[Lecce-sf] Fw: Perché gli USA vogliono ad ogni costo attacca…

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Auteur: Maria
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À: socialforum lecce
Sujet: [Lecce-sf] Fw: Perché gli USA vogliono ad ogni costo attaccare l'Iran?

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From: <zambon@???>
To: <Undisclosed-Recipient:;>
Sent: Thursday, February 16, 2006 7:03 PM
Subject: Fw: Perché gli USA vogliono ad ogni costo attaccare l'Iran?





> Perché gli USA vogliono ad ogni costo attaccare l'Iran?
>
> di Carlo Bertani - 9/02/2006
>
> Era come se avessi vissuto molto a lungo e, cammina cammina, fossi
> arrivato
> a un abisso e avessi visto chiaramente che davanti a me non c'era nulla,
> se
> non la rovina: e fermarsi non si può, e tornare indietro non si può e
> neppure si può chiudere gli occhi per non vedere che davanti non c'è nulla
> se non l'inganno.
> Lev Tolstoj Le confessioni
>
> Nel 1941 il Giappone attaccò gli USA a Pearl Harbour perché, se si fosse
> piegato alle richieste di Washington - che aveva espressamente fissato i
> quantitativi massimi di materie prime che il Sol Levante poteva
> importare -
> l'economia giapponese avrebbe subito un terribile tracollo ed il paese
> sarebbe precipitato nella miseria.
> I giapponesi erano consci d'avere scarse probabilità di successo, sapevano
> che gli USA potevano in un solo anno produrre più portaerei di quelle che
> il
> Giappone sarebbe riuscito a produrre in un secolo, ma tentarono
> ugualmente.
> Perché? Poiché non avevano altra via d'uscita.
> La stessa domanda - curiosa nemesi storica - se la sono certamente posta a
> Washington prima di dare inizio alle danze, ovvero prima di premere
> affinché
> Teheran fosse deferita al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, primo passo
> verso
> un nuovo abisso di morte e distruzione: il futuro immaginato dagli USA è
> quello di riportare l'Iran all'anno zero dello sviluppo industriale.
>
> Tutti possiamo capire facilmente che si tratta di un futuro a tinte assai
> fosche, e per mille motivi: se gli USA sono già in grave difficoltà in
> Iraq
> ed in Afghanistan, perché rilanciare il piatto con un'altra puntata di
> sangue?
> Apparentemente, la cosa ha poco senso, ma solo apparentemente.
> Le ragioni ufficiali? La questione nucleare: una bugia che non ha nemmeno
> le
> gambe per muoversi, altro che le armi di Saddam Hussein.
> Anzitutto, nessun trattato od accordo internazionale impedisce ad un paese
> di dotarsi di tecnologia nucleare ad uso civile, e ci sarebbe anche da
> discutere sul fatto che non possa dotarsi d'armi nucleari, giacché coloro
> che sembrerebbero essere i giudici della contesa sono proprio i paesi
> ricchi
> di missili e relativi ordigni atomici.
> Sorvoliamo su queste quisquilie diplomatiche, giacché sappiamo che nella
> storia esiste una sola legge - quella del più forte - e domandiamoci:
> davvero l'Iran sarebbe un pericolo per l'area?
>
> A dire il vero, l'Iran parrebbe l'unico paese di un certo "peso" nell'area
> ad essere privo d'armi nucleari: se Teheran è un pericolo, il Pakistan che
> cos'è?
> E non finisce qui, giacché l'Arabia Saudita ha recentemente ristrutturato
> con acquisti in Cina il proprio arsenale balistico: ufficialmente non ha
> l'
> atomica, ma armamenti chimici e biologici non mancano certo a Ryad. Non
> minimizziamo sugli armamenti biologici: per una popolazione colpita, è
> forse
> preferibile morire di botto in uno schianto atomico piuttosto della lenta
> e
> terribile morte che danno l'antrace modificato od il nuovo vaiolo made in
> provetta.
> Pakistan, India, Cina ed Israele hanno arsenali propri, mentre l'Iraq e l'
> Afghanistan sono sotto controllo americano (e quindi sotto il loro
> "ombrello" atomico): chi è rimasto fuori?
