[Cm-roma] Italiani in fuga dagli autobus

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Autore: Oltre
Data:  
To: Critical Mass Roma
Oggetto: [Cm-roma] Italiani in fuga dagli autobus
Pochi e lenti: in un anno venduti 100 milioni di biglietti in meno.

ROMA - Domani autobus e metro si fermeranno per uno sciopero indetto per il
contratto nazionale, difficile da firmare se i bilanci degli enti pubblici
continuano a essere tagliati. E l'altra faccia del blocco da smog, diventato
ormai un tocco di colore nazionale per l'assenza di una politica contro
l'inquinamento. In entrambi i casi le città si paralizzano perché le risorse
sono state indirizzate verso le automobili e alla mobilità collettiva è
stata tolta la spina: dal 1997 a oggi le risorse destinate al trasporto
pubblico sono diminuite, calcolando l'inflazione, del 28 per cento. Un colpo
di spugna sulla timida ripresa che, alla fine degli anni Novanta, aveva
fatto sperare in un ingresso dell'Italia nel club dei paesi avanzati che
considerano la qualità del trasporto pubblico una misura del benessere e
della capacità competitiva.

Da un anno all'altro nei cento capoluoghi di provincia italiani sono stati
staccati 100 milioni di biglietti in meno. Tra il 2004 e il 2005 la quota di
spostamenti urbani in automobile è passata dal 78,9 per cento all'81,9 per
cento. Autobus, tram e metropolitane hanno perso il 2,1 per cento dei loro
clienti e restano inchiodati a una percentuale ridicola: uno spostamento su
dieci. E uno spostamento socialmente sempre più "targato": chi se lo può
permettere sopporta le code in macchina, gli altri stanno in fila
sull'autobus. «Man mano che la qualità si degrada anche l'utenza cambia»,
spiega Mario Zambrini, esperto di mobilità dell'istituto di ricerche
Ambiente Italia. «Se il servizio pubblico diventasse solo un sostegno alle
fasce economiche più deboli, la mobilità dei poveri, l'Italia si
allontanerebbe dall'Europa.

E purtroppo è questa l'aria che si è respirata negli ultimi anni. Il
trasporto pubblico è stato mortificato lanciando un messaggio deprimente: il
servizio costa poco, non rompete le scatole se le corse saltano e dovete
aspettare sotto la pioggia»:

La tendenza viene confermata da un recente studio dell'Isfort (Istituto
superiore di formazione e ricerca sui trasporti). Il giudizio dei cittadini
sugli autobus e sui tram è passato dal 6,29 del 2003 (la scala va da 1 a 10)
al 6,04 del 2004, scendendo sotto la sufficienza (5,88) nel 2005. Nello
stesso periodo sono diminuiti i dipendenti (meno 2,1 per cento) e i mezzi in
dotazione (meno 1,3 per cento). In sostanza, a fronte di una crescita forte
della domanda di mobilità (dai 120 milioni di spostamenti quotidiani del
2004 ai 128 milioni del 2005), il servizio pubblico ha alzato le braccia.

E un declino che rispecchia quello economico dell'intero Paese, una perdita
di capacità di programmazione e di efficienza che costa cara sia dal punto
di vista economico che da quello della salute. Alla diminuzione dell'appeal
delle città italiane e alle ore di lavoro sprecatesi aggiunge infatti un
costo sanitario che l'Organizzazione mondiale della sanità valuta in 9 mesi
di vita persi da ogni cittadino italiano a causa dell'inquinamento dell'aria
determinato in larga parte del traffico.

Per invertire il trend, Asstra (l'associazione delle ex municipalizzate) ha
lanciato venerdì scorso la Carta di Venezia del trasporto pubblico locale.
«Con un aumento delle accise pari a 10 centesimi al litro per il gasolio non
professionale, cioè escluso il trasporto pubblico e di merci, si
otterrebbero 1,5 miliardi di euro l'anno», calcola Marcello Panettoni,
presidente di Asstra. «Una cifra del genere permetterebbe di rilanciare il
servizio pubblico in sede propria: metropolitane, tranvie, corsie
preferenziali. In questo modo sarebbe possibile garantire un servizio di
qualità fatto di efficienza, tempi certi, velocità. E riagganciare l'Europa
dove il 40 per cento degli spostamenti pubblici avviene in sede protetta,
contro il 20 per cento dell'Italia».

Articolo di Antonio Cianciullo tratto da "la Repubblica" di domenica 5 Marzo
2005, pag. 23 (Cronaca).

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