[NuovoLab] Fw: [associazione per la pace] Non si cancelli il…

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Szerző: Elisabetta Filippi
Dátum:  
Címzett: forumgenova
Tárgy: [NuovoLab] Fw: [associazione per la pace] Non si cancelli il film Paradise Now dall' Oscar - petizione
Ricevo ed inoltro.

Elisabetta

>----- Original Message -----
>From: MORGANTINI Luisa
>To: associazioneperlapace@???
>Sent: Tuesday, February 28, 2006 10:14 AM
>Subject: [associazione per la pace] Non si cancelli paradise now dall'
>Oscar - firmate la petizione
>
>
>Care tutte e tutti,
> come molte e molti di voi saprete il film Paradise Now del regista
>palestinese Hani Abu Assad è candidato agli Oscar (Vedi recensione del film
>sotto).
> Purtroppo in questi giorni, diversi gruppi di pressione
>anti-palestinesi, stanno chiedendo sia di far ritirare il film dalla
>candidatura agli Oscar, sia di eliminare, se la prima richiesta non fosse
>possibile, la referenza relativa allo stato di provenienza, ovvero
>Palestina. Sta quindi circolando una petizione, che vi invito a firmare per
>sostenere la candidatura del film e il nome Palestina, per quanto riguarda
>la referenza paese.
> Pare che oltre 28.000 firme siano state già raccolte per sostenere
>invece il ritiro della candidatura e l'eliminazione del riferimento del
>paese di origine.
> Di seguito troverete i link per firmare la petizione a sostegno del film
>e l'articolo in inglese relativo alla notizia. Vi unisco, qui sotto,
>inoltre la recensione che avevo scritto sul film, appena era uscito.
> Un abbraccio,
> Luisa Morgantini
>
>   SITO per firmare la petizione:        
>http://www.petitiononline.com/para222/petition.html

>
> SIGN THE PETITION
> Anti-Palestine pressure to remove film 'Paradise Now' from Oscar bid AND
>to remove reference to the film being from 'Palestine'
> Please read articles below and sign the COUNTER petition to support the
>nomination and to name Palestine as the country!
> http://www.petitiononline.com/para222/petition.html
>
> ****
> PARADISE NOW
> di Luisa Morgantini
>
>    Paradise Now è un vero film,  intenso, pieno di comprensione e 
>compassione, non giudica anche se la sua scelta è chiara, non dà soluzioni, 
>esprime contraddizioni, dice della profondità  dei personaggi  ma paga lo 
>scotto della (forse) necessità  di colloqui a volte didascalici.
>    E' la storia di due giovani amici d'infanzia palestinesi,  nati in un 
>campo profughi di Nablus, nel nord della Palestina, nei territori occupati 
>nel 1967 dall'esercito israeliano, che vengono scelti per compiere un 
>attentato suicida in Israele.

>
> Il regista Hani Abu Assad, palestinese, vive ad Amsterdamm , ha girato
>il film a Nablus e a Nazareth città abitata da palestinesi in Israele,
>con estreme difficoltà : a Nablus, là i soldati gli erano sempre addosso.
>In una sua intervista ci dice: "il mio non è un film politico, io faccio
>cinema e racconto delle storie, in questo caso quella di due giovani che
>decidono di sacrificare le loro vite per la causa palestinese. Anche la mia
>presenza agli Oscar è un modo per rappresentare la causa, perché la
>Palestina resta una causa visto che non è ancora una nazione riconosciuta a
>livello internazionale".
>
> Per me, che frequento regolarmente, a partire dal 1986, la Palestina e
>Israele è stata una emozione continua. Dall'inizio alla fine, dalla vista
>del check point di Huwara, situato poco prima dell'entrata nella città di
>Nablus e del campo profughi di Balata, fino alla vista della città di Tel
>Aviv, con i suoi grattacieli e le donne in bikini sul lungomare, così in
>contrasto con le immagini di Nablus, dove le strade della città vecchia
>sono strette e si intrecciano con i cortili e le case di pietra mentre le
>strade principali pullulano di automobili e di persone che cercano di
>raggiunge i banchetti pieni di frutta e verdura e si cammina tra le case
>bombardate e la vecchia prigione di Nablus, completamente distrutta nelle
>prime incursioni israeliane, dopo l'inizio della seconda Intifada.
