[Lecce-sf] Fw: [antiamericanisti] Libro sulle leggende su Al…

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Sent: Monday, January 16, 2006 12:17 PM
Subject: [antiamericanisti] Libro sulle leggende su Al-Zarqawi


LIBRO-INCHIESTA LA VERA STORIA DEL TERRORISTA

Alcune storie andrebbero cancellate e riscritte da zero. Perché sono
infarcite di errori e menzogne o perché nascondono verità scomode.
Come nel caso del terrorista più famoso, temuto, discusso e
controverso del mondo: Abu Mussab al Zarqawi. Ne è convinta Loretta
Napoleoni, economista e scrittrice, che il prossimo 19 gennaio
pubblica in Italia un libro-inchiesta per molti aspetti inedito
sulla storia del jihadista giordano, che da quasi tre anni a questa
parte è diventato icona dell'insurrezione irachena e incubo della
comunità internazionale: «Al Zarqawi: Storia e Mito di un Proletario
Giordano» (Marco Tropea Editore, 209 pagine). Storia, ma soprattutto
mito. Perché l'aspetto più interessante - e inquietante - che emerge
da questo libro è che la figura di al Zarqawi sia stata creata a
tavolino dal governo degli Stati Uniti il 5 marzo del 2003, quando
l'allora Segretario di Stato, Colin Powell, ne parlò nel suo famoso
discorso alle Nazioni Unite indicandolo come il «luogotenente di al
Qaeda in Iraq»: ossia l'anello mancante, la prova vivente che tra
Saddam Hussein e Osama bin Laden ci fosse un legame tale da
giustificare e legittimare un'invasione dell'Iraq.

Una teoria basata su informazioni approssimative e forzate secondo
la scrittrice che, pagina dopo pagina, smonta la tesi del governo
americano attraverso la ricostruzione della vita del combattente
venuto da Zarqa: un giovane teppistello nato col nome di Ahmad Fadel
al Khalaylah da una modesta famiglia di origini beduine, che alla
fine degli anni '80 resta folgorato dai racconti dei mujaheddin di
ritorno dall'Afghanistan occupato dai sovietici e decide di
arruolarsi, prendendo il soprannome di «al Gharib», lo straniero. Ma
arriva troppo tardi (i russi già battono in ritirata). Rientra in
patria, viene arrestato e condannato a 15 anni, esce nel '99 grazie
a un'amnistia. Tornato in Afghanistan nel 2000 con il nome con cui
tutti lo conosciamo - Abu Mussab al Zarqawi - incontra nella
roccaforte talebana di Qandahar Osama bin Laden, che gli chiede di
unirsi alla jihad anti-americana. Ma il giordano - e questo è uno
degli aspetti inediti del libro - si tira indietro, preferendo un
piccolo campo di addestramento nella città di Herat.

Dopo l'11 settembre e il successivo attacco degli americani in
Afghanistan, Zarqawi punta verso occidente e si stabilisce nel Nord
dell'Iraq, dove gravitano cellule jihadiste provenienti da tutto il
mondo arabo. Nel 2003, quando le forze della coalizione si
apprestano ad invadere il Paese, Zarqawi è ancora un signor nessuno.
Ma allora perché l'amministrazione Bush indica proprio lui per
dimostrare il legame Saddam e al Qaeda? «Perché Zarqawi era l'unico
tra i jihadisti in Iraq ad avere un passato in Afghanistan, quindi
presumibilmente ad aver avuto contatti con Bin Laden», ci spiega
l'autrice del libro, che ha passato gli ultimi due anni tra
Giordania e Europa per incontrare e intervistare alcuni conoscenti
del terrorista giordano. «Non solo tra i due non c'era alcun legame,
ma così facendo gli americani hanno conferito a Zarqawi un potere
molto più grande di quanto non ne avesse. Questo gli ha dato grande
prestigio nell'universo jihadista e ha effettivamente suscitato il
graduale interesse in lui della stessa al Qaeda». Che il 27 dicembre
2004, per voce di Osama bin Laden, presenta al mondo Zarqawi come il
suo emiro in terra mesopotamica. Gli americani sono così riusciti a
dare vita alla cosiddetta self-fulfilling prophecy: una profezia che
si auto-avvera. Ma allo stesso tempo - secondo la Napoleoni - si
sarebbero fatti un clamoroso autogoal. E non a causa dell'ormai
incontrollabile insurrezione irachena. Ma perché gli attacchi
suicidi del giordano contro sciiti e soldati della coalizione hanno
creato una frammentazione responsabile dell'impasse politica che di
fatto inibisce un incontro al tavolo delle trattative e provoca
la «balcanizzazione» dell'Iraq liberato. Il libro, la cui
realizzazione è stata possibile anche grazie all'utilizzo di
documenti introvabili, come il «Diario di Falluja» di Abu Anas al
Shami, collaboratore di Zarqawi, si chiude con un cenno al prossimo
possibile «mito»: quello del siriano Mustapha Setmariam, un
curriculum di jihadista e un passato tanto misterioso da renderlo un
potenziale personaggio da ricreare ad hoc per scatenare chissà quali
altri conflitti. Come Abu Mussab al Zarqawi, il primo "proletario" a
diventare emiro jihadista, un uomo capace di fondere controcrociata
americana e jihad rivoluzionaria. Con un obiettivo chiaro: non
distruggere il demonio Usa, ma destabilizzare il regime giordano,
trasformandolo in un califfato da cui condurre attacchi in tutto il
Medio Oriente. Insomma, una radiografia di al Zarqawi come non
l'abbiamo mai visto. E in effetti, a pensarci bene, non l'abbiamo
proprio mai visto.

Fonte: www.lastampa.it
15.01.06

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