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From: <zambon@???>
To: <Undisclosed-Recipient:;>
Sent: Sunday, February 12, 2006 11:00 AM
Subject: Fw: [icdsm-italia] Milosevic, marzo 2001
> MILOSEVIC, ULTIMA INTERVISTA PRIMA DELL'ARRESTO
>
> (marzo 2001)
>
> Di FULVIO GRIMALDI
>
> L'appuntamento con Slobodan Milosevic ricorda quelli che ho avuto
> ripetutamente con Yasser Arafat: assoluta incertezza sul luogo e sui
> tempi dell'incontro fino alle 19 di venerdì sera, mentre mi accingevo a
> partire per Kragujevac per intervistare i dirigenti del sindacato di
> sinistra che hanno appena registrato una sorprendente, schiacciante
> vittoria sul sindacato vicino al nuovo potere, nelle elezioni per il
> rinnovo dei dirigenti sindacali della fabbrica automobilistica
> Zastava. In quel preciso momento arriva l'ex.ministro degli esteri e
> oggi vicepresidente del Partito Socialista Serbo, Zivedin Jovanovic,
> del quale pure era stato annunciato l'arresto, poi smentito, insieme a
> quello, effettivo, di otto alti dirigenti del partito. Vengo portato di
> gran carriera alla residenza dell'ex-presidente e nel tragitto
> Jovanovic esprime il timore che tutti questi arresti e una feroce
> campagna contro Milosevic, allestita dal movimento giovanile del
> premier Zoran Djindjic, le "Camicie Nere", insieme all'organizzazione
> Otpor, rivendicata dagli USA come proprio strumento insurrezionale,
> stiano cercando di fare il vuoto intorno a Milosevic, in vista
> dell'arresto entro il 31 marzo, intimato da Washington pena il rifiuto
> di qualsiasi finanziamento e il mantenimento delle sanzioni.
> Passati per la cancellata della residenza, nella periferia di
> Belgrado, attraversiamo un ampio parco, fortemente illuminato e
> presidiato da militari dell'esercito e da carri armati che mi dicono
> posti a difesa di Milosevic, contro un qualche colpo di mano che voglia
> arrivare alla sua cattura.
> Sull'uscio di un fabbricato a un piano, l'ex-presidente jugoslavo mi
> viene incontro e mi saluta con cordialità. Vengo introdotto in un ampio
> salone di stile neoclassico, con al centro tre divani a ferro di
> cavallo. Milosevic si siede su quello centrale, con me e Jovanovic ai
> due lati. Chiede di non utilizzare apparecchi di registrazione e
> insiste che questa è una conversazione e non un'intervista. Ma mi
> consente di pubblicarla.
> Slobodan Milosevic, 60 anni, appare più giovane e più vigoroso di
> quanto non risulti nelle foto o in televisione. Non da l'impressione di
> un uomo sconfitto e piegato, magari impaurito. Si esprime con la stessa
> spontanea e tranquilla sicurezza che lo avevano caratterizzato in altre
> occasioni. Apparentemente animato da ottimismo, esprime i suoi
> ringraziamenti a tutti coloro che, nel mondo, manifestano solidarietà
> alla Jugoslavia, ne sostengono la sovranità e integrità e condannano
> sia l'aggressione Nato, sia la richiesta di Carla del Ponte e degli USA
> di consegnarlo al tribunale internazionale dell'Aja, da Milosevic
> definito il "braccio illegale della Nato" e "uno strumento per
> perpetuare il genocidio della Jugoslavia". A questo proposito, l'ex-
> ministro Jovanovic illustra un forte scontro in corso tra il premier
> serbo Zoran Djindjic, definito l'uomo dei servizi tedesco-americani, e
> il presidente Vojislav Kostunica. Verterebbe sui vertici delle forze
> armate, apparentemente ancora fedeli all'ex-presidente (che però ne
> avrebbe sempre voluto inibire l'intervento contro il nuovo potere), che
> Djindjic starebbe sostiutuendo con uomini di sua fiducia. Alla mia
> prima domanda sulla possibilità di un arresto di Milosevic, sia
> Jovanovic che l'ex-presidente si dicono fiduciosi in una risposta di
> massa. Jovanovic parla addirittura di possibile guerra civile,
> specialmente se Djindjic dovesse decidere di consegnare Milosevic nelle
> mani del Tribunale dell'Aja, un tribunale squalificato non solo agli
> occhi dei sostenitori del vecchio governo, ma visibilmente
> inaccettabile per gran parte della popolazione che, pur schierandosi
> contro colui che per dieci anni è stato presidente della Serbia e della
> Jugoslavia, resta critica dei bombardamenti Nato e di quello che viene
> visto come uno strumento legale per rovesciare sui serbi la
> responsabilità di quanto hanno subito, in termini di smembramento,
> danni e uccisioni, i popoli jugoslavi, nonché per evitare qualsiasi
> richiesta di risarcimento e di bonifica dei territori contaminati dalla
> chimica e dall'uranio.