> La Siria si è dotata recentemente dei missili SS-26 Iskander russi, in
> grado
> di volare bassi, velocissimi e praticamente invisibili ai radar;
> l'obiettivo
> di quei missili (con testata convenzionale, ad esplosivo) è uno solo: in
> caso di guerra contro Israele, colpire la centrale nucleare israeliana di
> Dimona.
> Insomma, tutti in Medio Oriente sono in grado di combinare sfracelli con
> quello che già possiedono: se l'Iran fra qualche anno avesse la bomba
> atomica, è oggi il caso di far saltare l'intero pentolone medio-orientale
> con quella motivazione? Sarebbe come dar fuoco alla casa per prevenire un
> possibile incendio.
>
> Le vere motivazioni bisogna andarle a cercare da altre parti, ma non c'è
> tanto da "grattare" per scoprire l'uovo di Colombo.
> La prima causa è comune a tutti gli stati che possiedono giacimenti
> petroliferi: nessun paese che gode di simili ricchezze può permettersi di
> trasformarle in tessuto produttivo, in un apparato industriale, giacché
> maggiore è l'indipendenza economica e tecnologica dalle grandi potenze e
> minore è il controllo imperiale e neocoloniale che le stesse possono
> esercitare.
> Ci sono due esempi - antitetici - che dimostrano ampiamente questa tesi:
> il
> primo è l'Iraq, che - pur essendo al secondo posto nel pianeta per riserve
> di petrolio censite - estraeva a ritmi molto blandi e trasformava i
> proventi
> in tessuto industriale e nella modernizzazione del paese.
> Contrariamente a quello che oggi tutti pensano, il giudizio che alcuni
> storici (fra i quali Paolo Mieli) danno di Saddam Hussein non è
> completamente negativo: il rais di Baghdad iniziò a commettere clamorosi
> errori dopo il 1980, quando s'impelagò nella terribile guerra contro
> l'Iran,
> ma prima aveva giocato bene le sue carte.
> L'Iraq non è un paese molto popoloso ed ha due grandi fiumi che lo
> attraversano, il Tigri e l'Eufrate: ciò rende possibile l'irrigazione e
> quindi l'indipendenza alimentare. I proventi petroliferi, se ben investiti
> per creare un apparato produttivo, avrebbero consentito all'Iraq di
> diventare una sorta di "Germania" dell'area, ovvero un paese ricco di
> tecnologia.
>
> Grande attenzione veniva posta all'istruzione, e molti iracheni
> frequentarono le università europee: da ultimo, non dimentichiamo che, se
> qualcuno cercava un paese islamico dove la donna aveva uguali diritti e
> tutte le possibili carriere aperte, quello era proprio l'Iraq di Saddam
> Hussein. Sfidiamo chiunque a provare il contrario.
> Una miriade di fattori non resero possibile il passo, primi fra tutti
> proprio la megalomania di Saddam Hussein ed il conseguente regime di
> terrore
> interno, ma né gli USA né Israele avrebbero mai permesso che Baghdad
> diventasse un paese tecnologicamente avanzato. Non dimentichiamo che il
> bombardamento effettuato nel 1981 sulla centrale nucleare irachena in
> costruzione fu - per il diritto internazionale - un puro e semplice atto
> di
> terrorismo, giacché non esisteva uno stato di guerra fra i due paesi (a
> meno
> di risalire alla guerra del 1948, tesi assai labile).
> All'opposto, l'Arabia Saudita è il lampante esempio del contrasto: il
> primo
> produttore di greggio al mondo - che subdolamente sostiene Al-Qaeda -
> viene
> considerato "alleato" giacché i proventi petroliferi sono investiti nella
> finanza internazionale, pura e semplice carta "garantita" dalle Banche
> Centrali.
> Se - invece di pura e semplice carta - qualcuno inizia a costruire
> industrie, quelle non sono più carta ma beni, ovvero qualcosa che ha un
> valore d'uso - e non di pura imputazione - e quindi non soggetto al
> controllo imperiale.
