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Tárgy: [Badgirlz-list] Sesta Edizione Cinema Erotico "Gli Uomini Vivono Così?"
Rivoluzione a luci rosse
FRANCESCA LEONARDI
PARIGI

Ma gli uomini vivono così?
Il cinema erotico visto dalla lente di un
festival che ripercorre, in 80 film, la storia di un
sesso sempre più
politico. Dal muto all'hard, dal doc al cartoon


Mon trou du cul est révolutionnaire (Il mio buco del
culo è
rivoluzionario), Le sexe enragé (Il sesso rabbioso),
Baise-moi (Scopami), La
banque du sperme, Un film porno: ecco alcuni dei
titoli sulfurei presentati
alla sesta edizione del festival Est-ce ainsi que les
hommes vivent?
(Gli uomini vivono così?), giornate cinematografiche
dionisiache dedicate
quest'anno al tema «Sex is politics» (22-28 febbraio).
Durante una
settimana, le sale del cinema l'Ecran - in pieno
centro commerciale di
Saint- Denis, periferia nord di Parigi - sono state
surriscaldate da
proiezioni stracolme e dibattiti animati su censura,
pornografia,
prostituzione, transessualità, ecc. La programmazione
comprendeva più di 80 film,
dal muto ai giorni nostri, appartenenti a tutti i
generi: dal cinema
d'autore al porno, dal documentario ai cartoni animati
(i cartoon erotici
di Tex Avery, tra cui la celebre rilettura di
Cappuccetto rosso Red Hot
Riding Hood, 1943). Una panorama estremamente vario e
ricco che ha ben
illustrato il presupposto secondo il quale il sesso al
cinema è
politico «in sé», in quanto potenzialeminaccia
dell'ordine costituito,
elemento destabilizzante in una società tuttora basata
sul nucleo familiare.
In effetti lo stato, attraverso la censura, è sempre
vigile e la maggior
parte dei film presentati hanno avuto non pochi
problemi per circolare:
divieto di proiezione, tagli, interdizioni ai minori,
segregazione nel
circuito a luci rosse. Tra i classici del muto in
programma Femmine
folli (1921) di Erich von Stroheim fu variamente
sforbiciato, L'age d'or
(1930) di Buñuel vietato e Lulu (1929) di Pabst
circolò in vari paesi in
versione edulcorata. Film muto, anche se del 1950, il
rarissimo medio
metraggio dello scrittore e drammaturgo francese Jean
Genet, Un chant
d'amour (1950) - casta storia d'amore tra due
prigionieri che comunicano
attraverso un buco scavato nel muro che separa le loro
due celle - fu
vietato per oltre 25 anni prima di divenire un film
culto della comunità
gay. Ma la censura non riguarda solo il passato, tra i
casi recenti
ricordiamo l'affaire di Baise-moi (Scopami, 2000) di
Virginie Despentes e
Coralie Trinh Thi: vietato in Francia dal consiglio di
stato nel giugno
2000 su richiesta di un'associazione di destra, il
film tornerà in
circolazione solo dopo un anno, nel frattempo avranno
dovuto presentarsi
davanti al tribunale il distributore Marin Karmitz,
per aver continuato a
programmare il film dopo l'interdizione, e la cineasta
Catherine
Breillat, per aver lanciato una petizione che
richiedeva l'abolizione del
divieto. Circametà dei film in programma appartenevano
al decennio che va
dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni
Settanta: gli anni
della contestazione e della rivoluzione sessuale, dei
movimenti di
emancipazione delle donne e degli omosessuali. La
selezione ha rispecchiato
la gran varietà della produzione di un periodo
profondamente segnato
dalla riflessione dello psicanalista dissidente
Wilhelm Reich: «la
rivoluzione deve passare attraverso la liberazione
sessuale». Abbiamo così
potuto rivedere alcuni capolavori d'autore, più o meno
maledetti, quali
Salò di Pasolini, Il diritto del più forte (1974) e
L'anno delle tredici
