[Lecce-sf] Fw: [aa-info] Dagli addosso alla Bielorussia (1)

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著者: Maria
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題目: [Lecce-sf] Fw: [aa-info] Dagli addosso alla Bielorussia (1)

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From: <zambon@???>
To: <Undisclosed-Recipient:;>
Sent: Wednesday, January 11, 2006 12:05 PM
Subject: Fw: [aa-info] Dagli addosso alla Bielorussia (1)





>
> L'INGERENZA POLITICO-MEDIATICA DELLA UE IN BIELORUSSIA
>
> Bruxelles - Le trasmissioni di un apposito consorzio di
> mass media per la Bielorussia, finanziato dall'Ue,
> inizieranno in tempo per seguire le elezioni presidenziali del 18
> marzo. Lo ha assicurato oggi a Bruxelles Emma Udwin, portavoce
> del commissario Ue alle Relazioni Esterne, precisando però che
> all'inizio si tratterà soltanto di "trasmissioni elettorali
> specifiche", mentre il pieno palinsesto entrerà in funzione in un
> secondo tempo.
> La Commissione europea si adegua dunque alle pressioni
> delle scorse settimane, che chiedevano di sostenere apertamente
> la cosiddetta l'opposizione bielorussa nello scontro
> contro il governo del presidente Aleksandr Lukashenko. Il progetto
> media Ue per il lancio di una nuova stazione indipendente nel
> Paese sarebbe dovuto partire il 1 gennaio, ma secondo quanto
> appreso da fonti comunitarie la scorsa settimana, è stato
> ritardato per alcuni "problemi tecnici". Udwin ha annunciato oggi
> che la decisione finale sul consorzio vincitrice per l'appalto di
> 2 milioni di euro sarà raggiunta "entro la fine di gennaio".
>
> 10-GEN-06 (Fonte: Mauro Gemma)
>
>
> www.resistenze.org - popoli resistenti - bielorussia - 03-01-06
>
> Una "rivoluzione arancione" anche per la Bielorussia?
>
> di Mauro Gemma
>
> L'articolo è stato pubblicato nella rivista comunista L'Ernesto (N. 6
> Novembre/Dicembre 2005)
>
>
> Con l'avvicinarsi delle elezioni presidenziali in Bielorussia (1),
> previste per la primavera del 2006, stiamo assistendo ad un
> impressionante crescendo delle pressioni esercitate da parte di
> numerosi paesi e istituzioni internazionali nei confronti dell'unico
> paese europeo che continua ad essere incluso nella "lista nera" di
> quelli che l'amministrazione USA ha qualificato come "paesi canaglia".
>
> L'ultima iniziativa in questo senso risale alla fine di settembre
> 2005. Ed ha il sapore di un vero e proprio ultimatum che dimostra fino
> a che punto si sono spinte le ingerenze esterne, provocate dalla ferma
> determinazione dell'imperialismo (manifestata da Bush in persona) a
> creare a Minsk una situazione simile a quella che ha portato tra il
> 2004 e il 2005 alla vittoria della "rivoluzione arancione" nella
> confinante Ucraina.
>
> Tutto, nella più recente occasione, è sembrato essere coordinato dalla
> medesima "cabina di regia". A Vilnius, in Lituania - considerata
> ormai, anche in virtù della scarsa considerazione delle regole
> democratiche da parte della sua leadership, concretizzatasi in
> violente persecuzioni anticomuniste, uno dei più zelanti attori
> dell'Alleanza Atlantica -, alla presenza di importanti personalità
> della Nato, si riunivano i raggruppamenti della cosiddetta
> "opposizione democratica" bielorussa per discutere molto concretamente
> e, peraltro, senza mascheramenti, dell'individuazione delle forme di
> lotta ("sia legali che illegali", è stato ineffabilmente riconosciuto
> da coloro che ritengono ormai unica norma di diritto internazionale la
> "legge della jungla", imposta al pianeta dall'Amministrazione USA) in
> grado di portare al rovesciamento del quadro istituzionale nel loro
> paese. Esattamente nello stesso momento, il Parlamento europeo si
> scagliava - come sempre in nome della difesa dei "diritti umani" e in
> sintonia con analoga presa di posizione della Commissione Europea,
> assunta il mese precedente - contro le autorità di Minsk, con toni
> talmente duri da provocare una secca accusa di ingerenza da parte non
> solo del presidente bielorusso in persona, ma anche dello stesso
> ministero degli esteri della Russia (2).