>
> E l'Iran? Il paese si trova oggi in mezzo al guado: ha siglato
> recentemente
> un contratto con la Cina per la fornitura a prezzi di mercato di gran
> parte
> della propria produzione (petrolio e gas) per i prossimi 25 anni. Bush non
> ha certo festeggiato l'evento con un party nel prato della Casa Bianca.
> D'altro canto, per l'Iran questa non è certo una novità: già nel 1953, gli
> USA riuscirono ad impedire che i proventi petroliferi servissero per
> migliorare le condizioni di vita degli iraniani e riuscirono a "togliersi
> dai piedi" l'ingombrante Mossadeq, che aveva nazionalizzato le compagnie
> inglesi[1].
> L'Iran, a differenza dell'Iraq e dell'Arabia Saudita, è molto popoloso ed
> ha
> una popolazione in forte crescita: inoltre, ha sì importanti ricchezze
> petrolifere, ma non abbondanti come quelle dei due vicini.
> Se Teheran usa il petrolio ed il gas nazionale per supportare l'apparato
> produttivo interno, si priva di gran parte dei proventi petroliferi; la
> ragione della "corsa" al nucleare è tutta qui: incassare valuta pregiata
> con
> il petrolio ed il gas e produrre energia ad uso interno con le centrali
> nucleari.
>
> E gli aspetti militari? Chiunque possieda centrali nucleari è in grado di
> produrre - se si dota della necessaria tecnologia - ordigni atomici,
> questo
> è innegabile, ma impedire ad un paese di produrre energia elettrica dal
> nucleare per scopi pacifici è come proibire la vendita dei coltelli da
> tavola, giacché con un attrezzo del genere chiunque può sgozzare il
> proprio
> vicino.
> Come ricordavamo, i trattati internazionali riconoscono chiaramente il
> diritto per qualsiasi paese di dotarsi di tecnologia nucleare: possiamo
> avere riserve di tipo ecologico al riguardo, ma questo è un altro paio di
> maniche.
> Per risolvere la questione, la Russia ha offerto d'arricchire l'Uranio
> nelle
> proprie centrali e quindi di fornirlo all'Iran per produrre elettricità in
> patria: gli iraniani non hanno rigettato la proposta, ma hanno chiarito
> che
> l'accordo andrebbe approfondito. I timori, per Teheran, sono evidenti: se
> il
> combustibile nucleare per il funzionamento dell'apparato industriale
> proviene dall'estero, è come consegnare le chiavi della propria
> autovettura
> al proprietario di una stazione di rifornimento, che elargirà la benzina
> secondo le proprie convenienze.
>
> In ogni modo, Teheran non ha escluso quella via: ha semplicemente chiesto
> altro tempo per approfondire i termini del possibile accordo. Qual è
> allora
> la ragione della fretta americana, il prurito che non può essere placato
> senza la pioggia di bombe?
> La fretta ha nome e cognome, e si chiama Borsa Energetica.
> Da quando esiste il mercato del petrolio, il suo prezzo è fissato in
> dollari: quanto vale il mercato mondiale dell'energia (in dollari)? Con il
> prezzo del petrolio intorno ai 60$ il barile siamo intorno ai 3.500
> miliardi
> di dollari, miliardo più miliardo meno, proprio una bella cifretta, nella
> quale è compresa tutta l'energia consumata nel pianeta, proveniente da
> varie
> fonti (petrolio, carbone, gas, ecc.)
> Il mercato mondiale dell'energia vale quindi tre volte il PIL italiano,
> oppure un terzo di quello americano: sempre valutati in dollari. Già, ma
> quanto vale un dollaro?
>
> L'attuale, alto prezzo del greggio racconta non una, bensì due vicende: l'
> esaurimento delle risorse ma anche il deprezzamento del dollaro, "scaduto"
> in cinque anni rispetto all'euro di un buon 35%. Il prezzo del greggio
> viene
> da sempre misurato in dollari perché è stata sempre assegnata alla divisa
> statunitense una sostanziale solidità: poteva sì fluttuare come le altre
> monete, ma Washington rimaneva sempre la miglior garanzia di non
> ritrovarsi
> con le casse dello stato piene di carta straccia.
