[NuovoLab] Testimonianza palestina da tradurre

Delete this message

Reply to this message
Author: Elisabetta Filippi
Date:  
To: forumgenova
Subject: [NuovoLab] Testimonianza palestina da tradurre
Ciao,

spero che qualcuno abbia volgia e tempo di tradurmi la seguente
testimonianza in inglese, vorrei farla girare in siti english. Grazie per
chi mi aiuterà, senza troppa fretta...

Elisabetta

Ciao a tutti,

un venerdi' ho provato a raggiungere Aboud, nord di Ramallah, per
partecipare alla manifestazione settimanale contro il muro, ma i soldati mi
hanno fermata e rispadita
indietro.Allora sono tornata a Gerusalemme ovest in Paris Square dove ogni
venerdil' dalle 13 alle 14, da 18 DICIOTTO anni le Donne in nero si
riuniscono con striscioni e cartelli per chiedere la fine dell'occupazione,
una pace giusta, due stati secondo il tracciato del '67 (poi' o meno), la
smilitarizzazione dello stato di Israele, ecc.... ohiettivi che in questi
giorni mi paiono sempre piu' lontani e irraggiungibili.

Una di loro diceva che in questi 18 DICIOTTO anni qualche volta si e'
sentita stanca ed intenzionata a lasciar perdere, ma poi si e' fatta
coraggio, ha ripreso le forze e ha pensato che non sarebbe stato giusto
restare a casa o in silenzio.