>
> E questo non rappresenta altro che l'ultimo episodio di una campagna
> che, a più riprese, da quando, appena eletto nel 1994, il nuovo
> presidente della "Repubblica di Belarus" Aleksandr Lukashenko diede
> l'avvio ad una politica che sarebbe presto entrata in rotta di
> collisione con gli interessi della NATO nella regione, è stata
> sviluppata attraverso minacce e sanzioni decretate all'unisono da USA
> e alleati europei, e con almeno due tentativi di rovesciamento delle
> attuali autorità del paese (3). Tutto ciò è avvenuto con il sostegno
> esplicito (con lo stanziamento di centinaia di milioni di dollari da
> parte di autorità e istituzioni nordamericane, in particolare la
> Fondazione Soros) ad un'opposizione sparuta e inetta, priva di
> qualsiasi sostegno di massa, infiltrata da elementi fascisti (gli
> eredi di quel collaborazionismo filo-nazista, assolutamente privi di
> qualsiasi base di massa in una repubblica ex sovietica, che ha pagato
> con la vita di un quarto della sua popolazione l'eroica resistenza
> all'aggressione di Hitler), chiassosa e violenta, e addirittura
> sospettata dell'attuazione di attentati terroristici avvenuti negli
> ultimi mesi in alcune località del paese.
>
> Non si può certo negare che le autorità bielorusse abbiano utilizzato
> a volte metodi poco "ortodossi" e deprecabili nei confronti di alcuni
> esponenti dell'opposizione e che le strutture dell'apparato statale
> siano attualmente tenute sotto un rigido controllo. O che siano state
> messe in atto misure pesanti di ritorsione (anch'esse deprecabili) nei
> confronti di giornalisti e osservatori stranieri (in particolare
> polacchi e statunitensi, ma anche esponenti della destra liberale
> russa, scoperti a trasferire finanziamenti ai loro amici bielorussi),
> accusati di interferire nelle questioni interne del paese. Quanto al
> sistema informativo, va rilevato tuttavia che, accanto a media statali
> largamente controllati, è consentita la libera circolazione degli
> organi di opposizione e la larga diffusione di giornali ed emittenti
> russi, nella gran parte ostili al regime bielorusso.
>
> Per quanto riguarda poi le denunce di persecuzioni e persino di
> sparizioni di oppositori, le autorità di Minsk hanno sempre seccamente
> smentito, confortate in questo dalla testimonianza di quelle
> organizzazioni umanitarie occidentali che non hanno l'abitudine di
> ricorrere al finanziamento delle amministrazioni imperialiste (4).
>
> Lo studioso francese Bruno Drweski, uno dei più autorevoli osservatori
> europei della Bielorussia (5), che non può essere certo accusato di
> aver risparmiato le sue critiche ai metodi utilizzati dalle autorità
> bielorusse, ha osservato a riguardo che "tali metodi "duri" non
> differiscono molto da quelli applicati nella maggioranza degli Stati
> post-sovietici o in altre parti del mondo e che le "rivoluzioni
> teledirette attraverso Interflora" non hanno cambiato molto in questo
> senso, come dimostra la Georgia" e che "il potere personale del
> presidente Lukashenko si appoggia anch'esso su una costituzione
> comparabile a quella in vigore a Mosca ed in molti altri Stati
> considerati pienamente democratici secondo i criteri che predominano
> oggi nel mondo"(6).
>
> Le ragioni di tanto accanimento occidentale nei confronti delle
> attuali autorità bielorusse e, in particolare, di Aleksandr Lukashenko
> sembrano in verità essere ben altre ed avere ben poco a che vedere con
> la "preoccupazione per i diritti umani".