> La conversazione, dominata da Milosevic e che mi lascia poco spazio per
> le domande, scivola subito su quella che, non essendovi ancora state
> avvisaglie di un tentativo di cattura del capo socialista, appare come
> la questione più bruciante: gli attacchi dei "terroristi" UCK in
> Macedonia e Serbia del Sud. "E' in corso", dice con gravità
> Milosevic, "una enorme manovra di destabilizzazione del Sud-Est
> europeo. I terroristi dell'UCK vengono utilizzati dagli USA in funzione
> antieuropea ed antibalcanica con il miraggio della "Grande Albania". In
> stretta collaborazione con il regime turco, uno dei massimi
> finanziatori degli albanesi, si stanno attivando, sotto la direzione
> UCK e con la copertura politica di Rugova, tutte le minoranze albanesi
> nei paesi balcanici: Serbia del Sud, l'intera Macedonia e presto anche
> Bulgaria e Grecia, dove vivono forti comunità albanesi (800.000 in
> Grecia). In Romania, invece, vengono istigate alla rivolta le minoranze
> ungheresi. Lo scopo strategico è di mantenere in permanente subbuglio
> l'intera area, contro l'interesse europeo ad una stabilizzazione, in
> particolare per contrastare le tendenze anti-Nato forti in Grecia e in
> crescita in Bulgaria e Romania e per assicurare ampi territorio al
> controllo della criminalità narcotrafficante diretta dall'UCK.
> L'approccio politico è ancora una volta inteso a sfruttare le
> differenze etniche".
> Chiedo al mio interlocutore se non ritenga che anche il precedente
> governo jugoslavo non abbia la sua parte di responsabilità in questa
> frammentazione lungo linee etniche, religiose, linguistiche, culturali
> e per il controllo delle rotte delle risorse energetiche. Milosevic
> risponde con fervore: "La Federazione jugoslava, con la sua convivenza
> pacifica, era un modello di Unione Europea, fino a quando non sono
> entrate in gioco le trame del'imperialismo tedesco ed americano Viveano
> in pace popoli di diversa cultura, storia, confessione. Vivevano in
> armonia da 80 anni. In Jugoslavia non si chiedeva a nessuno di che
> razza o nazionalità fosse. La rottura è venuta quando da fuori si sono
> istigati gruppi di potere con la promessa di grandi privilegi personali
> e di elite. Quanto alla popolazione croata, per esempio, come si
> sarebbe potuto convincerla della bontà di una frantumazione, quando
> tantissimi croati vivevano in Bosnia, in Serbia e in Kosovo? Lo stesso
> valeva per i serbi, a cui invece è poi stata negata
> l'autodeterminazione, e per i musulmani. Non era nell'interesse
> nazionale di nessuna di queste comunità arrivare a una divisione e
> contrapposizione."
> "Anche la Germania e gli USA hanno un sistema federale".
