Invio questo commento alla sentenza di Roberto Meregalli della Rete Lilliput che mi sembra interessante,
saluti
Giovanna Luciano
Rete Lilliput Lecco
-----Messaggio originale-----
Da: Meregalli Roberto (ICT MI) [
mailto:roberto.meregalli@enel.it]
Inviato: venerdì 10 febbraio 2006 10.56
A: Luciano Giovanna
Oggetto: I: [tradenews] WTO: OGM? Sani e ingiustamente ostacolati
dall'Unione Europea!
Priorità: Alta
Diffusa l'anteprima della sentenza sulla discussa causa euro-americana sugli
OGM: vincono gli USA.
"La moratoria UE viola le norme del WTO.
Da anni, in ogni parte del mondo, la gente mangia alimenti geneticamente
modificati. I cibi biotech aiutano a nutrire la popolazione mondiale che
soffre la fame, offrono
enormi opportunità per una alimentazione più sana e nutriente e proteggono
l'ambiente riducendo l'erosione del suolo e l'uso dei pesticidi".
Roberto Zoellick, Rappresentante USA al commercio,
13 maggio 2003, nel corso della presentazione della causa USA in sede WTO.
Bob Zoellick aveva dunque ragione, la "de facto" moratoria applicata
dall'Unione Europea dal 1998 al 2003, viola le norme dell'Organizzazione
Mondiale del Commercio.
Così sta scritto nell'interim Report, la bozza di sentenza consegnata due
giorni fa ai paesi interessati dalla disputa.
A voler essere precisi, "le misure di salvaguardia citate in giudizio da
Stati Uniti e Canada sono inconsistenti con l'Articolo 5.1 (1) ed i
requisiti 2 e 3 dell'articolo 2.2 dell'Accordo sulle misure Sanitarie e
Fitosanitarie", meglio noto con l'acronimo di SPS.
La notizia non ha sorpreso gli addetti ai lavori e già durante l'ultima
conferenza ministeriale di Hong Kong, erano trapelate voci sull'esito della
lunga disputa che divide le due sponde dell'Oceano Atlantico, ma ora tutti
possono vedere un estratto delle 1.046 pagine della sentenza, pubblicate sul
sito dell' Institute for Agriculture and Trade Policy (2), che ha così
provocatoriamente violato la segretezza che contraddistingue l'organismo wto
per la gestione delle dispute.
PREMESSA
Il 13 maggio 2003, alcuni paesi capitanati dagli Stati Uniti d'America
avevano avviato una causa presso l'Organizzazione mondiale del commercio(3)
relativamente alla moratoria sui prodotti geneticamente modificati che
l'Unione Europea aveva in atto dal 1998.
Al panel WTO venne richiesto di pronunciarsi sulla compatibilità delle
misure della comunità e dei suoi stati membri con le regole
dell'organizzazione mondiale del commercio.
In particolare, le misure oggetto della causa erano:
- Il fallimento da parte della comunità europea nello stabilire una
procedura funzionante di autorizzazione per i prodotti GM
- Il blocco all'importazione di alcuni OGM
- le regole di salvaguardia che alcuni stati membri avevano messo in atto,
infrangendo la stessa legislazione comunitaria.
I funzionari americani prepararono la causa con molta cura, stabilendo alla
fine di concentrare le loro accuse nel mancato rispetto delle clausole
stabilite dall'Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS).
Questo accordo si occupa della tutela della salute dell'uomo, degli animali
e dei vegetali. In sostanza si occupa di "armonizzare" le diverse misure
sanitarie e fitosanitarie applicate dai vari paesi sull'importazione di
alimenti, mangimi e vegetali.
Nel suo preambolo l'accordo riconosce il diritto di ogni paese membro "di
adottare o applicare le misure necessarie a tutelare la vita e la salute
dell'uomo, degli animali e dei vegetali", ma tutto ciò compatibilmente con
un secondo fondamentale criterio: "purché dette misure non siano applicate
in modo da costituire un mezzo di discriminazione arbitraria tra i Membri".
L'SPS "incoraggia" i paesi membri a basare le proprie misure cautelative
sugli standard internazionali esistenti; in particolare sono riconosciuti
esplicitamente tre organismi: la Commissione del Codex Alimentarius (per gli
alimenti), l'Ufficio internazionale delle epizoozie (per gli animali) e la
Convenzione internazionale per la difesa dei vegetali.
Nel caso non esistessero standard emessi da queste tre organizzazioni,
l'accordo stabilisce che le misure siano basate su una "valutazione dei
rischi" che deve tener conto delle prove scientifiche disponibili e deve
svolgersi in un periodo temporale "ragionevole" (Art. 5.8).
LA DIFESA UE
L'Unione Europea si è difesa affermando innanzitutto che non è mai stata
messa in atto alcuna moratoria, semplicemente è stato necessario un certo
lasso di tempo per negoziare a livello comunitario il sistema di regolazione
e tracciatura approvato proprio nel 2003.
La Commissione ha sostenuto che l'argomento OGM non era un argomento da
trattarsi in sede WTO (!) e che anche se il mondo secntifico appare concorde
sul considerare innoqui i prodotti geneticamente modificati, appare pure
convinto che debba essere fatta una valutazione caso per caso e questo è
quanto da lei attuato.
Per sostenere la sua posizione l'UE aveva chiesto al panel di sentire il
parere di alcuni esperti e, nonostante la contrarietà americana, questo è
stato fatto anche se non è stato reso pubblico il risultato di questa
consultazione.
L'UE ha infine sottolineato il fatto di aver rispettato i requisiti del
protocollo di Cartagena sulla biodiversià, Accordo firmato dall'UE ma non
dagli Stati Uniti.
