[Lecce-sf] Fw: Mistero buffo no

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Mistero buffo no
Notiziario del Campo Antimperialista ... 23 gennaio 2006 ... http://www.antiimperialista.org


VENEZUELA: Campo Internazionale Bolivariano
Dal 23 al 30 gennaio prossimi (in concomitanza con il Forum Sociale delle Americhe), organizzazioni bolivariane del Venezuela, assieme a forze rivoluzionarie di altri paesi, anzitutto latinoamericani, ti invitano a partecipare al CAMPO INTERNAZIONALE BOLIVARIANO nella capitale Caracas e nell'ambito del quale, oltrea a vari forum sulla situazione in Venezuela, si svolgera' un INCONTRO internazionale degli antimperialisti. Successivamente, dal 31 gennaio al 4 febbraio una Brigata di Solidarieta' visitera' alcune zone rurali del paese, quelle in cui piu' avanzate sono le esperienze di potere popolare. Il Campo bolivariano si svolgera' nel Barro 23 de Enero, storico quartiere popolare di Caracas. Il Campo e' uno spazio organizzato dal Frente Nacional Campesino Ezequiel Zamora (FNCEZ), dal Colectivo Alexis Vive e dal Movimiento Sin Tierra (MST) brasiliano allo scopo di scambiarsi esperienze e educare militanti e lottatori popolari. La partecipazione e' aperta a tutte le forze e le persone antimperialisti, democratici e rivoluzionari.
Programma, promotori, scopi e costi clicca qui: http://www.antiimperialista.org/index.php?option=com_content&task=view&id=4112&Itemid=144

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Questo Notiziario contiene:

1. MISTERO BUFFO (come mai in Italia nessuno commenta i risultati delle <storiche> elezioni in Iraq?)
2. IRAQ: I RISULTATI (MALGRADO I TRUCCHI)
3. LA SITUAZIONE SUL CAMPO (dal punto di vista militare)

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1. MISTERO BUFFO NO (come mai in Italia nessuno commenta i risultati delle <storiche> elezioni in Iraq?)

