[Incontrotempo] assemblea cittadina a geologia NOPONTE -NO T…

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Author: excarcere
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To: incontrotempo, sud_antagonista, ras
Subject: [Incontrotempo] assemblea cittadina a geologia NOPONTE -NO TAV
MERCOLEDI' 18 GENNAIO 2006 ORE 16:00

ASSEMBLEA CITTADINA :
contro il modello di sviluppo capitalistico
e le grandi opere

Facolta’ di Scienze Geologiche di Palermo
- corso tukory nr 131 – AULA 1 -

Interverranno:


prof. Gioacchino Cusimano ( docente di Geologia applicata e idrogeologia
della facolta’ di scienze geologiche )


Antonio Mazzeo (redazione di Terre Libere)


Lele Rizzo (Comitato di lotta Popolare NOTAV –
centro sociale Askatasuna – Torino.)


Massimo Cammarata (Rete NO PONTE ) – Messina.


segua appello:


FERMIAMO IL MODELLO DI SVILUPPO CAPITALISTICO
OPPONIAMOCI ALLE GRANDI OPERE


Perché il capitalismo globale ha bisogno dei megaprogetti?

Lo sviluppo funziona accentrando le risorse, non distribuendole, e
ridisegnando la geografia dei paesi in funzione del profitto. Tutto ciò
passa attraverso
progressivi riaggiustamenti strutturali caratterizzati da megaprogetti
come quelli in atto nel “Sud del Mondo”, che servono per il mantenimento
degli
standard di vita occidentali, e che sono stati finanziati da Banca
Mondiale e Fondo Monetario Internazionale.
Questo processo contribuisce a indebitare
pesantemente i paesi in questione, i quali si sono “comprati” grandi dighe
che
hanno sommerso interi villaggi, interminabili oleodotti che hanno
devastato foreste primarie, centrali idroelettriche che hanno deviato
fiumi importanti,
assetando intere comunità.
Questo tipo di riaggiustamenti è diventato necessario anche nelle
periferie del centro “sviluppato”, in quelle aree di margine, di
interfaccia della futura integrazione economica. Il Sud dell’Europa
diventa il Nord del
Mediterraneo.
Il ponte sullo Stretto si inserisce nell’attuale “piano nazionale grandi
opere”, che è propagandato come volano dell’economia pubblica e privata,
ma che invece altro non è che un tentativo di risposta alla crisi dello
sviluppo
capitalista. Questa enorme speculazione capitalista è caratterizzata da:

- esproprio delle aree e occupazione militare qualora la popolazione
locale si opponga a questi progetti ( vedi le recenti cariche in Val di
Susa
al popolo NOTAV, oppure la militarizzazione del territorio di Acerra
dove tutta la popolazione si opponeva alla costruzione dell’inceneritore).

- esproprio e privatizzazione delle risorse presenti sul territorio
(quali gas,petrolio, acqua, legname e la stessa terra)

- esternalizzazione dei costi umani ed ecologici sulle comunità più
vulnerabili;

- annichilimento delle economie locali (artigianato, piccola imprenditoria
,etc.)

- azzeramento degli spazi democratici

- perdita dell’identità e del senso di appartenenza , dei valori e delle
tradizioni locali.

- velocificazione delle relazioni sociali ,della vita, del lavoro, dello
studio.

Da più di trent’anni e con grande sforzo mediatico, il ponte sullo Stretto
è stato offerto all’immaginario collettivo come la grandiosa opera del
Millennio, portatrice di sviluppo, ricchezza e occupazione.
In realtà ha nascosto, da una parte, la mancanza di progettualità concreta
per il Mezzogiorno dei
molti governi che si sono negli anni avvicendati, dall’altra la volontà di
imporre al Sud un
modello di sviluppo basato essenzialmente sullo “spreco” di territorio,
sulla rapina sistematica
delle risorse, e sulle opere grandi (e piccole – ma funzionali allo stesso
disegno) in genere rimaste
incompiute o divenute “cattedrali nel deserto”, che sono state causa a
loro volta di ulteriore degrado dei territori meridionali e delle economie
locali.
Tra l’altro, a tutt’oggi non esistono le tecnologie per risolvere molti
dei problemi ingegneristici legati alla costruzione del ponte. In pratica
: NON LO SANNO COSTRUIRE!