>
> Al check point di Huwara sono stata ferma ore ed ore per tentare di
>entrare a Nablus ed ho visto le scene più terribili, decine e decine di
>giovani spinti brutalmente dai soldati, picchiati e lasciati per ore sotto
>il sole ad aspettare che i soldati effettuassero il controllo delle loro
>carte di identità o il permesso per entrare o lasciare Nablus, vecchi e
>ammalati costretti a passare a piedi ed a volte ricacciati indietro
>malgrado i certificati medici e gli evidenti segni di infermità . Questo
>non si vede nel film, ma lo spettatore forse lo può immaginare. Non c'è
>violenza fisica in questo film, non si vedono i corpi dei feriti o dei
>morti, l'occupazione è negli sguardi, nelle vite, nella quotidianità , nei
>colpi di mortaio vicino ai check point e nelle persone che si chinano e
>camminano su sentieri accidentati perché la strada principale, un'altra,
>è chiusa dai massi di cemento e dai soldati.
>
> Nel film, il check point, quello vero, è prima visto da lontano e poi
>artificiosamente ricreato nella scena successiva per far passare la
>protagonista del film, Suha, figlia di un eroe della resistenza palestinese
>assassinato dal Mossad. Suha ha vissuto in Francia e poi in Marocco, la
>sua pronuncia araba non ha l'accento palestinese, come molte/i palestinesi
>della diaspora, che hanno potuto tornare nei territori occupati dopo
>l'accordo di Oslo. Suha viene a riprendere la sua vecchia auto
>nell'officina meccanica dove due giovani, Said e Khaled, lavorano. Tra
>Suha e Said c'è coinvolgimento, lo si vede dai gesti e dalle loro
>conversazioni impacciate. Il padrone Abu Salim stima Said ma detesta Khaled
>e lo licenzia dopo che il giovane - irritato da un cliente che voleva a
>tutti i costi parlare con il padrone insistendo che il parabrezza dell'auto
>pendeva a sinistra - con una spranga rompe il parabrezza. I due ragazzi
>passano il resto della giornata su uno dei lati delle montagne che
>circondano Nablus, che si stende sotto di loro con i palazzi costruiti
>senza piano regolatore, a fumare Narghila ed a bere un thè ormai freddo
>portato da un ragazzino con il quale Khaled fa un gioco di sguardi
>esilaranti.
>
> Parlano, Khaled pensa di trovare un nuovo lavoro, fa battute sulla
>simpatia di Suha per Said, hanno silenzi, ascoltano musica e poi tornano
>verso le loro case, ed è là che trovano i due dirigenti, si suppone di
>Hamas, che gli dicono che la loro richiesta è esaudita, è arrivato il
>momento del loro grande gesto: compiere un attentato suicida in Israele.
>Vedendoli non si sarebbe detto che fossero dei fanatici del Corano, il loro
>fare riferimento continuamente a Dio, "se Dio lo vuole", "grazie a Dio",
>"che Dio ti benedica" sembrano in tutto il film più degli intercalari che
>una fede vera e propria. Eppure sono disposti a compiere questo gesto
>crudele verso sé stessi e verso gli altri, per il "volere di Dio", ma le
>loro motivazioni sono la rabbia, l'umiliazione, il sentirsi vivere, anzi
>morire, in una prigione sotto un occupazione militare che dura da più di 38
>anni. E' l'umiliazione che ha subito il padre di Khaled rimasto zoppo da
>una gamba dopo che i soldati israeliani gli avevano chiesto quale preferiva
>che gli rompessero, quella destra o quella sinistra, e il padre aveva
>risposto la sinistra, mentre il figlio dice che all'umiliazione avrebbe
>preferito perderle tutte e due. E' anche l'umiliazione di Said il cui padre
>è stato ucciso nella prima Intifadah, quando lui aveva dieci anni, perché
>era un collaborazionista e questo gli viene ricordato ogni giorno dai
>vicini, dalle persone che sanno e tutti sanno. Suha non lo sa invece, lei
>che è figlia di un eroe e alla quale vengono per questo perdonate o
>concesse cose che forse ad altri non sarebbe permesso.
>
> Said e Khaled passano la loro ultima notte con la famiglia I due
>dirigenti - quello che resta con Said, Jamal, è un professore (confesso,
>l'ho odiato) - rimangono a dormire da loro, accolti con la solita cortesia
>per gli ospiti, malgrado forse le famiglie intuissero qualcosa, con il
>pretesto che le strade erano state chiuse dai soldati israeliani. Said
>trova una scusa per il giorno dopo: andrà a lavorare in Israele, la madre
>chiede come ha fatto ad avere il permesso, lui dice che glielo ha fatto
>avere Jamal. E la madre ringrazia. Cenano insieme, una cena povera,
>insalata di pomodori e cetrioli e un piatto di full, fave bollite, il
>dirigente fa i complimenti alla madre, donna di poche parole e piena di
>affetto per i figli, il piccolino è intelligente e molto impertinente. Said
> sembra attraversato dai dubbi, non riesce a dormire e alle quattro del
>mattino va a riportare la chiave della macchina a Suha, cerca di metterla
>sotto la porta ma lei gli apre e lo invita ad entrare. Suha chiede che cosa
>fa nel tempo libero, se legge, se va al cinema. Ma il cinema a Nablus non
>c'è più , e l'unica volta che lui ha visto un cinema, il "Rivoli" è stato
>quando si è unito agli altri per protestare contro il divieto ai
>palestinesi di lavorare in Israele e lo hanno incendiato. Ma perché
>incendiare il cinema, insiste Suha, senza ricevere una risposta. Al
>mattino partono, la madre di Khaled prepara i pani che riempie di hummos,
>cetrioli e pomodoro, in una mette il formaggio salato e lo za'atar.
