[NuovoLab] Newsletter ABITI PULITI Febbraio 2006: le Olimpia…

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Autore: deb
Data:  
To: forumgenova, lilliput-ge
Oggetto: [NuovoLab] Newsletter ABITI PULITI Febbraio 2006: le Olimpiadi sono finite ma la pressione continua.
Newsletter n.4
Febbraio 2006

CLEAN CLOTHES NEWS
La Newsletter mensile della campagna Abiti Puliti, membro italiano della
Clean Clothes Campaign.


Uno strumento per fornire informazioni provenienti dalle campagne in corso
ma anche dalle imprese e dal mondo delle istituzioni, per fornire maggiori
elementi di analisi su un settore in continuo mutamento e grande
ristrutturazione che ci riguarda da vicino.
Segnalateci notizie su articoli, studi e comunicazioni relativi al settore
tessile-abbigliamento e calzature e soprattutto fateci avere vostri commenti
e proposte sulle possibili alternative "critiche" alla ricerca di filiere
che rispettano i diritti sociali e ambientali nel Nord e nel Sud del Mondo.


L'APPROFONDIMENTO


A CHE PUNTO SIAMO CON LE OLIMPIADI?
La Play Fair Alliance, coalizione internazionale che raggruppa associazioni,
organizzazioni sindacali e non governative, ha lanciato una campagna in
occasione delle Olimpiadi di Atene per indurre il Comitato Olimpico
Internazionale (CIO) e i grandi marchi dell¹abbigliamento sportivo a mettere
la parola fine a condizioni di lavoro non dignitose nell¹industria dello
sport. In vista delle Olimpiadi invernali di Torino 2006, la Clean Clothes
Campaign ha pubblicato nel suo sito una serie di aggiornamenti sui progressi
compiuti nel dialogo con i marchi, la Federazione Mondiale dei produttori di
Articoli Sportivi (WFSGI) e il mondo olimpico, sulla base di alcune proposte
specifiche avanzate dalla Play Fair Alliance per arrivare in tempi
ragionevoli alla firma di un accordo di settore valido a livello
internazionale
(vedi: Newsletter n. 1, 2006;
www.cleanclothes.org/campaign/olympics2004.htm;
www.cleanclothes.org/companies/06-01-30.tm).
Molto resta da fare nei due anni che ci separano dalle Olimpiadi di Pechino,
in modo particolare su due questioni cruciali che non hanno ancora trovato
risposta né da parte delle imprese né da parte del mondo sportivo: il
diritto dei lavoratori a percepire retribuzioni in linea con il costo della
vita, il rispetto della libertà di associazione e di contrattazione
collettiva, oltre all¹adozione di codici di condotta completi e di
meccanismi di verifica affidabili. La WFSGI ha tenuto finora un
atteggiamento dilatorio, mentre il CIO, dopo l¹incontro dell¹ottobre 2005
con le organizzazioni sindacali che aderiscono alla campagna, si è chiuso
nuovamente nel silenzio.

Vi invitiamo a collegarvi al sito della Clean Clothes Campaign
(http://www.cleanclothes.org/campaign/06-02-20.htm#action) e a inviare una
mail di pressione al presidente del Comitato Olimpico Internazionale. Non
preoccupatevi se i giochi olimpici di Torino sono in via di conclusione, la
Play Fair Alliance non chiude i battenti.

