[Cm-roma] Angelo Mai su Repubblica di oggi

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Monti, il tango dell'Angelo Mai. Arte, teatro, officine: così l'ex convitto
è diventato laboratorio.

Articolo di Elena Stancanelli

Un'occupazione è un gesto simbolico. Ma ha anche un valore pratico, perchè
lo stesso disagio che vuole evidenziare, lo risolve anche, almeno
temporaneamente. Occupando un immobile di grande prestigio nel cuore del
Rione Monti si ottiene molta più attenzione che non infilandosi in qualche
palazzina diroccata di periferia. Ma mentre il livello simbolico
dell'occupazione sale vertiginosamente, lo spazio del sollievo diminuisce
alla stessa velocità. Provate a immaginare a quanta gente possa far gola uno
spazio al centro storico capace di ospitare 500 persone, con un cortile
enorme, un giardino, una cappella sconsacrata all'interno, e persino liti
sottosuolo con vere catacombe.

L'Angelo Mai era un convitto gestito da preti, che venne chiuso per mancanza
di allievi. Si sa che al centro storico i ragazzini sono pochi. Più si è
ricchi e meno figli si mettono ai mondo, è il paradosso di questi anni. Di
proprietà del demanio, l'edificio rimase chiuso per quindici anni. Avrebbe
dovuto essere cartolarizzato, cioè venduto per «far cassa» e diventare così,
probabilmente, un grande albergo di lusso. Ma il comune, su pressione della
«rete Monti» impegnata a tutelare la fisionomia del quartiere, lo ha
rilevato. li sindaco lo ha quindi destinato, definitivamente, a una funzione
pubblica. Ma nel frattempo, il 17 novembre 2004, lo spazio è stato appunto
occupato. Pina Vitale e Gino Chiapparelli, a capo del comitato popolare di
lotta per la casa che gestisce questa occupazione, mi danno un po' di dati.
All'Angelo Mai abitano oggi 25 famiglie, parte italiane e parte di
stranieri. Tutti aventi diritto a una casa e in attesa di una sistemazione
«legale» che tarda ad arrivare. Per il loro sgombero, il comune ha offerto
loro in cambio dei «contenitori abitativi». Noi ce ne andremo, mi dice Pina,
le occupazioni sono sempre simboliche e temporanee, ma solo dopo che
qualcuno ci avrà spiegato cos'è un contenitore abitativo. Non ci faremo
deportare in un residence, perchè, come il recente episodio dei residence
Roma ha reso evidente a tutti, quel tipo di sistemazione si trasforma in
fretta in una catastrofe. I residence sono una spesa enorme anche per il
Comune, sia per quanto riguarda l'affitto vero e proprio che per la gestione
dell'ordine pubblico. Quando siamo entrati, nel 2004, abbiamo appeso uno
striscione con su scritto: L'Angelo Mai restituito al quartiere. Il nostro
spirito è questo. Vorremmo che quanto è stato fatto in questo anno e mezzo
non andasse perduto. L'idea del Comune è quella di trasferire in questo
edificio la nuova sede di una scuola media, il Viscontino. Mi sembra uno
strano paradosso. Qua intorno ci sono decine di scuole medie, e tutte mezze
vuote. Non ci sono tutti questi ragazzini ai centro storico. Ne serve una
nuova, così grande, privata? E nel caso, dove andrà a finire tutto il
patrimonio accumulato in questo anno e mezzo di «ospitalità culturale»? Al
Comune chiediamo di affrontare lo sgombero dell'Angelo Mai non solo sul
piano della soluzione abitativa, ma come conservazione di un piccolo
patrimonio umano e di talenti.

L'Angelo Mai non è un centro sociale, ma non è neanche soltanto un
condominio. E' un luogo un po' speciale, dove, per un fortunato intreccio di
energie, sono nate e prosperate molte iniziative. Ma dietro la fortuna ci
sono sempre uomini e donne, e in questo caso si chiamano Giorgina Pilozzi e
Francesco Stocchi.

