Newsletter Osservatorio Iraq
04/2006
03 - 20 febbraio 2006
Il 9 febbraio la Camera ha definitivamente approvato il decreto all'interno del quale era stata inserita anche la proroga della missione in Iraq. In assenza di discussione, a causa della fiducia posta dal governo sull'intero decreto, è stato impossibile avere, dai ministri competenti, le risposte su alcune questioni emerse recentemente, e che gettano una luce oscura sull'intera missione. Del resto, come afferma il vice presidente della Commissione Esteri della Camera, Dario Rivolta, sparare su un ambulanza è un episodio marginale rispetto alla strategia politica di inviare un contingente in Iraq.
Non è stato affrontato nemmeno il problema degli interessi delle potenze estere sul petrolio iracheno, né tanto meno dell'interesse dell'Italia sul petrolio di Nassirya. Il rapporto dell'organizzazione britannica Plattform, recentemente presentato anche in Italia, indica con chiarezza quali costi comporterà per l'Iraq affidare il proprio petrolio alle multinazionali straniere, e quanto poco filantropica sia la loro missione.
Salman Daud, del sindacato dei lavoratori del petrolio del sud dell'Iraq, di recente in Italia nell'ambito del progetto "Ponti di pace", rivendica il diritto della sua gente a gestire da sé la propria economia.
Impresa quasi disperata in questa situazione, poiché difficilmente gli Stati Uniti accetteranno di mettere nel bilancio passivo gli alti costi della guerra da loro condotta, che finora non hanno trovato giustificazione, e che potrebbero aumentare di molto se i soldati statunitensi restassero ancora per anni : secondo uno studio condotto da Joseph Stiglitz e Laura Bilmes, è ipotizzabile una cifra di mezzo trilione di dollari . L'amministrazione Bush ha ancora la possibilità di uscirne, certo perdendo quanto finora investito, ma almeno non di più: è la strategia consigliata da Phyllis Bennis e Erik Leaver:"Con oltre 2.200 vittime Usa, decine di migliaia di morti iracheni, più di 250 miliardi di dollari spesi, e i pochi membri della coalizione internazionale rimasti che stanno facendo le valigie, l'unica questione in sospeso non è quando ma in che modo portare a casa le truppe Usa".
E l'Iraq, intanto? Il paese cerca di fare i conti con una transizione politica che si è conclusa solo sulla carta, ma i cui nodi sono ancora tutti strettamente intricati: si attende ancora un governo, nonostante siano passati oltre due mesi dalle elezioni, e intanto occorre fare i conti con quello che da tempo si diceva, e che adesso trova conferme e ammissioni: in Iraq esistono "squadroni della morte", al servizio - si ipotizza - di alcuni dei partiti al governo.
Niente di questo è una novità: ma per i giornalisti occidentali capire e raccontare quello che succede in Iraq è diventato ormai quasi impossibile, e in questo silenzio, a volte, il racconto arriva quando è troppo tardi.
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