>
> E per comprenderlo occorre sicuramente sgombrare il campo da tutte le
> letture propagandistiche, sia da quelle "demonizzanti", assolutamente
> prevalenti in Occidente (anche nella sinistra, sia moderata che
> "alternativa"), che da quelle, a nostro avviso francamente "mitiche",
> che caratterizzano alcuni settori del movimento comunista russo, per i
> quali la Bielorussia si presenta come una sorta di ultimo "avamposto"
> del socialismo.
>
> Forse la definizione più appropriata dell'attuale esperimento
> bielorusso è stata fornita proprio da Drweski, quando sostiene che la
> longevità del governo di Lukashenko, al potere da oltre 11 anni, può
> essere sostanzialmente spiegata in quanto "frutto di un compromesso di
> fatto tra una società poco nazionalista e generalmente diffidente nei
> confronti del modello liberale e una nomenklatura legata a settori
> industriali che necessitano generalmente della partecipazione dello
> Stato (industria spaziale, militare, di trasformazione)"(7).
>
> Sono le specifiche modalità, attraverso cui è avvenuta la "costruzione
> socialista" nella Bielorussia sovietica che permetterebbero di capire
> almeno in parte le ragioni dell'attuale consenso attorno al "fenomeno
> Lukashenko".
>
> E' ancora Drweski a descrivere efficacemente il quadro storico che ha
> accompagnato la nascita e lo sviluppo dell'esperienza sovietica nella
> piccola repubblica, essenziale per comprendere almeno in parte
> l'attuale situazione:
>
> "Storicamente, la Bielorussia ha subito le conseguenze della sua
> situazione di passaggio aperto a Ovest verso la Polonia e l'Europa
> occidentale, e ad Est in direzione della Russia e della massa
> continentale eurasiatica. Le elites locali erano tradizionalmente
> polacche o russe. La società bielorussa, quasi totalmente contadina
> fino al 1920, era stata attirata dalla cultura russa in virtù
> dell'emergere al suo interno delle componenti populiste più
> rivoluzionarie. Le rivoluzioni russe del 1905, del febbraio 1917 e
> dell'ottobre 1917 non avevano incontrato un'eco particolare, sebbene
> contemporaneamente emergesse una corrente nazionalista.
>
> Dopo un breve periodo di autonomia politica, negli anni '20, il potere
> staliniano eliminò la maggioranza delle elites letterarie della
> repubblica, industrializzò in maniera forzosa il paese, favorendo
> l'ascesa sociale di massa di quadri di origine contadina.
>
> I massacri nazisti provocarono immediatamente un possente movimento di
> resistenza che ha contribuito a radicare in questa "repubblica di
> partigiani" un patriottismo con basi territoriali e "multinazionali".
>
> I veterani, ricollocati nell'industria militare e nell'esercito alla
> fine della guerra, hanno costituito fino ai giorni nostri, un ambiente
> sociale dotato di grande influenza poiché hanno contribuito a
> legittimare il poderoso settore militare-industriale"(8).
>
> E' proprio a partire dal secondo dopoguerra che la Bielorussia ha
> conosciuto uno sviluppo impetuoso che le ha addirittura permesso di
> sopravanzare gli standard della stessa Russia, e di trasformarsi in
> uno dei poli industriali di avanguardia di tutta l'Unione Sovietica.
>
> Il dispiegarsi, a partire dal 1985, della "perestrojka" (che è stata
> segnata in Bielorussia dai tragici effetti della catastrofe nucleare
> di Chernobil, in Ucraina a pochi chilometri dal confine), e, dopo il
> fallimento dell'esperimento gorbacioviano, nell'agosto 1991,
> l'affermazione di forze nazionaliste tanto aggressive, quanto prive di
> un reale consenso di massa, hanno diffuso nel paese la paura della
> perdita definitiva di quei vincoli economici tradizionali con lo
> spazio sovietico - che in quel momento veniva scientemente spinto al
> dissolvimento dalla dissennata politica delle elites "compradore"
> giunte al potere in Russia, sotto la guida di Boris Eltsin -
> considerati vitali dalla maggioranza della società locale.