Giorgina si occupa del teatro e dei laboratori, è la responsabile di
«Probabis», una onlus (organizzazione non lucrativa di utilità sociale). E'
bella Giorgina, ha gli occhi scuri e una borsa enorme, che trabocca fogli di
carta pieni di progetti, agende grandi come dizionari, penne, telefonini e
mazzi di chiavi che aprono stanze polverose, lucchetti che custodiscono
spazi ingombri di calcinacci dove registi inquieti allenano attori vibranti.
All'Angelo Mai di questi luoghi ce ne sono addirittura due: l'ex cappella, e
un piccolo teatrino ricavato da un'aula della scuola. La cappella è
affrescata e ha addirittura una galleria, credo fosse lo spazio del coro, o
dell'organo. Il teatrino ha un palco grande e attrezzato, e la sala, con
colonne di ghisa dipinte di bianco, mi ha fatto pensare al famoso teatrino
Odescalchi, dove aveva sede la compagnia del Teatro d'arte diretta da
Pirandello. Un teatrino minuscolo, i cui posti di platea erano ulteriormente
decimati appunto dalle colonne, che rendevano la vista difficoltosa. Qui, mi
racconta Giorgina, hanno provato molti attori quest'anno. Anche spettacoli
che poi sarebbero andati a debuttare al teatro India. Perché spesso la
programmazione culturale ufficiale è miope, e forse anche in cattiva fede.
Prendono il risultato, se è buono, ma non vogliono sapere niente di come gli
artisti riescano a ottenerlo. Come al solito manca un anello della catena.
Il problema del nostro paese non è tanto la formazione, ma iniziare la
professione. Da noi, gli incentivi sono spessi sostituiti, anche nelle
fantasie dei più volenterosi, dalle raccomandazioni Non dovrebbe servire
conoscer qualcuno, se ci fossero a disposizione di tutti strumenti per
rendere concreti i progetti. Luoghi come l'Angelo Mai, servono a colmare uno
spazio che le istituzioni non riescono a garantire. Sono un tentativo di
risolvere, simbolicamente e praticamente, un problema.

Prendiamo l'arte contemporanea. Francesco Stocchi è un ragazzo giovane, che
di mestiere fa il curatore. Ma ha scelto, per adesso, di non lavorare per
gallerie private. Mette il suo talento a disposizione dei progetti che gli
piacciono, degli artisti in cui crede. E lavora con i giovani, gli emergenti
diremmo qui in Italia ma spesso si tratta di persone già abbondantemente
emerse, sebbene sotto i quarant'anni, la nuova linea d'ombra dell'adultità
artistica. Qui all'Angelo Mai, Francesco ha organizzato un paio di rassegne
alle quali hanno partecipato, tra gli altri, Elisabetta Benassi, Jorge
Perii, Flavio de Marco e Olaf Nicolai. Adesso ha in programma una nuova
serie di incontri, probabilmente coordinati da un padre nobile. Un artista
super star del quale non vuole dirmi il nome per scaramanzia, ma sembra che
abbia già accettato. Mi piace chiedere agli artisti di diventare curatori,
di prendersi cura del lavoro di colleghi meno affermati. E' un gesto di
generosità, e anche un modo per rivelare in maniera profonda, e inedita, la
loro vera natura di artisti. La mostra dovrebbe essere allestita in
primavera. All'Angelo Mai, se tutto va bene.

Fateci un salto. Dal martedì al sabato, la sera, funziona anche l'osteria.
Sono i ragazzi dell'onlus a cucinare. Per circa sei euro si mangia primo e
secondo. Semplici e buoni. La sera è aperta anche la ciclofficina, dove ti
insegnano ad assemblare una bicicletta, o a riparare la tua. Ti mettono a
disposizione gli attrezzi e ti danno consigli, il lavoro lo fai tu. E non
paghi niente. Il loro obiettivo è quello di promuovere l'uso della
bicicletta come mezzo di trasporto alternativo, in città. La sera del
mercoledì, la ex cappella dell'Angelo Mai si trasforma in una Milonga, per
ballare il tango.

Esiste un progetto alternativo rispetto alla scuola media «Viscontino». E'
stato presentato dalle persone che in questi mesi hanno lavorato all'Angelo
Mai, Giorgina e gli altri. Prevede una foresteria per studenti stranieri,
sale per il cinema, biblioteche. Certo, se fosse in periferia sarebbe più
facile. Ma non è bello che sia proprio incentro?

Tratto da "Roma - Cronaca" de "la Repubblica" di sabato 11 Febbraio 2006,
pag. VII.

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