> "Già, ma nessuno per ora ha cercato di mettere il dito in quei
> matrimoni. Quello degli Stati Uniti, del resto, è un sistema federativo
> obsoleto e che presto andrà in forte crisi perché riconosce solo
> geometriche divisioni geografiche e non le diverse comunità etniche,
> culturali, linguistiche, sociali. Di fatti è un sistema che non sa dare
> risposta alle sacrosante richieste dei latinos, dei neri, dei nativi,
> degli italiani, dei poveri. Si tratta di comunità emergenti che
> vorranno essere riconosciute. Tanto che Bush ha sentito il bisogno di
> rivolgersi in spagnolo agli immigrati latinos. Dovrebbe essere un
> principio di riconoscimento delle comunità etniche e sociali. E' la
> dimostrazione che tutti esigono un nuovo codice, una nuova formula di
> convivenza. E di questi la Jugoslavia era un esempio. Anche questo
> spiega perché è vista come nemica dai poteri attuali"
> A Belgrado, nei giorni precedenti, si era svolto un convegno
> internazionale convocato dal Forum di Belgrado, una coalizione delle
> sinistre jugoslave, nel secondo anniversario della guerra. Da molti
> paesi, Stati Uniti, Germania, Russia, Palestina, Iraq, Libia, Grecia,
> Italia e altri paesi erano venute delegazioni ad esprimere solidarietà
> a questo paese. Milosevic ne è apparso molto incoraggiato: "Gli
> italiani che ci hanno visitato durante la crisi, tra i quali Cossutta e
> molti politici di paesi europei, ci hanno fatti chiaramente capire che
> i loro paesi non sono indipendenti. Al popolo italiano non è stato
> neanche chiesto se volesse una guerra. Se ne è parlato informalmente in
> Parlamento. E' la prova che la Nato non è un'alleanza tra uguali, ma
> una macchina da guerra che si trascina dietro tutto l'Occidente. I
> popoli vengono sopraffatti e assistono inermi alla distruzione di
> ospedali, scuole, treni e autobus pieni di civili in un paese amico e
> inoffensivo"
> Poco prima del mio arrivo, Milosevic aveva dato un'intervista al
> quotidiano israeliano Haaretz. Ne cita qualche osservazione ribattendo
> all'affermazione di Kostunica secondo cui ci sarebbero similarità tra
> il Kosovo e Gerusalemme, entrambi aggrediti dai musulmani: " E'
> un'interpretazione aberrante e razzista. Le similarità sono altre, sono
> quelle tra genocidio dei serbi e genocidio degli ebrei e, ora,
> genocidio dei palestinesi. I mezzi sono differenti: non più camere a
> gas, ma una scientifica satanizzazione dei nemici attraverso i media.
> Si tratta di anestetizzare la sensibilità pubblica di fronte al
> massacro di civili e all'embargo." Nelle parole di Milosevic si
> inserisce una punta di indignazione e il suo gesticolare si fa ampio e
> veloce: "Ci hanno lasciato un esercito assolutamente integro, ma hanno
> fatto stragi di civili, bambini, infrastrutture: 88mila tonnellate di
> esplosivo e di uranio sulle teste degli jugoslavi. Siamo l'unico popolo
> che sia stato bombardato in Europa dopo la seconda guerra mondiale. E
> con un'arma criminale e genocida come l'uranio. Queste sono le
> analogie!"
> Sottopongo a Milosevic una questione che dovrebbe risultare
> inquietante: la mancata o debole solidarietà manifestatagli nel mondo
> da parte della maggioranza delle sinistre, anche di quelle che si
> dicono contrarie all'egemonia Nato. L'ex-presidente assume
> un'espressione amareggiata e punta ancora una volta il dito sui mezzi
> d'informazione che, in questa occasione, avrebbero perfezionato agli
> ordini del supremo potere politico-economico-militare USA, salvo poche
> eccezioni, un meccanismo quasi perfetto di narcotizzazione: "Un
> meccanismo fondato sull'inganno che, dunque, ha abolito la democrazia
> sostanziale in America e in Europa. Si sono vendute menzogne anziché
> verità. E' incredibile: adesso non hanno più nessuno scrupolo ad
> ammettere di non aver trovato tracce di una pulizia etnica fatta dai
> serbi in Kosovo (mentre loro ne hanno protetto una dell'UCK), che le
> foto di presunti campi di concentramento serbi erano un fotomontaggio,
> che i duecentomila stupri erano secondo l'.ONU, tra tutte le parti e in
> tutta la guerra, solo 300, che non si sono trovate le fosse comuni. A
> che servono le istituzioni democratiche e la libertà se tu, governo,
> non diffondi che bugie? Una democrazia non è possibile senza la verità.
> Le istituzioni diventerebbero delle vuote quinte".
> Poi Milosevic mi ha invitato a confrontare il pluralismo dei media (e
> dei partiti) esistenti in Jugoslavia, perfino durante la guerra , con
> la granitica omologazione della stampa in Occidente.
> "Ma voi alcuni dei media d'opposizione li avete chiusi." A questo punto
> si inserisce nella conversazione il vicepresidente del PSS, Jovanovic:
> "Per brevissimo tempo, quando in piena aggressione incitavano il popolo
> a liberarsi con la violenza del governo ed era stato provato che
> venivano diretti e finanziati dalla CIA. Agivano da quinta colonna e
> istigavano alla sovversione violenta. Qualsiasi governo avrebbe reagito
> in quel modo. Anzi, da noi, pure in guerra, non c'era neanche la
> censura e a Belgrado 4 quotidiani su 6 ci attaccavano
> sistematicamente".