Venerdi 20 gennaio, dopo ben cinque settimane, sono stati resi noti i risultati definitivi delle elezioni svoltesi in Iraq il 15 dicembre. Tutti I principali giornali e media del mondo, gia' sabato 21 pubblicavano, assieme ai numeri, i loro imbarazzati commenti. Non in Italia pero', dove abbiamo visto articoletti scarni, reticenti e, peggio, incomprensibili. Ma come? Non erano, queste elezioni, presentate come <di portata storica>? Non era stato urlato ai quattro venti che l'alta affluenza alle urne legittimava la pretesa americana di esportare la democrazia?
Tace Magdi Allam, l'Ancillotto (zoppo) della crociata americanista. Taceil suo sodale di Repubblica Massimo Teodori (gia' sputtanatosi quando, seguendo la regola di S. Ignazio da Loyola, ha negato spudoratamente l'uso del Fosforo nel massacro di Falluja). Tace il collettore delle veline serviziosegrete Guido Olimpio. Tacciono tutti i prestigiosi-prestigioatori-columnist dei principali quotidiani. Non parliamo delle fogne televisive, ormai sottoposte ad una auto-censura preventiva da fare invidia al nazista Goebbels. La ragione del silenzio stampa e' che i pennivendoli arruolati in servizio permanente effettivo dal partito sio-americano non sanno che pesci pigliare. Ben consapevoli che tanto le elezioni sarebbero state truccate, essi si sentivano come in una botte di ferro: erano certi che i risultati avrebbero corroborato tutte le loro cazzate. In effetti tutto il mondo sano di mente sa quanto questo processo elettorale fosse stato manomesso. Assenza di scrutatori imparziali; seggi delle zone sciite e curde dove erano registrati X votanti che magicamente danno il triplo di schede scrutinate e a volte di piu'; seggi nelle zone sunnite controllate dalla Resistenza che devono chiudere le operazioni di voto dopo due ore perche' mancano le schede di voto; urne sparite lungo il tragitto verso l'ufficio elettorale centrale (ovviamente sotto custodia americana nella Zona verde); altre misteriosamete consegnate a dieci giorni dalle elezioni. Ciliegina sulla torta: la commissione centrale di verifica era sotto la ferrea supervisione di ufficlali americani.
Ebbene, malgrado tutto questo, malgrado la folta schiera di chi non ha votato seguendo la consegna di quella parte di Resistenza che ha chiamato all'astensione. la maggioranza dei cittadini iracheni ha pronunciato un NO chiaro e inappellabile all'occupazione, ha chiesto a gran voce che tutte le truppe imperialiste e di supporto debbono andare via, e subito, dal paese.
Il silenzio dei pappagalli di centro-destra-sinistra ha una seconda ragione. La stragrande maggioranza degli iracheni, pur appartenendo a comunita' differenti e a volte ostili, ha orientato il proprio consenso non verso le insanguinate bandiere demo-bombarole occidentali, ma verso quelle religiose, ritenendo l'Islam preferibile alla democrazia al fosforo, o alla liberta' ...di finire torturati ad Abu Grhaib o Guantanamo. Una bel calcio nel culo per tutti gli americansisti che hanno sostenuto l'invasione dell'Iraq (e adesso si accaniscono contro l'Iran) argomentando che essa avrebbe fatto piazza pulita del <fondamentalismo islamico>.
C'e infine una terza specifica ragione per cui i pennivendoli sono stati presi dallo sconforto. Essi (con gli americani) hanno puntato tutto su una forte affermazione del <laico> Allawi. Ebbene, malgrado cinque settimane di trattative segrete e di manipolazioni, la lista Allawi si e' vista assegnare solo 25 seggi (ne aveva 40). Un vero e proprio crollo.
Ci vien da dire, stavolta almeno, che se Atene piange Sparta puo' ridere. Il piano americano di <stabilizzazione> dell'Iraq va a carte quarantotto. Questo da nuovo respiro alla Resistenza armata -parte della quale, pur non avendo boicottato le elezioni (vedi il cessate il fuoco mantenuto nelle provincie da essa controllate), ha tuttavia mantenuto una posizione di astensione-, rafforza la sua battaglia per cacciare gli occupanti. Ma, come abbiamo detto nel Notiziario del 22 dicembre ora grava sulla Resistenza una piu' grande responsabilita'. Dimostrare di saper compiere un passo avanti, passare da una tenace ma divisa guerra di guerriglia ad un vero e proprio movimento di liberazione nazionale. Questo implica che si deve passare dalla necessaria fase iniziale della lotta armata anzitutto, a quella della Resistenza a tutto campo per strappare la maggioranza del popolo iracheno, per ottenere una solida egemonia anche oltre le provincie sunnite. E' un passaggio delicato e complesso, ma esso implica la capacita' di spaccare il blocco confessionale sciita filo-iraniano, ovvero portare nella Resistenza le forze popolari di Moqtada al-Sadr. Un accordo con i moqtadisti (che organizzano e mobilitano i settori piu' poveri ed emarginati della popolazione) farebbe definitivamente saltare in aria le traballanti istituzioni fantoccio. Sarebbe dunque devastante, non solo per gli imperialisti americani (e quelli europei), ma pure per le satrapie arabe filo-USA, nonche' per il regime di Tehran il quale, pur di sbarazzarsi di Saddam Hussein e estendere la propria influenza regionale, ha sostenuto l'aggressione imperialista, puntella in maniera decisiva l'attuale governo fantoccio di Bagdad per spezzare l'Iraq in tre parti. Tutti i resistenti possono unirsi non solo per cacciare tutti gli invasori, ma per difendere l'unita' dell'Iraq e costruire una nuova repubblica popolare, democratica e non clericale.


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2. IRAQ: I RISULTATI (MALGRADO I TRUCCHI)

I seggi del nuovo parlamento sono cosi ripartiti:

AIU (Alleanza Irachena Unificata) = 128 seggi
L'AIU e' una coalizione che raggruppa svariate correnti sciite. Le due formazioni piu note sono collaborazioniste e filo-iraniane: il partito DAWA dell'attuale primo ministro Ibrahim al-Jaafari e il CSRII (Consiglio Supremo della Rivoluzione Islamica) guidato dal potente chierico Abdel Aziz aL-Hakim. Le folte milizie armate del Dawa e dello CSRII costituiscono il grosso dei cosiddetti polizia ed esercito iracheni. Sempre a queste formazioni fanno capo gli squadroni della morte dediti alla caccia all'uomo contro la guerriglia e anche i vecchi baathisti. Nell'ambito dell'AIU un terzo dei deputati eletti e' tuttavia vicino alle posizione di Moqtata al-Sadr (che quindi e' la prima forza politica dell'AIU). Moqtada non ubbidisce alle direttive dell'Iran e dunque non ha avallato l'occupazione ne' fa parte del governo. L'unita' di queste componenti e' dunque alquanto aleatoria. Tutte le correnti rappresentate nell'AIU chiedono formalmente il ritiro delle truppe d'occupazione, sul resto non c'e' accordo. Mentre i filo-iraniani Dawa e CSRII chiedono il rispetto rigoroso della Costituzione, ovvero la divisione del paese su basi confessionali e comunitarie (ovveroavallano le pretese iraniane di satelllitare il sud-est dell'Iraq), Moqtada la rifiuta. Se Moqtada ritiene legittima la Resistenza armata, Dawa e CSRII, chiedono la repressione del <terrorismo>. Da segnalare che l'IAU, rispetto alle elezioni di gennaio ha perso 12 seggi, vedendo sfumare la maggioranza assoluta.