>
> L'adesione acritica delle elites nazionaliste, impadronitesi del
> potere, all'ideologia neoliberale, e, allo stesso tempo, l'avvio di
> una politica estera improntata alla totale subalternità alle strategie
> di aggressiva penetrazione imperialista nel nuovo immenso mercato
> emerso dalle macerie dell'URSS, hanno provocato, fin dall'inizio, una
> resistenza sociale al "processo di riforme", sconosciuta allora nelle
> altre repubbliche ex sovietiche, a cominciare dalla Russia, dove
> neppure il Partito Comunista, messo fuorilegge senza alcuna resistenza
> e apparentemente in preda alla paralisi e allo sbando, sembrava in
> grado di prospettare alcuna alternativa alle ricette dei locali
> "Chicago boys".
>
> A limitare il consenso attorno alle forze di governo, raccolte attorno
> al movimento separatista "Adradzennie" (Rinascita) e capeggiate dallo
> speaker del locale Soviet Supremo Stanislau Suskievic, contribuiva
> anche il loro nazionalismo esasperato, caratterizzato da un richiamo
> astratto ad un'identità della "Belarus", assolutamente estraneo alla
> stragrande maggioranza dei cittadini bielorussi, agitato
> fondamentalmente da movimenti dell'emigrazione antisovietica e da
> gruppi eredi del collaborazionismo filo-nazista, e accompagnato da un
> programma di violenta "derussificazione" di una società, in cui ciò
> avrebbe significato danneggiare quasi la metà dei nuclei famigliari.
> Questa nuova artificiosa "ideologia di Stato" è apparsa così
> improponibile per la stragrande maggioranza dei bielorussi e continua
> ad esserlo tuttora, nonostante tutti gli sforzi profusi
> dall'opposizione per tentare di convincere del contrario i propri
> protettori occidentali.
>
> E' in questo contesto che ha potuto affermarsi una figura come quella
> di Aleksandr Lukashenko.
>
> Lukashenko, tra i pochi coraggiosi parlamentari che, nel dicembre
> 1991, si erano pronunciati contro la dissoluzione dell'URSS, e noto
> per il suo rigore nella lotta contro la corruzione dilagante con
> l'avvento del nuovo regime, nelle elezioni presidenziali del 1994,
> sbaragliava, ottenendo l'81,7% dei voti, il suo avversario, il primo
> ministro Viaceslau Kiebic.
>
> Il nuovo presidente indicava da subito quello che sarebbe stato
> l'obiettivo strategico di tutta la sua azione, da lui perseguito con
> ostinata coerenza: l'avvio del processo di ricomposizione dell'unità
> politica ed economica almeno delle repubbliche europee dell'ex URSS, a
> cominciare dalla Russia (9).
>
> Nello stesso tempo, Lukashenko non si limitava a pronunciarsi
> apertamente contro il processo di allargamento della NATO ad Est,
> allora in pieno dispiegamento, ma denunciava il carattere aggressivo
> di tale alleanza, tutti i suoi tentativi di prevaricare la volontà dei
> popoli e degli stati che non intendono assoggettarsi al "nuovo ordine
> mondiale" e la sua intenzione di attentare all'integrità territoriale
> non solo del suo paese, ma della stessa Federazione Russa.
>
> Nel 1995 e 1996, un vero e proprio plebiscito ha ratificato alcuni
> quesiti referendari da lui proposti, nei quali venivano fissati i
> capisaldi programmatici della nuova amministrazione.
>
> L'80% dei bielorussi si pronunciava allora positivamente sulle
> richieste di unione economica con la Russia, di ripristino della
> simbologia sovietica, di adozione del russo quale seconda lingua
> ufficiale.
>
> Lukashenko è stato rieletto alla presidenza nel 2001 e, probabilmente
> (ovviamente, se non saranno esercitate, come è invece prevedibile,
> massicce pressioni dall'esterno), verrà agevolmente riconfermato per
> quel terzo mandato, a cui oggi può aspirare dopo l'approvazione
> popolare della sua ricandidatura, ottenuta in un apposito referendum
> svoltosi nel 2004.