> L'idea balzana scaturita dal turbante degli ayatollah è quella di creare
> una
> Borsa Energetica dove si possa pagare in dollari, oppure in altre valute.
> Va
> da sé che nessuna moneta può competere con il dollaro, e nessuno
> pretenderebbe di pagare con dinari jugoslavi o con pesos argentini, ma in
> euro sì.
> Perché questa fuga nell'iperspazio economico, proprio da parte degli
> ultra-tradizionalisti ayatollah?
> A dire il vero non si tratta proprio di una novità: Saddam Hussein -
> sottoposto ad embargo - vendeva il petrolio che riusciva a contrabbandare
> mediante l'oleodotto siriano e con il trasporto mediante autobotti in
> Turchia in euro, niente dollari. Un azzardo? Una vendetta? Niente affatto:
> nelle casse irachene entravano euro che nel tempo si apprezzavano, e non
> dollari che perdevano valore.
>
> La Cina - silenziosamente - sta cercando di vendere l'enorme quantità di
> dollari in suo possesso (pari al 30% del debito interno americano) per far
> posto ad altre valute, principalmente euro. Il guaio è che deve farlo
> lentamente e con molta accortezza, altrimenti il valore del dollaro
> precipiterebbe e finirebbe per svalutare proprio le sue riserve in valuta
> estera.
> Insomma, il povero dollaro pare avere la rogna addosso, tanto che la nuova
> Federal Reserve del dopo-Greenspan non comunicherà più le quantità di
> dollari immessi, ovvero quanta carta verde stamperanno. E' proprio il caso
> di parlare di "carta verde", perché la divisa americana corre il rischio -
> un po' per l'aggressività delle economie asiatiche, ed un po' per la
> scarsa
> avvedutezza di un Presidente cow-boy - di fare la fine del classico vaso
> di
> coccio.
> I vantaggi di un "petrol-euro", per i paesi produttori, sarebbero quelli
> d'
> incassare una valuta più stabile (giacché garantita da accordi di bilancio
> fra i paesi contraenti, il trattato di Maastricht), mentre per gli
> acquirenti la maggior stabilità della valuta di riferimento sarebbe
> garanzia
> di minori oscillazioni del prezzo: insomma, l'euro prenderebbe il posto
> del
> dollaro nel mercato dell'energia.
> Se il greggio iraniano (e d'altri paesi) fosse commercializzato in euro,
> sarebbe un'ulteriore batosta per la Federal Reserve del fuggitivo
> Greenspan,
> ed il biglietto verde accentuerebbe la ripida china che lo sta conducendo
> al
> disastro.
>
> Ecco la pruderie che conduce a tenere schiacciato l'indice sul grilletto,
> ecco la vera ragione per scaldare i motori di portaerei e
> cacciabombardieri!
> Verso quale scenario conduce una simile follia?
> Non ci sarà nessuna occupazione militare dell'Iran, questo è certo,
> giacché
> gli effettivi dell'esercito USA non bastano nemmeno per l'Iraq e per l'
> Afghanistan. Dopo le prime settimane della guerra irachena, però, i piloti
> sono praticamente disoccupati ed ingannano il tempo allenandosi con i
> simulatori e toccando il sedere alle cameriere.
> Perché tanto spreco di risorse! Avrà esclamato Rumsfeld.
> In effetti, i piani americani prevedono una campagna aerea che potrà
> durare
> dalle due alle otto settimane, secondo i risultati dell'offensiva. Il
> copione sarà il solito: dapprima saranno colpiti gli insediamenti
> industriali e militari (comprese le centrali nucleari) mediante missili da
> crociera, poi la parola passerà ai velivoli provenienti dalle portaerei.
>
> Circa un anno fa, gli USA condussero una lunga esercitazione aeronavale
> fuori dalle acque del Golfo Persico, in pieno Oceano Indiano: perché tanta
> prudenza?
> La ragione ha un nome quasi gentile - Mosquit - le zanzare fanno dunque
> paura alla macchina imperiale?