RISSALIOUN (lista sciita direttamente legata a Moqtada al-Sadr) = 2 seggi

FICN (Fronte Iracheno della Concordia Nazionale) = 44 seggi
Il FICN raggruppa essenzialmente tre formazioni sunnite (che non sono dei partiti veri e propri ma esse stesse raggruppamenti compositi e divisi al loro interno): il CDN (Consiglio del Dialogo Nazionale); il PII (Partito Islamico Iracheno, di Mohsen Abdel Hamid, legato ai Fratelli Musulmani); la CPI (Conferenza del Popolo Iracheno di Adnan al-Dulaimi). Non legati alla Resistenza (la quale anzi accusa alcuni di loro di essere collaborazioniste) alcuni dei capi del FICN parteciparono gia' alle elezioni di gennaio cooperando poi, seppure in maniera defilata, col governo fantoccio. Le due principali rivendicazioni del FICN sono la <fine dell'occupazione americana> e, nonostante il PII abbia anche votato si alla Costituzione di ottobre, la modifica della Costituzione medesima.

FIDN (Fronte Iracheno per il Dialogo Nazionale) = 11 seggi
Anche il FIND e' un blocco che raggruppa diverse correnti e importanti comunita' sunnite delle zone liberate dalla Resistenza. Il principale esponente e' Salah Motlaq. Motlaq non partecipo' alle elezioni di gennaio, respinge in toto la Costituzione e dichiara apertamente la legittimita' della Resistenza armata.

RL (Riconciliazione e Liberazione) = 3 seggi
Questa lista sunnita e' vicina alle posizioni radicali di Salah Motlaq.

Alleanza Curda = 53 seggi
Essa e' composta essenzialmente dai due principali movimenti curdi collaborazionisti: il PDK (Partito Democratico del Kurdistan di Massoud Barzani) e la UPK (Unione patriottica del Kurdistan di Jalal Talabani -attuale presidente dell'Iraq occupato, alleato di vecchia data di Tehran). L'alleanza ha insistito anzitutto sul rispetto della Cosituzione, ovvero preme per una totale autonomia delle provincie curde da Bagdad. Fedeli alleati degli occupanti i due partiti curdi, grazie alle loro milizie, sono uno dei puntelli dell'occupazione e del governo fantoccio.

UIK (Unione Islamica del Kurdistan) = 5 seggi
Questa formazione si oppone a Barzani e Talabani

Lista Iyad Allawi = 25 seggi
Allawi, ex- premier e uomo forte del primo governo fantoccio, l'uomo su cui gli americani hanno puntato le loro carte e montagne di soldi, e' il grande sconfitto dele elezioni. Rispetto a gennaio perde 15 seggi. Da segnalare che la Lista Allawi assembla varie forze, tra cui il cosiddetto Partito Comunista Iracheno (!!). L'altro pupazzo degli americani, Ahmed Chalabi, addirittura, non ottiene alcun seggio, cosi come altre liste volute dagli Usa.

Minoranze, Yazidi, Turcomanna e cristiana = 4 seggi

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3. LA SITUAZIONE SUL CAMPO
(dal punto di vista militare)