>Dettagli di una quotidianità fatta di miseria e dignità , dettagli che
>hanno storia, come quando si vedono due ragazzini che stanno per lanciare
>un aquilone con i colori della bandiera palestinese. Quante volte nella
>prima Intifada alle cinque di sera ho visto dal campo di Balata e da tutta
>Nablus centinaia di aquiloni con i colori della bandiera palestinese che si
>stagliavano nel cielo ed immediatamente i soldati correvano dai ragazzini
>che li avevano lanciati per picchiarli, sparare, lanciare gas lacrimogeni,
>disperderli o arrestarli.
>
> Per Khaled e Said inizia la cerimonia, vengono rasati e i capelli
>tagliati, si vestono di un abito festivo, quello che si usa ai matrimoni,
>gli vengono messe le cinture esplosive che non potranno essere tolte se non
>da chi le ha messe, crudeltà nella crudeltà , viene il capo a salutarli.
>Devono registrare il video della loro azione. Ma la telecamera non
>funziona, Khaled deve ripetere il proclama e quando vede i due dirigenti
>mangiare la pita preparata dalla madre si interrompe e si rivolge alla
>madre per dirle di andare a comperare il filtro per l'acqua in un negozio
>dove costa meno. Partono, devono attraversare la barriera dei reticolati,
>è tutto organizzato, carte d'identità, un israeliano li accompagnerà a Tel
>Aviv, è pagato, probabilmente non sa che vanno a fare i kamikaze, ma vive
>facendosi pagare bene dai palestinesi che hanno bisogno di andare in
>Israele. Qualcosa però va storto: sulla strada c'è una jeep di soldati.
>Ritornano indietro ma Said si perde e gli altri temendo di essere scoperti
>lasciano il rifugio e dubitano che Said li abbia traditi, ma Khaled
>insiste, non è un traditore e lo va a cercare, lo stesso fa Said che prima
>di tornare a Nablus, cerca di compiere la sua missione, c'è una fermata di
>autobus, sono coloni, c'è anche una bambina, arriva l'autobus, Said non
>sale, ritorna al rifugio e lo trova vuoto. Gira impazzito, dalla madre di
>Khaled, da sua madre senza farsi vedere, va all'officina e rivede Suha che
>ha sempre la macchina rotta, Said gliela sistema ma mentre richiude il
>cofano il suo orologio rimane schiacciato, lei insiste per andarlo ad
>aggiustare, vanno insieme anche a ritirare una foto che Said si era fatto
>fare, sei troppo serio gli dice Suha. Nella tv del negozio sta andando un
>video di un attentatore suicida, lei chiede se sono in vendita, si anche
>quelle della confessione dei collaborazionisti, che vanno molto. Lui la
>trascina via e in auto le dice che suo padre era un collaborazionista ed
>era stato ucciso. Si danno un lieve bacio e lui se ne va. Quando arriva a
>casa Khaled la sta aspettando. E' vestito come Said. Lei gli salta
>addosso perché, perché, non dovete farlo. Khaled pensa che Said sia
>andato sulla tomba del padre, corrono a cercarlo.
>
>    iI tragitto è uno dei momenti più intensi e drammatici, Suha - e qui il 
>regista prende posizione - cerca di convincerlo che ci sono altre strade 
>per combattere, che quella militare o degli attacchi suicidi sono 
>sbagliate, che danno strumento ad Israele per mantenere l'occupazione 
>militare, che non è morale.  Khaled sostiene che loro non hanno niente, che 
>quello di usare il loro corpo è l'unico modo per rispondere all'occupazione 
>e all'oppressione. No. è solo vendetta dice Suha.

>
> Said è disteso sulla tomba, tra i due sono botte, si ritrovano al
>rifugio dai dirigenti. Jamal insiste con Khaled che deve decidere da solo
>se vuole continuare l'azione, ma lui vuole prima parlare con Said che
>viene interrogato dal capo per verificare se è idoneo o no. Supera la
>prova, è determinato, racconta del padre, della sua vita nel campo
>profughi, degli israeliani che usano la debolezza per rendere alcuni
>palestinesi collaborazionisti, assolve il padre. Dice che non ha trovato
>altra strada che quella di fare il "sacrificio" perché sotto l'occupazione
>sono già morti. Ripartono, questa volta senza intoppi, arrivano a Tel Aviv
>e mentre si incamminano Khaled si ferma, dice a Said che non devono farlo,
>che ha parlato con Suha e lei ha ragione, si può lottare in un altro modo.