> Mosquit è il nome di un missile antinave d'ultima generazione che i russi
> hanno venduto all'Iran: non si tratta di un ferrovecchio sovietico, ma di
> roba moderna ed efficientissima. Il Mosquit è in grado di colpire bersagli
> navali - partendo da postazioni terrestri - in un raggio di 200 Km:
> praticamente, la navigazione nel Golfo Persico sarebbe interdetta.
> Questa prima riflessione apre il ventaglio delle possibili opzioni
> militari,
> giacché non dimentichiamo che i contendenti sono due. Cosa possono opporre
> gli iraniani?
> La componente aerea iraniana non potrà contrastare efficacemente i
> velivoli
> USA, anche se di una nuova generazione di velivoli - uno dei quali è l'
> Azarakhsh, di produzione nazionale - si sa poco o nulla.
>
> Si sa invece che l'Iran ha acquistato parecchi sistemi missilistici Tor-M1
> russi, in grado d'intercettare sia velivoli sia ordigni in arrivo, quali
> missili da crociera o bombe a guida laser. Alcuni analisti affermano che i
> russi hanno venduto all'Iran anche i radar S-300 ed S-400, che sono in
> grado
> di "vedere" gli aerei stealth americani.
> In definitiva, possiamo affermare che l'Iran non potrà difendere a lungo
> le
> proprie installazioni industriali e militari, ma siamo certi che -
> nonostante la coriacea difesa che certamente eserciteranno, e che costerà
> parecchie perdite agli USA - non sarà questa l'arma degli ayatollah contro
> Washington.
> Per comprendere i rischi dell'avventura dobbiamo riflettere sullo
> scenario,
> sullo sfondo più che sui primi attori.
> Anzitutto il Golfo Persico; il blocco della navigazione commerciale
> provocherà un'impennata del prezzo del greggio: cifre intorno ai 100$ il
> barile non sono lontane dalla realtà, tanto che la banca d'affari
> Goldman&Sachs le ha già prese in considerazione.
> Ancor peggio sarà lo scenario politico e militare: non dimentichiamo che
> la
> nuova classe dirigente irachena è sciita: gli ayatollah iracheni hanno
> studiato a Qom, in Iran, come i loro colleghi iraniani.
>
> Figure come Moqtada al Sadr, come potranno giustificare il bombardamento
> dell'Iran? Qualora gli ayatollah più moderati, come al Sistani, non
> prendessero posizione a difesa dell'Islam sciita, sarebbero immediatamente
> "scavalcati" dagli eventi.
> Se gli USA si guarderanno bene dall'invadere un solo centimetro quadrato
> d'
> Iran, non è assolutamente detto che gli iraniani non attacchino le forze
> USA
> in Iraq ed in Afghanistan, provocando l'esplosione della regione: cos'
> avrebbero da perdere ad attaccare forze militari già in difficoltà per
> controllare il territorio dagli attacchi della guerriglia?
> Da ultimo, un aspetto torbido della vicenda: perché Russia e Cina hanno
> accettato il deferimento dell'Iran (loro alleato) senza battere ciglio? Se
> ci fosse stata la solita manfrina (come per il Kossovo), oppure l'
> atteggiamento decisamente contrario come nel caso iracheno, potremmo
> affermare che le liturgie diplomatiche del dopo guerra fredda sono state
> rispettate.
> Un atteggiamento così arrendevole nei confronti di Washington - che
> entrambe
> considerano un pericolo per i loro interessi in Asia centrale -
> insospettisce: inutile far finta di niente e credere a chissà quali
> accordi
> sottobanco.
> Una nuova impennata del prezzo del greggio sarebbe salutata a Mosca come
> manna scesa dal cielo - cosicché Putin potrebbe stornare altri fondi per
> la
> ricerca militare, il secondo mercato sul quale punta la Russia - ma nel
> medio periodo sia Mosca sia Pechino sono determinate nell'arrestare l'
> espansionismo USA in Asia centrale.