Uno dei pochi articoli seri a commento delle elezioni l'ha scritto l'amico Stefano Chiarini su il manifesto del 21 gennaio. Tuttavia Chiarini ha scelto una chiave di lettura davvero sbagliata ben espressa nell'occhiello: <Annunciati i risultati delle elezioni farsa: un Iraq meno iraniano e piu' americano>. In realta', come abbiamo detto sopra, e' proprio il partito americano ad uscire con le ossa rotte (e solo i brogli hanno limitato i danni). Il partito iraniano, ovvvero le due formazioni sciite del Dawa e dello CSRII, restano il reale perno su cui si regge il regime messo in piedi dagli occupanti. Esse detengono le principali leve del potere, controllano le forze armate che spalleggiano gli occupanti, possono infine contare sulle loro agguerrite milizie le quali, per numero almeno, sono piu' forti di quelle della Resistenza. Queste milizie paralegali, assieme alle forze armate e la polizia messe su dopo la caduta di Saddam Hussein, controllano amplissime zone dell'Iraq centro-meridionale, ovvero quelle a maggioranza sciita. Va sottolineato che questa soldataglia e' piena zeppa di ufficiali iraniani arruolati sotto mentite spoglie (nb: esiste una minoranza iraniana in Iraq che sostenne Tehran anche nella lunga guerra fratricida degli anni '80 duramente perseguitata da Saddam Hussein). Per questo si deve affermare che l'Iraq non e' occupato soltanto dagli anglo-americani e dagli alleati inviati dopo la vergognosa risoluzione ONU dell'ottobre 2003 : seppure in maniera indiretta l'Iran e' da considerare, a tutti gli effetti, come uno Stato occupante di prima linea.
A contendere ai filoiraniani il controllo delle zone del centro-sud (tra cui Nassiryia e Bassora) nonche' di Sadr City, ci sono le milizie al-Mahdi di Moqtata al-Sadr, protagoniste delle rivolte della primavera e dell'estate del 2004 (salutate dalla Resistenza delle zone sunnite). Tra le milizie di Moqtada e la soldataglia filoiraniana del governo (ovvero del DAWA e dello CSRII) vige una tregua armata, spesso rotta da scontri qua e la. Nelle zone controllate dai moqtadisti le forze di polizia e le milizie filoiraniane entrano raramente e solo dopo previ accordi. Questo vale a maggior ragione per le truppe americane, inglesi o italiane, che si guardano bene dal penetrare nelle roccaforti di Mqtada.
Se passiamo nelle provincie a maggioranza sunnita (la meta' del paese ma anche la meta' della Capitale), la Resistenza armata la fa ampiamente da padrona. Gli americani, che di queste provincie hanno la formale giurisdizione, non sono mai riusciti a detenere il controllo del territorio. Da tempo, visti i colpi letali subiti, i comandi americani hanno cessato di puntare al controllo del territorio. Certo compiono incursioni anche devastanti, ma sono spesso azioni lampo succedute da altrettanto veloci ritirate tattiche. Va notato che la forza preponderante degli americani non dipende affatto dal valore dei propri soldati, consiste nella superiorita' schiacciante degli armamenti, della logistica e della tecnologia. In nessuna citta' o villaggio importante gli occupanti sono dunque riusciti a mettere in piedi uno straccio di amministrazione collaborazionista, ne' tantomeno a istituire forze di polizia fedeli. Solo la citta' martire di Falluja e' stata riconquistata, sappiamo a quale prezzo e con quali crimini di guerra. Ne' va dimenticato che l'attacco a Falluja ha coinvolto pure gli inglesi e i polacchi (e forse anche italiani), ne' va dimenticato che spesso il lavoro piu' sporco lo hanno fatto reparti scelti filoiraniani. La Resistenza gode in queste provincie, sostanzialmente liberate, di un vastissimo appoggio popolare che alimenta la guerriglia con decine di migliaia di combattenti, regolari e irregolari. Nonostante la Resistenza sia stata in grado di migliorare con sistemi artigianali le proprie dotazioni (potenza, gittata, precisione, ecc), essa si trova nella necessita' di reperire armi piu' potenti e letali per colpire il nemico, nemico che ha oramai imparato ad evitare scontri ravvicinati tenendosi a debita distanza dalla portata di fuoco dei guerriglieri. Si capisce come gli americani, preso atto dell'impossibilita' di vincere la Resistenza, stiano facendo carte false per portare dalla loro parte qualche notabile sunnita e magari metterlo nel governo. Questo lavoro di aggancio e' rivolto anzitutto verso gli ambienti dei Fratelli Musulmani e verso settori allo sbando del Baath (a loro rischio e pericolo).
La sola zona dell'Iraq in cui gli occupanti possono davvero dire che la loro stabilizzazione funziona e' quella curda. Tuttavia, nonostante la linea dell'annientamento seguita verso formazioni guerrigliere operative nella regione (tra cui Ansar al-Islam), anche qui esistono aree fuori dal controllo delle milizie del PDK e del PUK. Lo sforzo maggiore Barzani e Talabani lo stanno compiendo su Mosul, ma la parte araba della citta' e' ad essi ostile e per questo vanno giu' con la mano pesante con uccisioni, rastrellamenti e arresti.
I risultati elettorali non hanno cambiato e non potevano cambiare la situazione sul terreno, che dipende anzitutto dalla forza armata dei protagonisti, che a sua volta dipende dall'appoggio di massa che ricevono nella popolazione. Ripetiamo che da questo punto di vista gli angloamericani sono quelli che ne escono con le ossa rotte. Dopo tre anni non hanno guadagnato un solo centimetro di consenso in piu' e possono tenere testa alla Resistenza solo grazie al sostegno dell'Iran e delle milizie sciite ad esso ubbidienti. Tutta la strategia globale per il Medio oriente dei Neocon e' in stallo. Pensavano di usare l'Iraq come trampolino di lancio dellaloro stretegia globale per il Medio Oriente, pensavano di pendere la rincorsa per sferrare altri attacchi alla Siria e all'Iran e invece si trovano impaludati. Anche Israele ha poco da stare tranquillo: la Resistenza irachena ha ridato slancio all'onda lunga scatenata dalla prima Intifada.