> "Presidente. Una domanda che molti dei suoi denigratori considereranno
> provocatoria. Cuba, col suo partito unico resiste da oltre 40 anni. Non
> c'è stato da voi un eccesso di democrazia, visto che l'opposizione se
> la sono potuta comprare gli americani?"
> "E chi lo può dire. Io alla democrazia ci tengo. Se non è democrazia il
> fatto che ci fossero i partiti d'opposizione e il 95% dei mezzi
> d'informazione erano in mano loro... Non hanno mai subito censure. In
> Kosovo c'erano 20 giornali albanesi che tuonavano contro il governo.
> Non sono mai stati chiusi. Da noi non c'è mai stato un priginiero
> politico e ora questi concedono l'amnistia a terroristi, tagliagole,
> infanticidi. E così che si difene il Sud della Serbia aggredito? Da noi
> tutti potevanol avere il passaporto, Rugova teneva conferene stampa al
> centro di Belgrado attaccandomi a morte. Mai nessuna vessazione,
> nessuno ucciso. Eppure mi hanno accusato di omicidi quando in 12 anni
> nessun oppositore è stato ucciso. Sono stati invece uccisi i miei
> migliori amici. Se potessero mi darebbero anche la responsabilità
> dell'uccisione di Moro o di Kennedy. Ma le bugie hanno le gambe corte.
> Mi hanno accusato di crimini di guerra e il giorno prima hanno lanciato
> le foto satellitari delle fosse comuni. C'è stata una rivolta di 22
> mesi in Kosovo, e non hanno trovato che una fossa comune, piena di
> serbi. Questo tribunale dell'Aja e le sue bugie non sono che una parte
> del meccanismo di genocidio del popolo serbo, mascherato con una
> spruzzata di croati e musulmani. Del resto, la Del Ponte era coinvolta,
> nella Commissione Europea, in un gravissimo scandalo. Poi l'hanno
> fatta procuratore all'Aja".
> Sottopongo a Milosevic l'osservazione di molti, secondo cui lui sarebbe
> stato a un certo punto "l'uomo degli americani". L'ex-presidente
> respinge con veemenza la definizione: "Mai. Semmai ho trattato con gli
> americani finchè appariva che volessero salvaguardare l'unità della
> Jugoslavia, o almeno di quanto rimaneva dopo le secessioni di Croazia
> e Bosnia. Del resto i continui ricatti e strangolamenti del FMI, cui
> ci siamo dovuti piegare fino a un certo punto per le condizioni
> terribili in cui le secessioni e le sanzioni avevano gettato il nostro
> paese, raccontano un'altra storia. Gli USA devono rendersi conto che
> non è possibile avere la democrazia in casa propria e sottomettere
> altri popoli. E' una contraddizione in termini. Posso capire che gli
> Stati Uniti, il paese oggi più potente e ricco, abbia l'aspirazione a
> fare da leader della squadra. Ma due anni fa ho detto a Holbrooke
> (inviato di Clinton.Ndr.), quando ci minacciava: avete sbagliato
> millennio, non il secolo. Potevate essere i capisquadra lanciando un
> grande progresso per il benessere, la diffusione delle tecnologie,
> della giustizia, della democrazia. La vostra ossessione di dominio e di
> profitti vi porta invece a uccidere gente e piccole nazioni, come
> Giulio Cesare 2000 anni fa. Il vostro è un comportamento cesarista:
> comico se non fosse tragico. Per voi esiste solo la vostra economia di
> mercato che produce, accanto a straordinari profitti per pochi,
> diseguaglianze e sfruttamento. La vostra massima legge nella conquista
> del mondo è abbassare il costo del lavoro. Siete portatori di un nuovo
> schiavismo."
> Chiedo a Milosevic se non abbia registrato, nei mesi dopo la sconfitta
> e la pulizia etnica dell'UCK contro le minoranze in Kosovo ,
> riconosciuta se non condannata da tutto il mondo, un mutamento
> dell'opinione pubblica interna ed internazionale. "Per fortuna",
> risponde Milosevic, mentre sul tavolino si ammonticchiano caffè,
> bibite, tè portati da un militante del partito, "non siamo in Uganda ma
> in Europa, dove, nonostante la marcia blindata della stampa, si stanno
> aprendo spiragli alla presa di coscienza. Lo noto soprattutto tra gli
> albanesi che, in numero enorme, sono fuggiti dal Kosovo in Serbia.
