Cronaca di una morte su blog
Una madre denuncia: «Mio figlio ucciso in
circostanze oscure». E crea un caso su internet
«Ecco la sua storia» «Scrivo la storia di quel che
è successo a Federico, mio figlio». Inizia così la
lettera di Patrizia Aldrovandi
sul suo sito, diventato uno dei più
visitati in questi giorni
Federico Aldrovandi, 18 anni, muore a Ferrara il
25 settembre. La polizia nega di aver usato
violenza e parla di droga. Ma sul suo corpo molti
segni di percosse
CINZIA GUBBINI
E'stato il blog di una madre a riaccendere i
riflettori su una storia archiviata troppo in
fretta. Un ragazzo che muore per strada a Ferrara
in una mattina di fine estate e i giornali che
scrivono di tutto: che era un drogato e che la
polizia aveva solo cercato di calmare le sue
«escandescenze». Poi cominciano a trapelare voci
di percosse. Della possibilità che Federico
Aldrovandi, 18 anni appena compiuti, sia stato
ucciso quel 25 settembre 2005 dalle botte degli
agenti. Sua madre e suo padre, Patrizia -
impiegata comunale - e Lino - ispettore dei vigili
urbani - non hanno certezze. Ed è stata proprio
l'impossibilità di trovare risposte alle loro
domande che li ha spinti a creare un blog, che da
qualche giorno risulta essere uno dei più
cliccati: «Non sono certo un'esperta di
informatica, ma ho pensato che era l'unico modo
per raccontare chi era mio figlio e per provare a
far emergere la verità. Il silenziatore era
calato», dice Patrizia, nella sua casa finalmente
piena di giornalisti. Ieri ha ricevuto una
telefonata persino dall'ufficio londinese di
Amnesty International. Il sindaco di Ferrara ha
chiesto che sia fatta luce. Finalmente tutti
vengono a sapere che Federico era un ragazzo in
gamba, campione di karate, appassionato di
clarinetto, dolce e introverso come lo raccontano
i suoi amici sul blog. La questura di Ferrara si
difende: Federico sbatteva la testa contro il
muro, sono intervenuti (con due volanti e una
pattuglia dei Carabinieri) per evitare «atti
autolesionistici». Sabato 24 settembre è sabato.
Federico ha un appuntamento con i suoi amici per
andare a ballare al Link di Bologna. Il concerto
salta, la serata scorre e Federico prende
qualcosa: sembra un francobollo di Lsd. Torna a
Ferrara che sono le cinque di mattina. Gli amici
lo salutano al solito parcheggio: lui va spesso a
casa a piedi, perché Ferrara è una città
tranquilla. La polizia entra in scena alle 5,47:
qualcuno ha chiamato perché in strada c'è un
ragazzo «strano». E' Federico. Non si sa cosa sia
accaduto, perché qui cominciano le stranezze. Si
sa solo che alle 6 Federico era morto.
Prima stranezza: la famiglia viene avvertita solo
alle 11, quando il corpo viene portato via dalla
strada transennata. La questura si giustifica con
Patrizia dicendo che era meglio non vedere. Gli
agenti le raccontano che Federico dava in
escandescenze, e che ad un certo punto si è
accasciato tra le loro braccia. Non parlano delle
manette ai polsi, non parlano dei manganelli.
Seconda stranezza: quando un giornale pubblica la
notizia «Federico sfigurato», il procuratore
risponde immediatamente: «Non lo hanno ucciso le
percosse». Ma fino ad allora nessuno aveva parlato
di percosse, e poi l'autopsia si doveva ancora
fare. Certo, lo zio che aveva compiuto il
riconoscimento si era accorto che qualcosa non
andava: «Sembra gli sia passata addosso una
macchina», aveva detto. In seguito i medici legali
incaricati dalla famiglia certificheranno lo
scroto schiacciato, due ferite lacerocontuse sulla
testa, due petecchie al collo, come da
strangolamento. E le stranezze continuano: l'unico
testimone, un ragazzo minorenne del Camerun, pare
sia tornato nel suo paese. Il ragazzo raccontava
di quattro poliziotti sopra a Federico, steso a
terra a pancia in giù. Uno degli agenti con il
ginocchio sulla sua schiena, e un manganello sotto
al collo per tirargli indietro la testa. Federico
faceva «salti di mezzo metro» per le convulsioni.
Prima, però, aveva lottato per non farsi fermare,
c'è stata probabilmente una colluttazione, tanto
che il giorno dopo quattro agenti si sono fatti
medicare, ma tutti hanno rifiutato il ricovero,
nonostante le prognosi dai sette ai venti giorni.
Perché mai? E poi: quel manganello che nel verbale
della polizia risulta addirittura essersi rotto,
l'ambulanza chiamata solo a morte avvenuta, il
giro di interrogatori a carico degli amici di
Federico in cui si chiede con insistenza della
«droga». Eppure gli esami tossicologici hanno
dimostrato che la quantità di oppiacei nel suo
corpo era minima, e che soprattutto non hanno
determinato la sua morte. Solo i risultati
dell'autopsia potranno accertare la vera causa, ma
la pubblicazione continua a essere proprogata.
Ieri la famiglia ha saputo che arriveranno il 27
febbraio. Fino ad allora, la speranza è che se
qualcuno ha visto, parli.