LA PROPOSTA
«Aboliamo la precarietà»
Rodotà presenta «Precariare stanca» Iniziativa di legge popolare per abrogare
la legge 30
Eliminare la precarietà attraverso un disegno di legge di iniziativa popolare.
Ieri il comitato «Precariare stanca» (
www.precariarestanca.it) ha depositato
in Cassazione una serie di norme che hanno l'obiettivo di eliminare la legge
30, ma anche quello di aggiustare tante storture proliferate con il passato
governo di centrosinistra, in primo luogo i cococò. Il comitato è formato
dalla sinistra Ds (Buffo, Mussi), pezzi di Cgil (Rinaldini, Podda, Nerozzi,
Genovesi), don Luigi Ciotti, Rita Borsellino. Ne abbiamo parlato con il presidente,
Stefano Rodotà.
I precari possono sperare in un disegno di legge di iniziativa popolare?
La precarietà è diventata una condizione di vita preoccupante, e riguarda
ormai quattro milioni e mezzo di persone. Ma prima di approfondire l'argomento,
e il contenuto della proposta di legge, vorrei spiegare subito perché facciamo
ricorso a una proposta di legge di iniziativa popolare (pdl). Nella società
italiana si avverte un bisogno di partecipazione sempre più forte: si è visto
con la grande adesione alle primarie, e poi con manifestazioni come quelle
di sabato scorso, sui Pacs e la legge 194. I cittadini vogliono dire la loro
sui problemi veri, hanno attenzione per i diritti, non vogliono solo delegare.
E non sto parlando di populismo, dato che il Parlamento non verrebbe scavalcato,
ma anzi il suo ruolo sarebbe rafforzato. Certo, la pdl ha il rischio di finire
nell'archivio delle Camere, ma è proprio per questo che andrebbe reso obbligatorio
per il Parlamento discutere delle proposte di legge che vengono dalla società
civile, magari regolando meglio le modalità di presentazione. In questo modo
cambierebbe anche la stessa agenda politica, che non sarebbe più decisa dai
soli partiti.
Il programma dell'Unione non propone l'abrogazione della legge 30, per voi
è invece un punto qualificante. Ma abolita la legge varata da Berlusconi,
ritorniamo ai vecchi cococò?
Assolutamente no, dato che noi proponiamo che venga riscritto l'articolo
2094 del codice civile: prevediamo solo il lavoro economicamente dipendente
e quello autonomo, senza più aree grigie. Non eliminiamo i contratti a termine,
ma essi dovranno avere delle precise causali, delle percentuali fissate dai
contratti nazionali e soprattutto dovranno dare luogo all'assunzione a tempo
indeterminato nel caso in cui vengano attivati per più di 18 mesi nell'arco
di 5 anni. Le imprese che usano i contratti a termine devono versare contributi
più cari, il 10% in più del lavoro fisso, e se cedono rami d'azienda devono
mantenere per 4 anni la responsabilità del lavoro esternalizzato. Inoltre,
chiediamo l'assunzione di tutti i precari del pubblico impiego, cococò compresi,
anche per assicurare più qualità ai cittadini.
Perché è necessario abolire la precarietà?
La precarietà opprime la vita di tante persone, non permette di elaborare
un progetto di vita. Contrasta con l'articolo 1 della nostra Costituzione,
secondo cui «l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro», ma anche con
l'articolo 36, per il quale «la retribuzione deve garantire un'esistenza
libera e dignitosa». Chi è precario è costantemente sotto ricatto del datore
di lavoro, è perennemente insicuro. Lo stesso premier Berlusconi, quando
dice «meglio precari che disoccupati», disegna il profilo di un lavoratore
che è solo una variabile dell'impresa, un soggetto che prende una retribuzione
e basta. Al contrario, bisogna recuperare il concetto di «riscatto del lavoro»:
si ha diritto di lavorare, certo, ma non a qualsiasi condizione. Il lavoro
non può essere elargito come un favore dall'impresa, il bisogno di lavorare
non può essere un pretesto per venire mortificati e umiliati.
ANTONIO SCOTTO DA Il Manifesto del 14012006
Ugo Beiso