[NuovoLab] Il Giornale: l’avarizia di Genova

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Szerző: Edoardo Magnone
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Tárgy: [NuovoLab] Il Giornale: l’avarizia di Genova
Un chiaro esempio di miscela composta dal 23% di luoghi comuni, un buon 27% di
malafede, il 21 % di faziosità cattolica e il restante 29%... lo lascio
giudicare (per non cadere nella volgarità) a chi avrà la pazienza di leggere
questo "pezzo di Sgarbi" uscito sul "Il Giornale".

Edoardo Magnone

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"L’avarizia di Genova" di Vittorio Sgarbi

Genova è una città bellissima e non conosciuta quanto meriterebbe. Anche dopo i
grandi festeggiamenti del 2004 quando fu eletta Capitale europea della Cultura.
Ma è una città pericolosa per chi abbia avuto l'avventura di nascervi. Gli
potrebbe toccare il destino più terribile ed eroico e la città gli potrebbe
voltare le spalle. Per insensibilità, per la proverbiale avarizia, per
indifferenza. Per assenza di ragione e di passione.

È accaduto a Fabrizio Quattrocchi. Il Consiglio comunale di Genova, nella sua
variegata composizione a maggioranza di sinistra, ha votato per negargli, dopo
il martirio, il ricordo del suo nome in una strada. La cosa appare tanto più
sorprendente perché contemporaneamente il sindaco della città di Roma Walter
Veltroni, sostenuto da una maggioranza di centrosinistra, non diversamente dal
sindaco socialista di Genova, ha invece deliberato e ottenuto l'approvazione
per dedicare a Fabrizio Quattrocchi una strada nella città di Roma. Non quindi
ragioni politiche, ma di verità e opportunità e di buonsenso, hanno consigliato
a Veltroni di onorare quello che a buon diritto si può considerare un martire
cristiano. A Genova, forse, prevale la considerazione che egli non militava a
sinistra e che l'ultimo eroe è Carlo Giuliani, ucciso durante le giornate del
G8 dal piombo dei militari di Stato. Quattrocchi non va bene. E non vale il suo
destino non solo di martire civile, ucciso senza potersi difendere rivendicando
l'orgoglio di essere italiano, ma anche la sconvolgente sua identità di martire
cristiano ucciso perché di religione diversa da un commando di terroristi
islamici.

A vedere le immagini della morte non possono non tornare alla memoria i dipinti
e le sculture della tradizione cristiana in cui il santo è in ginocchio davanti
ai suoi carnefici, e in quel momento coglie la palma della sua santità. Buona
cosa sarebbe che egli fosse beatificato dalla chiesa mentre la sua città gli
nega il nome in una strada. Indignazione e rabbia provoca la scelta
dell'Amministrazione comunale di Genova perché niente come i valori simbolici
meritano di essere ricordati come esempio e monito per chi sopravvive.

A chi dedicare altrimenti una strada? Inutile compiere atti eroici, inutile
coltivare una visione eroica della vita, inutile cadere perché si è
identificati con una religione: c'è da augurarsi che questa indifferenza sia
soltanto a Genova. Io sono nato a Ferrara. E sono rimasto colpito
dall'atteggiamento di una città irriconoscente perché, neppure aiutato dal
destino come Quattrocchi, ma per scelta temeraria, ho rischiato di morire
violando l'embargo dell'Irak.

Con un piccolo aereo insieme a Padre Benjamin e a Nicola Grauso, passato il
confine tra la Giordania e l'Irak, a testimoniare la nostra solidarietà al
popolo iracheno stretto tra un dittatore e le restrizioni imposte, attraverso
l'embargo, dagli Stati Uniti. Le restrizioni alimentari, sanitarie,
industriali. In quella circostanza fummo inseguiti da due caccia
dell'aeronautica militare americana, e sotto il fuoco americano potevamo
cadere. In quei momenti abbiamo temuto di essere abbattuti, invece fummo fatti
atterrare e ci sequestrarono l'aereo. Siamo ritornati e possiamo raccontarlo.
Ma se ci avessero colpito, e il nostro gesto fosse stato ricordato nonostante
l'incoscienza che ci spinse, la nostra consolazione nell'aldilà sarebbe stata
di non essere genovesi, perché non avremmo meritato neppure la consolazione del
ricordo. Ora sono vivo a raccontarlo; ma non dispero, non essendo genovese, di
avere un giorno il mio nome in una strada.

http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=62822