Le vere ragioni che muovono i poteri forti ad insistere con lo
“spauracchio” della costruzione di questo mega-mostro sono:

- mantenere in vita la Società Stretto di Messina, carrozzone
tecnico-politico che è già costato agli italiani più di 200 mld di vecchie
lire per produrre solo un discutibile progetto di massima dell’opera,
oltretutto incompleto;

- finanziare il progetto esecutivo: altri 750 milioni di euro che dovremo
sborsare per sostenere la più grossa speculazione progettuale della storia
del nostro Paese;

- “posare la prima pietra”: aprire i cantieri, nonostante tutti i problemi
di fattibilità dell’opera non risolti, come grande operazione mediatica di
questo governo e come risposta alle pressioni mafiose, con la possibilita'
molto reale che i lavori non proseguano e che il ponte non
venga mai realizzato, per tutti i problemi tecnici che comporta
e,soprattutto, per la mancanza evidente dei fondi necessari. Ricordiamo, a
questo proposito, che il ponte dovrebbe costare, secondo i proponenti, 6
mld di euro, ma, più realisticamente, il costo prevedibile è di 10 mld
di euro;

- sperimentare le procedure della Legge Obiettivo, vera “opera strategica”
del governo Berlusconi, che permetterà di aprire cantieri su tutto il
territorio nazionale con procedure accelerate, approssimative, senza più
garanzie, non solo sugli impatti e le compatibilità delle opere, ma anche
sugli appalti e, cosa ancor più grave, senza il parere degli Enti
locali e, dunque, dei cittadini;

- rinforzare in Europa la politica delle Grandi Opere. Il semestre di
Presidenza italiana della UE ha riaperto la porta a questa vecchia
politica neoliberista e il ponte è stato inserito tra le priorità per la
“velocizzazione” degli assi trasportistici europei (Asse Berlino-Palermo).

Quale sarebbe l’impatto del ponte sullo Stretto?

Diversi studi scientifici ci indicano quali sarebbero gli effetti negativi
della costruzione di questo mega-ponte sia a livello ecologico che umano:

- 20 milioni di metri cubi di terra verranno sbancati, con effetti
devastanti sui microclimi

- verranno predisposte due enormi discariche (una in Sicilia e una in
Calabria) per un totale di 10 milioni di metri cubi.

- verranno “lavati” a mare ulteriori 10 milioni di metri cubi, con effetti
devastanti sulle specie marine che non si possono allontanare, come i
coralli

-cementificazione dell’area dello Stretto – candidato dall’Unesco
a “patrimonio storico dell’umanità”impatto su venti e sulle correnti con
conseguenze negative nella biologia marina.

-magnificazione del rischio sismico in un’area considerata tra quelle più
interessate

-rafforzamento del potere mafioso e del sistema clientelare che lo sostiene
in tutti i suoi risvolti economici e di controllo sociale – a cui vanno
aggiunti i costi umani nella costruzione del ponte, di cui la mafia
sarebbe unica vera appaltatrice;

- distruzione di intere comunità basate su pesca e turismo (da qui' il no
dei sindaci)cancellazione di elementi paesaggistici e culturali legati
allo Stretto


Meridione d’Italia , precarietà storica e “sviluppo” capitalistico.


