[NuovoLab] G8: tocca a Sabella il magistrato di Bolzaneto

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Autore: antonio bruno
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To: veritagiustiziagenova
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Oggetto: [NuovoLab] G8: tocca a Sabella il magistrato di Bolzaneto
manifesto 11.2.06

G8: tocca a Sabella, il magistrato di Bolzaneto
Le parti civili si oppongono all'archiviazione, richiesta dai pm che hanno
inquisito il collega. Oggi l'udienza
SIMONE PIERANNI
GENOVA
La giudice Lucia Vignale si trova nella delicata situazione di dover tenere
udienza, questa mattina, sulla sorte del suo collega Alfonso Sabella,
attualmente giudice monocratico a Roma presso la settima sezione del
tribunale penale, l'unico magistrato inquisito per i fatti del G8
dell'estate 2001. All'epoca dirigente del Dap, era il «coordinatore
dell'organizzazione, dell'operatività e del controllo su tutte le attività
dell'amministrazione penitenziaria in occasione del G8 in Genova», dunque
delle «carceri provvisorie» istituite al Forte San Giuliano e soprattutto a
Bolzaneto. Per i fatti di Bolzaneto sono alla sbarra in 45 tra poliziotti,
agenti penitenziari e carabinieri, compresi numerosi ufficiali. Per Sabella
può finire con la conferma dell'archiviazione, già decisa un anno fa ma
alla quale si sono opposte numerose parti civili del processo Bolzaneto,
oppure con l'imputazione coatta o ancora con l'avvio di nuove indagini.
Sabella è un magistrato siciliano che da pubblico ministero ha combattuto
la mafia arrestando boss latitanti di primo piano, uscito «con onore» anche
dal Dap (cacciato dal leghista Castelli dopo che aveva denunciato possibili
trattamenti di favore per i mafiosi). L'indagine dei pm Patrizia
Petruziello e Vittorio Ranieri Miniati, che pure hanno chiesto
l'archiviazione, gli assegna un ruolo importante. E' emerso che si
trattenne a Bolzaneto molto più che al Forte San Giuliano e molto più di
quanto egli stesso non avesse ammesso nella prima deposizione. Sabella ha
sempre sostenuto di non aver assistito direttamente a violenze ma ha anche
ammesso di essersi accorto che gli arrestati erano tenuti in piedi con la
faccia al muro. Era la cosiddetta «posizione del cigno» che fu giustificata
dagli agenti - disse Sabella alla commissione parlamentare - con la
necessità di «evitare scontri fisici all'interno delle celle tra i vari
gruppi di manifestanti». Senz'altro meno grave di una bastonata e delle
sevizie che avvenivano tra l'altro nell'infermeria di Bolzaneto ma pur
sempre un fatterello qualificato dai suoi colleghi pm genovesi - e da
un'abbondante giurisprudenza internazionale basata su una sentenza a favore
di prigionieri irlandesi - come «trattamento inumano e degradante» ai sensi
della convenzione europea sulla tortura. Sabella, concludono tuttavia i pm,
non avrebbe avuto modo di constatare gli episodi peggiori, né la
sistematicità degli abusi, perché i poliziotti avrebbero senz'altro evitato
certe azioni sotto gli occhi di un magistrato. I legali di parte civile
invece tirano in ballo la famosa visita del ministro Castelli per la quale,
secondo numerosi testimoni, «ci si curava di rimettere le cose in ordine
affinché non rimanessero tracce» delle violenze, precauzione - osservano -
che non sembra venisse presa per le visite del magistrato.

Se gli andrà bene Sabella uscirà dalla scena giudiziaria genovese come è
successo a diversi «big» delle forze dell'ordine. Dal «generale fantasma»
Valerio Donnini superiore diretto di Vincenzo Canterini (mai indagato)
all'ex vice questore bolognese Lorenzo Murgolo, l'unico dirigente presente
alla Diaz per il quale è stata pronunciata e confermata l'archiviazione, e
agli ufficiali dei carabinieri che erano piazza Alimonda, il colonnello
Giovanni Truglio e il maggiore Claudio Cappello (mai indagati) della
Seconda brigata mobile specializzati nelle missioni all'estero.

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