TORINO 2006, UN PESSIMO MEDAGLIERE
La maglia nera fra i marchi dello sport va a Fila che ha rifiutato
ostinatamente di confrontarsi con la campagna Play Fair at the Olympics, e
solo all¹ultimo, per paura di un¹eccessiva esposizione pubblica, ha
accettato un incontro interlocutorio; e continua a rifiutare di assumersi
ogni responsabilità per i licenziamenti di massa che hanno colpito i
dipendenti della PT Tae Hwa, la fabbrica di un suo fornitore indonesiano.
Ma nello speciale medagliere che il Sole 24 Ore dedica agli sponsor
olimpici, l¹impresa italo-statunitense occupa le prime posizioni per il
numero di atleti vincitori di gare che veste, insieme alla ditta torinese
Anzi Besson, che fornisce l¹abbigliamento da gara alle nazionali di sci
alpino di Austria, Russia, Bulgaria e Grecia, dopo averlo testato in una
speciale galleria del vento. ³Più cervello e meno muscoli², è la filosofia
del gruppo Tecnica, impresa produttrice di scarponi che hanno calcato il
podio, ³Poco importa se la plastica si inietta nei paesi a più basso costo ­
dice il direttore marketing ­ qui [a Montebelluna] è concentrato tutto
quanto può dare valore². Più chiaro di così. Infine c¹è Carrera, che fa capo
al gruppo veneto Safilo, e fornisce caschi, maschere e occhiali per lo sci,
che fa produrre in Italia e in Slovenia. Stiamo parlando di imprese con giri
d¹affari milionari in un settore che non conosce crisi (Fonte: Il Sole 24
Ore, 15/16/21.2.2006). Al loro confronto impallidisce il carico di 2 mila
berretti contraffatti con il marchio ³Torino 2006², provenienti dalla Cina,
per un valore di 20 mila euro, bloccati all¹aeroporto di Malpensa a metà
febbraio (Fonte: Il Corriere della Sera, 17.2.2006).

La vendita dei biglietti per i giochi è stata inferiore al previsto e gli
organizzatori per allettare le scolaresche ora li offrono a prezzi ridotti,
ma accompagnati da un foglio carico di proibizioni. Un paragrafo, dedicato
all¹abbigliamento, ammonisce: ³Non è consentito l¹utilizzo di abbigliamento
recante loghi e marchi di sponsor non Olimpici, come indicato nella guida
dello spettatore che ogni Scuola riceverà insieme ai biglietti². Chi
trasgredisce, va incontro a severe sanzioni: ³Il mancato rispetto delle
regole comporta l¹espulsione dal luogo di gara senza rimborso del
biglietto². ³Devo vestire mio figlio con i marchi degli sponsor? ­ si chiede
un papà ­ Ma se non so neanche quali sono!². Niente paura: gira voce che
solerti funzionari applicheranno pezzi di scotch sui marchi non graditi.
(Fonte: Il Manifesto, 15.2.2006).

E se vi resta la curiosità di sapere di che pasta è fatto lo ³spirito
olimpico², e gli affari di cui si nutre, vi consigliamo la lettura di un
libro appena uscito in libreria: Stefano Bertone, Luca Degiorgis (fondatori
del Comitato Nolimpiadi), Il libro nero delle olimpiadi, Frilli edizioni,
2006.


DALLE IMPRESE


RAJNA E PAVLINA, DUE SORELLE BULGARE MORTE IN FABBRICA
Ritorniamo sul caso della Euroshoes, il calzaturificio italiano di Dupnitza
in Bulgaria, dove sono morte due donne, una stroncata da un ictus, l¹altra
da un infarto, a distanza di pochi giorni l¹una dall¹altra (vedi Newsletter
n. 3, 2006)
Le testimonianze delle dipendenti che hanno accettato di parlare con i
giornalisti, raccolte nel sito dell¹associazione Bulgaria-Italia, che dedica
un link di approfondimento alla vicenda
(http://www.bulgaria-italia.com/bg/news/news.asp?body=1586)), raccontano di
condizioni lavoro insopportabili, con carichi di lavoro eccessivi, impianti
di aspirazione non funzionanti, nessun diritto sindacale, e il caso di
un¹altra operaia trovata morta per la strada dopo essersi sentita male in
fabbrica. L¹Ispettorato del lavoro ha rilevato 20 violazioni della legge sul
lavoro, fra cui straordinari illegali e non retribuiti, ferie non godute,
nessuna indennità per lavoro in condizioni nocive, assenza di mascherine e
impianti di aspirazione mal funzionanti. Il sindacato bulgaro KNSB riferisce
di non aver potuto compiere un¹ispezione alla Euroshoes perché la proprietà
gli ha negato l¹accesso agli impianti. La Euroshoes non è nuova a vicende
come questa. Nel 2002, dodici dipendenti dello stabilimento di Babovdol
erano state ricoverate con urgenza con sintomi da intossicazione dovuti
all¹utilizzo di colle e all¹insufficiente aerazione. La Campagna Abiti
Puliti sta raccogliendo informazioni sul caso.
(Fonte: Associazione Bulgaria-Italia,
http://www.bulgaria-talia.com/bg/news/news.asp?body=1586)