Sono stata a At-Tuwani, sulle colline a sud di Hebron e di Yatta, con due
giovani di Operazione Colomba e altre due del CPT. Per conoscere la
geografia, la storia e la situazione del posto suggerisco di visaitare il
sito http://www.operazionecolomba.org. Mi occorrerebbe troppo tempo per
raccontare tutto per bene. Io posso dirvi quello che ho visto in 2 giorni:
- poverta', economia di sussistenza, famiglie di agricoltori-pastori,
bellissime e fiere donne beduine, strani copricapi tessuti con lane
colorate, tanti bambini, poche capre e altri animali che girano per casa e
fuori
- manca la rete idrica ed elettrica. Ci sono cisterne di raccolta d' acqua
piovana e pozzi.
- un generatore funziona dalle 20 alle 24. LeTV accese raccolgono tutti, dal
piu' piccolo alla piu' anziana, davanti ad assurdi programmi
libanesi-siriani-giordani che
trasmettono balli e canti di donne truccatissime e scollacciate e maschi
duellanti per amori travolgenti. Il tutto girato in ambienti ricchi e
sfarzosi. Alle 22 le notizie di Al-Jazira riportano al contatto col mondo
reale.
- 102 ulivi in un campo vicino alla strada riservata agli israeliani, a cui
i coloni hanno tagliato tutti i grossi rami, eliminando la produzione
immediata di olive ed il relativo guadagno per i palestinesi, ma lasciando
agli alberi la possibilita' di buttare nuovi getti e di riprendere la
produzione tra 20-25 anni, forse pensando che per tale data tutto il
territorio circotante sara' loro, ulivi compresi.
- c'e' una vasta area di riforestazione in cima a due colline. Secondo una
legge israeliana, le zone soggette a riforestazione diventano
automaticamente proprieta' dello
stato. Quindi tutto il territorio palestinese di At-Tuwani in cui c'e' stata
riforestazione e' diventato proprieta' dello stato israeliano, per legge.
- le abitazioni sono povere e quelle ricavate in antiche grotte ancora di
piu'; ma suggestive ad occhi occidentali alla ricerca di folclore e
identita' culturali che vanno
scomparendo
- fa freddo, tanto freddo e piove
I 4 giovani appartenenti alle due ONG abitano in una "casetta": una vecchia
coperta all'ingresso sostituisce la porta. Il vano in cui si accede e'
diviso in due, da una
parte una turca, dei secchi d'acqua e una coperta come porta fungono da
bagno, dall'altra un fornello con bombola, bidoni e bottiglie d'acqua,
mensole con qualche stoviglia, sacchetti appesi con il cibo... costituiscono
la cucina. Poi c'e' una porta (con serratura) che immette nell'unica living,
dining, sleeping room: due materassini
lungo una parete, altri due arriotolati duramte il giorno per potersi
muovere, sacchi a pelo, coperte, disegni alle pareti, un teppeto. Insomma
non mi sembrava proprio di essere in ONG stile vita lussuosa. Per me non
c'era materialmente posto, quindi sono stata presso una famiglia in cui
l'ospitalita' e il reciproco interesse hanno superato qualsiasi barriera
linguistica. Ho scattato foto soltanto al villaggio e al paesaggio. Le
persone non sembravano gradire.
Altri 3 giorni a Hebron. 400000 abitanti, 500 coloni tra i piu'
fondamentalisti e fanatici, 4000 soldati che difendono i loro interessi.
Si superano i controlli (metal detector, soldati col fucile puntato,
svuotamento di tasche, apertura di borse, cinture tolte...e quella dannata
porta continua a suonare e tu non sai piu' che cosa toglierti, forse la
pelle, che cosa aprire.. e vorresti urlare...) di uno dei tanti checkpoint
nella citta' vecchia, da cui passano ogni mattina e ogni sera palestinesi
che vanno al lavoro, a studiare, al mercato, a girare per la citta', a
visitare amici o parenti, a svolgere commisssioni, all'ospedale e
cos'altro?... e ci si ritrova a Tel Rumeida in una situazione quasi
surreale. I rumori sono lontano, poca gente in giro.
C'e' una strada sulla quale si affacciano abitazioni e spazi palestinesi,
pero' i negozi devono rimanere chiusi, sbarrate le grosse porte di ferro.
Solo uno e' aperto e serve tutta la zona.
Alle due estremita' della strada ci sono gli insediamenti dei coloni
sorvegliati da altre due postazioni di soldati che bloccano l'ingresso agli
estranei. La strada e' percorribile da israeliani e palestinesi; pero'
sfrecciano soltanto mezzi dei coloni.
Tutti i palestinesi devono andare a piedi, anzi no, non proprio tutti. Ho
visto un vecchio palestinese che saliva e scendeva lungo la strada su un
asino.
Per raggiungere la scuola maestre, bimbi e ragazzini devono percorrere delle
scale e un sentiero vicinissimi alll'insediamento e spesso sono presi di
mira. Come pure le famiglie che devono per forza passare di li' per arrivare
alle loro case. Essendo il sabato giornata di festa per i coloni, bande di
giovinastri hanno piu' tempo per organizzare il loro passatempo preferito:
la caccia-disturbo-insulto-aggressione al palestinese, meglio se bambino,
donna o vecchio.
Personalmente, mentre osservavo o facevo interposizione, sono stata oggetto,
da parte di giovani coloni tra i 10 e i 15 anni, di tiro di sassi, uova
sode, sputi; mi hanno
insultato, urlato addosso, spintonato, hanno cercato di strapparmi ombrello,
borsa, macchina fotografica. Ma niente di grave. Altri hanno ricevuto calci
e pugni.
Le piu' tremende sono le giovanissime, verso le quali ho messo a punto una
tecnica di difesa, da donna a ragazzina, che le disorientava un po' e che
raccontero' poi alle amiche.
I soldati difendono i coloni pertanto quando questi aggrediscono i
palestinesi o gli internazionali si limitano a guardare poi, con calma,
cercano di disperdere gli
aggressori, con atteggiamento comprensivo e quasi scusandosi. Nei nostri
confronti hanno comportamenti ironici e violenti, del tipo "state a casa
vostra cosi' non vi succede niente" oppure "state attenti che possiamo
arrestarvi come e quando ci pare".
Ho passato momenti di furore, pena, divertimento, sorpresa e grande, grande
tristezza.
Sono rientrata all'Hostel di Gerusalemme che, per quanto sgangherato, mi
sembra ormai una casa accogliente e calda (dal punto di vista delle
relazioni umane, non della temperatura). Fa freddo, spesso piove. Sono a
meta'del viaggio. Domani torno a Nablus.

Miriam