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Aihe: [Cm-milano] Appello convocazione assemblea Mayday a Milano - 19 marzo 006
EUROMAYDAY 006

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Girando per le strade della vostra città avrete sicuramente notato un
manifesto, di propaganda elettorale, che recita le testuali parole:
"oggi precarietà domani lavoro".

Il senso di fastidio che questa immagine ci crea deriva certamente dalla
consapevolezza che il mittente di questo messaggio è proprio quel centro
sinistra che - varando la legge Treu - ha aperto le porte alla
precarizzazione selvaggia e ha esposto la nostra vita, in ogni suo
aspetto, al saccheggio sistematico delle imprese che dispongono di noi
liberamente (questa è la loro libertà).

Non giova ricordarsi degli atteggiamenti da struzzo e delle lacrime da
coccodrillo che, di volta in volta, di fronte all'enormità del problema,
hanno assunto i vari esponenti politici: al principio hanno negato
l'esistenza di un meccanismo di precarizzazione sistematico, poi hanno
cercato di minimizzare il tutto e infine, di fronte l'evidenza, stanno
cercando di cavalcare la "questione precarietà" distinguendo i lati
negativi da quelli positivi o perlomeno necessari.

Fin qui ripetono semplicemente "le loro ragioni" di nove anni fa.

In verità, per chi avesse voglia di soffermarcisi, quella frase contiene
un inghippo ben più grave che quello ipocrita sollevato sopra.
Lo slogan afferma che per sconfiggere la precarietà bisogna ottenere
lavoro. Ma come?

Nell'opulento nord il tasso di disoccupazione è così basso da fare sì
che gli economisti citino il raggiungimento della piena occupazione;
tanto che tutti/e, ma in particolare modo i più precari/e, hanno più
impieghi contemporaneamente e si è sempre disponibili: sere, sabati,
domeniche e feste comandate.

Naturalmente i pagamenti, sempre più miseri, sono a 30, 60, 90 giorni, è
"vietato" ammalarsi e le ferie, non retribuite, devono comunque
coincidere con le esigenze dell'azienda.

Se nelle regioni settentrionali lo slogan "oggi precarietà domani
lavoro" sembra essere una forte presa per il culo nelle regioni
meridionali la frase suona un pò più drammatica.

Infatti alla "tradizionale" precarietà, da disoccupato a tempo
indeterminato, si è affiancata una trasformazione del lavoro nero -
unica boa per molti/e - nell'intento propagandistico di contenerne la
diffusione - ma di fatto sdoganadolo - attraverso l'attribuzione alla
mansione di un infinita varietà di contratti, dai nomi altisonanti,
dalla praticabilità nulla, ma che recitano tutti: zero diritti, zero
sicurezza, poco salario.
Finalmente! Il lavoro nero, liberato dalla negatività che si porta
appresso attraverso un piccolo artifizio linguistico, senza troppi
fronzoli, può assumersi il ruolo storico della normalizzazione del
rapporto fra persona e impresa.

E quindi quello slogan letto da una parte dice l'esatto contrario dello
stesso letto altrove: al sud risolviamo il problema con un piccolo
maquillage, al nord con un'operazione chirurgica da centro estetico. Ma
sempre di trucchi si parla.

Detto questo a noi piace essere più semplici: oggi siamo precari perché
lavoriamo (tanto) ad orari pazzeschi e cangianti, per il bisogno di
profitto delle imprese - che qualcuno afferma essere il progresso -
prendendo due lire che con l'euro si sono pure dimezzate.

Tutto ciò avviene perchè le imprese sono troppo forti, e troppo gli è
concesso, e lo sono perchè molte volte le forme di conflitto
tradizionali non sono più state in grado di incidere nella complessità
delle trasformazioni della produzione.

Quindi non siamo precari perchè non abbiamo il lavoro; lo siamo perchè
veniamo retribuiti male e sempre più tardi, perchè l'affitto delle case
costa troppo, i servizi privatizzati sono troppo cari, il saltare da un
capo all'altro della città per/o in cerca di lavoro ha dei costi e
questi sono eccessivi.

Siamo precari/e perchè ci hanno atomizzato, perchè le identità di
una volta non sono ricomponibili ma comunque esiste, ne siamo la prova
vivente, ancora lo sfruttato e lo sfruttatore.

Senza farla troppo lunga è facile capire che chi ha concentrato in
quattro parole un numero talmente alto di fesserie non capisce tutt'oggi
quello che i precari e le precarie cominciarono a spiegare, narrandosi e
confrontandosi, cinque anni orsono. Oltrepassando la sfiga
(auto)organizzando la Mayday Parade - che anno dopo anno si è
ingigantita ed è tracimata in altre città italiane ed europee fino a
diventare la più importante manifestazione della critica al lavoro e
del protagonismo precario - si è voluto battere il tempo del
cambiamento e trasformare un grido d'aiuto in un segnale
di svolta.

E' importante che la Mayday rimanga espressione autonoma e radicale
dell'intelligenza dei conflitti, ed è importante che non diventi rito,
mediatico o meno, perchè ciò la condannerebbe a diventare passerella ambita.

Se vi interessano le parole dei precari/e, le loro ( vere ) rivendicazioni
e la loro voglia di conflitto:

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Assemblea Mayday domenica 19/3/006, ore 10.00 (mattina) @ Cascina
Autogestita Torchiera senzacqua piazzale cimitero maggiore 18, Milano

Tram 14/MM Uruguay + bus 40 http://www.trok.it/torchiera/dove.asp


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A seguire, per ricordare DAX invitiamo tutti a partecipare a:

Ore 16.00 Manifestazione a Rozzano. da via G. Rossa, davanti alla
scuola superiore, al
cimitero di Rozzano. Ore 17.30 Alla Cascina Grande.Presentazione del
libro: "La
resistenza di oggi", raccolta dei testi vincitori del concorso
letterario ?Davide
Cesare?. Ore 19.30 Cena popolare presso lo spazio Aurora. Ore 21.00
Spettacolo teatrale
di Walter Leonardi.

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