COSA DICE LA SENTENZA?
Innanzitutto dice di non voler entrare in merito al discorso salubrità degli
OGM, né sul discorso dell'equivalenza, tanto caro agli USA, fra prodotti OGM
e non; i tre membri del panel, si limitano ad affermare che i sistemi di
valutazione europei (nello specifico le direttive 90/220 e 2001/18) violano
l'SPS perché la valutazione dei rischi non è avvenuta in un tempo
ragionevole; pertanto, come sostenuto dagli USA, l'UE ha attuato una
ingiustificata moratoria sull'approvazione di nuovi OGM dall'ottobre 1998
all'agosto 2003.
Inoltre vengono condannate le misure attuate da alcuni stati membri, fra cui
l'Italia, per proteggere i rispettivi settori agricoli convenzionali e
biologici sfruttando al massimo ogni spazio concesso dalla legislazione
comunitaria per mettere in atto leggi molto restrittive in relazione alla
coltivazione di sementi OGM.
Riguardo al nostro paese, gli USA contestarono la sospensione delle
importazioni di questi mais GM: Bt-11, MON 809, MON 810 e T25. Tale
decisione venne presa con un decreto del presidente del Consiglio pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale il 4 agosto 2000.
Secondo l'Interim Report le misure attuate dall'Italia e da altri paesi
europei sono inconsistenti con gli impegni presi dalla Cominità Europea in
sede WTO.
E ORA?
Ci sarà la pubblicazione ufficiale e sicuramente l'UE ricorrerà in appello,
ma questo poco importa perché l'obiettivo della causa non era quello di
colpire l'Europa, che ha già posto fine alla sua moratoria nell'autunno del
2003.
Come ampiamente affermato lo scopo della causa era ed è quello di dare un
chiaro segnale politico a tutti i paesi del globo, meno potenti dell'Unione
Europea, indicando che non possono permettersi di seguire la sua strada e
che misure precauzionali sugli OGM non sono giustificabili.
Illuminante al riguardo il commento di Christian Verschueren, direttore di
CropLife International (4): "Spero che questa [sentenza] sia un segnale
forte verso tutti i paesi del mondo che non si possono prendere misure
cautelative senza che siano basate su una chiara evidenza scientifica".
In un discorso della meta' del maggio 2003, il Presidente George W. Bush
aveva giustificato la controversia affermando: "Se allarghiamo l'impiego
delle nuove bio-semenze ad alta resa e scateniamo la potenza dei mercati,
potremo aumentare notevolmente la produttività agricola e nutrire piu' gente
in tutto il continente (Africa). Eppure i nostri partner europei ci hanno
ostacolato nei nostri sforzi. Hanno bloccato tutte le nuove bio-semenze a
causa di timori infondati, senza base scientifica. Questo ha fatto si' che
molte nazioni africane hanno evitato di investire nelle biotecnologie, per
paura che i loro prodotti vengano esclusi dai mercati europei"(5).
Questa giustificazione retorica aveva ricevuto l'appoggio finanziario di
fondazioni statunitensi create congiuntamente con aziende di ingegneria
genetica che promettono di portare gli OGM in Africa senza gli elevati costi
dei diritti sulla proprietà intellettuale. Per esempio la Fondazione
Rockefeller, insieme a DuPont, Dow AgroSciences, Syngenta e Monsanto, con
l'Agenzia US per lo Sviluppo Internazionale avevano costituito a Nairobi
l'African Agricultural Technology Foundation (Fondazione Africana per la
Tecnologia Agricola), per fornire nuove tecnologie ai coltivatori locali.
Con l'iniziativa presso il WTO, l'amministrazione Bush e l'industria biotech
volevano dimostrare che non solo il loro interesse verso gli aiuti
umanitari OGM è di carattere prevalentemente umanitario, ma che
l'opposizione ai cibi transgenici è pretestuosa, priva di fondamento
scientifico e illegale rispetto alle regole miltilaterali del commercio.
L'Interim Report pare dar loro ragione, colpendo il principio precauzionale
che definisce il diritto di una nazione a prendere misure preventive quando
non è convinto della salubrità di un prodotto, anche se non esistono
sicurezze in materia. Conferma che gli accordi WTO sono preminenti rispetto
a quelli multilaterali (Cartagena) e che tre rispettabili signori possono
giudicare, a porte chiuse, complesse legislazioni frutto di un lungo
confronto politico.
Ancora una volta, democrazia e sovranità si scontrano con le regole di un
organismo che si conferma a favore di chi ne ha posto le fondamenta: le
imprese multinazionali.
Roberto Meregalli
Beati i costruttori di pace
Tradewatch.it
Note:
(1) L'Art. 5 si occupa di "Valutazione dei rischi e determinazione del
livello di protezione sanitaria o fitosanitaria adeguato"
(2) Vedi
http://www.tradeobservatory.org/library.cfm?refid=78475
(3) Vedi comunicato stampa USTR/USDA del 13 maggio 2003: "US and cooperating
countries file WTO case against EU moratorium on biotech foods and crops".
(4) Lobby che rappresenta imprese del sttore come Du Pont, Syngenta,
Monsanto, BASF, Bayer.
(5) Citazioni e riferimenti tratti da "The US request for a WTO Panel on the
EC Biotech Moratorim: Why Now and With What Result?", Steve Suppan, IATP, 3
settembre 2003.
Per maggiori informazioni sull'argomento vedi anche "Pappa buona!" su
http://www.beati.org/wto/ArchivioDocumenti/2004/pappa_buona.pdf