>
> Fin dall'inizio del suo mandato, pur non interrompendo i processi di
> privatizzazione, Lukashenko, che può fare affidamento su un capillare
> apparato amministrativo di decine di migliaia di funzionari (40.000 a
> livello statale e 80.000 nelle amministrazioni locali), si è sforzato
> di mantenere sotto il controllo dello Stato le risorse strategiche
> ereditate dall'URSS, cercando allo stesso tempo, in un primo momento,
> di ripristinare e, in seguito, di rafforzare gli storici legami con il
> mercato dei paesi eredi dell'Unione Sovietica, tradizionale sbocco
> delle produzioni bielorusse.
>
> Tale politica (che ha, ovviamente, sempre visto il presidente
> bielorusso attivissimo nella promozione di progetti di collaborazione
> economica nell'ambito della Comunità degli Stati Indipendenti) ha
> permesso, nell'ultimo scorcio dello scorso secolo, di contenere i
> costi sociali derivanti dal crollo economico seguito all'applicazione
> delle ricette di "liberalizzazione" e "privatizzazione" applicate nel
> resto dello spazio post-sovietico, e in particolare nelle vicine
> Russia e Ucraina.
>
> Aleksey Prigarin, noto intellettuale marxista "critico" russo (10),
> nell'invitare le sinistre russe a difendere l'esperimento bielorusso
> "dagli attacchi dei sostenitori dell'oligarchia", ha così provato a
> formulare una definizione di questo esperimento: "Con Aleksandr
> Lukashenko in Bielorussia si è affermato il capitalismo di stato che,
> indubbiamente, è meglio del capitalismo oligarchico che ha prevalso
> nella maggioranza delle ex repubbliche sovietiche (.) Nonostante tutte
> le insufficienze del capitalismo di stato come sistema sociale, è
> comunque indispensabile considerare che esso permette di assicurare ai
> cittadini solide garanzie sociali e livelli di occupazione stabile. La
> Bielorussia, unica tra le ex repubbliche sovietiche, si inserisce tra
> gli stati altamente sviluppati secondo le valutazioni delle
> commissioni dell'ONU che si occupano degli indici dello sviluppo umano.
>
> (...) Tale qualità della vita rappresenta un'indubbia conquista della
> dirigenza bielorussa che, come è noto, non può contare su
> significative riserve di minerali utili, ma solo sullo sviluppo
> dell'agricoltura e della produzione industriale.
>
> (.) Naturalmente, la politica condotta da Lukashenko talvolta provoca
> critiche non prive di fondamento anche da parte delle sinistre.In
> Bielorussia effettivamente si è formata una società, in cui i
> principali strumenti di informazione e le istituzioni politiche sono
> controllati dalla burocrazia dominante. Tale sistema è tipico del
> capitalismo di stato. Ma, allo stesso tempo, non bisogna mai
> dimenticare che un indebolimento del controllo burocratico, nelle
> attuali condizioni, può solo provocare la trasformazione del
> capitalismo di stato in capitalismo oligarchico.
>
> In ultima analisi, nello spazio post-sovietico, il capitalismo di
> stato rappresenta oggi l'unica alternativa concretamente esistente al
> capitalismo oligarchico. Per questo è interesse delle sinistre
> difendere il capitalismo di stato dagli attacchi dei sostenitori
> dell'oligarchia, nello stesso tempo in cui operano per preparare la
> coscienza sociale all'accettazione di un'alternativa socialista" (11).
>
> Anche gli osservatori più ostili all'esperienza bielorussa (e basta
> scorrere la stessa stampa "liberale" di Mosca) sono costretti a
> riconoscere che la Bielorussia non ha mai conosciuto gli stessi
> livelli di degradazione dei servizi sociali, sanitari, educativi, di
> previdenza raggiunti nei paesi emersi dallo sfascio del "sistema
> socialista" in URSS e nell'est europeo.
>
> Del resto, della devastazione prodotta dal modello adottato dai paesi
> ex sovietici vicini ed anche dei drammatici costi sociali
> dell'esperimento attuato nella confinante Polonia, è cosciente la
> grande maggioranza della popolazione bielorussa, in misura ben più
> rilevante di quanto siamo indotti a credere in Europa occidentale. E'
> fuori di dubbio che anche questo fattore può spiegare la relativa
> facilità con cui il regime di Minsk riesce a far fronte alla massiccia
> pressione propagandistica che viene esercitata dall'Occidente.