Il Meridione è un’area geografica dove la precarietà storica si aggiunge al
continuo peggioramento delle condizioni di vita in cui disagio e degrado
sociale esprimono una continua negazione del diritto di cittadinanza per i
¾ della popolazione.
Il fenomeno migratorio interessa un esercito di manodopera non solo
giovanile, ma anche di espulsi dai processi produttivi industriali e
agricoli, provocando fenomeni di abbandono e desertificazione delle terre.
Il fenomeno migratorio implica anche un’emorragia di intelligenze,
esperienze e saperi, che si spostano dal Sud al Nord per andare incontro a
lavori e professioni sempre più precari, flessibili e sottopagati. La
ripresa della migrazione interna nel nostro paese va compresa nel quadro
dei flussi migratori per motivi economici che interessano sempre di più le
nostre coste, terre di approdo alla fortezza Europa, con un carico
crescente di morti per annegamento.
Il Mediterraneo, in cui si specchiano il Nord e il Sud di due continenti, è
mare di guerra, di conflitti economici e di massicce migrazioni, sia
economiche che politiche, come quelle provenienti dalle terre del Maghreb,
dalla Palestina , dal Kurdistan e piu’ recentemente dall’Iraq , territorio
come tutti sappiamo colpito dalla devastazione e dalle bombe degli Usa e
dei loro sudditi fra cui l’Italia , luoghi che presentano situazioni di
invivibilità
altissima, dove i diritti di cittadinanza sono sistematicamente negati da
guerre e da condizioni di sottosviluppo imposte dai “padroni del mondo”.
Questi popoli sono condannati a morire nei loro Paesi o a migrare,
correndo il
rischio di una detenzione illegittima nei Centri di Permanenza Temporanea,
graziosamente rinominati “Centri di Accoglienza” dai paesi amici del
Mediterraneo. È in questo contesto che l’Italia emana nuove leggi razziali,
come la Bossi-Fini, e costruisce nuovi lager nel Sud dell’Italia,
opportunamente controllati da apparati militari.
Inoltre cresce l’iniquità della distribuzione della ricchezza sociale, con
l’aumento del costo della vita, a fronte del decremento del potere d’acquisto
che la forte diminuzione del peso contrattuale delle associazioni
sindacali e il
passaggio all’EURO hanno determinato, e tendono a scomparire quei lavori
artigianali che nel Sud rappresentavano una salvaguardia delle risorse e una
corretta gestione di esse (legno, ferro, carta, etc.). Artigianato,
agricoltura e
patrimonio naturalistico potrebbero rappresentare per il Sud una fonte
inesauribile di ricchezza per le comunità. Invece cozzano contro i
processi di
industrializzazione che, con le aree industriali e con le varie forme di
trasformazione legate alla fabbrica, hanno ridotto dalla fine degli anni ‘60
vaste aree, un tempo legate all’agricoltura, in un cimitero di cemento
armato.
Infatti, il mito della fabbrica e l’urbanizzazione selvaggia in nome dello
“sviluppo” del Mezzogiorno caratterizzano e condizionano tuttora la
disarmonia del rapporto individuo-natura, disarmonia che spesso si esprime in
una selvaggia aggressione al nostro ecosistema, attraverso la promozione di
colture intensive trattate con prodotti chimici e attraverso la subdola
introduzione di colture transgeniche a cielo aperto, anche solo per scopi di
ricerca, in alcune pianure del nostro Meridione.
Vengono così tradite e disperse le tradizioni e le conoscenze legate alla
cura del nostro patrimonio naturale, come le filiere dei boschi e degli
orti, le
produzioni legate al baco da seta e alla ginestra e la trasformazione e
conservazione in modo naturale dei prodotti della terra. Inoltre, il nostro
ecosistema viene messo sempre più in pericolo dai cambiamenti climatici
dovuti all’emissione di gas-serra e dall’inquinamento dovuto ai conflitti
bellici.
Rischi sismici, scempi edilizi, inquinamento contribuiscono a mettere a
serio rischio una delle risorse più importanti: l’acqua. Il Sud è ricco di
risorse
idriche, nonostante ciò, più del 50% dell’acqua potabile si disperde a causa
della fatiscenza delle reti idriche. A questo si somma la gestione mafiosa
delle
risorse idriche che colpisce vaste aree del Mezzogiorno. Inoltre, il
processo di
privatizzazione in atto sottrae alle comunità il diritto di accesso a questo
bene pubblico.
Anche la politica degli inceneritori e la privatizzazione dei servizi
pubblici di raccolta dei rifiuti incidono negativamente sull’ecosistema,
sia per
quanto riguarda l’inquinamento dell’aria che quello di intere zone
agricole. La
FIAT, che licenzia ogni anno migliaia di lavoratori (Termini Imerese, Melfi,
Torino) gestisce, anche attraverso società consorziate, il ciclo
dell’incenerimento dei rifiuti, mentre le organizzazioni mafiose importano
scorie nucleari dal resto dell’Europa per seppellirle nei nostri mari, fiumi,
boschi e terreni agricoli.
La mafia è interna alle istituzioni, e attraverso di esse controlla
sindaci e consigli comunali, regionali e provinciali, magistrati, forze
dell’ordine.
Questi sono esempi di politica capitalista attraverso cui lo stato (e
l’Europa) cede ai privati la gestione di beni e servizi pubblici, questi
sono i
contesti geopolitici che fanno parte ormai della nostra quotidianità.
Il Sud è fatto di tanti piccoli paesi. Ogni paese è interessato da “piccole
opere” che diventano “grandi” nel rapporto con la popolazione.
Tutto questo in nome del progresso, della velocità e dello sviluppo di
un Meridione la cui diversità viene sistematicamente letta in termini di
mancanza di sviluppo piuttosto che in termini di ricchezza culturale,
sociale e
di patrimonio ambientale.