> Holbrooke mi disse chiaro e tondo: "Non ce ne importa niente degli
> albanesi". Ebbene, a noi serbi, gli albanesi stanno a cuore, sono
> nostri cittadini. Gli ho anche posto una domanda cui non ha risposto:
> quali interessi mai potete avere voi, USA, a un'alleanza con terroristi
> e trafficanti di armi, droga, organi, che a un certo punto non saprete
> più controllare?"
> Faccio a Milosevic l'obiezione che tante volte è stata sollevata in
> Occidente: l'abolizione dell'autonomia del Kosovo. La risposta è
> tecnica. Non ci sarebbe mai stata una tale abolizione. Nel 1989, dopo
> numerosi pogrom antiserbi, al Kosovo si sarebbe tolta la facoltà di
> paralizzare la federazione con un diritto di veto che una provincia
> poteva imporre alle altre provincie autonome, alle repubbliche e,
> addirittura, all'intera federazione. Nel discorso che Milosevic tenne a
> Kosovo Polje, giudicato di un nazionalismo esasperato, l'allora
> presidente avrebbe invece sollecitato all'uguaglianza e al rispetto
> tra tutti i popoli della federazione. E mi cita le parole testuali del
> discorso.
>
> Alla conversazione non può sfuggire l'antefatto principale della
> guerra: Rambouillet e un accordo che prevedeva, come ammesso dallo
> stesso Dini più tardi, l'occupazione dell'intera Jugoslavia da parte
> delle forze Nato, a la loro sottrazione alla giurisdizione della
> magistratura federale. Racconta Milosevic: "Durante i negoziati di
> Rambouillet, il generale Wesley Clark è andato ripetutamente con
> Hashim Thaci, leader dell'UCK, nei ristoranti parigini. Eppure tutti
> sapevano che Thaci aveva per ufficiali pagatori i narcotrafficanti
> albanesi. Cosa ne poteva venire di positivo al popolo americano? Di
> intese con la mafia si può avvantaggiare solo un profitto economico
> senza scrupoli. Ma quell'intesa continua a funzionare e a produrre
> disastri nei Balcani".
> Milosevic, sul quale di lì a poco si abbatterà la resa dei conti
> finale, non da l'impressione di un uomo braccato, in cerca di una
> qualsiasi via d'uscita per sé e per la famiglia. Anzi, del suo destino
> personale non parla mai. Crede nella possibilità di una resistenza che
> si svilupperà e che trarrà impulso dalle sempre più disastrose
> condizioni della popolazione. In effetti, la Belgrado di oggi, tuttora
> sottoposta ad embargo, salvo per il petrolio, appare più spenta, cupa,
> desolata di quella del tempo di guerra e del dopoguerra. L'inflazione
> galoppa al 100%. Secondo dati dei ricercatori scientifici, taciuti o
> minimizzati dalle autorità, le patologie da contaminazione chimica e
> radioattiva dilagano. A Pancevo, l'Istituto dell'Igiene del Lavoro
> denuncia un buon 80% della popolazione adulta affetta da tumori,
> linfomi e malattie connesse all'inquinamento.
