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IN PRIMO PIANO
G8, numero chiuso per le vittime
Ordinanza del tribunale: "In aula solo testimonianze nuove"

Il presidente della prima sezione: "Gli avvocati specifichino le circostanze nuove da esaminare"
Ma così sarà difficile fare chiarezza su ruoli e responsabilità degli agenti e dei funzionari accusati dei falsi
MASSIMO CALANDRI


CON una sorprendente ordinanza sottoscritta ieri mattina, il presidente della prima sezione penale - Gabrio Barone - ha in pratica chiesto di tagliare corto con le testimonianze dei 93 no-global massacrati dalla polizia nel corso del famigerato blitz nella scuola Diaz. «Il Presidente invita le parti interessate ad indicare, entro l´udienza già fissata del 15 febbraio 2006, le persone offese di cui ritengano assolutamente necessario assumere le dichiarazioni testimoniali, specificando puntualmente su quali circostanze nuove, diverse o comunque più precise, di quelle riferite dai testi già escussi, le stesse debbano essere esaminate»: così recita il documento, alla cui compilazione hanno partecipato anche i giudici Annaleila Dello Preite e Fulvia Maggio. Sembra di capire che il tribunale non voglia sentirsi ripetere circostanze relative ai pestaggi che sono già state raccontate e confermate da altri testimoni. Una scelta non comune, non si capisce se dettata dalla necessità di accorciare i tempi o i costi di questo processo, ma che evidentemente rischia di stravolgerlo. Perché? Perché ognuna delle 93 vittime ha una storia diversa da raccontare. E poi le imputazioni per la polizia non si limitano alle lesioni in concorso, anzi: in ballo ci sono le calunnie e i falsi perpetrati da chi - per giustificare la carneficina - volle far credere che dentro alla scuola c´erano dei Black Bloc armati di molotov e determinati ad aggredire le forze dell´ordine. Se non vengono ascoltate tutte le persone massacrate e poi illegalmente accusate ed arrestate, come sarà possibile fare definitivamente chiarezza su ruoli e responsabilità? Si è già fatto ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell´Uomo per le vicende del luglio 2001, e le circostanze non erano così clamorose. Chi spiegherà a tutti quei ragazzi stranieri che, dopo aver atteso cinque anni, hanno perduto anche il diritto a ricordare le ingiustizie subite? L´ordinanza è invece stata accolta favorevolmente dagli avvocati dei 29 tra super-poliziotti, funzionari ed agenti che sono imputati in quello che è senza dubbio il processo più scomodo del G8. Secondo Marco Corini, uno dei legali, «il tribunale vuole eliminare il superfluo, concentrandosi su circostanze effettivamente nuove. L´accusa puntava sulla carica emotiva di certi racconti, ma è evidente che la manovra non sta funzionando. A questo punto noi siamo anche disposti a rifarci ai verbali delle persone offese, ma i pubblici ministeri non ci stanno: forse perché quei vecchi verbali contengono delle circostanze scomode. Il presidente potrebbe anche defalcare le liste».
Per fortuna non sono ancora stati «defalcati» testimoni come quelli ascoltati ieri. A cominciare da Laura J., che per la paura all´arrivo degli agenti si era nascosta nella serra di un giardino alle spalle della scuola Diaz. «Ci hanno trovati, ed hanno cominciato a battere con i loro manganelli sui vetri. Prima piano, poi forte, poi piano. Ritmicamente, per farci paura». Come il gatto con il topo. «Poi hanno rotto i vetri ed era quasi un sollievo, perché il terrore era diventato insopportabile: hanno cominciato a picchiarci...». Dai verbali Laura risulta in realtà essere stata catturata all´interno della scuola, così come Jonas S., cui fu sequestrato «materiale cartaceo» in base al quale venne indicato come "esponente di spicco dell´associazione a delinquere denominata Black Bloc": «Quei fogli erano la traduzione della biografia del reverendo Jesse Jackson. E appunti che avevo preso nei giorni precedenti allo stadio Carlini, osservando le Tute Bianche». Il terzo testimone era Rafael P.: «Mi hanno picchiato con i manganelli, calpestandomi, dandomi dei calci in faccia. Ho perso un dente, poi mi hanno preso a calci nel basso ventre, tanto che ho sporcato i pantaloni di feci. A uno hanno tagliato i capelli con un coltello, e il poliziotto si è messo in tasca la ciocca. Mi hanno picchiato anche nei sotterranei dell´ospedale San Martino: ero obbligato a fare le flessioni sulle gambe e mi prendevano a schiaffi, le piastrelle erano sporche di sangue».



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