lune (1978) di Fassbinder, L'impero dei sensi di
Oshima. All'amico di
Oshima, Koji Wakamatsu, il festival ha reso omaggio
con cinque film:
quattro film erotico-politici realizzati tra il 1969 e
il 1972 (tra cui
Sex Jack, 1969 e L'estasi degli angeli, 1972, due
opere magnificamente
fotografate sui gruppi sovversivi giapponesi) e un
film esclusivamente
politico Esercito rosso/Fronte popolare di liberazione
della Palestina:
dichiarazione di guerra al mondo, di cui parleremo a
parte. Il punto di
vista femminile è messo in scena per la prima volta da
alcune registe
che in quegli anni passano numerose dietro la macchina
da presa: Une
vraie jeune fille (1975) opera prima della francese
Catherine Breillat,
rappresenta il torrido risveglio sessuale di una
diciassettenne in
vacanza, mentre Je, tu, il, elle (1974) della belga
Chantal Akerman è una
glaciale e suggestiva narrazione in bianco e nero
sulla solitudine e
l'impossibilità dell'amore per un'adolescente.
All'epoca emerge anche il
cinema gay. Segnaliamo alcuni rari mediometraggi
sperimentali in super 8,
giocose parodie del porno commerciale che trionfava in
quegli anni: La
banque du sperme (1976) di Pierre Chabal e Philippe
Genet mette in
scena rapporti sessuali frenetici e gioiosi tra soli
uomini, rapporti
destinati alla produzione di sperma, mentre Le sexe
des anges (1976) di
Lionel Soukaz evoca le avvincenti pubblicità dei porno
gay che seducono un
giovane adolescente. Anche I want a Girl (1976) di
Isobel Mendelson
presenta un approccio parodiaco al porno narrando il
viaggio di un
camionista e di un autostoppista: alle immagini della
realtà in cui lei lo
masturba svogliatamente si alternano le fantasie
erotiche di lui, sorta di
fantasioso inventario di alcune situazioni canoniche
del cinema hard.
Rari e appassionanti anche i videodocumentari
femministi provenienti dal
Centro audiovisivo Simone de Beauvoir. Kate Millet
parle de la
prostitution avec des féministes (1975) del collettivo
Videa, mostra un
dibattito tra la femminista americana, la sociologa
Christine Delphy e altre
donne, durante uno sciopero di prostitute in Francia.
La discussione
registrata evidenzia la contraddizione tra la condanna
della prostituzione
e la necessità di riconoscerla per poter combattere al
fianco delle
lavoratrici del sesso e sostenerle nelle loro
rivendicazioni. Sempre dal
Centro Simone de Beauvoir provengono alcuni
documentari di Carole
Roussopoulos, pioniera del video in Francia in
contemporanea con Jean- Luc
Godard. Nel 1971 la regista documenta la prima
manifestazione francese a
favore della legalizzazione dell'aborto: Y'a qu'à pas
baiser ! (Basta
non scopare!). Lo stesso anno riprende le riunioni di
un gruppo
omosessuale gay e lesbico e la sua partecipazione alla
manifestazione del primo
maggio: Fhar (Front homosexuel d'Action
révolutionnaire). Questi
documenti esplicitano l'aspetto politico, se non
rivoluzionario, della
liberalizzazione della sesso: la rivendicazione della
legalizzazione
dell'aborto, della libertà per le donne di poter
disporre del proprio corpo e
dell'amore omosessuale andava di pari passo con una
messa in discussione
radicale della società capitalista che negava tutto
ciò e di cui si
auspicava un rivolgimento totale. Oggi un approccio
radicale è quello del
Gat, Gruppo attivista trans - di cui abbiamo visto
Existrans 2005,
documentario sulla manifestazione del 2005 - che si
batte per il
riconoscimento di identità multiple e ricostruite e
per la depsichiatrizzazione
dei trans, riconoscimento che ritiene possibile solo
in una società
profondamente mutata.



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