>
> Più difficile capire l'atteggiamento di Pechino; probabilmente, la sempre
> maggior espansione dell'apparato produttivo cinese richiede (per ora) di
> non
> entrare in aperta rotta di collisione con Washington: la soluzione dell'
> apparente enigma è tutta in quanto durerà quel "per ora".
> Fatto forse marginale - ma assai curioso - lo scorso anno fu lanciato dal
> cosmodromo di Baykonur, in Kazachistan, il primo satellite iraniano
> destinato - manco a dirlo - alla sorveglianza militare del Golfo Persico.
> In
> caso d'attacco americano (o israeliano) Teheran - a differenza di Saddam
> Hussein - avrà un "occhio" elettronico puntato sul Golfo Persico, un
> satellite in grado di rilevare posizione e movimenti di navi, aerei
> (compresi gli "stealth") e missili.
> Nelle acque del Golfo, inoltre, l'Iran ha due sottomarini ex sovietici:
> non
> rappresentano certo una terribile minaccia per le navi USA, ma tutto - in
> questa nuova avventura - deve essere messo in conto.
> Autorevoli ufficiali di Stato Maggiore di numerosi paesi europei
> sconsigliano d'attaccare una nazione estesa e popolosa come l'Iran, con
> forze armate non indebolite da precedenti embarghi ed equipaggiate - in
> alcuni settori - con materiali d'ultima generazione. Non dimentichiamo -
> infine - che i missili iraniani Sharab III e IV possono raggiungere - con
> testate convenzionali di una tonnellata d'esplosivo - non solo Israele, ma
> il Mediterraneo centrale. Gli Scud di Saddam Hussein - per avere un
> paragone - avevano una testata di soli 100 Kg d'esplosivo (minima, per
> aumentare la gittata) ma causarono la morte di 160 civili israeliani
> (allora
> completamente negati). Uno Scud con 100 Kg d'esplosivo sbriciola un'area
> pari ad un campo di calcio: il lettore può facilmente comprendere cosa
> significa un'esplosione di 1.000 Kg.
>
> Da ultimo, non dimentichiamo che i missili iraniani potrebbero essere
> lanciati su Israele con testate chimiche (e forse biologiche), e la
> rappresaglia israeliana sarebbe molto probabilmente atomica. Dello stesso
> tenore sono le velate minacce americane d'usare in Iran armamenti atomici
> "di bassa potenza", armi che provocano un'esplosione nucleare sotterranea,
> ritenuta da Washington "sicura" (sic!) per i civili.
> Ciò che di "sicuro" c'è in tutta la vicenda è la disperazione, il terrore
> della prima potenza mondiale di perdere il predominio economico e
> militare:
> potranno - gli USA - barattare gli effetti di una guerra terrificante e
> dai
> foschi confini con lo spettro della destabilizzazione interna, causata
> dalla
> ripida china discendente del dollaro sui mercati finanziari?
> Nelle settimane che seguiranno ci saranno senza dubbio frenetiche
> consultazioni diplomatiche, ma il sospetto che l'attacco all'Iran sia
> visto
> come una puntata troppo alta anche per i potenti USA inizia a farsi largo:
> gli USA - nella nuova avventura - non avranno pressoché nessuno (a parte,
> forse, Israele) al fianco.
> C'è puzza di morto in questa vicenda, inutile negarlo, puzza di morto e d'
> inganno come mai era avvenuto in passato, né in Kossovo e né in Iraq:
> nonostante le roboanti boutade, gli USA del 2006 sono il pallido spettro
> del
> pugile che - nel 1991 - iniziò la prima Guerra del Golfo.
> Se Bush deciderà di giocare il tutto per tutto - trascinando i sempre più
> dubbiosi americani nell'ennesima "guerra patriottica" - s'avvieranno
> solitari verso le calde acque del Golfo Persico come - nel freddo dicembre
> del 1941 - le navi dell'ammiraglio Chuichi Nagumo s'avvicinavano a Pearl
> Harbour.
>
> Carlo Bertani bertani137@??? www.carlobertani.it
>
>
> -----------------
>
> [1] Per una più estesa trattazione delle vicende iraniane, vedi l'articolo
> Il canto degli Ayatollah
>
>
>
>
> ~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
>
>
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