>
> Su una possibile risposta di lotta ai vincitori delle elezioni
> presidenziali, Milosevic dice:"Quella che conta, nella vita delle
> nazioni, è resistere. Il complotto antijugoslavo sta diventando
> visibile. Guardate ai fatti semplici della storia. Nell'ottobre del
> 1997 c'è il vertice sudeuropeo a Creta. C'eravamo tutti e tra tutti si
> era stabilito un ottimo accordo. Avevo anche suggerito un'area di
> libero scambio sudeuropea, senza dogane. In un'economia di mercato, pur
> con le nostre irrinunciabili salvaguardie dei lavoratori (la legge che
> garantiva ai lavoratori delle industrie privatizzate il 60% delle
> quote. Ndr), ogni paese avrebbe avuto spazi più ampi di manovra,
> mercati più vasti. Un'ottima soluzione anche prima di un ingresso
> nell'UE. Per gli americani era una minaccia. Anche Fatos Nano, il
> premier albanese, era d'accordo per l'apertura delle frontiere alle
> persone, alle merci, alla normalizzazione. Mi disse: il Kosovo è un
> problema interno della Jugoslavia, non negoziabile. Nel sud-est le cose
> si sarebbero potute risolvere in pace e cooperazione. E' stato un forte
> segnale d'allarme per i destabilizzatori e un mese dopo il ministro
> degli esteri francese, Hubert Vedrine, espresse gravi preoccupazioni
> per la sorte del Kosovo. Perché, se non era preoccupato neppure Fatos
> Nano? E subito dopo la Germania si mette ad organizzare e armare i
> gruppi criminali. Nel 1988 iniziano a sparare a poliziotti, forestali,
> magistrati, postini, bombe nei caffè, nei mercati. Abbiamo reagito come
> tutti avrebbero fatto. Alla fine del '98 l'UCK era finito. In TV si
> vedevano camionate di armi UCK consegnate alla polizia. Ma arriva
> Holbrooke e insiste sulla spedizione di personale armato. Rifiutai
> ovviamente e ci accordammo sulla missione di osservatori dell'OSCE,
> solo civili. Appena Holbrooke ametteva che il problema era risolto, il
> giorno dopo lo riapriva: erano arrivate nuove istruzioni da Washington.
> Ma in Kosovo tutto restava calmo, alla presenza di 2000 osservatori
> Osce, centinaia di membri della Croce Rossa, giornalisti, diplomatici.
> Poi il criminale William Walker (capo dell''OSCE. Ndr) si inventò la
> strage di Racak, successivamente smentita da tutti gli investigatori.
> Fu il pretesto per Rambouillet e per l'aggressione. Quando il nostro
> giurista Radko Markovic definì il diktat "spazzatura", James O'Brian,
> assistente della Albright, si inalberò: "Come può dirci questo? Non si
> rende conto che il testo è stato preparato da colui che ha elaborato il
> testo per l'indipendenza tibetana?" Ho detto tutto."
> Chiedo a Milosevic se anche la distruzione della Jugoslavia faccia
> parte del processo di globalizzazione. "La distruzione del mio paese è
> la dimostrazione che non esiste la globalizzazione, ma solo un nuovo
> colonialismo. Se si trattasse di vera globalizzazione, cercherebbe
> l'integrazione, su basi di parità, di popoli, culture, religioni. Si
> sarebbe preservata la Jugoslavia, che aveva messo in atto la formula
> migliore. Se le nazioni, gli stati, i popoli fossero trattati da
> soggetti pari, non conquistati, stuprati, se il mondo non dovesse
> appartenere a una minoranza ricca, che deve diventare più ricca mentre
> i poveri diventano più poveri, si avrebbe la giusta globalizzazione.
> Non si è ma vista una colonia svilupparsi e conquistare la felicità. Se
> si perdono l'indipendenza e la libertà, tutte le altre battaglie sono
> perse. Gli schiavi non prosperano".
> "Eppure a condurre la guerra sono stati i governi di sinistra,
> socialdemocratici, europei".
> "La disinformazione e manipolazione sono purtroppo penetrati anche
> nelle sinistre, dato che oggi in Europa abbiamo solo sinistre false.
> Blair, Schoreder, Jospin, D'Alema sono forse di sinistra? Perché Kohl è
> stata rimosso con il solito sistema degli scandali? Perché rifiutava
> di sottomettere la Germania totalmente al controllo USA. Questi qua,
> invece, sono disposti a fare da sciuscià. Gli USA sono penetrati nelle
> loro strutture politiche e dunque mediatiche. Sono state
> paradossalmente le sinistre a bombardarci. Con i greci di Mitsotakis,
> per esempio, c'era un'intesa più rispettosa che con l'amerikano
> Papandreu. Quanto agli italiani, ho poco da dire. Non si sono molto
> adoperati per avere un dialogo con noi. Sono rimasti nell'ombra"
> Chiedo a Milosevic giudizi su paesi e personaggi in qualche misura
> all'orizzonte della crisi jugoslava. "La Cina? Ci sostiene
> discretamente e indirettamente, ma si occupa dei fatti suoi. I cinesi
> sono calmi e pazienti. Dicono di aver bisogno di cent'anni per
> competere con le potenze imperiali. La Russia è stata distrutta
> dall'amerikano Gorbaciov. Ingenui i russi se pensavano che la
> devastazione si sarebbe fermata ai loro confini. Ora, forse, c'è
> qualche segnale di ripresa. Ramsey Clark, l'ex-ministro statunitense
> della giustizia e leader dei diritti civili, è un grande combattente
> per la pace. Quando iniziò la guerra Iraq-Iran, la crisi degli ostaggi,
> Clark chiese a Kissinger cosa si aspettasse da quella guerra. La
> risposta fu "che si uccidano a vicenda". La storia si ripete: guerra
> tra slavi e tra slavi e musulmani perché si indeboliscano, si uccidano,
> sgomberino il campo. Basta guardare al Kosovo, alla Cecenia, al
> Daghestan, alla Macedonia. Ora gli USA si sentono minacciati da Putin
> (sul nome del presidente russo Milosevic alza dubbiose sopracciglia.