DI NUOVO BOTTE ALLE OPERAIE IN PRESIDIO DAVANTI ALLA FILOSUD
Da ottobre presidiano lo stabilimento di filati di Bazzano, alle porte
dell¹Aquila, per impedirne la chiusura e la rimozione dei macchinari (vedi
Newsletter n. 2, 2005). Nonostante la nomina di un liquidatore, il
proprietario Claudio Cortinovis, a bordo di un furgone, ha tentato
nuovamente il 17 gennaio di portarsi via del materiale dai capannoni.
Fermato dalle operaie, ha aggredito e picchiato la rappresentante sindacale
e poi ha travolto la sua auto con il furgone. La donna è stata portata in
ospedale. Il sindacato ha sporto denuncia ed è stata aperta un¹inchiesta.
(Fonte: Carta, n. 4, 2006)

REEBOK RENDE PUBBLICA LA LISTA DEI FORNITORI
Dopo Nike, Levi¹s, Puma e Timberland, ecco Reebok. L¹elenco si trova sul suo
sito al link
www.reebok.com/Static/global/initiatives/rights/pdf/ReebokHR_FactoryLists.pd
f
Le fabbriche censite sono 759 in 53 paesi. Accanto a noti paesi dell¹estremo
oriente, spiccano curiosamente i 72 fornitori statunitensi e i 23 canadesi.
Anche in Europa Reebok conta un certo numero di terzisti: 21 in Portogallo,
18 in Spagna, 6 in Grecia, 2 in Italia (uno in Lombardia, l¹altro in
Piemonte), 2 in Germania, 2 in Bulgaria e qualche scampolo in altri paesi.
Si prosegue fino alla nuova frontiera, con 6 fornitori in Russia e 2 in
Turkmenistan.

NIKE FA CAUSA AD ADIDAS PER LE SCARPE CON I CUSCINETTI
Nike ha citato in giudizio Adidas-Salomon per violazione di brevetto.
Entrambe usano il sistema di cuscinetti chiamato ³a3², protetto da 19
brevetti diversi, che grazie a dei pistoncini posti nella zona del tallone
ammortizza l¹impatto con il suolo durante la corsa. Nike accusa la rivale di
avere copiato la sua tecnologia Shox nella produzione di una nuova linea di
scarpe. Adidas si difende sostenendo che i cuscinetti ³a3² sono sul mercato
dal 2002, e quindi la querela sarebbe tardiva. La causa tradisce il
nervosismo di Nike alle prese con un concorrente che, acquisita Reebok,
potrebbe minacciare la sua supremazia. Ma una domanda sorge spontanea:
quanta tecnologia serve mettere ai piedi per uscire a comprare il giornale?
(Fonte: Il Corriere della sera, 18.2.2006)

NIKE-ADIDAS: 8 A 5 NELLA SFIDA DELLE DIVISE PER I MONDIALI DI CALCIO
Sono otto le nazionali di calcio che Nike vestirà dalla testa ai piedi:
Brasile, Portogallo, Olanda, Stati Uniti, Corea del Sud, Messico, Australia,
Croazia. Cinque le nazionali legate ad Adidas: Germania (con obbligo di
indossare anche i suoi scarpini), Francia, Spagna, Argentina, Trinidad e
Tobago. L¹Italia ha un contratto con Puma, ma Nike, leader mondiale anche
nel settore del calcio, spera di rafforzare la sua presenza nel nostro paese
dove detiene, in questo comparto, una quota di mercato del 29%. Nel 1994
Nike fatturava con i prodotti per il calcio 40 milioni di dollari, oggi ne
fattura 1,5 miliardi. Ma il calcio può anche non essere un buon affare: a
Diego Della Valle, imprenditore marchigiano della calzatura, il controllo
della Fiorentina è costato in meno di tre anni quasi 60 milioni di euro.
(Fonte: Il Sole 24 ore, 14/22.2.2006)

PRADA CEDE IL MARCHIO JIL SANDER
Il gruppo Prada ha annunciato di aver ceduto Jil Sander, marchio del lusso
di Amburgo, a Change Capital Partners, fondo di private equity creato da Luc
Vandevelde, ex presidente di Carrefour prima e di Marks & Spencer poi. Il
prezzo pagato si aggirerebbe intorno ai 60 milioni di euro.
(Fonte: Il Sole 24 ore, 24.2.2006)