>Richiama l'israeliano per farsi portare indietro. Said conferma. Quando
>l'auto arriva, Said fa entrare Khaled poi chiude la portiera e intima di
>partire, la macchina si allontana. Khaled piange. Said è seduto su un
>autobus, ci sono soldati ma anche civili, gli occhi di Said sono sempre
>fissi....
>
> E qui forse c'è una debolezza da parte del regista, gli attacchi in
>Israele sono stati fatti anche in luoghi dove vi erano soli civili, la
>vendetta distrugge tutti.
>
> E' un film non facile. Sarà contestato, certamente da parte degli
>israeliani non pacifisti, alcune recensioni apparse in Francia parlano di
>pura propaganda, ovviamente esprimendo un sacco di pregiudizi oltre che
>menzogne, ma non saranno i soli, ci sarà il rifiuto anche da parte di
>molti palestinesi. I due ragazzi non sono visti come eroi, la loro azione
>il risultato di una condizione, che rende estreme le risposte, sono visti
>nella loro umanità , con le loro sofferenze, rabbie, desideri, non mostri.
>Questo rende il film grande. E ad una donna, a Suha , è affidata la ricerca
>di un strada che non è quella militare, a lei è affidata nel film l'umanità
> che trovo in Palestina, è lei che riscatta il dolore delle madri e la
>resistenza dei milioni di palestinesi che non si fanno distruggere
>dall'umiliazione, dalla povertà , dall'occupazione ma continuano a vivere
>o a sopravvivere con dignità e a sperare ancora che la Comunità
>Internazionale faccia applicare il diritto, il diritto di avere uno Stato
>che coesista in pace e sicurezza con lo Israele.
>
> Un film coraggioso, grazie Hani.
>
> Luisa Morgantini
>
>
> Seguono link con informazioni e approfondimenti (in inglese)
> Articles on the subject:
> Powerful Israelis, Jews in Hollywood exert pressures on American
>Academy members, in a bid to prevent Palestinian movie 'Paradise Now' from
>winning Oscar. Meanwhile, Israeli diplomats get Academy's commitment not to
>present film as representing Palestinian state.
> http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3214866,00.html
>
> Israel lobbies against "Palestine" tag at Oscars
>
>http://news.yahoo.com/s/nm/20060212/film_nm/oscars_israel_palestinians_dc <
>
> * * *Oscar organisers deny pressure on Palestinian film*
> LOS ANGELES:
> Oscar organisers said on Tuesday they have not yet decided how to
>designate a film about suicide bombers in the West Bank but denied they
>were being pressed by Israel to say the movie came from the Palestinian
>Authority rather than Palestine. John Pavlik, a spokesman for the Academy
>of Motion Picture Arts and Sciences, said no decision has yet been made on
>how to
> designate the film "Paradise Now" even though the March 5 Oscars were
>only about three weeks away. But he added that neither the Israeli
>government nor American Jewish groups had been in contact with Academy
>officials over how to label "Paradise Now," one of five movies nominated
>for a best foreign film Oscar. The issue of whether to designate the film
>as coming from Palestine or the Palestinian Authority has vexed Israeli
>officials and US Jewish groups who maintain that since there is no
>Palestinian state, the designation of "Palestine" does not exist !! An
>Israel diplomat on Sunday told Reuters in Jerusalem that Israel and US
>Jewish groups were lobbying the Academy not to present "Paradise Now" as
>coming from
> "Palestine." Pavlik said the Academy had received no communication
>either from the Israeli government, its Los Angeles consulate or from US
>groups on how to designate the film. "Some individuals have discussed the
>question with the president of the Academy," he said. When Oscar
>nominations were announced on Jan 31, the film was described as being
>submitted by the Palestinian Authority. But the film is listed as coming
>from Palestine on the Academy?s Web site. The Israeli diplomat said he
>expected the film to be described as coming from the "Palestinian
>Authority" during the awards ceremony. "Both the Israeli consulate in Los
>Angeles and several concerned Jewish groups pointed out that no one, not
>even the Palestinians
> themselves, have declared the formal creation of ?Palestine? yet, and
>thus the label would be inaccurate," the diplomat told Reuters on
>condition of anonymity. Palestinians seeking independence in the West Bank
>and Gaza, which Israel captured in a 1967 war, won limited self-rule under
>interim accords that formed the Palestinian Authority.
>
>
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