> Ndr), dalla Moldavia, dalla Bielorussia, dall'Ucraina. Li considerano
> tutti minacce all'Occidente solo perché hanno iniziato a muoversi verso
> sinistra e a curare con maggiore responsabilità i propri interessi.
> Molte cose stanno cambiando. La gente si sveglia dall'ipnosi che gli
> aveva fatto credere che il suo futuro dipendesse da FMI e Banca
> Mondiale. Hanno rubato alla Russia centinaia di miliardi e poi
> vorrebbero negoziare crediti a tassi d'interesse da strozzino. Questa
> Russia ha un potenziale enorme. Deve liberarsi delle mafie nutrite
> dall'Occidente che ne governano l'economia. Putin se ne rende conto e
> questo spiega tutte le sue recenti iniziative internazionali. La
> Russia deve mandare al diavolo il Fondo Monetario i cui schemi servono
> solo a distruggere quel paese".
> "Certa sinistra europea l'ha accusata per le privatizzazioni".
> Nella nostra costituzione tutte le proprietà sono garantite: statali,
> sociali, cooperative, private. Il grado di privatizzazione dipende
> dallo sviluppo dell'economia, dalle condizioni imposte dagli organismi
> internazionali (che alla fine abbiamo rifiutato), dall'indebitamento e
> dalla protezione sociale. Noi abbiamo cercato un equilibrio ottimale
> nelle circostanze date. Abbiamo respinto una privatizzazione totale,
> soprattutto dei settori strategici, per mantenerne il controllo
> pubblico. Abbiamo assicurato ai nostri operai il 60% delle aziende
> privatizzate e limitato al 40% i capitali nazionali o stranieri.
> Nessuno in Europa lo ha fatto. Abbiamo dato molta terra ai contadini. I
> 10 ettari della precedente legge erano troppo pochi per una famiglia
> nell'economia moderna. Ora gli ettari che si possono possedere sono
> 160. Non è certo un latifondo.
> Quanto alla Telekom, la mediazione di un miliardo e mezzo di un prezzo
> che per noi era conveniente, per gli italiani costoso, è andata per
> metà a intermediari cechi. Noi non abbiamo visto un dinaro in termini
> di mazzette. Quella somma ci occorreva per ricostruire un'economia
> devastata dalle sanzioni che avevano determinato nel 1993 un'inflazione
> del 350mila per cento. Entro il 1994 eravamo riusciti a ridurre
> l'inflazione a zero. Il dinaro rimase stabile, l'inflazione sotto
> controllo fino al l999. Eravamo in miseria, ma sani, e tra il 1994 e il
> 1998 il nostro PIL aumentò tra il 4 e l'8 per cento, più che in tutti i
> paesi vicini, per quanto foraggiati. Ecco un'altra minaccia jugoslava:
> non c'è un serbo che lavori in altri paesi, mentre qui vengono a
> lavorare migliaia di rumeni e bulgari. Ne sono fiero. Come sono fiero
> della ricostruzione che in poco più di un anno questo paese ha saputo
> fare. Oggi ci sono i black-out continui, allora neanche uno.
>
> "Presidente, l'accusano spesso di aver accumulato tesori in banche
> estere, anche se alcuni sospettano che si trattava di conti che
> servivano ad aggirare l'embargo e nutrire la popolazione".
> "Già, due anni fa Holbrooke mi annuncia:"La Svizzera ha congelato i
> suoi conti". Gli risposi che gli avrei subito firmato la donazione di
> tutti i miei fondi svizzeri. Del resto la massima autorità finanziaria
> svizzera ha dichiarato di non aver trovato traccia di miei averi in
> quel paese. L'unico conto che possiedo è qui in una banca e serve a
> ricevere il mio stipendio. Ora si parla di Cipro, ma anche lì non hanno
> trovato niente e hanno fatto arrabbiare molto i ciprioti".