LA EUROPEAN CHAMBER OF COMMERCE CONTRO L¹AUMENTO DEI MINIMI SALARIALI IN
VIETNAM
Dopo alcune settimane di scioperi spontanei e il blocco della produzione
nella zona industriale intorno a Ho Chi Minh, il governo di Hanoi ha deciso
di aumentare i salari minimi del 40% portandoli a 45-55 dollari al mese. La
European Chamber of Commerce, che rappresenta, fra le altre, imprese del
calibro di Edf, Siemens e Adidas, ha indirizzato una lettera al primo
ministro vietnamita, in cui si legge: ³Una delle attrattive del Vietnam per
gli investitori stranieri è il fatto che la forza lavoro non è dedita agli
scioperi². Nuovi incidenti ³potrebbero danneggiare il clima economico in
Vietnam e gli incentivi per gli investitori stranieri². Di qui l¹accusa
della European Chamber of Commerce al regime di Hanoi perché ³non ha agito
abbastanza in fretta sugli scioperi illegali², la richiesta di un¹indagine
di governo per ³evitare simili incidenti in futuro² e il pressante invito a
consultare le imprese estere prima di decidere nuovi aumenti di stipendio.
(Fonte: Il Corriere della sera, 6.2.2006)

IN ARRIVO I DAZI SULLE CALZATURE DI CINA E VIETNAM
Dopo mesi di pressing da parte dei produttori italiani di calzature, che
sono arrivati a pubblicare un appello sul Financial Times, la Commissione
europea ha formalizzato il 23 febbraio la proposta di dazi antidumping
provvisori sulle scarpe di cuoio provenienti da Cina e Vietnam. Ma la
modesta entità delle aliquote, la gradualità nell¹applicazione e le ampie
deroghe previste lasciano gli operatori insoddisfatti. I dazi progressivi
dovrebbero entrare in vigore il 7 aprile partendo dal 4,8% sulle scarpe di
cuoio cinesi e dal 4,2% sulle vietnamite, per arrivare a pieno regime solo
il 15 settembre rispettivamente al 19,4% e al 16,8%, livelli molto inferiori
rispetto a quasi tutte le altre misure antidumping adottate dalla Ue nei
confronti di prodotti cinesi. Dai dazi saranno escluse le scarpe sportive
hi-tech e le calzature da bambino fino al numero 37, in virtù delle forti
pressioni esercitate dai colossi dello sportswear Nike, Adidas e Puma, dalla
britannica Clarks, molto forte sull¹import di scarpe da bambino, oltre che
dagli importatori e dalle grandi catene di distribuzione. Paesi come
l¹Italia, che hanno ancora un retroterra produttivo, lamentano
l¹insufficienza delle misure, mentre i paesi del nord Europa, che hanno
forti interessi nella distribuzione, criticano la decisione. L¹ago della
bilancia sono le grandi marche dello sport, che paventano ³danni per i
consumatori². Nel Comitato antidumping della Ue, che si riunisce il 9 marzo,
si fronteggeranno interessi contrapposti. Intanto l¹Anci (associazione dei
calzaturieri italiani) ci riprova con un nuovo appello da pubblicare sul
Financial Times.
(Fonte: Il Sole 24 ore, 24.2.2006, Il Manifesto 24.2.2006)

UN MARCHIO ROSSO BEN POCO ETICO
Riportiamo l¹articolo di Mario Pianta, ³Non ci piace quel logo Œrosso¹ ³,
apparso sulle pagine del Manifesto il 28.1.2006 a commento del lancio al
World Economic Forum di Davos del marchio ³Red², con il quale imprese come
American Express, Armani, Gap, Nike-Converse identificheranno una linea di
prodotti la cui vendita servirà in parte a finanziare il Global Fund, il
fondo dell¹ONU per la lotta contro l¹aids, la malaria e la tubercolosi in
Africa:

In Africa l¹aids uccide due milioni di persone ogni anno. Muoiono perché né
i governi, né le vittime possono pagare i prezzi esorbitanti dei farmaci
anti-aids prodotti da poche multinazionali di Europa e Stati Uniti. I prezzi
sono esorbitanti perché gli accordi commerciali del Wto impediscono ad altri
produttori del Sud del mondo di imitarli e produrli a costi minori. I
superprofitti delle multinazionali vanno ai supermanager e agli azionisti,
abituati a consumi opulenti, ad esempio abiti Armani o Gap, scarpe Converse
o Nike (che è lo stesso gruppo), pagati magari con una carta di credito
American Express. Commossi dallo sterminio per aids, i capi di queste
imprese si ritrovano a Davos e ­ padrino Bono, ex U2 ­ lanciano il marchio
Red, che differenzierà i prodotti di cui sopra destinando una quota dei
profitti ³rossi² al Global Fund che finanzia interventi contro aids, malaria
e tubercolosi.
Leggi il resto dell'articolo
<http://www.abitipuliti.org:8080/abitipuliti/news/news4>

QUANDO LA COMUNICAZIONE DIVENTA INCIVILE
La palma dell¹inciviltà andrebbe questo mese alla giornalista Giusi Ferré,
che così si esprime nell¹articolo ³L¹ultima moda è cambiare pelle², apparso
nell¹inserto Corriere Economia del Corriere della sera del 20.2.2006, a
proposito della tendenza dell¹industria della moda a saturare il mercato di
prodotti superflui e a prezzi stracciati: ³Ma una rivoluzione sta per
avvenire anche nelle tradizionali linee nice price, abituate a invadere il
mercato con immense collezioni di piccoli pezzi, prendere o lasciare, tanto
tra un mese si cambia. E¹ molto comodo, democratico per via dei bassi costi,
esalta al massimo la filosofia del kleenex usa e getta, ma ha il difetto di
essere anonimo e poco riconoscibile². Forse una giornata trascorsa accanto
a una discarica o alla macchina da cucire in una fabbrica del Guangdong la
indurrebbe a una diversa scelta delle parole. Ma è il tragico destino di
altri.


ALTRE NOTIZIE


PROGETTO PILOTA DELLA CLEAN CLOTHES CAMPAIGN TEDESCA CON PUMA
Puma e la Clean Clothes Campaign tedesca hanno annunciato a metà febbraio
l¹avvio di un progetto pilota congiunto della durata di un anno con
l¹obiettivo di esaminare le condizioni di lavoro presso i fornitori di Puma
e di perfezionare i sistemi di verifica dell¹applicazione degli standard
sociali. Verranno monitorati due fornitori di El Salvador con focus su: non
discriminazione di genere, libertà di associazione e di contrattazione
collettiva, retribuzioni e straordinari. In aggiunta ad ispezioni non
annunciate, Puma e la CCC promuoveranno cicli di seminari e attività di
formazione per i dipendenti per poterli inserire al meglio nei processi di
attuazione degli standard, coadiuvati dall¹organizzazione locale
indipendente Grupo de Monitoreo Independiente de El Salvador (GMIES), che
gode nel paese della fiducia dei lavoratori, e che si avvarrà a sua volta
della collaborazione dell¹organizzazione per i diritti delle donne ORMUSA.
(Fonte: Clean Clothes Campaign)

RAPPORTO CISL: MECCANICA E TESSILE I SETTORI PIU¹ IN CRISI
Le crisi aziendali tra il 2005 e il 2006, in tutto il settore produttivo
nazionale, sono cresciute del 5,4%, e riguardano ormai 4.900 imprese. Nello
stesso periodo è aumentato del 6,9% l¹utilizzo degli ammortizzatori sociali
che coinvolgono più di 355 mila lavoratori. Il quarto rapporto
sull¹industria realizzato dalla CISL lancia il grido d¹allarme sulla natura
sempre più strutturale della crisi del sistema produttivo italiano. Un
settore a forte criticità è il tessile, dove anche a causa dell¹agguerrita
concorrenza cinese, salgono a quota 86.600 i lavoratori coinvolti nelle
crisi (+2,7%) e in 74.300 utilizzano gli ammortizzatori sociali (+7,1%).
Oltre alle grandi aziende, la crisi coinvolge le piccole imprese di aree
come Prato, Biella, Fermo, e regioni come la Lombardia e il Veneto.
(Fonte: Il Sole 24 ore, 24.2.2006)


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a cura di Ersilia Monti, Claudio Brocanelli, Deborah Lucchetti

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