>
> Ancora oggi, pur in un quadro di ripresa dell'economia del grande
> vicino russo, parzialmente risollevatosi dall' "abisso" eltsiniano e
> che può contare sulla felice congiuntura di un mercato energetico
> tornato in larga parte sotto controllo statale, la Bielorussia mostra
> risultati economici di tutto rispetto e una sostanziale tenuta dello
> "stato sociale".
>
> Il già citato Prigarin, nell'analizzare le statistiche fornite dagli
> stessi organismi dell'ONU, afferma che la stessa Russia "stando ai
> risultati del 2004, segue la Bielorussia di otto posizioni, pur
> trovandosi in testa al gruppo dei paesi mediamente sviluppati" (12).
>
> Tali dati sono ben conosciuti nei paesi dell'ex URSS e non mancano di
> suscitare le simpatie di parte considerevole della loro opinione
> pubblica. Ad esempio, un sondaggio, effettuato ai primi di novembre
> 2005 da un autorevole istituto demoscopico russo (l' "Istituto
> nazionale di inchieste regionali e tecnologie politiche") rilevava
> che, tra i cittadini della Federazione Russa, Lukashenko è attualmente
> di gran lunga il più popolare tra i leader dei paesi della
> Confederazione degli Stati Indipendenti (quasi il 60% delle preferenze
> contro il 20% di Juschenko). Del presidente bielorusso verrebbero
> apprezzati proprio lo spirito di indipendenza nei confronti delle
> pressioni esterne, la coerenza con cui si batte per i processi di
> integrazione nello spazio post-sovietico e la cura con cui ha inteso
> preservare il sistema di garanzie sociali, ereditato dal passato
> sovietico.
>
> Naturalmente le linee di politica estera della Bielorussia e le sue
> relazioni commerciali con il resto del mondo sono apparse pienamente
> coerenti con le scelte sociali ed economiche della politica interna.
> Anche questo contribuisce a spiegare le ragioni della dura ostilità
> occidentale. In un continente europeo, ormai integrato nella NATO e
> soggetto agli obblighi derivanti dall'adesione al sistema di alleanze
> dell'imperialismo, è difficile rassegnarsi alla presenza di un governo
> che "rifiuta di applicare una politica di privatizzazioni senza limiti
> e che coopera con la Russia, la Cina, l'Iran, il Vietnam, il
> Venezuela, che continua a produrre e ad esportare armi, pezzi per
> l'industria aeronautica e prodotti relativamente poco costosi per i
> mercati del terzo mondo"(13).
>
> Ma, come abbiamo già detto, gli sforzi più intensi della Bielorussia
> sono stati comunque indirizzati alla realizzazione dell'obiettivo
> strategico rappresentato dal compimento del processo di unificazione
> con il grande vicino russo.
>
> Gli sforzi bielorussi ottenevano un primo successo il 2 aprile 1996,
> con la stipula del "Trattato di Unione Russo-Bielorussa", passo
> fondamentale verso la realizzazione dell'unificazione politica,
> economica e militare tra i due paesi nell'ambito di uno stato unitario.
>
> Al trattato sono seguiti ulteriori passi, attraverso il
> perfezionamento di molteplici accordi, soprattutto in materia
> economica e doganale, mentre è andata rafforzandosi la collaborazione
> anche sul piano militare, fino alla programmazione per la primavera
> del 2006 di imponenti manovre congiunte in territorio bielorusso.
>
> Con tenacia, in questi anni, Lukashenko ha dovuto far fronte alle
> reticenze e, a volte, anche all' ostilità delle elites che si sono
> succedute al governo della Russia, soprattutto nella fase di avvio del
> processo di integrazione, quando ad opporsi duramente erano i clan
> oligarchici legati alla "famiglia Eltsin". Anche nel periodo
> dell'amministrazione Putin, soprattutto nella prima fase, la Russia
> non ha nascosto di preferire a Lukashenko "un dirigente più
> "presentabile" nell'arena internazionale, e soprattutto meno
> indipendente nelle sue iniziative" (14).