> "Presidente, nutre fiducia nel futuro? Le circostanze sembrano a lei
> molto sfavorevoli. Si parla di un arresto imminente. Lo hanno chiesto
> gli USA."
> "Credo di poter nutrire fiducia. Tutto dipende dalla linea politica del
> nuovo governo, da chi vi prevarrà e da come reagirà il popolo quando
> capirà di essere stato ingannato e impoverito. Il gruppo dirigente è
> molto diviso. Kostunica è meglio degli altri, pare voglia difendere gli
> interessi nazionali, ma è debole e non ha la maggioranza nella
> coalizione. Vedremo cosa ne verrà fuori. Noi intanto lavoriamo al
> rafforzamento del partito, nostra unica difesa, e alla presa di
> coscienza della gente. Sentiamo che il nostro punto di vista si sta
> diffondendo tra operai, contadini, clero. Siamo invalidati dalla quasi
> totale mancanza di mezzi d'informazione. Abbiamo un solo quotidiano.
> Tutti i media sono controllati dalla DOS, altro che democrazia. Una
> volta un giornalista in TV ha preso a criticare questa blindatura
> dell'informazione. Hanno immediatamente interrotto le trasmissioni. Con
> noi non era mai successo".
> Milosevic mi congeda con calore. "Grazie per l'informazione corretta".
> E aggiunge con forza: "Never give up", forse in inglese perché suocera
> intenda: arrendersi mai. Poi mi richiama per una citazione di Madeleine
> Albright, la segretaria di stato di Clinton, riferitagli dal
> giornalista del New York Times, Steve Erlander. Esclamò Albright: "Ma
> come, Milosevic ha accettato il risultato delle elezioni? E' il colmo,
> non è possibile! Lo avevamo incriminato apposta di tutti quei delitti,
> per dieci ergastoli, onde non rinunciasse a nessun costo al potere. E
> adesso questo se ne va... Non è una vittoria, questa". Poi, con un
> sorriso amaro, mormora una raccomandazione: "Non è vero che avessimo
> saputo del bombardamento della nostra televisione. Hanno incarcerato
> Dragoljub Milanovic, l'ex-direttore, per questo. Proprio lui che era
> rimasto fino a pochi minuti prima delle bombe. Come se uno potesse
> sapere il minuto secondo del botto. E' una delle tante infamie di Carla
> del Ponte per coprire il crimine del bombardamento sui giornalisti.
> Non dovevano esserci? E lei in guerra non terrebbe presidiato il mezzo
> di comunicazione più immediato per avvertire le popolazioni, chiamare
> soccorsi, provvedere a mantenere operativo il sistema di comunicazione
> d'emergenza? Quei ragazzi erano tutti volontari. Li ha uccisi la Nato.
> Come ha fatto uccidere tutti i miei più cari e validi collaboratori
> facendo passare gli omicidi come guerre di mafia".
> E qui Slobodan Milosevic abbassa gli occhi. Adesso pare un po' piegato.
>
> Fulvio Grimaldi
>
> Fonte: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/878
>
> Una versione abbreviata della seguente intervista e' stata pubblicata
> sul "Corriere della Sera" dell'1/4/2001
>
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> ==========================
>
> IN DIFESA DELLA JUGOSLAVIA
> Il j'accuse di Slobodan Milosevic
> di fronte al "Tribunale ad hoc" dell'Aia"
> (Ed. Zambon 2005, 10 euro)
>
> Tutte le informazioni sul libro, appena uscito, alle pagine:
> http://www.pasti.org/autodif.html
> http://it.groups.yahoo.com/group/icdsm-italia/message/204
>
> ==========================
> ICDSM - Sezione Italiana
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> tel/fax +39-06-4828957 -- email: icdsm-italia @ libero.it
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> *** Conto Corrente Postale numero 86557006, intestato ad
> Adolfo Amoroso, ROMA, causale: DIFESA MILOSEVIC ***
> LE TRASCRIZIONI "UFFICIALI" DEL "PROCESSO" SI TROVANO AI SITI:
> http://www.un.org/icty/transe54/transe54.htm (IN ENGLISH)
> http://www.un.org/icty/transf54/transf54.htm (EN FRANCAIS)
>
>
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