo oltre la
> ringhiera". Il brigadiere Vito Panessa si spinse oltre, affermando che
> nel tentativo di salvare Pinelli "in mano gli rimase soltanto una
> scarpa". Peccato che Pinelli nel cortile della questura fosse stato
> rinvenuto ancora con ambedue le scarpe ai piedi. La stessa mattina del
> 15 dicembre, solo poche ore prima, era stato arrestato Pietro Valpreda
> indicato come l'autore materiale della strage di Piazza Fontana. Era
> iniziata la "caccia al mostro".
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> IL "MALORE ATTIVO"
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> Dopo una prima archiviazione nel maggio del 1970, per "morte
> accidentale", decisa dal giudice istruttore Antonio Amati, su proposta
> del pm Giovanni Caizzi, si aprì nell'ottobre del 1970 il processo per
> diffamazione intentato dal commissario Calabresi contro il quotidiano
> "Lotta Continua", che aveva promosso nei suoi confronti una
> sistematica campagna di denuncia, con articoli e vignette. In questo
> contesto, nell'aprile del 1971, anche la riesumazione del cadavere di
> Pinelli, per verificare se fossero ancora riscontrabili le tracce di
> un colpo di karatè sferrato durante gli interrogatori che, con ogni
> probabilità, aveva leso il bulbo spinale. Forse la vera causa del
> malore che aveva provocato la defenestrazione.
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> L'avvocato di Calabresi, Michele Lerner, ricusò a quel punto il
> giudice Biotti per aver anticipato in un colloquio privato le proprie
> convinzioni sulla colpevolezza di Calabresi. Il 7 giugno 1971 la Corte
> d'appello rimosse il giudice dall'incarico ed il processo si arenò
> definitivamente. Solo il 4 ottobre del 1971 il caso si riaprì, quando
> su denuncia della vedova Licia Rognini, il giudice istruttore Gerardo
> D'Ambrosio emise sei avvisi per omicidio volontario contro il
> commissario Calabresi, i poliziotti Vito Panessa, Giuseppe Caracuta,
> Carlo Mainardi, Piero Mucilli ed il tenente dei carabinieri Savino Lo
> Grano.
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> L'istruttoria si concluse il 27 ottobre del 1975 con il
> proscioglimento di tutti gli indagati. Una sentenza passata alla
> storia. L'anarchico, sostenne D'Ambrosio, non si era suicidato ma
> nemmeno era stato assassinato. "Verosimilmente", a causa di un "malore
> attivo" e dall'"improvvisa alterazione del centro di equilibrio" fu
> violentemente spinto fuori dalla finestra. Giuseppe Pinelli, alto
> 1,67, accusando uno svenimento, invece di accasciarsi come ogni altro
> essere mortale, con un involontario balzò si ritrovò invece a
> scavalcare una finestra di 97 centimetri, spalancando al contempo,
> quasi in volo, le imposte socchiuse. Un caso senza precedenti rimasto
> ancor oggi unico nel suo genere. Gli stessi periti d'ufficio esclusero
> la possibilità dell'evento, in evidente contrasto con le più
> elementari leggi della fisica e della medicina legale. Per altro,
> Pinelli non presentava ferite nè alle mani nè alle braccia. Il corpo
> era certamente già inanimato al momento della caduta. L'assenza di
> sangue dal naso e dalla bocca non faceva che confermarlo. Non bastò.
> Neanche le dichiarazioni degli stessi indagati, tutte in contrasto fra
> loro e senza che nessuno avesse mai parlato di malore, impedirono al
> giudice D'Ambrosio di archiviare. Un'infamia.
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