>
> Ma l'evidente fallimento della politica di apertura verso gli Stati
> Uniti (che era sembrata affermarsi dopo il settembre 2001),
> specialmente dopo lo scatenamento delle "rivoluzioni colorate" nello
> spazio post-sovietico e l'uso strumentale della "questione cecena", ha
> tolto qualsiasi dubbio sulle intenzioni dell'amministrazione USA di
> voler puntare direttamente al rovesciamento dell'attuale leadership di
> Mosca, favorendo l'ascesa al potere di un regime meno indipendente, e
> ha contribuito a determinare un evidente riavvicinamento tra Putin e
> il presidente bielorusso.
>
> Negli ultimi mesi abbiamo così assistito ad un'accelerazione del
> processo di unificazione. Nel settembre scorso, il progetto di
> costituzione dell' "Unione tra Russia e Bielorussia" è stato definito
> nelle sue linee essenziali e il referendum previsto per la sua
> approvazione potrebbe già svolgersi nell'ottobre-novembre 2006. Subito
> dopo, avverrebbe l'elezione del parlamento e verrebbero creati gli
> organi esecutivi dello stato unitario.
>
> Sarà sufficiente tutto ciò per prevenire la realizzazione dei
> programmi previsti dagli USA e dalla NATO per la piccola Bielorussia?
> E' difficile al momento fare previsioni. Ma una cosa è certa. La
> Russia ha tratto lezioni esemplari dall'estendersi delle "rivoluzioni
> colorate", individuando le lacune e le sottovalutazioni che hanno
> caratterizzato la sua politica estera nei confronti degli inaffidabili
> interlocutori occidentali.
>
> Ha ragione un altro studioso, Paul Labarique, quando afferma in un suo
> articolo apparso nel sito di "Reseau Voltaire", che per la leadership
> russa "la Bielorussia si presenta oggi come l'ultimo avamposto. Un
> avamposto solido perché ha già resistito due volte ai tentativi di
> rovesciamento. Ed è anche certo che Vladimir Putin è oggi alla ricerca
> degli strumenti che possano rafforzare ulteriormente la capacità di
> resistenza dei suoi alleati.E' probabile che la recente evoluzione
> nella regione costringa presto Mosca a sviluppare i propri mezzi di
> ingerenza allo scopo di conservare la propria sfera di influenza e
> soprattutto la propria integrità territoriale"(15).
>
>
> NOTE
>
> 1) La Bielorussia (Russia Bianca), stato "cuscinetto" tra la Russia e
> i paesi dell'Europa orientale e baltica, si estende per 207.600 Kmq. I
> bielorussi, che parlano una lingua slava orientale come il russo e che
> praticano per l'80% la religione cristiana ortodossa, costituiscono il
> 78% della popolazione di circa 10 milioni di abitanti. La parte
> restante è rappresentata da 1.400.000 russi, da 400.000 ucraini e da
> alcune centinaia di migliaia di polacchi. In virtù di un plebiscitario
> voto referendario, il bielorusso e il russo sono considerati lingue
> ufficiali dello stato. Dall'agosto 1991, il paese, divenuto
> indipendente, ha assunto il nome di "Repubblica di Belarus". Tale
> denominazione, tuttora in uso, ha provocato numerose riserve, in
> quanto riprende la trascrizione tedesca di "Bielorussia", adottata
> durante l'occupazione nazista.
>
> 2) Una cronaca dettagliata di questi ultimi avvenimenti è stata
> fornita dalle agenzie ufficiali russe: in particolare in
> http://www.rian.ru e http://www.strana.ru.
>
> 3) Paul Labarique. « La Biélorussie sous pression ». 15 février 2005.
> http://www.voltairenet.org/article16220.html#article16220
>
> 4) Ad esempio, John Laughland, fiduciario del "British Helsinki Human
> Rights Group", ha dimostrato l'infondatezza delle accuse rivolte a
> Lukashenko di aver commissionato l'assassinio di alcuni oppositori
> politici, scoprendo che essi risiedevano tranquillamente a Londra.