Democrazia Totalitaria e militarizzazione dei territori

Sviluppo e progresso che comportano inoltre una politica di
militarizzazione e di conflitto permanente. La Sicilia , La Sardegna, la
Puglia,
la Campania, rientranti storicamente nelle strategie militari
statunitensi, sono
diventate vere e proprie portaerei e, al di là degli insediamenti militari di
terra, i nostri cieli e i nostri mari sono ormai diventati crocevia di
mezzi di
trasporto di ordigni atomici che, in modo mafioso e omertoso, vengono
costantemente autorizzati.
La militarizzazione del territorio si aggiunge al ruolo di pattumiera, sia
di scorie radioattive che di rifiuti e liquami tossici delle fabbriche del
Nord
dell’Europa, i quali trovano deposito nell’interno delle regioni del Sud,
ingrassando ulteriormente i profitti di politici e di varie cosche mafiose.
A questo scempio complessivo, a discapito della nostra salute e di
quella dei nostri figli e delle generazioni future, consegue lo sperpero di
denaro pubblico, che potrebbe essere invece impiegato per garantire tutela
dei territori, occupazione reale e forme di reddito sociale garantito
come misura di contrasto alla precarietà e alla disoccupazione.


Contro la velocizzazione delle relazioni sociali , dei processi formativi
e di lavoro
“VOGLIAMO STUDIARE, VIVERE E LAVORARE CON LENTEZZA”

Questo tipo di sviluppo prevede anche che il diritto allo studio e la
qualità stessa del percorso di studi, o meglio della formazione pubblica,
vengano progressivamente smantellati. Un processo che indebolisce
ulteriormente la possibilità di accesso all’istruzione per le popolazioni
meridionali, sia in termini di costi che di servizi.
Le piccole e grandi università del Meridione hanno promosso, dal
dopoguerra in poi, l’evoluzione e i percorsi di liberazione di uomini e donne
del Sud. Hanno promosso inoltre lo sviluppo della capacità critica, sono
state
freno alla migrazione delle intelligenze, permettendo a queste di realizzarsi
nei territori di origine. Purtroppo, con le scelte dei governi da quello
Prodi a
quello Berlusconi ,e con le ultime finanziarie, tutto il sistema formativo
subisce colpi durissimi.
Si assiste così alla trasformazione del sistema scolastico e di quello
universitario in un nuovo modello “aziendale” che produce precarizzazione e
frammentazione dei saperi, e che per funzionare, genera una massa di precari
ultra flessibili, con diritti rosicati, del cui lavoro si arricchisce:
ricercatori,
dottorandi, contrattisti di ogni genere, borsisti, insegnanti, mentre gli
studenti sono considerati solo utenti paganti. Questa progressiva
mercificazione e privatizzazione del sapere crea un esercito di “operai
immateriali” non solo al Sud, ma che a Sud riscatena il fenomeno migratorio
delle intelligenze verso il Nord e ancor di più all’estero.
Continua così lo sradicamento e l’impoverimento: vecchio fenomeno,
ma con nuove e diverse motivazioni. Il bisogno di trovare risorse
costringe le
università a rivolgersi ai privati, piegandosi alle esigenze del mercato
neoliberista. Vengono così influenzati i percorsi formativi e la
progettualità,
spesso lontani e in contrasto con la vocazione dei nostri territori.
In nome dello sviluppo, passano sulle nostre teste e sulla nostra pelle
innumerevoli opere dannose e inutili: il ponte sullo Stretto, l’alta
velocità ,
gli inceneritori – riproposte con bombardamenti mediatici come opere
per lo “sviluppo” ed il “progresso”, opere e modelli di sviluppo che vogliamo
combattere insieme a tutte le operazioni di attacco ai livelli di qualità
sociale,
ambientale e territoriale attraverso le grandi opere e, in generale, tutte
le operazioni di trasformazione “flessibilizzatrice” degli spazi e dei
tempi di vita e di lavoro da parte
del capitale monopolistico e speculativo.

MERCOLEDI' 18 GENNAIO 2006 ORE 16:00
ASSEMBLEA CITTADINA :
contro il modello di sviluppo capitalistico e le grandi opere

Facolta’ di Scienze Geologiche di Palermo
- corso tukory nr 131 – AULA 1 -

Interverranno:


prof. Gioacchino Cusimano ( docente di Geologia applicata e idrogeologia
della facolta’ di scienze geologiche )


Antonio Mazzeo (redazione di Terre Libere)


Lele Rizzo (Comitato di lotta Popolare NOTAV – centro sociale Askatasuna –
Torino.


Massimo Cammarata (Rete NO PONTE ) – Messina.



Collettivo di Geologia
Comitato Universitario Autorganizzato

- PALERMO -


durante l'iniziativa si raccoglieranno le adesioni per
il pullman che da Palermo partecipera' alla manifestazione
nazionale di Messina del 22 gennaio contro il ponte sullo stretto e le
grandi opere







 Nuclear War against Iran. Read the article at http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=%20CH20060103&articleId=1714