> www.guardian.co.uk , 22 novembre 2002. La traduzione dell'articolo,
> con il titolo "Il racket di Praga" in http://www.resistenze.org/ -
> popoli resistenti - bielorussia - 16-12-02.
>
> 5) Bruno Drweski è Maitre de conférences all'Institut national des
> langues et civilisations orientales (INALCO). Direttore della rivista
> Le Pensée Libree amministratore di Réseau Voltaire. Tra i suoi lavori,
> La Biélorussie, PUF, Paris, 1993.
>
> 6) Bruno Drweski. « Les Biélorusses redoutent la « démocratie de
> marché ».28 avril 2005.
> http://www.voltairenet.org/article16928.html#article16928
>
> 7) Ivi
>
> 8) Ivi
>
> 9) Lukashenko, ancora recentemente nella sede autorevole del Vertice
> ONU dei Capi di Stato, ha voluto esprimere un giudizio positivo in
> merito all'esperienza storica sovietica: "L'Unione Sovietica,
> nonostante tutti gli errori dei suoi dirigenti, rappresentava allora
> fonte di speranza e di sostegno per molti stati e popoli. L'Unione
> Sovietica assicurava l'equilibrio del sistema globale". Intervento di
> Aleksandr Lukashenko al vertice ONU, 15 settembre 2005.
>
> http://www.un.org/webcast/summit2005/statements15/belarus0509115eng.pdf,
> tradotto per http://www.resistenze.org dal Centro di Cultura e
> Documentazione Popolare.
>
> Affermazioni di aperto apprezzamento del passato sovietico furono
> fatte, alla presenza di Eltsin, dal leader bielorusso nel 1999 in un
> intervento davanti ai deputati della Duma di Stato della Federazione
> Russa, noto per la sua vis polemica nei confronti dei deputati della
> destra liberista: "La gente si pone un interrogativo più che logico:
> perché voi, politici, avete dissolto l'Unione in una sola notte, senza
> consultare i vostri popoli?Convenite che è un legittimo interrogativo?
> (.) Che cosa è stato fatto di degno per l'uomo comune nello spazio
> post-sovietico nei dieci anni trascorsi dalla dissoluzione dell'URSS?
> Ma guardiamo la verità negli occhi: non è stato fatto assolutamente
> nulla. Certo oggi possiamo dire che nell'URSS non tutto rappresentava
> l'ideale (.) Ma solo uno spudorato mentitore può affermare che oggi il
> popolo vive meglio che in quel paese. E' di moda sbeffeggiare i
> bielorussi, che avrebbero il torto di mantenere una robusta nostalgia
> per i tempi sovietici. Ma di ciò occorrerebbe solo essere orgogliosi".
>
> Intervento di Aleksandr Lukashenko alla Duma della Federazione Russa.
> L'Ernesto. N. 1/2000. Il testo è stato ripreso in
> http://www.resistenze.org/ - popoli resistenti -bielorussia - 21-10-04.
>
> 10) Aleksey Prigarin, organizzatore della cosiddetta "Piattaforma
> marxista" nel PCUS, ai tempi del suo ultimo congresso, è un
> economista, esponente di una tendenza marxista russa che formula un
> giudizio articolato e critico della complessa esperienza sovietica,
> mettendone in rilievo la grandezza, ma non nascondendo i limiti e gli
> errori che ne hanno determinato la fine.
>
> 11) http://www.atvr.ru/experts/2005/10/1/6204.html. La traduzione in
> Il dibattito tra i marxisti russi sull'esperienza della Bielorussia.
> http://www.resistenze.org/ - popoli resistenti - russia 07 -10-05.
>
> 12) Ivi
>
> 13) Bruno Drweski. « Les Bielorusses redoutent la « democratie de
> marché ». 28 avril 2005.
> http://www.voltairenet.org/article16928.html#article16928
>
> 14) Ivi
>
> 15) Paul Labarique. « Les Biélorusses défendent leurs intérets ».18
> février 2005.
>
> http://www.voltairenet.org/article16277.html#article16277
>
>
>
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